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Autore: Colarose    01/01/2019    5 recensioni
Quando si perde tutto, non si fa che rimproverarsi di non aver fatto di più per non perdere quel tutto.
E Harry ha perso tutto.
Ma gli verrà data un seconda possibilità.
Un viaggio nel tempo, 27 anni indietro nel passato.
Prima che Voldemort seminasse terrore, prima della Prima Guerra Magica, prima dei Mangiamorte e prima della fondazione dell’Ordine della Fenice.
Prima di quel 31 ottobre, prima di quell’esplosione.
Prima dei Malandrini.
Una nuova responsabilità si fa carico sulle spalle di Harry: vincere la Prima Guerra, prima che ce ne sia anche una seconda.
Ma ci sarà un piccolo imprevisto.
**********
Siete pronti per la lettura?
Ma soprattutto, siete pronti per la storia del quinto Malandrino?
Genere: Comico, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, I Malandrini, Lily Evans, Marlene McKinnon, Mary MacDonald | Coppie: James/Lily
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Contesto generale/vago
Capitoli:
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Egoista. 
La luce del Sole filtrava dalle finestre, illuminando l'Infermeria. L'odore di disinfettante galleggiava nell'aria, come al solito. Lily osservò sconsolata il suo amico che, sotto le calde coperte, dormiva pacificamente.
Il problema è che "dormiva" (più uno stato d'incoscienza che altro) pacificamente da giorni

Lily si sentiva sempre più preoccupata, nonostante le rassicurazioni di Madama Chips. Non aveva neanche capito perché effettivamente il suo amico stesse dormendo così tanto. 

Stress, aveva detto l'infermiera. Il suo amico negli ultimi tempi era stato stressato, a quanto pareva. Ovvio. E lei non se n'era accorta, troppo presa da se stessa e da altre stupidaggini. Forse l'evidente separazione dei Malandrini aveva stressato e rattristato Harry più di quanto immaginasse; eppure lei non l'aveva capito, anche quando gli aveva chiesto se andava tutto bene, lui non era sembrato tanto abbattuto, anzi aveva sorriso in modo rassicurante. 

Davvero, Lily faticava a credere che fosse semplice stress, perché sembrava, dalla continue visite di Madama Chips, che Harry fosse addirittura dolorante. Ma cercò di non pensare a questo, dato che sembrava che volesse trovare a tutti i costi una giustificazione (e non ce n'erano, inutile dubitare delle diagnosi dell'infermiera). 

Forse era davvero una pessima amica, prima le occasionali litigate con Sev, e ora questo. Lily stava cercando di rimediare un po', passava quotidianamente in infermeria per stargli accanto. A volte ci parlava anche, con lui. All'inizio s'era sentita leggermente stupida, ma alla fine si era fatta trasportare. «Oggi Alice mi ha fatto due treccine alla francese, sono carine, anche se nel farmele per poco non mi faceva urlare, una tortura! Tirava come se non ci fosse un domani!» Lily si rigirò delicatamente tra le mani la treccina, corrucciata. «Gliele ha insegnate sua madre durante le vacanze estive. Dice che i miei sono gli unici capelli fattibili per fare queste treccine in modo abbastanza semplice -a parte i suoi- sai, Lene non ce li ha poi tanto lisci e Mary ce li ha troppo corti. C'è la Fawler, ma tanto sappiamo entrambi che non è ancora stata buttata dalla finestra solo perché ucciderla non giocherebbe propriamente a nostro vantaggio. Ultimamente sembra indecisa! Non sa se immaginare una storia d'amore con te o con Potter-»

«Sbaglio o ho sentito il mio cognome uscire dalle tue dolci labbra, Evans?» esclamò una voce, facendo bloccare Lily. La rossa gli gettò un'occhiataccia, mentre il carissimo James Potter si avvicinava, diretto proprio verso il letto di Harry. Oh, quanto gli erano mancate frasi del genere. 

Era dall'inizio dell'anno che Potter non la tormentava ogni giorno (cioè, la tormentava, ma sembrava aver deciso di darle un po' più di pace). 

«Che ci fai qui, Potter?» chiese Lily, piuttosto esasperata. James alzò le sopracciglia, mentre -notò Lily con orrore- prendeva uno degli sgabelli vicino alla parete, per poi portarlo accanto a lei e sedersi. 

«Poiché credo di sembrare perfettamente sano, e poiché mi sto sedendo accanto a te, ai piedi del letto di Harry, direi che la risposta sia abbastanza ovvia.» rispose alla fine questi, guardando Harry, che ignaro di tutto, continuava a respirare delicatamente. 

Lily non giudicava poi la cosa tanto ovvia. Calcolando che James stava ignorando Harry da un bel po' di giorni e calcolando che non sembravano nemmeno più amici... i Malandrini erano qualcosa che Lily non avrebbe mai potuto capire, ne era consapevole. 

La rossa alla fine gli gettò un'occhiata, dicendo, in modo piccato: «Scusami se recentemente sembrate quasi mezzi sconosciuti.» 

Subito si pentì quando James la guardò in un modo che raramente usava con lei. Un misto di rabbia, incredulità e indignazione. Sì, forse James non avrebbe dovuto avere una reazione del genere, questo lo pensò lui stesso qualche giorno dopo, ma insinuare anche soltanto che ormai non gliene importava più di Harry gli dava fastidio, perché nonostante tutto, nonostante i comportamenti più che sospetti, nonostante i segreti, lui non aveva dimenticato anche le cose positive che aveva fatto Harry nei suoi confronti, e anche in quelli degli altri. Una volta Sirius, poco tempo dopo la loro "separazione", ancora arrabbiato, aveva detto (senza pensarci) che quel che faceva o diceva Harry, per la maggior parte delle volte, era finzione. 

Era stato falso. 

Ma James, nello stesso momento in cui Sirius l'aveva affermato, aveva sentito odore di stronzata. Perché lui si ricordava quel che aveva fatto Harry, e il ricordo più recente, quello forse più significativo, risaliva ad una tarda notte di fine estate, in un buco di disperazione e dolore. E avrebbe potuto giurare che lo sguardo di Harry, in quel momento, che risaltava in modo esageratamente evidente, era solo quello che poteva dare un vero amico.

In conclusione, segreti o no, Harry era più che meritevole della sua presenza.

«Appunto, Evans, sembriamo.» precisò il corvino, voltandosi verso di lei. «È ancora un Malandrino, dopotutto.» aggiunse poi, sussurrando. 

Lily lo giudicò un modo piuttosto goffo di dire che gli voleva ancora bene. Per la prima volta, senza però una leggera riluttanza, pensò che Harry avesse ragione quando diceva che i Malandrini fossero proprio degli amici invidiabili.

Sussultarono entrambi quando Harry si mosse, strizzando gli occhi. Biascicò qualcosa di incomprensibile, e James e Lily si scambiarono una veloce occhiata, avvicinandosi. 

Gli occhi di Harry si aprirono di scatto, per poi chiudersi immediatamente, mormorando una maledizione verso qualche Santo. 

«Harry?» lo chiamò Lily, vedendolo aprire questa volta gradualmente gli occhi, per non rischiare di essere accecato dalla luce. La rossa gettò un'occhiata a Potter, notando con la coda dell'occhio movimenti sospetti. Infatti questi si agitava con disagio sullo sgabello, sembrando quasi avere l'intenzione di andarsene. L'occhiata di Lily bastò a farlo desistere. 

In altre circostanze la rossa sarebbe stata contenta del fatto, ma poiché si trattava di Harry... era disposta a fare qualche sacrificio. 

«Lils?» biascicò Harry, guardandola confuso, poi vide James alle sue spalle e spalancò gli occhi. «James...?» 

Quest'ultimo cercò di rivolgergli un sorriso smagliante. 

«Come ti senti?» gli chiese Lily in modo apprensivo. Harry a malapena era riuscito a registrare il fatto di trovarsi in infermeria, quindi ci mise più tempo del previsto a capire la domanda. 

«Mmh... mi sento la testa piuttosto pesante.» rispose, strizzando gli occhi. La testa era pesante, le palpebre degli occhi piuttosto appiccicose, la gola era secca e le gambe se le sentiva assenti. Non sapeva che giorno era, sforzò la mente, cercando di ricordare come ci fosse finito lì, ma appena sentì un leggero mal di testa, decise che era meglio rimandare il momento a più tardi. 

Lily annuì  «Vado a chiamare Madama Chips.» poi si alzò e andò verso l'ufficio dell'infermiera. 

Harry guardò James, quasi studiandolo, mentre questi evitava con magistralità il suo sguardo. Si sentiva come se fosse un indizio per ricordare facilmente tutto. 

Fu così, c'era buio, luce, il freddo, dolore, dolore e ancora dolore. 

Harry sussultò. 

«Da quanto tempo sono qui?» chiese, facendo sobbalzare James. 

«Da quattro giorni.» rispose, sentendo dei passi frettolosi avvicinarsi. 

Madama Chips si chinò verso di lui, con la bacchetta in mano. 

«Ben svegliato, caro. Come ti senti?» domandò, in tono professionale. 

«Ho la testa... pesante.» ripetè Harry, guadagnandosi un cipiglio da Madama Chips che evidentemente non gli credeva. Perché, in effetti, dire "Ho la testa pesante" era un eufemismo, dato che trascurava tutti i malori elencati precedentemente. Dopo di che, Lily e James furono mandati via dall'infermiera, che procedette a fare la visita.  



«Ho dormito per quattro giorni!» protestò Harry, come un bambino capriccioso e soprattutto come se non avesse diciannove anni, ma Madama Chips aveva troppa esperienza alle spalle, ormai, proteste del genere alla fin fine si sapeva, erano inutili. 

Tanto, vinceva sempre lei. 

«Questo è un dettaglio irrilevante, qui la diplomata all'Accademia di Medicina Magica sono io. Hai bisogno di dormire.» tagliò corto Madama Chips, con un tono che non ammetteva altre obbiezioni.  «Più tardi passo a controllare e no -calcò vedendo Harry aprire bocca- non è detto che sia necessaria la notte per dormire, poco importa se sono le 10:30, intesi? Le tue gambe sono da poco guarite, hai ancora dolori per tutto il corpo oltre al mal di testa che scommetto che tu senta. Devi dormire.» con questo, gettandogli un'ultima occhiata ammonitrice, si voltò borbottando a proposito di presidi che portavano ragazzi messi male senza dare spiegazioni e di giovani che non avevano alcun riguardo per il proprio corpo. 

Harry stette lì, sospirando e guardando le bianche coperte del letto con uno sguardo vuoto. 

Come avrebbe dovuto aspettarsi, durante il rituale gli si erano rotte entrambe le gambe, oltre al fatto che sentiva ancora il dolore per tutto il corpo. Madama Chips gli aveva dato alcuni farmaci che non gli aveva potuto dare quando era incosciente (aveva detto che sarebbero stati dannosi). Naturalmente le gambe erano guarite in poco tempo, ma dovevano riposare. 

All'improvviso, mentre si raggomitolava nelle coperte, fu colto da un pensiero improvviso. Guardò la sua bacchetta poggiata sul comodino (dove c'erano varie cianfrusaglie e lettere da chissà chi, ora che aveva notato. Cercò di ignorarle per il momento), con uno sguardo meditabondo. La mano andò a toccarsi distrattamente il petto. 

Amato Animo Animato Animagus

Harry gemette, affondando la testa nel cuscino. 

Erano passate quattro albe. 

«Uccidetemi» pensò, a metà tra l'esasperazione e lo sconforto. 



Guardando il lato positivo, Harry poteva dire che in quel momento non stava tanto male. Certo, avrebbe tanto voluto allenarsi e fare attività più divertenti dello stare a letto, in quel luogo talmente bianco da sembrare soffocante, ma dopotutto, stare lì a leggere un libro nella più assoluta tranquillità (dopo che uno studente che vomitava lumache se n'era andato) non era così deprimente. 

Sorprendentemente, aveva ricevuto molti pensierini da gente sconosciuta, alcune lettere... ehm... erano piuttosto sdolcinate, Harry era arrossito come un pomodoro mentre le leggeva. 

A Marlene erano brillati gli occhi di crudeltà quando gli aveva chiesto, supplicante, di toglierle tutte quante dal comodino. Non aveva detto di buttarle, perché, insomma, quelle ragazzine erano state premurose a mandagliele, ma soltanto di toglierle (voleva evitare di imbarazzarsi ogni volta). 

Però sospettava che Lene le avesse bruciate. 

Silente era venuto a fargli visita, per informarsi delle sue condizioni, rassicurandolo che il rituale era andato meravigliosamente e che ora non rischiava più di scomparire. Harry aveva poi chiesto della Pietra, il Preside aveva risposto che era al sicuro in una piccola custodia. 

Il giorno dopo il suo risveglio, Harry guardava in modo assorto il soffitto, immerso in pensieri molto filosofici riguardo la vita e l'esistenza dell'umanità, e rischiò quasi di sobbalzare quando sentì l'aura di Remus avvicinarsi. 

Si voltò e lo vide oltrepassare la soglia dell'infermeria propria in quel momento. Remus sorrise leggermente mentre si avvicinava ed Harry ricambiò. 

«Come stai?» chiese, quando fu abbastanza vicino. 

«Bene... un po' dolorante ma... sto migliorando» rispose Harry quasi allegramente. Il licantropo si sedette sulla sedia vicino al letto, poi notò con un cipiglio la faccia di Harry scurirsi leggermente. 

«Mi dispiace riguardo... insomm-»

«Non fa niente.» lo interruppe Remus con una mano alzata, si ricordava i passaggi per diventare Animagus e non era certo colpa di Harry se il rituale l'avesse sfinito al tal punto che, per recuperare le forze, aveva avuto bisogno di quattro giorni. Ma anche se semplicemente, per pigrizia, qualcuno dei suoi amici non si fosse svegliato all'alba, non si sarebbe arrabbiato, già era tanto il fatto che ci stessero provando. 

Harry strinse le labbra e sospirò, poggiando la schiena sui cuscini, sprofondandoci dentro. 

«Com'è stato il rituale?» si azzardò a domandare Remus dopo un po', incerto. Vide Harry irrigidirsi, per poi voltarsi verso di lui con uno sguardo pensieroso,
cercando di trovare un aggettivo adatto. 

«Intenso.» rispose infine. Ironico come non avesse detto "doloroso", perché ci azzeccava molto, ma "intenso" era ancora meglio. Harry aveva provato così tante emozioni in quel momento, aveva sentito così tanta magia...  «Sono riuscito ad andare ancora più a fondo.» aggiunse. 

Remus lo guardò incuriosito «Hai trovato un posto ancor più felice?» cercò di indovinare. Harry scosse la testa, sorridendo lievemente. 

«No no, nessun posto è più felice di quello... ho chiuso gli occhi anche lì, nel posto felice. Era tutto buio, saturo di pura magia.» spiegò, ricordando. «Credo di aver sentito una carezza di mia madre, mentre ero lì.»

Il Lupo Mannaro restò in silenzio, osservando gli occhi angosciati del suo amico. Man mano non si era più interrogato sulla madre di Harry, anche perché aveva un vago sospetto di chi fosse. Quando una cosa del genere gli era balenata in testa, aveva sbattuto la mano sulla fronte, pensando alla Evans che urlava a James che non sarebbe mai caduta ai suoi piedi «Oh, cara mia... » aveva mormorato, con una voce da vecchio saggio e consapevole. 

Successivamente, con un ghigno, si era chiesto se forse non sarebbe stato James a cadere ai piedi della Evans. 

Fissò ancora un po' Harry, sentendosi in colpa a cacciare quell'argomento proprio in quel momento. Non ne avevano mai parlato, ma Remus davvero non ce la faceva più. 

«Uhm... Harry?» iniziò esitante, il corvino si voltò verso di lui, guardandolo in attesa. 

«Riguardo al tuo segreto... » Remus si fermò. 

«Si?» lo incoraggiò Harry. 

Remus si grattò la nuca. «Che ne dici di... dirglielo?» il mondo parve bloccarsi. Il Licantropo guardò Harry con la coda dell'occhio, mentre questi l'osservava sorpreso. 

«Che cosa?!» sbottò Harry, riprendendosi e guardando Remus come se gli fosse spuntata una seconda testa all'improvviso. 

Quest'ultimo si contorse sulla sedia. 

«Non ce la faccio più, Harry, la situazione si deve muovere.» sussurrò, guardando il pavimento e trovandolo d'un tratto molto interessante. 

La risposta che ricevette fu il silenzio, e Remus aspettò pazientemente. 

«Non è che posso rivelare una cosa del genere semplicemente perché "non ce la fai più"» replicò alla fine il corvino, freddamente. Non poté nascondersi di sentirsi in colpa, Remus era finito in questa situazione per colpa sua, in fondo. Eppure il suo amico sapeva (sicuramente) cosa sarebbe successo nel momento in cui avrebbe voltato le spalle a James, Sirius e Peter. 

Ma Remus davvero non ce la faceva più, gli mancavano i suoi amici, gli mancavano gli scherzi che facevano insieme, gli mancavano le risposte impertinenti di Sirius, i balbettii di Peter mentre gli chiedeva timidamente un aiuto per i compiti, gli mancavano gli sbuffi annoiati di James mentre se ne stava fermo. Gli mancava correre mentre scappavano da una loro vittima arrabbiata e gli mancavano (paradossalmente) le misteriose scomparse delle sue Cioccorane accuratamente nascoste, probabilmente perchè qualcuno se l'era prese senza dirgli niente.

Forse era disperato, ma gli mancavano anche i momenti in cui la sua sveglia Banshee veniva buttata fuori dalla finestra. 

Non un'altra parola uscì dalla bocca di Harry, che continuava a fissarlo con uno sguardo che mandò un piccolo brivido inquieto lungo la spina dorsale di Remus. Capì che continuando verso questa strada incerta non sarebbe mai riuscito a convincerlo, doveva prenderne una più sicura e decisa, e magari pure ragionevole. 

Sospirò e alzò lo sguardo, guardando Harry dritto in faccia. Sembrava che in quel momento fosse in modalità "lingua tagliente", probabilmente qualcosa che aveva preso dalla madre. 

«So benissimo che anche tu muori dalla voglia di dirglielo.» disse con una voce calma, sperando di calmare anche il suo interlocutore. 

Harry strinse le labbra, non calmandosi, per il dispiacere di Remus. 

«Muoio dalla voglia di scappare dall'infermeria, eppure non lo faccio.» sottolineò Harry, e Remus alzò gli occhi al cielo. 

«Non puoi paragonare una cosa del genere allo scappare dall'infermeria!» esclamò esasperato  «È come se dicessi che buttare una nocciolina fuori dalla finestra sia la stessa cosa di buttarci un gatto!» paragoni del genere a Remus non uscivano tutti i giorni, bisogna dire. 

Harry si passò una mano fra i capelli, in un gesto nervoso. 

«Già è tanto che tu lo sappia!» insistette. «Se lo dico anche a loro ci sono più possibilità che Voldemort lo venga a sapere in qualche subdolo modo.» 

«Se è per questo, può scoprire questo anche tramite te.» borbottò Remus, senza pensarci. 

Gli occhi di Harry si assottigliarono «Io sono un Occlumante e mi alleno, non sono poi tanto sprovveduto.» 

«E allora allena anche noi!» esclamò Remus d'impulso, sputando un'idea che Harry non sapeva se giudicare stupida o buona. Nel dubbio, si disse che era stupida, ma Remus continuò a parlare, dopo essersi reso conto di quel che aveva detto e dopo aver valutato l'idea come straordinaria. «Sì, magari puoi insegnarci, ci insegnerai cosa fare e ci correggerai se sbaglieremo. Così saremo in grado di difenderci!» 

Harry l'osservava vagamente divertito, quasi pensando che lo stesse prendendo in giro  «Non puoi star dicendo sul serio...» 

Remus sembrava piuttosto esaltato  «Sì, invece! Pensaci, Harry... »

Il sorrisetto di Harry scomparve lentamente, man mano che Remus parlava e capiva che stava facendo sul serio. 

«No no» lo interruppe, scuotendo la testa  «Oh, nonono. Non voglio catapultarvi in questa guerra così presto.» 

«Alla fine comunque ci finiremo...»

«No, Rem.» ripetè Harry, in modo deciso. 

Il Licantropo sospirò, capendo che per ora era meglio non insistere troppo. Si alzò e lanciò un breve sguardo speranzoso a Harry.

«Solo... pensaci, ok? Per favore.» disse piano, poi si voltò e si diresse verso l'uscita. 

Harry si stropicciò la faccia stancamente, avvertendo una sorta di déjà vu: una cosa simile era avvenuta anni prima, in un posto diverso, in una situazione diversa, ma soprattutto, con persone diverse. 
*

Harry fu finalmente dimesso dopo due giorni e ritornò alla sua vita scolastica. Lui e Remus si comportavano come se nulla fosse successo, anche se talvolta Harry poteva sentire la tensione di Remus quando l'ormai "trio" passava accanto a loro, ignorandoli bellamente.

Tutto era su un filo, un filo traballante che rappresentava l'equilibro su cui, tutti e cinque, camminavano con estrema cautela ed attenzione. Harry era nella costante indecisione, non sapeva più cosa fare, però questa indecisione fece tendere il filo pericolosamente. 

Nessuno se n'era ancora accorto, purtroppo. 

«Fuori dall'aula! Fuori dall'aula!» urlò Lumacorno, mentre la classe si ammassava vicino la porta, rendendo più difficile uscire.  «Presto! Mettetevi in fila indiana!» disse agitato, guardando il fumo blu espandersi per l'aula con una velocità impressionante, finchè era lassù, al soffitto, non c'era molto da preoccuparsi, ma quando avrebbe riempito l'intera aula... oh, Lumacorno non aveva idea di cosa sarebbe successo, qualcosa di terribile, considerando che il fumo proveniva dalla pozione del Signor Lupin. 

Notò con sollievo che metà classe era uscita fuori. 

Spalancò gli occhi quando si ritrovò il fumo davanti e avvertì un bruciore agli occhi.  «Chiudete gli occhi!» avvertì tossendo, lui stesso li strizzò, per poi aprirne uno il minimo indispensabile. Tutti erano usciti, si affrettò anche lui, poi chiuse con un tonfo la porta dietro di sé. 

«Ahia!» gemette qualcuno, premendo le mani sugli occhi. 

«Chi si è fatto male?» chiese il professore, mezzo cieco. 

«Io, signore.» 

«Chi?» ripetè irritato Lumacorno, che pensava fosse abbastanza evidente il fatto che gli bruciavano davvero troppo gli occhi e che quindi faceva fatica a vedere. 

«Sono Remus Lupin, mi bruciano gli occhi.» informò lo studente. 

Lumacorno gemette interiormente, Lupin doveva migliorare, assolutamente.

Aprì leggermente gli occhi quando sentì il bruciore calmarsi. Aggrottò le sopracciglia, quando vide davanti a sé la figura grottesca del suo allievo.

Vedeva la faccia di Lupin deformata, un occhio era molto più grande dell'altro, il corpo era spaventosamente e ridicolamente piccolo rispetto alla testa enorme, la fronte era spaziosissima inoltre. Lumacorno si chiese se fosse lui o il suo allievo. 

Poi vide Lupin mettersi di nuovo le mani sulla faccia, che da piccole passarono ad enormi, e capì che fosse la sua vista ad essere danneggiata, e probabilmente anche quella di Lupin. 

Per ora doveva dare la priorità al suo studente, e doveva controllare anche gli altri. E forse, poi, si sarebbe fatto aggiustare la vista. 

Indicò l'amico di Lupin, o almeno, quello che sembrava. Anche se questo aveva la testa piccola e il corpo enorme, ma cercò di abituarsi a quella strana visione del mondo. «Potter, accompagnalo in infermeria.» 

James sussultò «Io?» il professore annuì e si voltò, andando a parlare con altri studenti. 

No, Lumacorno non era stupido, tutti si erano accorti che James Potter e Remus Lupin non sembravano in rapporti pacifici, quindi i professori preferivano non accoppiarli quando c'erano lavori di coppia o comunque non metterli insieme a fare qualsiasi cosa. Pure lo stesso professore l'aveva evitato, ma aveva scambiato James per Harry, purtroppo. 

Intanto Remus sbatteva le palpebre, vedendo il mondo esattamente come lo vedeva il professore. Si sentì preso per un braccio e guidato fuori dalla piccola folla di studenti, riconobbe la faccia di James. 

Quando si ritrovarono in un corridoio un po' più deserto, il braccio di Remus fu lasciato. 

James notò il Licantropo osservare tutto con occhi curiosi e sconcertati, come se non avesse mai visto quel corridoio (il che era impossibile). 

«Cosa c'è?» chiese, facendo trasalire Remus. 

«Vedo tutto... deforme» gli disse, probabilmente sarebbe scoppiato a ridere se non si fosse trovato così a disagio. Perché, era doveroso dirlo, la faccia di James sembrava ridicola. 

Seguì il silenzio. 

James si schiarì la voce «Remus?»
«Si?» disse Remus.
«Sai perchè Harry è finito in infermeria?» domandò James.
Remus si costrinse a sembrare rilassato  «Stress.» 

Il corvino lo guardò quasi incredulo «Pensi davvero che io creda in una bugia così vaga? Neanche Madama Chips sembrava saperne la causa. Oltre al fatto che, non so, da un giorno all'altro Harry è svenuto? Senza mostrare sintomi? E mi spieghi come mai per i primi due giorni non l'hanno fatto vedere a nessuno?» 

Il licantropo si irrigidì visibilmente. Harry, per due giorni, non era stato fatto vedere da nessuno perché aveva ancora le gambe rotte. Ci era voluto poco e niente per farle mettere a posto da Madama Chips, ma avevano preferito non farle vedere, dato che sarebbero state più difficili da spiegare (non tutti erano come l'infermiera, che non aveva fatto domande). 

Remus deglutì «Non vedo come possano essere affari tuoi.» si costrinse a dire, con un tono neutro e guardando dritto davanti a sé, cercando di ignorare quella colonna che, secondo la sua visione, occupava metà corridoio. 

«Un altro segreto inconfessabile?» chiese il corvino, facendo una smorfia. «Tu e Harry state sempre a proteggervi a vicenda. Uno sa qualcosa dell'altro prima che tutti lo sappiano, e se lo tiene per sè, non osando condividerlo senza che l'altro lo sappia. Prima il tuo piccolo problema peloso, ora questo. Quando smetterete di fare questa cosa e inizierete a condividere con noi fin dall'inizio?» concluse quasi frustrato. 

Remus non rispose, non sapendo davvero che dire. Era stato più qualcosa di istintivo non dire subito agli altri i suoi sospetti su Harry, ai tempi in cui lo vedeva uscire dal dormitorio di notte per chissà quale motivo. Non se l'era sentita di dire tutto ai restanti Malandrini. 

«Cosa? Harry si fida davvero così poco di noi da non volerci dire niente?!» sbottò alla fine James. 

Remus si sentì offeso anche si stava parlando di Harry.  «No!» rispose immediatamente  «Lui... si fida e semplicemente... non vuole trascinarvi in qualcosa più grande di voi.» la voce gli si incrinò leggermente alle ultime parole, mentre saliva velocemente le scale cercando di affidarsi più alla sua memoria, piuttosto che alla sua ridicola vista. 

James lo sostenne distrattamente mentre per poco non inciampava su un gradino. 

«Cosa più grande? Dimmelo, Remus, per Merlino! » quasi supplicò James in un'irritazione disperata, mentre imboccavano un corridoio. 

«No.» fu la risposta dell'altro, senza la minima incertezza nella voce.

«Re- »
«HO DETTO DI NO! » esplose Remus fermandosi e guardandolo con occhi spazientiti  «QUESTA... QUESTA... è una decisione che spetta ad Harry! Non osare cercare di cavar qualcosa fuori di me! Per quanto... per quanto muoia dalla voglia di ritornare come prima non... non posso e... » 

«Ma allora cerca di fargli cambiare idea!» insistette James testardamente.
Remus scosse la testa, cercando di calmarsi «Ci ho già provato, sto aspettando, e ora lasciami in pace.» disse stancamente, poi si voltò e iniziò a camminare  «Non accompagnarmi. Tanto da qui in poi basta che vado dritto.» 



Quando Remus fece ritorno in Sala Comune, aveva ancora quella faccia abbattuta che Harry immediatamente notò. 

«Cos'è successo?» 

Remus scrollò le spalle, buttandosi accanto a lui. «Piccola discussione con James.» 

Harry gli diede una pacca sulla spalla, mentre Remus gli donava un breve piccolo sorriso, per poi volgere lo sguardo verso il fuoco scoppiettante, osservandolo in modo perso. 

Harry ritornò sul tema, guardando di sottecchi Remus. 

Poi osservò con uno sguardo vuoto le parole scritte sul foglio, senza davvero vederle. 

Era fatta, aveva preso una decisione. 

«Egoista.» lo insultò una vocina maligna nella sua testa, e lui strinse le labbra.

 
*
Harry si svegliò la mattina già con un umore pessimo, pensando a quel che stava per fare. Però pensò anche agli effetti positivi (seppur egoistici) che poteva dare la sua decisione, e si rallegrò leggermente. Guardò Remus mentre si dirigevano verso la Sala Grande per la colazione, anche lui non sembrava essere poi tanto felice.

Si sedettero a tavola, e Remus notò con malcelata malinconia James, Sirius e Peter sedersi molto più lontano. Doveva ancora abituarsi. 

Dopo aver mandato giù un pezzo di brioche, Harry si schiarì la voce, attirando l'attenzione di Remus. 

«Ehm... insomma, ho deciso. » iniziò goffamente, vide il licantropo farsi sull'attenti, gli occhi talmente speranzosi che Harry si imbarazzò solo a guardarli.  «Glielo dico, ok?» 

Stava guardando fisso la mezza brioche, poi alzò lo sguardo. 

Remus aveva in faccia un enorme sorriso, incredulo e felice. Harry si sentì leggermente meglio, scordando per un attimo i vari pericoli che questa decisione comportava. 

«Quando?» chiese in un sussurro flebile.

«Uhm, oggi...?» rispose Harry incerto. Gli occhi di Remus diventarono stranamente vivaci, mentre apriva allegramente una barretta di cioccolato.

Harry quasi rise.

Remus era Remus, quindi si trattenne dal saltargli addosso in "stile-Sirius", soprattutto davanti a tutti, ma si tenne un sorrisetto incollato sulle labbra per tutta la colazione.

Furono costretti ad aspettare la sera per ritrovarsi in un luogo privato, riuniti tutti quanti. Il dormitorio era l'unico posto in cui tutti si ritrovavano vicini, dato che dovevano per forza condividerlo. 

Peter si aspettava che quella sera sarebbe stata come tante altre, ovvero che si sarebbero ignorati, e infine che ci sarebbe stato un silenzio tombale prima di mettersi a letto. 

Lui non era dotato di grande intelletto e di spirito di osservazione, quindi ci mise un bel po' per notare la postura rigida di Remus e Harry, che entrarono in dormitorio sembrando pali staccati a forza dall'asfalto. 

Forse intuì l'aria di "diverso" solo quando Harry pronunciò, con una voce forzatamente sicura: «Ragazzi.»

Peter e gli altri erano sicuri che Harry per rivolgersi a Remus non usasse "ragazzi", quindi, uno più stupito dell'altro, si voltarono a osservare il corvino, seduto comodamente sul suo morbido letto a baldacchino. 

«Che ne dite di... mm... una chiacchierata?» continuò, James lanciò uno sguardo a Remus, che annuì sorridendo leggermente. 

«Vuoi dirci quel che sto pensando?» domandò Sirius audacemente, assottigliando gli occhi, Harry si mosse a disagio. 

«Sì.» rispose per lui Remus, decidendo che Harry in quel momento sembrava un po' in difficoltà, e che quindi era meglio intromettersi. 

«Però» iniziò Harry, mentre gli altri si sedevano, «sappiate che prima devo farvi una domanda.» 

Remus aggrottò le sopracciglia, mentre lanciava un Muffliato sulla stanza: di questo non ne era a conoscenza.

«Questa cosa che sto per dirvi, una volta che la saprete, sarete più in pericolo di quanto già non siate. Sarete più coinvolti nella guerra, ci sarà una bella responsabilità sulle vostre spalle, per questo, dovrete allenarvi per proteggere questo segreto. Io non vi dirò molto nel dettaglio, come non ho fatto con Remus, perché rischierei troppo, però, quel poco che vi dirò, è ugualmente importante. Quindi, se volete sapere davvero questo "inconfessabile segreto" come dite voi, dovete essere consapevoli di tutto questo, dovrete imparare a proteggere la mente da attacchi esterni e dovrete essere più bravi nella difesa e nell'attacco durante i duelli. Non prendetela alla leggera, per favore.»

Harry finì di parlare, lasciando un pesante silenzio. 

A primo impulso Sirius avrebbe detto che li stesse prendendo in giro, ma vedendo la faccia mortalmente seria di Harry, era difficile crederlo. Si scambiò un'occhiata con James, avevano così tanto insistito per sapere questo segreto, non pensavano che fosse così grave. 

Non la presero alla leggera. Questo segreto era pericoloso, quindi anche Harry era in pericolo. Non lo avrebbero lasciato da solo. 

«Siamo disposti a questo.» disse Sirius, parlando a nome di tutti. Tuttavia, Harry gettò un'occhiata incerta a Peter, che si mordicchiava le unghie quasi in modo isterico, bianco come un cencio.

«Peter.» sussurrò, sporgendosi verso il biondino, che saltò sul posto (tutti e tre erano seduti sul letto di James, mentre Remus affianco a Harry.)  «Non sentirti obbligato, ok? Non è che se lo fanno James e Sirius, devi farlo anche tu. Qui non si parla di diventare Animagus o di qualche scherzo idiota e sciocco, qui si parla di guerra... di Voldemort.» Peter spalancò gli occhi, sembrando sul punto di svenire, mentre James sentiva la rabbia montare in sé al sol pronunciare quel nome. 

«I-io... » Harry lo guardava con uno sguardo consapevole e quasi rassicurante, pregandogli di essere sincero. Il problema, è che Peter non voleva deluderlo. 

«Non pensare di deludermi. Io sarei deluso da te se accettassi sapendo che forse non sarai in grado di mantenere il segreto.» chiarì immediatamente Harry, il biondino cercò di non pensare agli sguardi insistenti dei suoi amici. 

«Non lo so.» rispose alla fine, pensandoci un attimo. Voldemort era così tanto potente e pericoloso, e lui era così tanto incapace e debole, di certo una partita a scacchi non avrebbe aiutato a sconfiggere Tu-sai-Chi. Peter tanto lo sapeva, era inutile che qualcuno cercasse di convincerlo di no, sapeva che  era debole e vigliacco (lo aveva detto perfino il cappello, anche se in modo decisamente più gentile). Ci teneva a Harry, non voleva rischiare di... danneggiarlo, in qualche modo.
Quindi forse era meglio... meglio di no.

Eppure... 

«Umm, forse Grifondoro... sì, forse avere amici come loro ti aiuterà a scegliere la strada giusta...» 

Se doveva prendere la strada giusta, doveva farsi aiutare. Ma prima di tutto, doveva almeno voltarsi verso la strada giusta, perchè voleva, non perchè gli altri lo avevano fatto.
Guardò Harry, che continuava a osservarlo come se gli dicesse che se avesse detto di no, per lui non sarebbe cambiato nulla.
Ma Peter voleva cambiare qualcosa, voleva essere un Malandrino, perchè Harry credeva in lui e quindi anche lui doveva iniziare a credere in se stesso.

«Va bene, sono disposto a questo.» disse in modo sicuro, e forse, quella, fu la scelta più coraggiosa che avesse mai fatto.

Harry lo guardò un attimo sbattendo le palpebre «Sei sicuro?» Chiese.

Peter annuì senz'ombra di dubbio, e dopo averlo analizzato per bene, Harry si allontanò sorridente.

«Bene!» esclamò, mentre gli altri si riprendevano dallo stordimento, dovuto alla brusca rottura di quell'atmosfera pesante.
Harry non sapeva come dire la cosa in modo abbastanza delicato, anche perchè aveva già fatto un pre-discorso, quindi, via il cerotto, via il dolore. «Non prendetemi per pazzo, ma vengo dal futuro.»

James cadde in qualche modo dal letto «CHE COSA?!» urlò, alzandosi rapidamente.

Peter prese a tossire in modo compulsivo, la faccia che si faceva rossa come un peperone mentre rischiava di soffocare.

E beh, Sirius, essendo una persona non facilmente impressionabile ed essendo soprattutto un Black, reagì in modo molto composto, quindi... svenne.

Remus si alzò velocemente, e si precipitò accanto a Sirius «Riennerva.» il Black si svegliò, sbattendo le palpebre con aria confusa.
«Remus.» sussurrò.
«Mmh?»
«Sta facendo sul serio?»
«Sì.» Sirius si alzò cautamente, guardando Harry scioccato. La faccia di quest'ultimo era seria come non mai, no, non stava scherzando, lo avrebbe capito anche un cieco dal tono della voce. 

«Tu...come...?» balbettò, mentre Peter si massaggiava la gola, guardando Harry come se fosse un Dio sceso in terra.

«Diciamo che... ho avuto un aiuto dall'alto, però questo non è molto importante.» liquidò rapidamente Harry, mentre gli altri si rimettevano composti.

«E ho-»
«Aspetta.» lo interruppe Remus, poi si rivolse agli altri. «Cercate di non rifare lo spettacolo di prima, ok?» 

«Ci proveremo.» cercò di rassicurarlo Sirius (detto da lui...).
«Ho diciannove anni, tornando indietro il mio corpo si è ringiovanito. Sono qui nel passato perchè voglio sconfiggere prima Voldemort, in modo da diminuire le vittime. Posso dirvi solo questo. » disse Harry tutto d'un fiato. 

Seguì il silenzio. Sirius aveva chiuso gli occhi, decidendo che lo yoga dopotutto non era una pratica tanto male. Peter si stava dando qualche pizzicotto sul braccio, mentre James si tirava in modo pensieroso delle ciocche.

«Almeno puoi dirci se il tuo vero nome è Harry Potter?» James calcò in modo evidente l'ultima parola, sentendo un sospetto spaventosamente probabile nascergli in petto. 

Harry si stropicciò la stoffa dei pantaloni, come faceva di solito quand'era nervoso. 

Remus gli gettò uno sguardo, anche lui nervoso. Dati gli indizi che aveva James, quella cosa era ancora più ovvia.

«Sì... è sì, vero Harry?» Chiese James flebilmente, vedendo che nessuno apriva bocca. Spalancò gli occhi, quando vide Remus voltarsi ad ammirare il paesaggio fuori dalla finestra a disagio, mentre Harry lo guardava con quegli incredibili occhi troppo verdi. «Siamo parenti stretti, quindi.» 

Finchè forse Harry proveniva da un genitore babbano (e finchè i cancelli non si fossero aperti) avrebbe anche potuto minimamente credere al fatto che non fossero parenti stretti. Ma le coincidenze erano troppe, Harry aveva tutte le caratteristiche tipiche dei Potter, era sicuramente imparentato strettamente con lui, poichè le protezioni della sua casa erano fatte secondo il suo sangue, quindi solo parenti stretti con lui e con la sua famiglia sarebbero potuti passare o far aprire i cancelli in modo così immediato. 

Figlio di suo zio non era, James era sicuro che se fosse stato al suo posto, avrebbe cercato di incontrare i suoi genitori (o comunque sapere qualcosa su di loro), quindi si esclude suo zio e sua zia, così come suo cugino (Harry non li aveva neanche nominati). Sua madre e suo padre neanche, a malapena erano riusciti a fare un figlio, oltre al fatto che ormai suo padre se n'era andato, ed Harry aveva le caratteristiche dei Potter, non somigliava per niente a sua madre, se si prendeva in considerazione uhm... un altro (James rabbrividì, non volendoci neanche pensare). Rimaneva lui, ed Harry era così simile a lui da sembrare il suo gemello. 

Gli si affacciò davanti un qualcosa di scioccante, di davvero troppo per un tredicenne. Harry era...

«Che ne dite di andare a dormire?» proruppe Remus forzatamente allegro, d'un tratto. Harry sembrò scongelarsi, voltandosi di scatto verso di lui. «Credo che per oggi sia abbastanza, poi domani parleremo un po' degli allenamenti di cui Harry vi ha parlato, mhm?»

Tutti avevano mille domande in testa, ma si costrinsero a tacere, capendo che forse, certe cose, era meglio non chiederle, di questi tempi.
James si scambiò un'occhiata con Sirius, sapeva che lui aveva fatto il suo stesso ragionamento. Quel che ricevette fu il suo stesso sguardo sorpreso.

«Sì, sì, buona idea, ne parliamo domani.» disse in fretta Harry, evidentemente ignaro del fatto che nessuno sarebbe riuscito a dormire, quella sera.

James non ebbe nemmeno il tempo di aprire bocca che già le luci erano spente e Harry era sotto le coperte. 

La richiuse, sorpreso, mentre anche Peter si dirigeva verso il suo letto.

Forse... forse era meglio rimandare, per ora.









 
Angolo Autrice
Niente ragazzi, è tardissimo e tra poco crollo. Non ce la faccio a commentare, sorry. Spero che il capito vi sia piaciuto e vi auguro un buon 2019. Inoltre vi ringrazio per aver contribuito a rendere questo 2018, per me, fantastico! <3
Alla prossima! E di nuovo, felice anno nuovo!
P.s. Mi scuso per eventuali errori di grammatica o/e battitura
   
 







Capitolo gentilmente revisionato da lilyy e Nag, grazie!
 
   
 
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