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Autore: littlegiulyy    29/12/2018    3 recensioni
Ashley Rivera, dopo una vita passata nella sua riserva Navajo tra lupi, vampiri e continui problemi, sentendosi troppo stretta in quella vita, decide trasferirsi a Seattle per specializzarsi in chirurgia.
Tuttavia forse la sua vecchia vita un po' le manca, o forse no; forse le sembra tutto uguale o forse tutto cambierà.
Tratto dalla storia:
"“Tu saresti il chirurgo?” mi chiese con voce rotta da dolore e ansimante, accennando un sorriso forzato.
“Eh si sono proprio io” risposi guardando la sua gamba ridotta decisamente male.
Rise “Quanti anni hai? 18?”
Lo guardai meglio, e per la prima volta lo guardai in faccia.
Era decisamente un bel ragazzo, ogni cosa a suo posto e con un sorriso quasi abbagliante.
Sorrisi “Sei simpatico… mi dispiace deluderti, ne ho 23”
“Come me, piacere, Jacob Black” mi tese la mano destra, l’unica che poteva muovere
“Ashley Rivera” dopo qualche momento di indecisione gli strinsi la mano."
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Embry Call, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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Ciao a tutti! Spero che abbiate passato delle buone feste e finalmente eccomi qui, pronta con un nuovo capitolo, l'ultimo del 2018!
Spero che vi piaccia, fatemi sapere cosa ne pensate ;)


Continuavo a camminare lungo State Street evitando le mille persone che proprio questa sera avevano deciso di andare in giro per Santa Barbara.
Sarei già dovuta essere al Saint Jones a quest’ora, ma come mio solito non sarei riuscita ad arrivare in orario!
Pazienza, Allison era abituata ai miei ritardi!
Aumentai la velocità, ma mi resi conto che, dopo mesi passati senza mettere un paio di tacchi, camminare velocemente con questi trampoli risultava molto più difficile rispetto a prima.
Attraversai la strada quasi correndo, dovevo essere ridicola vista dall’esterno, non riuscivo neanche a camminare… figurarsi correre!
Erano  mesi che non calpestavo l’asfalto di State Street, erano mesi che non vedevo la mia città e tutto mi sembrava così familiare, ma allo stesso tempo quasi diverso.
Le mille decorazioni natalizie come sempre ricoprivano la città, creando un clima decisamente bizzarro. I 15 gradi ed il sole che spaccava le pietre in mezzo al cielo azzurro decisamente non si addicevano al Natale, ne tanto meno al 22 di dicembre.
Finalmente riuscii ad arrivare al Saint Jones e subito entrai velocemente cercando Allison tra le mille persone che tappezzavano anche questo bar.
Guardai l’orologio, erano le 18.00, cosa ci facevano tutte queste persone in giro?
Forse proprio quello che stai facendo anche tu Ashley…
“Shay! Oh mio diooo” due braccia esili ed una massa di capelli biondi si catapultarono letteralmente su di me abbracciandomi forte, ricambiai l’abbraccio ridendo “ciao Alli, mi sei mancata”
“Anche tu non immagini quanto”
Si staccò da me e mi guardò un attimo “che bello questo vestito, l’hai preso a Seattle?”
“Figurati, di sicuro non ci sono negozi che vendono vestiti quasi estivi lì…”
Rise insieme a me “Solo giacche e cappelli?”
“Piove sempre” dissi sconsolata “vieni andiamo a sederci”.
Ordinammo un mojito, come da tradizione.
“Allora cosa mi racconti? Cos’è successo in questi mesi a Santa Barbara?” le chiesi piuttosto curiosa di sapere i gossip che mi ero persa durante il mio periodo di lontananza.
Subito si sistemò sulla sedia ed un sorriso, degno della miglior pettegola di tutta la California, si aprì sul suo viso “allora non svenire…ad una festa Jamie è finito a letto con Lucy!”
“Con Lucy?! Ma non si odiavano?”
“Si… ma a quanto pare odio e amore sono la stessa cosa a Santa Barbara” ridacchiò.
Lucy, un’altra delle mie migliori amiche.
Da quando ero nata ero cresciuta con tre persone che erano diventate fondamentali per me. Potevamo non vederci per mesi ma le cose sarebbero rimaste sempre uguali per sempre.
Lucy era la più battagliera del gruppo, la classica persona attaccabrighe e che non si tiene, ma allo stesso tempo era la più furba probabilmente. Un’adolescenza passata a scappare dalla finestra di camera sua quando i suoi la rinchiudevano in casa in punizione e poi a inventarsi scuse il giorno dopo. Per questo una volta terminato il liceo, si era iscritta a legge.
Allison, era sempre stata quella a cui ero più legata, la mia sorella per scelta. L’unica che riusciva ad essere sempre buona e dolce con tutti, appassionata di moda e di Alex, mio fratello, il suo imprinting. Per questo aveva deciso di studiare moda a Los Angeles.
Ed infine c’era Harriet, un nome una garanzia. La persona più intelligente e scrupolosa sulla faccia della terra. Aveva vinto una borsa di studio per Harvard ed era andata lì a studiare giornalismo.
Eravamo quattro persone molto diverse, ma insieme eravamo un bel gruppo.
Qualche anno prima, quando avevo avuto l’imprinting, Jamie mi aveva concesso di confessare il nostro segreto alle mie amiche.
“Penso che Jamie sia seriamente innamorato di Lucy… cioò non ho ben capito se abbia avuto l’imprinting o no, Alex non vuole dirmelo! Devi scoprirlo tu Shay, sei l’unica che può scoprirlo”
“E va bene… non appena saprò qualcosa ti avviso” ridacchiai “Harr come sta invece?”
“Harriet muore dietro ad un tipo che ha conosciuto lì ad Harvard… non mi ricordo il nome, mi pare si chiami Jhonny, Jhon… boh qualcosa del genere” disse pensierosa “da quello che ho capito il padre di questo è un pezzo grosso di un giornale di NY”
“Oddio Harriet con un ragazzo? Non pensavo l’avrei mai vista con qualcuno dopo l’esperienza con Harry Bones” risi facendo scoppiare a ridere anche Allison
“Oh mio dio, ti ricordi? Che ridere… e tu che mi racconti Shay? Novità? Hai conquistato qualche cuore a Seattle?” mi chiese maliziosa.
Ridacchiai abbassando lo sguardo imbarazzata “beh… è una lunga storia”
“Ho tempo tranquilla”
“C’è un ragazzo che… beh ma non è niente di importante”
“Oddio lo sapevo, quando non ti fai sentire per più di due giorni vuol dire che c’è qualcosa sotto! Raccontami tutto! Voglio sapere tutto” disse sorseggiando il suo mojito decisamente felice.
“Si chiama Embry, è all’ultimo anno di ingegneria meccanica… è un ragazzo della riserva dei Quileute…”
“Vuoi dire che anche lui è…?”
“Si… anche lui… l’ho conosciuto per caso in realtà…”
Le raccontai tutto, dall’inizio alla fine dettagliatamente, come piaceva a lei.
Parlandone con Allison, improvvisamente mi sentii come se mi fossi liberata di un grande peso, esattamente come quando ne avevo parlato con Kim.
Dov’era adesso? Cosa stava facendo?
L’ultima volta che l’avevo visto avevo combinato un casino con Hamilton, come mio solito, rovinando tutto.
Ma che poi… tutto cosa? C’era qualcosa che poteva rovinarsi tra noi due? Era corretto parlare di “noi”?
Sprofondai nella poltroncina del bar e sorseggiai il mio mojito decisamente confusa…
“Non ti vedo bene Shay, era da tanto che non ti vedevo così per un ragazzo”
“Già… lo so… me ne rendo conto anche io”
“Cos’hai intenzione di fare?”
“Non ne ho idea, non so neanche cosa voglia fare lui… non so neanche se lo rivedrò più quando tornerò a Seattle”
“Oh adesso non essere così tragica, secondo me ti cercherà… da quello che mi hai raccontato ne sono quasi convinta… ma devi prendere in mano la situazione e metterlo davanti ad un bivio”
“Cioè?”
“O decide di impegnarsi oppure ciao e grazie, da quello che ho capito tu non sei interessata a solo divertimento vero?”
“ma non lo so Alli… non so niente… sono una specializzanda in chirurgia, non ho tempo neanche per vivere, non so neanche se avrei tempo per una relazione”
“Allora prima di tutto mi sa che devi capire tu cosa vuoi… e di questo Mark Hamilton che mi dici invece?”
Mi mordicchiai l’unghia del pollice nervosamente…
“Mark è un bel ragazzo, è un chirurgo in gamba è davvero molto bravo e ti giuro che quando opera starei a guardarlo per ore. E’ simpatico, è gentile, non è un montato… ma…”
“Ma non è Embry?”
“Esatto” conclusi appoggiando il bicchiere vuoto sul tavolo.
Allison ridacchiò sommessamente ed la guardai decisamente male “cos’hai da ridere adesso?”
“Sei fregata Ashley… lo sai vero?”
Scossi la testa strofinandomi gli occhi sconsolata “si lo so bene purtroppo”
“Tempo al tempo, si risolverà tutto vedrai, come sempre… devi fare un po’ di chiarezza dentro di te Shay, sei troppo confusa, non è da te”
“So anche questo… te con mio fratello invece? Come va?”
I suoi occhi brillarono non appena nominai Alex eper un attimo la invidiai… lei era così certa dei sentimenti che mio fratello provava per lei, sapeva che lui avrebbe dato la vita per lei e probabilmente anche lei l’avrebbe data per lui… mentre io non sapevo neanche se Embry mi avrebbe richiamata.
“Benissimo… come potrebbe andare male con un ragazzo stupendo come lui?”
Sorrisi, ero felice che la mia migliore amica e mio fratello si fossero messi insieme, sapevo che entrambi avevano trovato una persona fantastica…
“A marzo vorremmo venire a trovarti a Seattle… ti farebbe piacere?”
“Assolutamente! Venite quando volete ragazzi, per me è solo meglio avervi in giro per casa… siete la mia famiglia”
Alli mi abbracciò “ti adoro Shay, mi sei mancata un sacco”
“Anche tu… ci conviene andare, si è fatto tardi… “
 
Buttai giù l’ultimo boccone delle fantastiche lasagne che faceva mia madre e appoggiai la forchetta nel piatto.
Mamma mia quanto avevo mangiato!
“Queste mangiate me le sogno a Seattle!” dissi guardando mia madre che si mise subito a ridere
“farai la fame vivendo da sola…”
“Non è vero… ho imparato a cucinarmi qualcosa”
“Si tipo… latte e cereali, una pasta, pizza surgelata?” ridacchiò mio fratello
Gli feci la linguaccia “no, sono molto più brava di quello che credi”
“Talmente brava che l’ultima volta che hai provato a cucinare dei biscotti hai quasi incendiato la mia cucina”
“Non è vero mamma! Era il forno che aveva qualche problema!”
“Quindi ovviamente non è stata colpa tua…” disse mio padre
“Assolutamente no!” conclusi incrociando le braccia al petto.
“Allora come ti trovi li a Seattle?” mi chiese curiosa mia mamma “ti sei fatta nuovi amici?”
“Qualche volta vedo i miei colleghi… quando non abbiamo turno o non siamo pieni di sonno… e si, ho conosciuto nuova gente”
“E come sono?”
“Sono dei ragazzi Quileute…” farfugliai pensierosa.
Non avevo idea di dove fosse finito Embry, se stesse bene, cosa stesse facendo in questo momento…
mi trovavo in un altro stato, a casa mia, ma nonostante tutto il mio pensiero continuava a finire lì…
“Ragazzi della riserva Quileute? Ma davvero?”
“Si papà”
“Fanno parte del branco Quileute?” boffonchiò mio fratello ancora con la bocca piena
“Alex non parlare mentre mangi. E comunque si… come li conosci?”
“Qualche anno fa… prima che tu ti trasformassi… so che hanno avuto una brutta storia con dei vampiri italiani, il loro Alfa aveva parlato con Jamie all’epoca”
“Sam?”
“Si esatto proprio lui…come li hai conosciuti?”
“Uno di loro era ferito… l’ho visitato io”
“Sono felice che tu ti sia fatta dei nuovi amici tesoro, almeno non sei da sola”
“Me la saprei cavare da sola lo stesso mamma”
“Questo lo sappiamo Ashley, te la sei sempre cavata da sola, ma sapere che c’è qualcuno sulla quale puoi fare affidamento lì ci da maggiore sicurezza” disse mio padre.
A volte neanche mi rendevo conto di quanto io fossi lontana da casa, ma altre volte me ne rendevo fin troppo conto e tutto diventava abbastanza complicato. Tuttavia, da quando avevo conosciuto gli altri, tutto era diventato decisamente migliore, anche il tempo orribile di Seattle… da quando avevo conosciuto Embry…
 
2 gennaio
 
Chiusi la valigia e misi sulle spalle lo zaino.
Anche quest’anno le vacanza natalizie erano passate decisamente troppo in fretta, ma questa volta a differenza degli altri anni sarei tornata a Seattle… la mia nuova “casa”.
Non ero così entusiasta di tornare a lavorare e fare quei turni massacranti, ma in fin dei conti si sa, la vita di un medico è anche questa, soprattutto se il medico in questione è uno specializzando in chirurgia!
In realtà se dovevo essere sincera, la sala operatori ami mancava da morire, era come una droga.
E avrei anche potuto rivedere Embry magari…
Non si era fatto sentire per giorni, neanche per farmi gli auguri di Natale… perché avrei dovuto rivederlo una volta tornata a Seattle? Forse dovevo iniziare a non pensarci più, dovevo lasciarmi alle spalle tutto…
Scesi le scale e raggiunsi il piano terra.
Sistemai le mie valigie vicino al portone d’ingresso e andai in cucina.
Non appena varcai la soglia un profumo di caffè e pancakes mi travolse…
“Mi mancherà tutto questo”
“Che cosa?” mi chiese mia mamma ancora indaffarata tra i fornelli
“I tuoi pancakes mamma… e trovare tutto pronto quando mi alzo”
“Te la sei scelta tu la vita lontana da casa tesoro”
“Hai ragione…”
“ma sai che quando vuoi puoi tornare qui” disse dandomi un bacio
Afferrai un pancakes e una tazza di caffè, erano buonissimi cavolo!
“A che ora hai il volo?”
“Mangio questo e parto”
“Hai chiamato il taxi? Vuoi che ti dia un passaggio tuo padre andando a lavoro? Tuo fratello aveva un'udienza lo sai… se no ti avrebbe portato lui”
“Non preoccuparti mamma, me la cavo da sola, ho già chiamato il taxi”
Buttai in bocca l’ultimo morso e mi alzai in piedi “bene… è arrivata l’ora di tornare a Seattle…” abbracciai mia madre e la salutai prima di uscire di casa e lasciarmi, ancora una volta, Santa Barbara alle spalle.
 
Non appena entrai in casa chiusi la porta alle mie spalle e gettai malamente le chiavi sul mobiletto.
Affondai nel divano coprendomi subito con la mia copertina morbida di lana… mi erano bastati pochi giorni in California per dimenticare quanto facesse freddo qui.
Presi in mano il telefono e avvisai tutti di essere arrivata, un messaggio attirò la mia attenzione…
 
“Ciao Shay… sei tornata a Seattle? Se ti va oggi pomeriggio potresti venire da me per un the e magari poi possiamo farci un giro in spiaggia… fammi sapere
Kim”

 
Composi il suo numero e la chiamai subito…
“Ciao Kim, sono Ashley”
“Ehi!! Sei tornata?”
“Si… sono appena arrivata… vengo molto volentieri da te… a che ora facciamo?”
“Vieni quando vuoi, ti aspetto! Devo raccontarti un sacco di cose”
“Perfetto… a dopo allora”
Misi già e gettai il telefono lontano da me.
Magari, se fossi stata fortunata, avrei beccato Embry in giro per la riserva…
E poi? Cosa gli avrei detto?
Ci avrei pensato poi… quando l’avrei incontrato e se l’avessi incontrato.
Mi alzai in fretta e mi lavai e mi vestii velocemente per far prima.
Nel giro di un paio d’ore mi ritrovai davanti a casa di Kim, come da accordi.
Suonai il campanello e pochi secondo dopo Kim mi aprì la porta “Ciao bentornata” disse abbracciandomi, ricambiai l’abbraccio “sono felice di vederti Kim”
“Anche io Shay… qui è stato un casino non hai idea… a proposito… dobbiamo andare da Emily subito”
La guardai sorpresa “Cos’è successo?”
“In questi giorni qualcuno ha aggredito più persone nel bosco, i ragazzi hanno cercato in tutti i modi di prendere il colpevole ma non ci sono riusciti… è stato un natale di sangue qui a Forks…” disse decisamente turbata “non ne sapevo niente… raccontami di più”
Ci incamminammo verso casa di Sam ed Emily “per fortuna adesso ci sei anche tu… mi sento più al sicuro… pensano sia un vampiro venuto da nord, ma non si sa ancora con precisione perché non sono riusciti a vederlo bene. L’altra notte Jared è stato ferito…”
“Ma Kim non mi hai detto niente, nessuno di voi mi ha detto niente”
“Eri tornata a casa Ash, non volevamo rovinarti gli unici giorni in cui vedi la tua famiglia…”
“Ma dovevate farlo! Ormai…”
“Ormai sei una di noi… hai ragione…”
“Jared come sta?”
“Ora bene… il dr Cullen è riuscito a medicarlo ed è guarito bene per fortuna, ma sono stati momenti bruttissimi. Mi hanno svegliata in piena notte… pensavo di morire… si sono presentati Embry e Paul e…” la sua voce si incrinò terribilmente e decisi di cambiare argomento “come mai stiamo andando da Emily adesso?”
“Poco fa mi ha mandato un messaggio Jared… c’è una riunione, i lupi che smontano adesso dalla ronda hanno novità…”
Sbucammo davanti a casa di Sam ed Emily e subito andammo verso l’entrata.
Chi diavolo poteva essere questo vampiro? E perché aveva deciso di cacciare proprio qui a Forks nonostante fosse territorio dei Cullen?
Non appena entrammo subito notai la brutta aria che tirava, un’aria che non avevo mai respirato qui dentro ma che purtroppo conoscevo molto bene.
Aria di pericolo.
“Ciao Ash… bentornata!” disse Jake avvicinandosi e dandomi un bacio sulla guancia
“Ciao Ashley” mi salutò Jared, notai la mano che teneva premuto il fianco, probabilmente per il dolore
"Ehi, ho sentito della tua disavventura... va meglio?"
"Si dai... il dr Cullen ha fatto un buon lavoro"
“Shay” mi salutò Sam
"Sam!"
Il mio sguardo si posò su di lui.
Embry.
Mi guardò fisso negli occhi per un attimo ed un brivido mi percorse la schiena.
Volevo salutarlo ma la voce mi morì in gola…
“Che bello rivederti” disse Emily sorridendomi e abbracciandomi. Ricambiai l’abbraccio “mi dispiace per tutto questo casino”
“Che novità ci sono?” chiese Kim guardando Jacob ed Embry
Jake sospirò “ha colpito ancora… a nord di Green Roads, vicino alla svolta con Jackson Street… questa volta però lo abbiamo visto… è un uomo, avrà sui 25 anni circa, biondo… è velocissimo, eravamo così vicini” disse stringendo i pugni.
Sam gli diede una pacca sulla spalla “non preoccuparti Jake… questione di poco tempo e lo prenderemo! Dobbiamo pensare a come agire prima che succeda qualcos'altro"
“Andiamo di là in soggiorno a parlare, così vi offro del caffè” disse Emily.
Tutti si alzarono e chiaccherando tra di loro si spostarono nella stanza affianco.
Tutti.
Eccetto me. Eccetto Embry.
Il silenzio nella stanza sembrava quasi surreale.
Lo guardai.
Era appoggiato al bancone con le braccia incrociate.
Il petto nudo si alzava e si abbassava regolarmente, profonde occhiaie violacee segnavano il suo volto ed un piccolo taglio sullo zigomo tumefatto perdeva ancora del sangue, proprio come la piccola ferita che aveva sul bordo del labbro inferiore.
Mi avvicinai lentamente e mi fermai proprio davanti a lui, a pochissima distanza.
Trattenni il respiro per un attimo, al diavolo tutto.
Non mi veniva in mente niente.
Eppure quel sangue, il suo sangue, nonostante fossi un chirurgo mi dava terribilmente fastidio.
“Sei ferito”dissi, e non mi accorsi nemmeno di aver parlato finchè non sentii io stessa la mia voce.
Si staccò dal bancone raccogliendo una maglietta nera buttata malamente vicino alle bottiglie di acqua e se la infilò “non è niente” disse atono
“Si invece, perdi sangue”
“Sei un medico, dovresti distinguere una ferita superficiale da una più seria”
Sospirai, presi un uno strofinaccio e lo bagnai sotto all’acqua. Mi riavvicinai a lui e, avvicinandomi lentamente, gli pulii lo zigomo ed il labbro.
Trattenni il respiro per tutto il tempo, sperando che non se ne andasse, che non mi allontanasse.
Ma non se ne andò. Ne mi allontanò.
Rimase fermo immobile, guardandomi mentre gli tamponavo le ferite.
Le sue labbra.
Le sue labbra mi facevano impazzire ogni volta che le guardavo, ogni volta che mi baciava.
“Devi mettere del ghiaccio sul labbro o ti si gonfierà”
“Mi sei mancata”
Rimasi in silenzio sorpresa da quello che aveva appena detto.
Gli ero mancata?
La sera prima di partire mi ero comportata male, non gli avevo dato l’opportunità di parlarmi, di spiegarsi.
Avevo guardato solo le mie ragioni, avevo guardato solo me stessa.
Eppure aveva avuto tante possibilità per dirmi come stavano le cose per lui realmente, e non lo aveva mai fatto.
Guardai la sua maglietta nera con l’icona di una Rockband…
In fin dei conti adesso me lo stava dicendo però…
Le mie braccia lo avvolsero e affondai la testa nell’incavo della sua spalla “anche tu mi sei mancato” sussurrai stringendolo forte.
Fanculo tutto.
Quanto mi era mancato il suo profumo, il suo calore, lui.
Neanche io sapevo quanto mi era mancato davvero, non riuscivo ad ammetterlo a me stessa.
Ma mi era mancato.
Troppo.
Le sue braccia finalmente avvolsero la mia vita e ricambiò l’abbraccio stringendomi a lui come non aveva mai fatto.
In un attimo le sue labbra furono sulle mie dolcemente e subito il sapore ferroso del sangue si mescolò alla mia saliva.
Ricambiai il bacio e finalmente tornai a respirare.
Tutto tornò ad essere giusto.
Confuso, ma giusto.
Il sapore ferroso del sangue che non se ne andava mi fece capire che stava perdendo ancora sangue dal labbro e lo strinsi ancora più forte a me, prima di staccarmi definitivamente.
Lo guardai.
Mi guardò.
“Perdi ancora sangue”
“Non mi importa”
“A me si”
“A me basta che tu sia tornata”
Guardai i suoi occhi color nocciola, aveva delle sfumature verdi che li rendevano quasi irreali, ma si incastravano alla perfezione nel suo colorito ambrato.
Sfiorai con la mano il suo zigomo, il sangue si era già arrestato e stava lasciando spazio ad un ematoma violaceo.
“Cosa ti è successo?”
“Rischi del mestiere”
“E’ stato quel vampiro?”
“Si… lo avevamo quasi preso, ma è stato più furbo di noi”
Lo guardai in silenzio. Doveva essere frustrante, lo sapevo bene. 
“Dov’eri sparito quella sera prima che io partissi per tornare a casa?” farfugliai abbassando lo sguardo.
Mi sentivo terribilmente in colpa per aver rovinato tutto come al mio solito… ero consapevole del fatto che la colpa fosse totalmente mia, ma la paura che lui potesse essere andato a consolarsi altrove mi aveva sfiorato la testa più volte durante queste vacanze…
“A fare un giro”
“Dove?”
“E’ un interrogatorio questo ed io non lo so?”
“Ero solo…preoccupata” conclusi torturandomi le mani, la sua mano afferrò il mio mento e mi voltò guardandomi dritto negli occhi “sono andato a farmi un giro… un momento in più lì e avrei perso il controllo. Quel Hamilton ti stava troppo appiccicato…”
Trattenni il respiro.
Stava cercando di dire che era geloso di me?
Attesi in silenzio che andasse avanti, perdendomi nei suoi occhi e nella stretta ferrea ma dolce della sua mano sul mio viso.
Le sue mani.
Quelle mani che mi avevano toccata come nessun'altro aveva mai fatto prima...
“Embry puoi venire un attimo a dire che…” mi voltai di scatto guardando Jake affacciarsi sulla soglia del soggiorno “oh scusate ragazzi… ho interrotto qualcosa?” chiese grattandosi la testa imbarazzato. In quel momento lo avrei ucciso, giuro. 
“Non preoccuparti fratello, arrivo subito” disse Embry.
Mi voltai verso di lui e lo guardai, stava rimandando tutto ancora una volta? O ne stava approfittando per non dover andare avanti e mi avrebbe lasciata così nel limbo ancora una volta?
Mi sarei dovuta torturare ancora molto su quello che aveva detto per decodificare cosa volesse dire?
Mi sorrise e mi baciò la fronte “dopo finiamo” disse prima di dirigersi verso Jake ed andare in soggiorno.
Mi appoggiai al bancone della cucina e mi lasciai andare, dio stava diventando una tortura tutto questo.
Ancora una volta ero confusa, terribilmente confusa.
Saremmo mai riusciti a finire questa discussione?
Mi avrebbe mai detto chiaramente come stavano le cose per lui?
Improvvisamente un forte boato fece tremare tutta la casa, tremarono i vetri, i mobili e perfino il pavimento.
Mi attaccai forte alla sedia davanti a me per non cadere e in un istante tutto cessò.
In un attimo la cucina si riempì e mille voci insieme non mi fecero capire cosa stesse succedendo, in pochi istanti tutto il branco si precipitò fuori dalla casa correndo verso il bosco scomparendo in millesimi di secondi.
Trattenni il respiro e guardai Kim ed Emily interrogativa, senza capire cosa fosse successo.
Cosa stava succedendo?
“Probabilmente il vampiro ha attaccato la centrale elettrica poco distante da qui, non sappiamo cosa sia successo” sputò fuori Kim tremando, Emily la abbracciò “dobbiamo rimanere qui in casa finchè i ragazzi non capiranno cos’è successo e di cosa si tratta” disse Emily.
“Voi rimanete qui, io vado a dare una mano” dissi convinta dirigendomi verso la porta
“No Shay! Non andare, potrebbe essere pericoloso”
Mi voltai verso Kim “lo so! Ma sono un lupo anche io, devo aiutare!”
“Ma ci sono già tutti i ragazzi fuori, non andartene anche tu”
La guardai per un attimo, non potevo più starmene con le mani in mano, dovevo aiutare anche io “mi dispiace ragazze… se ci sono aggiornamenti verrò subito a riferirveli” dissi prima di correre fuori di casa in direzione del bosco.
Non sapevo precisamente dove si trovasse questa centrale elettrica, ma seguendo le tracce del branco l’avrei trovata facilmente.
Con un balzo mi trasformai e iniziai a correre velocemente.
Embry era qui fuori, probabilmente erano già arrivati, probabilmente sapevano già di cosa si trattasse.
Avevo paura.
Avevo paura che potesse succedergli qualcosa.
Accelerai la corsa per raggiungerli più in fretta, le tracce erano fresche, sarebbe stato un gioco da ragazzi raggiungerli.
Proprio quando iniziai a sentire distintamente il loro odore, un colpo sordo ed improvviso mi fece cadere a terra.
Tutto improvvisamente divenne buio.
 
 
 
 
  
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