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Autore: credo_nei_sogni    31/12/2018    1 recensioni
Perché Harry aveva capito cosa fosse accaduto non appena era entrata nella stanza col volto rigato di lacrime. Aveva capito tutto non appena la ragazza gli aveva buttato le braccia al collo e aveva pianto appoggiandosi sul suo petto, come faceva da bambina.
E per un attimo, al Salvatore del mondo magico, parve possibile cancellare gli ultimi mesi. Ma una voce sempre più insistente gli ricordava che per nessun motivo avrebbe riportato indietro il tempo. Nonostante tutto, non avrebbe voluto mai altro. Se non lei.
[...]
Hermione respirava a fatica, mentre tutti i suoni scomparivano e venivano sostituiti dal martellare incessante del suo cuore. Draco era lì, diverso dal giovane ragazzo che aveva conosciuto. Anni prima aveva sognato quella scena, in cui lei lo avrebbe stretto forte. Ma in quel momento, non poteva fare altro che starsene in silenzio, ad osservarlo. I suoi occhi di ghiaccio sembravano lanciare fulmini, tanta la rabbia che provava dentro. E la donna fu quasi presa dai sensi di colpa, prima di scuotere la testa e ritrovare la compostezza. Lei non doveva più nulla a Draco Malfoy. L'uomo che le aveva spezzato il cuore. L'uomo che odiava più di tutti.
Genere: Drammatico, Erotico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Draco Malfoy, Famiglia Potter, Hermione Granger, Scorpius Malfoy, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Da Epilogo alternativo, Più contesti
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Family and Flowers

12 Maggio 2001

La bambina se ne stava su quelle scomode sedie che odoravano di detersivo, incrociando le piccole braccia al petto e sbuffando annoiata di tanto in tanto.
Sarebbe dovuta essere a casa sua, a giocare con le sue amate Barbie. Oppure dai nonni, a fare la modella coi vestiti eleganti di sua nonna Joanne. O, ancora, l'ipotesi che preferiva, al parco con Harry.
E invece era lì, al San Mungo, e chissà per quanto tempo sarebbe dovuta rimanere.
Non riusciva a comprendere l'euforia di ciò che la circondava: da lì a poco, sarebbe nato James Sirius e tutti erano entusiasti.
Tutti, tranne lei.
Sapeva da mesi che nella pancia di zia Ginny stava crescendo qualcosa e, ovviamente, sperava che rimanesse lì dentro. Non voleva che un neonato qualunque prendesse il suo posto, eppure quel bambino ci stava riuscendo ancor prima di venire al mondo.
Prima la zia Ginny e Harry la portavano a mangiare i dolci nella loro pasticceria preferita ogni settimana, ma avevano dovuto smettere perchè la zia Ginny vomitava ogni volta. Poi avevano smesso anche di giocare a fare la lotta, visto che la donna si stancava facilmente. E poi Harry le aveva dedicato sempre meno tempo, perchè nel tempo libero sistemava Grimmould Place in previsione del lattante in arrivo.
In quel momento tutto ruotava intorno a quel bambino e lei si sentiva estremamente trascurata.
Rose osservò di sottecchi Teddy, seduto accanto a lei, e intento a giocare con il suo Nintendo.
A lui non sembrava importare molto del bambino in arrivo, ma c'era da aspettarselo. Preferiva restare con sua nonna Andromeda che stare dai Potter e, sebbene Harry fosse il suo padrino, non aveva con lui quel legame che legava invece Il Ragazzo che è Sopravvissuto alla piccola Granger.
Rose sbuffò ancora, in attesa che qualcuno la notasse, ma non accadde nulla: Harry era dentro con zia Ginny, zio Arthur e zia Molly, zio Ron era al bar con Neville e Hannah, mentre sua madre era troppo presa a parlare con Calì.
Anche la fidanzata di zio Ron aveva un bambino nella pancia, ma di lui non era gelosa. Voleva bene a zio Ron, ma era Harry l'uomo di cui era innamorata pazza.
Era Harry il suo finto/vero papà. E proprio lui, la stava rimpiazzando.
Dopo quella che parve un'eternità, Harry comparve trafelato e con gli occhi pieni di lacrime di gioia.
<< E' nato >> annunciò, venendo immediatamente stretto da Hermione in un abbraccio caloroso. Era padre, e non aveva capito cosa significasse prima di quel momento, quando aveva guardato suo figlio negli occhi.
<< E' il bambino più bello che abbia mai visto... >> continuò, con la voce rotta dall'emozione.
A quelle parole Rose scattò in piedi e, prima che gli adulti potessero richiamarla, corse all'esterno, sedendosi sugli scalini e abbracciandosi le ginocchia.
Hermione, apprensiva, fece per seguirla ma l'uomo al suo fianco scosse la testa, invitandola a precederlo nella stanza di sua moglie.
Passarono pochi minuti, e poi Harry raggiunse Rose, prendendo posto accanto a lei.
<< Lasciami stare >> gli ordinò con la sua piccola vocina  la babmina, evitando il suo sguardo.
Vedendo che l'uomo non accennava a dire nulla, dopo un po' alzo i suoi grandi occhi azzurri verso di lui, trovandolo intento ad osservarla .
<< Perchè non sei dal tuo bambino? >>
<< Ci sono già tante persone lì, preferisco stare qui con te... >> le sorrise dolcemente, facendole illuminare gli occhi.
<< Ma tu... tu ora vuoi più bene a lui e... non stai più con me >> fece lei, con tono tremolante.
Harry sentì un peso opprimergli il petto alla voce triste di quella bambina vivace e troppo intelligente per la sua età. La prese tra le braccia e se la mise sulle gambe, accarezzandole i capelli biondi.
<< Rosie, tu sarai sempre la mia bambina e io ti vorrò sempre sempre sempre bene, non cambierà niente. E poi io ho bisogno di te, devi darmi una mano a tenere James, altrimenti chissà se diventera bello e bravo come te >> la rassicurò, stringendola forte a sè per qualche minuto.
Rimasero in silenzio, un silenzio carico d'amore come tra un padre e una figlia, un fratello maggiore e una sorellina, uno zio e la sua nipote preferita.
Harry e Rose erano e sarebbero stati sempre tutto l'uno per l'altra.
<< Ora vuoi venire a vederlo? >> le chiese e, quando lei annuì, la portò in braccio fino alla stanza di Ginny.
Hermione era lì seduta sulla poltrona e James era tra le braccia di sua madre. Entrambe le donne si scambiarono un'espressione sollevata nel vedere la piccola tranquilla tra le braccia di Herry, che depose la bambina sul letto, accanto a Ginny.
La zia le sorrise raggiante, sporgendo il bambino verso di lei per permetterle di vederlo.
<< Lo vuoi tenere un po' in  braccio? >> le chiese, ricevendo un timido sì come risposta. La fece sistemare meglio e poi le posizionò delicatamente James tra le braccia, aiutandola a sorreggerlo.
Rose lo osservò per un po', incuriosita: James era minuscolo, al posto dei capelli aveva della peluria chiara e gli occhi erano grandi e scuri, già pieni di vivacità. Gli accarezzò dolcemente la piccola manina, e lui le strinse il dito regalandole  quello che le sembrò un sorriso. Lei ricambiò, continuando a tenergli delicatamente la manina.
<< Sembra che tu gli piaccia >> disse Ginny, sorridendo prima a lei e poi ad Harry che, accanto ad Hermione, osservava la sua famiglia incantato.
In quel momento Il Salvatore del Mondo Magico capì a cosa era valso lottare così a lungo.
Rose ricambiò il sorriso della zia e poi ritornò a prestare la sua attenzione a James: anche a lei piaceva e gli diede un piccolo e delicato bacino sulla fronte, promettendo a sè stessa che lo avrebbe sempre protetto come Harry aveva fatto con lei.


 

<< Sei un rompipalle, James >> sbuffò divertita Rose,  lanciando al ragazzo un pugno d'erba.
<< Ah sì? Chissà da chi ho preso... >> fece a tono lui, lanciandosi sulla ragazza a peso morto e facendola urlare.
Erano sdraiati sul prato, all'ombra di una vecchia quercia, a godersi qualche ora pomeridiana.
<< Siete impossibili, tutti e due >> rise Teddy, scostandosi leggermente per non essere coinvolto nel loro azzuffo.
Si era seduto lì, nei pressi del Lago, per leggere in tranquillità e rilassarsi in quella rara giornata di sole, quando quei due erano arrivati a spezzare la quiete in cui si era immerso.
<< E tu sei noioso >> lo prese in giro la Granger, mostrando la lingua a suo cugino.
Era rassicurante per lei sapere che, anche da parte di suo padre, aveva un legame di sangue a cui voleva bene.
Certo, lei e Teddy erano qualcosa come cugini di terzo o quarto grado, ma il legame che li univa a volte le rendeva il sangue che le scorreva nelle vene più facile da accettare.
<< Possiamo unirci a voi? >>
Ad interromperli fu la voce di Albus, appena arrivato assieme a Scorpius dopo la lezione di Erbologia, a giudicare dalle loro divise sporche di terra.
La ragazza osservò il viso del fratello, incerta sul rispondere. Lui era completamente a disagio, probabilmente aveva pregato Albus di non fermarsi e lui non gli aveva dato retta. Di certo non si sentiva a suo agio con tutti loro, e nessuno aveva fatto in modo di agevolarlo in quel compito.
Nemmeno Rose che, da quando avevano parlato dopo la scenata di Kareem i primi giorni, aveva fatto in modo di evitarlo il più possibile. 
Non doveva legarsi a lui, nè tantomeno poteva permettere che fosse lui ad affezionarsi a lei.
Lui non sarebbe mai venuto a conoscenza del loro legame.
<< Si, certo... >> rispose allora Teddy, cercando di rompere la tensione creatasi.
Gli dispiaceva per quel bambino e anche per Albus che, probabilmente, non capiva quella reticenza ogni volta che si avvicinava a loro.
Era troppo piccolo per sapere.
Quando i due si sedettero, James non potè fare a meno di guardare malamente il giovane Malfoy. Sapeva perfettamente che quel ragazzino non poteva farci niente, ma ogni volta che lo guardava pensava a tutte le cose orribili che aveva sentito su Draco Malfoy e il disgusto che provava traspariva evidente sul suo viso.
Rose lo notò e gli diede una leggera gomitata, ma poi gli sorrise dolcemente.
James lo faceva per lei e non poteva che essergli grata. E poi, capiva perfettamente la sensazione che doveva provare lui, perchè per lei era lo stesso, se non peggio. Ogni volta che osservava Scorpius, nella sua testa compariva nitida l'immagine del giovane Draco dei ricordi dei suoi familiari, il mostro descritto da zio Ron e il padre che non aveva mai conosciuto.
Quei pensieri le annebbiarono la mente, rendendole d'un tratto difficile anche respirare.
<< Io... devo raggiungere Andrew, scusatemi ma sono in ritardo. >> fece improvvisamente, scattando in piedi.
​ Rivolse al maggiore dei fratelli Potter uno sguardo che significava "sto bene, tranquillo" e poi salutò i presenti con la mano e si incamminò verso l'interno del Castello. Dopotutto, le avrebbe fatto bene passare un po' di tempo con il suo ragazzo.



Andrew era intento a giocare a scacchi con Adam Nott nella loro Sala Comune, e quest'ultimo non era affatto disposto ad accettare l'imminente sconfitta.
Lui ed Andrew erano amici da tutta una vita, nonostante i pochi anni di differenza che li separavano.
L'amicizia non era però sufficiente a spegnere il bisogno costante di vincere in ogni cosa costantemente. Del resto, oltre ad essere Serpeverde, era figlio di Daphne Greengrass.
Fortuna volle che Rose giungesse in Sala, assicurandogli la vittoria: era risaputo che il giovane Zabini si scollegava dal mondo, quando c'era quella ragazza di mezzo e Adam non attendeva altro che poterne approfittare.
Rose gli sorrise complice, contribuendo a distrarre Andrew con chiacchiere inutili e baci furtivi.
Lei e Adam avevano un bel rapporto che, pur non essendo particolarmente stretto, si era rinforzato in quegli ultimi mesi.
Era un bravo ragazzo nonostante la sua aria un po' snob e la sua indole maliziosa, e poi non gli era sfuggito il modo protettivo con cui teneva d'occhio Scorpius. Nonostante tentasse di non prestargli attenzione, era contenta che il ragazzino non fosse da solo in quella scuola dove tutti, seppur ormai velatamente, tendevano ad allontanarlo per il suo cognome.
<< Ti ho battuto! >> esclamò alla fine della partita Adam, battendo il cinque alla Granger e sorridendo malandrino ad Andrew che, in tutta risposta, scosse la testa prima di baciare Rose in modo più approfondito, facendosela accomodare tra le gambe.
<< Vi prego, ci sono le stanze >> si finse disturbato il giovane Nott, imitando lo slinguazzamento dei due con fare disgustoso, facendo ridacchiare la ragazza e alzare gli occhi al cielo al giovane Zabini,
<< Però quando mi distrae per farti vincere le smancerie le sopporti, eh? >> replicò il maggiore tra i due, facendogli il verso e un gestaccio con le mani, venendo subito imitato.
<< Che bambini che siete >> commentò allora Rose, dando un colpetto dietro la nuca al suo ragazzo e guardando sconsolata all'altro.
E rimasero lì, a ridere e scherzare, per un tempo indefinito, venendo poi raggiunti da Milah e Victor.
Perché ad Hogwarts erano tutti, seppur non di sangue, un'unica e grande e meravigliosa famiglia.


 

Draco stava controllando gli effetti di una pozione ringiovanente quando il suo datore di lavoro, Hernand Gregory, gli ordinò di portare delle ampolle con effetti curativi al Reparto Malattie Magiche.
Grazie ad Hermione, era stato richiamato dal Reparto Pozioni Curative del San Mungo e lui gliene era estremamente grato.
I toni dell'uomo gli fecero drignare i denti, ma non disse nulla: sapeva dal principio a cosa sarebbe andato incontro tornando a Londra. Sapeva il male che aveva fatto e sapeva anche di meritare quell'astio e quella diffidenza che tutti avevano nei suoi confronti.
Fino a qualche anno prima, non avrebbe mai sottostato agli ordini di qualcuno, nè tantomeno avrebbe lavorato, ma diverse cose erano cambiate da allora.
Lui era cambiato.
Era divenuto un uomo e aveva giurato di mettere la sua famiglia, sua moglie e suo figlio, prima di ogni cosa. Anche di sè stesso e del suo stupido orgoglio.
Fece ciò che gli era stato chiesto, ma prima di poter tornare indietro una voce familiare lo costrinse a fermarsi dov'era.
Affacciandosi in una delle tante stanze, notò Hermione Granger seduta accanto ad un bambino: i lunghi capelli castani, crespi come li ricordava, erano raccolti in modo disordinato sulla testa e qualche riccio ribelle le finiva sui grandi occhi caramello, costringendola più volte a scostarli con le mani per guardare negli occhi il suo piccolo interlocutore.
Dal maglione crema che indossava, intravide quel fisico magro che pareva non aver subito alcun cambiamento nel tempo e subito pensò a quanto fosse bella.
La sua da sempre non era di quella bellezza che faceva girare la testa o che attirava addosso a sé un continuo di sguardi, ma ciò non significava che lo fosse meno di altre donne più vistose.
Era una bellezza segreta, come quella di un girasole, che mostrava tutto ciò che di magico e meraviglioso nascondeva solo al suo Sole.
Astoria, si ritrovò a pensare, era invece un gelsomino, un fiore che non potevi fare a meno di amare, di osservare, di desiderare. 
All'improvviso lei si voltò e incrociò lo sguardo con quegli occhi grigi come la nebbia londinese, perdendosi in essi per qualche secondo.
Si era ormai quasi abituata all'imprevedibilità degli incontri con Draco, eppure ogni volta le sembrava che una mano invisibile le sferrasse uno schiaffo in pieno viso. Aveva passato 17 anni a reprimere, invano, i sentimenti che provava per lui sotto una montagna di rabbia e orgoglio, ma in quel momento, occhi dentro occhi, avvertiva quasi fisicamente le crepe nella sua corazza farsi man mano più profonde.
Perché, le costava ammetterlo, sarebbe stata disposta a dimenticare tutto il male che lui aveva fatto se avesse significato riaverlo.
Contro ogni logica, ogni principio, ogni ragione, amava ancora Draco Malfoy con la stessa intensità con cui un cacoinomane amava la sua ultima dose. Quella letale, quella che l'avrebbe ucciso.
Era un'amore malsano e malato, ed esserne consapevole la terrorizzava ancora di più. 
Draco le accennò un mezzo sorriso e poi scomparve al di là della porta, desideroso di dileguarsi il prima possibile.
Non parlava con Hermione da quando, pochi giorni prima, era stato a casa sua e l'aria era gelata non appena aveva nominato il padre di quella ragazzina di cui neanche sapeva il nome, costringendolo a congedarsi.
Quando l'aveva rincontrata aveva pensato che alla fine avesse scelto Weasley, cosa che avrebbe dovuto fare fin dal principio, e un sentimento ambiguo si era fatto strada dentro di lui.
Non era rabbia, non aveva il diritto di provarla, ma gli si avvicinava molto.
Dalla reazione di Hermione però non doveva essere lui il padre di quella bambina e si chiese chi potesse essere.
Immaginò per un secondo un undicenne magrolina, dai boccoli castani e gli occhi caramello.
Chissà se aveva nello sguardo lo stesso fuoco di sua madre, se anche a lei spuntava una rughetta alla base del naso quando si arrabbiava.
Se fosse stata bella solo la metà di Hermione, sarebbe stata incantevole.
Scosse la testa come a riprendersi da quei pensieri inappropriati e senza senso, facendo per tornare al suo posto, quando lei lo richiamò.
<< Scusami se sono stato invadente, ho solo portato una pozione e non mi aspettavo di vederti >> le disse imbarazzato, cercando di sorriderle cordiale.
Si incantò nuovamente nel vedendola sciogliersi delicatamente i capelli, lasciando che una cascata color cioccolato le coprisse il viso.
Capì che non c'era più traccia della timida e impacciata ragazzina dei suoi ricordi, in lei ogni suo gesto esprimeva ora una sensualità e una sicurezza che raramente le aveva visto addosso e ciò non fece che intrigarlo ancora di più.
<< No figurati, quando posso vengo qui a vedere i bambini... alcuni di loro, come John ad esempio, non hanno famiglia e devono restare qui a lungo. E, mi piace, passare un po' del mio tempo con loro >> gli spiegò, sorridendo tra sé ripensando a quando i bambini la terrorizzavano e infastidivano.
Anche lui si perse nel medesimo ricordo, ripensando alle lunghe chiacchierate con lei sulla Torre di Astronomia o nella Stanza delle Necessità.
Sembrava passata una vita e forse era proprio così.
<< Beh, io vado ora..il lavoro mi aspetta >> fece la donna, sistemandosi frettolosamente il cappotto che aveva tra le braccia e rivolgendogli un cenno di commiato.
<< Hermione io..>>
Draco le prese delicatamente il braccio costringendola a guardarlo, sentendo delle scosse elettriche irradiarsi in tutto il corpo.
Si trovarono vicini, non troppo ma abbastanza perché lui sentisse il suo aroma di vaniglia inebrirgli i sensi.
Si chiese se anche lei, in quel momento, si sentisse fragile e vulnerabile come lui.
Se anche a lei sembrava ogni volta di vedere un mondo alternativo, in cui erano cresciuti felici insieme.
<< Ti va una burrobirra, stasera? >> propose, prima ancora di rendersi conto che quelle parole erano uscite proprio dalla sua bocca.
Non aveva alcun controllo di sé, quando Hermione Jean Granger era con lui, e Draco ne era assolutamente cosciente.

   
 
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