Quello è stato forse il complimento più bello che io abbia ricevuto in tutta la mia vita. E ora che i ricordi riaffiorano sento il bisogno impellente di scriverli su carta, perché è come rivivere le emozioni una seconda volta. Fra meno di un mese mi sposo, e nonostante io sia immensamente felice, c’è una parte di me che vorrebbe tornare a quegli anni, a quelle emozioni e a quei discorsi d’ estate sulla spiaggia. Perché per quanto io possa essere felice ora e per quanto potrò esserlo in futuro, non sarà mai come allora: un filo si è rotto e non si può riaggiustare. Davanti a me vedo una vita, un futuro, ma non è più la mia vita, quella che sarebbe stata se dieci anni fa non fosse successo.
Ero la classica adolescente: problemi di cuore, tante domande e poche risposte; ma nonostante a volte credessi che il mondo non era il mio posto, c’erano sempre quelle piccole cose che ricombinavano tutti i pezzi. Mi bastava sedermi fuori sotto l’ albero a guardare il sole che lentamente scompariva dal mio sguardo e il cielo diventava rosso come il fuoco e poi rosa e viola fino a raggiungere il blu; bastava quello per risolvere qualsiasi problema. Se ero cupa bastava uscire a fare due passi con il cane e la macchina fotografica. Con delle semplici cuffiette e un po’ di musica poteva cambiare la mia giornata. Ero tormentata da mille pensieri, che spesso mi tenevano sveglia di notte, la mia mente costruiva mille castelli in aria nel mio futuro, sopra ad una piccola attenzione o ad un semplice messaggio. Mi sentivo terribilmente complicata e mi odiavo per questo, ma per quanto tutto potesse sembrarmi così difficile, in realtà era molto semplice. Mi piaceva stare con gli amici e festeggiare senza un apparente motivo, forse solo perché eravamo giovani e invincibili. Ero circondata da amore e comprensione e rispetto, e anche se io non mi piacevo, c’ era sempre una persona vicina a dirmi quanto fossi bella ai suoi occhi. La mia vita era piena zeppa di intrecci, con tutto ciò che mi circondava e che mi caratterizzava, e forse in mezzo c’ era un groviglio gigantesco, ma tutti i fili erano ben forti e interi. Mi sembrava di non avere certezze e di procedere nel vuoto, ma in realtà vivevo in un castello. Poi un giorno qualsiasi, è finito tutto e ora non potrò mai più essere quella persona.
A mamma piaceva sempre raccontarmi di come ero nata, di quanto lei e babbo fossero immensamente felici. Ero una bambina piccola e cicciottella e mi piaceva dormire. C’è un biglietto di auguri che mi ha scritto mamma, quando ero un po’ più grande, che dice quanto lei mi ammirasse e mi amasse in tutto quello che facevo e in tutto quello che ero, lo conservo ancora nel cassetto del mio comodino. Sin da quando ero piccola, per quanto la mia memoria mi permette di ricordare, ho sempre avuto mille sogni e mille passioni che gironzolavano per la mia testa. Ogni tanto me ne uscivo con qualcosa di nuovo e quindi per mesi e mesi non parlavo di altro. Ero una ragazzina giocosa e spensierata e credevo a tutte le cose inesistenti che gli adulti potessero inventare. Mi piaceva correre nel prato e raccogliere fiori, giocare a fare la mamma oppure la principessa, ma non mancavano le lotte e i cartoni da maschio, o le partite a calcio anche se a calcio poi non sapevo giocare. Ho sempre avuto un carattere sensibile, sono una persona affettuosa e forse anche un po’ gelosa nei confronti dei miei cari. Sono sempre stata irascibile, ma anche talmente buona da far passare tutti avanti a me, e rimanere poi l’ ultima ruota del carro. Sono insicura, da sempre, su tante cose, tante cose diverse, con il passare degli anni, e sono un’ inguaribile romanticona. Anche crescendo dentro di me è sempre sopravvissuta una bambina e certe cose non sono cambiate, ma con il tempo si sono solo confermate. Come ad esempio la mia passione per la scrittura, o per la cucina, la fotografia, o la musica. Erano quelle cose che mi rendevano me, che scorrevano nel mio sangue, quelle che mi avrebbero permesso di lasciare il mio segno.
Ora sono seduta al tavolino, sulla terrazza che da sulla Senna, vedo i giovani innamorati camminare mano nella mano e ripenso a me, quando ero un’ adolescente. Spesso vorrei tornare a quell’ età, e fermare il tempo lì. Era un periodo in cui vivevo alla giornata, non sapevo se mi avrebbe riscritto o no, non sapevo se sarei stata felice o giù di morale, vivevo di sogni fatti di notte e di giorno che mi lasciavano con il sorriso oppure più confusa di quanto già non fossi.
Ripercorro i mesi e torno a quell’ estate, alle metro parigine e alle risate spensierate di una quasidiciassettenne che si stava rendendo conto di cosa fosse l’ amore, un pezzettino alla volta. Ai piedi rotti dal troppo camminare e ai panini del mc. Tutto mi riporta lì. Inevitabilmente. Delle lacrime calde stanno scendendo lente sul mio volto. Sono lacrime di felicità, credo. Perché dopo tanto, sono felice di nuovo, dopo che il mio cuore è stato lacerato così profondamente, finalmente è di nuovo in grado di aprirsi, scaldarsi, battere a ritmi velocissimi quando mi sussurra che mi ama. Eppure io lo vedo un po’ diviso in due parti, e una di queste è morta per sempre, è morta con lui.
Ricordo di quella sera di fine estate, quando eravamo felici, ma anche tristi, era il suo ultimo anno di liceo, l’ ultimo anno in cui mi sarebbe stato vicino davvero, per poi andarsene, piano piano. Mi ha portata sul tetto, all’ alba e là mi ha detto come gli avessi cambiato la vita, di come fossi capace di farlo sentire vivo, di renderlo felice, davvero. Ho fatto finta di dormire mentre disegnava le linee del mio corpo, fino a poi svegliarmi con un bacio sulla guancia. Mi sembrava di essere in cima al mondo, mi sembrava che niente avrebbe potuto fermarmi. Era u periodo felice, forse il più felice, per molti anni. Da quel giorno è davvero cominciata la nostra relazione. Forse è stata proprio quella la causa, era creativa ma allo stesso tempo ci corrodeva, ci consumava. Lui era troppo intelligente per essere il classico fidanzato, aveva sempre bisogno di stimoli e li aveva, da me, ma nel frattempo io mi stavo consumando, senza rendermene nemmeno conto. Ed è in questo modo che lentamente quello che all’ inizio era solo amore è diventato litigi, controversie, pianti. È così che dopo un anno e mezzo mi sono trovata costretta a lasciarlo andare da solo sulla sua strada, nonostante il mio cuore fosse ancora in mano sua. Ne ho pagato il prezzo dopo.
Troppe volte mi parlava di come si sentisse depresso, di quanto la vita facesse schifo. E io pensavo scherzasse o lo dicesse tanto per dire, perché io ero lì con lui, e per me bastava quello. Ma purtroppo non era così, ed io non sono stata abbastanza per capirlo. Lui con i suoi silenzi mi stava gridando aiuto, mentre io vedevo solo che si stava allontanando, che non ero abbastanza per lui e che si stava stancando di me. Mi sono resa conto di tutto questo quando ormai era troppo tardi. Avrei voluto salvarlo, avrei voluto che me l’ avesse detto, avrei voluto poterlo aiutare, e invece mi ritrovo qua a piangere sull’ inchiostro fresco di queste parole uscite dalla bic blu. Gran parte di quello che è successo è colpa mia, e non me lo perdonerò mai. Quel giorno, quando sono venuti a darmi la notizia, stavo preparando l’ orale di maturità e sono bastate tre parole a farmi morire. Ho continuato a vivere , ma una parte di me è morta con lui, mi ha portata via con sé, come faceva sempre, come mi piaceva che fosse, perché mi faceva sentire in un posto sicuro, tra le sue braccia, mentre era una prigione, che avrò per sempre.