“Ha detto…della flotta dei sette?!”
Nara sorrise, tirando fuori la lingua. “Ops, mi hanno
scoperto” Ma non sembrava affatto arrabbiata o sorpresa o triste.
Sanji si rivolse a sua sorella. “Ma tu lo sapevi?”
“Ohh” rispose Sakura sorpresa. “Sono nell’equipaggio di
un membro della flotta dei sette e non lo sapevo.” Poi rivolse uno sguardo
sprezzante a suo fratello. “Ma certo che lo sapevo, idiota!”
Ace, che era in fondo alla fila, le si piazzò davanti.
“Allora non sei ancora andata via! Bene, fatti sotto”
Nara stavolta si stupì. “Ti sei già ripreso?”
“Certo!” Ora doveva fare attenzione. Ancora non conosceva
il suo potere e l’altra volta aveva peccato per un eccesso di sicurezza.
“Come osa attaccare una donna?” esclamò Sanji pronto a
balzare giù. Sua sorella lo trattenne per un braccio. “Stà a guardare, passerà
nel legno del pavimento”
“Eh?”
La figura di Nara divenne trasparente, prima di venire
risucchiata tra le assi della nave. Quelle si gonfiarono, divenendo zuppe e
marce. Poi, da quelle sotto ai piedi di Ace apparve una colonna d’acqua che lo
ricoprì interamente, proprio come l’altra volta. Ma Nara non aveva intenzione
di combattere seriamente, quindi una pozza d’acqua dai suoi contorni si staccò
dal corpo di Ace, raccogliendo tutte le gocce in modo da lasciarlo asciutto
come prima. Poi la figura si delineo nuovamente, agitando i capelli blu oceano
che spandevano leggere lacrime attorno a lei.
Nara sorrise. “Il fuoco non batte acqua, stavolta è una
legge naturale…” Annuì convinta.
Usop stava lentamente svenendo, ma anche gli altri
compagni non erano meno sorpresi. “E’ fatta… di acqua!”
“E allora? Ve l’avevo pur detto che ero Mizu di nome e di
fatto!” (Mizu vuol dire acqua in jap. N.d.Akemichan)
“Accidenti…” Rufy riflettè un attimo. “Come si potrebbe
battere un frutto simile…?”
“Non vedo perché tu debba pensarci” disse Nara. “Non sono
mica venuta qua per battermi con te!”
“E allora per che cosa?” fece Zoro dubbioso.
“Per i frutti del diavolo!” rispose come se fosse una
cosa ovvia. “Sono una studiosa, ve l’ho detto.” Poi si girò verso Ace, che nel
frattempo si era ripreso leggermente dallo shock. “Ti prego, descrivimi com’era
il frutto che hai mangiato” gli chiese facendogli gli occhi dolci.
“Eh…? eh?”
Nara rispose a Rufy senza smettere di guardare suo
fratello. “Comunque non posso combattere in acqua, nemmeno in quella bassa,
perciò da questo punto di vista sono svantaggiata… E la Seastone
(l’algamatolite marina, per intenderci N.d.Akemichan) mi indebolisce molto di
più che a voi…”
“Non mi sembra una buona idea andare a svelare i tuoi
punti deboli a tutti…” commentò Sakura che era scesa e ora le stava al fianco.
“E perché mai? Tanto mica devo combattere con loro!” Ah,
non c’era niente da fare.
Alla fine sia Ace che Robin decisero di descrivere il
frutto che avevano mangiato, a condizione che dopo Nara rispondesse alle loro
domande.
“L’hai presa tu, vero?” chiese lui.
“Cosa?”
“La mappa. Quella mappa”
Lei si stiracchiò. “Ah, quella… No, credo l’abbia presa
Rei…”
“Perchè tu glielo hai detto!”
“Be, si”
Sakura si intromise nella discussione. “Ma è la mappa
dell’isola Raftel quella di cui state parlando? Quella che indica la
collocazione dello One Piece?”
I tre annuirono.
“Perché la vuoi?” chiesero Ace e Sakura
contemporaneamente.
“Devo darla a una persona… Oh, guarda, la nostra nave.”
Sul mare ancora leggermente tinto del disco rosso che fra pochi minuti sarebbe
scomparso all’orizzonte apparve quella piccola nave.
“E’ veramente infantile” commentò Ace.
“Ma che vuoi!” gli rispose Nara. “E’ una nave bellissima
e inoltre quei colori la rendono invisibile alle navi della Marina”
“E a uno della flotta dei sette che serve una cosa del
genere?”
Lei sbuffò. “Sei veramente noioso…”
La nave di Nara, col teschio dalle righe del mare
attraccò a un metro dalla Going Merry. Sopra c’erano Yuki, Rumi e Rei.
“Sempre a fare chiacchiere inutili…” commentò
quest’ultimo all’indirizzo della ragazza dai capelli oceano.
Lei sorrise sadicamente, quindi balzò sulla sua nave e,
prima che lui potesse far qualcosa, lo spinse fuori dalla nave. Mentre cadeva
riuscì ad afferrare il suo arco e una freccia a cui era legata una corda, la
lanciò contro l’albero maestro e riuscì a tornare a bordo. “Cretina, non so
nuotare!” Nara rideva tenendosi la pancia. “Che prontezza” riuscì a dire fra le
risa.
“Ehi, ma quella è la strana pecora” esclamò Chopper.
“Strana? Ma se è più normale di te!” si indignò Sakura
prendendola in braccio.
“E perché?”
“Almeno non parla!”
“Che intendi dire?” fece risentito.
“Su, su, non il caso di arrabbiarsi… In fondo anch’io
vorrei che Yuki parlasse… Comunque ha solo mangiato il frutto di Lana Lana… O
be, in realtà gliel’abbiamo fatto mangiare noi…” disse leggermente imbarazzata.
“L’abbiamo salvata dal macello…” aggiunse Rumi.
Usop era rinvenuto e si era pian piano avvicinato dato
che la situazione era calma. Osservava la figura incappucciata. “Mi sembra di
averti già visto…”
Rumi sembrò a disagio. “Ah si? Ti confonderai…”
Nara, che stava litigando con Rei, sentì e riuscì a dire
“è lei che ha dipinto la nostra nave…”
“Certo che la conosci” disse Robin. “Non è forse vero,
Miss GoldenWeek?”
“Eh???” esclamarono i diretti interessati, ossia, oltre
al nasone, Rufy, Nami e Zoro.
Lei si tolse il cappuccio, liberando le corte treccine
castane. “Veramente mi chiamo Rumi…” le guance si erano colorate del solito
rosso acceso che le faceva somigliare a due ciliegie.
“E’ proprio lei!”
“Ma come, Rufy…” disse Nami. “Credevo l’avessi uccisa…”
“In realtà si è fatto comprare per un pacco di salatini…”
spiegò Rumi sorridendo.
“E’ vero… Ah ah…”Anche Rufy sorrise, mentre a Zoro, Nami
e Usop scendeva una gocciolina giù dal capo.
Finalmente Nara e Rei smisero di litigare e lui le
consegnò un rotolo di carta che sembrava molto vecchio. Lei lo prese e saltò
nuovamente nella Going Merry, davanti a Rufy.
“Non la voglio” disse lui.
“Troverò lo One Piece ugualmente e-”
Lei lo fissò intensamente
mentre gli apriva il palmo della mano, vi depositava la mappa e lo richiudeva.
“Fanne quello che devi farne”
Poi, seguita da Sakura, tornò
sulla sua nave. “Be, noi quello che dovevamo fare l’abbiamo fatto, quindi
possiamo andare. Ci vediamo”
“Ma come, partite di notte?”
“Si, navigare di notte è
meglio”
“C’è più fresco” aggiunse
Sakura.
“Tanto prima o poi ti batto”
disse Ace.
“Ci conto” disse Nara.
Quindi, dopo vari saluti, la
nave partì verso l’orizzonte scuro
*
* *
Dopo l’affrettata partenza di
Nara e del suo strambo equipaggio – anche se non più strambi di quelli di Rufy,
a ben pensarci – Ace aveva acconsentito a farsi ospitare sulla Going Merry
finchè il suo e il loro Logpose non avessero finito di registrare. Nonostante
l’atmosfera allegra che aveva regnato per tutta la cena, all’ora di dormire
aveva preferito uscire all’aperto per stare un po’ da solo. Avrebbe dormito sul
ponte di poppa, anche perché tutte le amache erano occupate e stare sul divano
non lo attirava.
“Preferisco dormire sotto le
stelle” aveva detto. Rufy aveva capito che c’era qualcosa che non andava,
perché loro due, da piccoli, adoravano dormire in compagnia – dormire? Be’,
fare finta di dormire, in realtà giocare tutta la notte. Comunque non aveva
detto niente, perché stava pensando ad altro.
Così ora Ace stava con le gambe
a penzoloni sulla ringhiera, osservando le onde scure lambire muoversi sotto di
lui. Le stelle in cielo erano luminose e la luna piena si rifletteva in acqua,
ma la sua luce danzava in quella massa nera. Era quella luce che aveva ispirato
poeti e cantori. Chiunque si sarebbe soffermato su quel cerchio luminoso che
sembrava indicare la retta via, accompagnando dovunque andassero i viaggiatori
stanchi. Ma Ace non la stava guardando, preferiva osservare il mare, quello
stesso mare che aveva desiderato navigare e che ora lo rifiutava perché aveva
acquisito il potere del diavolo. Se si fosse buttato, cosa sarebbe successo?
“Se ti vuoi suicidare, meglio
il veleno” disse una voce più fredda del vento che gli accarezzava la pelle, ma
allo stesso tempo molto più dolce. “Si soffre meno e fa effetto prima.”
Ace non si voltò nemmeno. Robin
gli si sedette accanto, mettendosi nella stessa posizione. “Rufy non sarà tanto
sleale da usare quella mappa”
“Non stavo pensando a quello”
“Invece si, anche se non solo”
Quasi involontariamente Ace le
toccò la mano. Un attimo dopo gliela stava stringendo. “Secondo te, lo sapeva?”
A Robin bastava guardarlo negli
occhi per capire di che cosa stava parlando. Ma si era sempre domandata se
questo significava che il loro amore aveva un futuro o se loro erano come
fratello e sorella. “Può darsi” Poi rise. “Anzi, credo proprio di si. Mi sono
sempre chiesta perché avesse preso un ragazzino come te nel suo equipaggio”
disse guardandolo storto.
“Che vai farneticando?” fece
lui risentito.
“Be, diciamo che eri una frana
completa… Oddio, forse lo sei ancora! Più che la tua ragazza mi sembrava di
essere la tua balia!”
“Basta, sono offeso!” Incrociò
le braccia e si girò dall’altra parte.
Gli tirò una guancia “Ma
smettila!”
Lui notò il palmo annerito
dalle fiamme. “Grazie per avermi fermato”
Lei scostò la mano e la
nascose. “Non avrei dovuto immischiarmi. Aveva ragione quel tizio, Rei…I panni
sporchi si lavano in famiglia”
“Ma tu fai parte della
famiglia, in un certo senso… O comunque ne facevi parte” In fondo erano quattro
anni che si erano lasciati e lei ricordava bene il perché, ma ora preferiva
dimenticarsene. “Comunque volevo sapere di mio padre e di mio zio. Ora lo so”
“Ma sembri deluso”
“Non so… In realtà forse solo
non me l’aspettavo… In fondo, non ho niente da rimproverargli…”
La risacca accompagnava questi
discorsi, disperdendoli nell’infinità della notte. E bella come una signora, ma
fredda e distaccata come una maschera di vetro. Di notte, notarono entrambi, è
più facile perdersi nei meandri dei sentimentalismi e della malinconia.
“I sogni degli uomini non hanno
fine” recitò Robin. “Non è facile essere migliori degli altri. Lascia pure che
loro se la ridano, ma se noi ci sforziamo per raggiungere il meglio, loro non
potranno mai raggiungere il nostro livello.”
“Eh?”
“E’ quello che Barbanera ha
detto a Rufy, Zoro e Nami prima che partissimo per la Sky Island. A Nami sono
rimaste impresse in mente, così me le ha ripetute. Sono belle parole…”
“Si, sono belle” assentì lui. “
Peccato che poi vi abbia attaccato, dopo aver saputo delle taglie…”
“Vuole entrare nella flotta dei
sette… Strano, no?”
“Non ne vedo il motivo, in
effetti… ma se è quello che vuole…”
Robin guardò nuovamente la
distesa scura sotto di lei. “La flotta dei sette ha spesso contatti con la
marina… E con le Five Old Star, i comandanti supremi della marina…”
“Comandanti supremi…?”
“Sopra di loro c’è solo il
governo. Non so se siano forti o meno, anche perché lo ho viste di sfuggita una
volta, ma di una cosa sono certa… L’arresto di Gold Roger è merito loro”
“Sul serio?” Non lo sapeva. “Ma
perché me lo stai dicendo?”
“E’ strano, ma dovresti essere
fiero di tuo zio. Lui ha lasciato tutto a voi – a te e a Rufy. Ma la cosa
peggiore l’ha tenuta per sé.”
“Cosa?”
“La vendetta. A lui non è
rimasto altro, temo. Sai, c’è una teoria strana che ho sentito una volta…
Dicono che Roger sia stato tradito da uno che faceva parte del suo equipaggio,
un vecchio amico… Le Five Old Star ne hanno preso il merito… E c’è chi dice che
il vice capitano di Roger fosse una donna, morta suicida lo stesso giorno
dell’esecuzione del re dei pirati”
“Stai dicendo che quella donna…
fosse mia nonna?”
“Può darsi…”
“Quindi lo zio vuole uccidere
le Five Old Star e, se è ancora vivo, quel pirata che ha tradito suo padre –
cioè il nonno!”
“Credo che sia così…” Ormai
Robin aveva la certezza di chi fosse questo pirata traditore, ma non poteva
certo dirglielo! Persino Barbanera glielo aveva sconsigliato. Però…Però.
“Senti…”
“Non sono arrabbiato con mio
zio. Neanche deluso. Forse sono un po’ dispiaciuto per la morte di mio padre,
tutto qui… però, se penso allo zio, non posso fare altro che paragonare la sua
rinuncia alla mia”
Robin si bloccò. “Perché?”
chiese.
“Ho qualche vago ricordo di
quando ero piccolo. Ricordo che papà mi parlava sempre della grandezza dei
pirati della rotta maggiore, ma che lui aspirava ad essere uno dei più grandi,
a ritrovare lo One Piece insieme allo zio…Invece…”
“Anche tu volevi ritrovare lo
One Piece, solo che invece di farlo da solo lo farai insieme a Barbabianca. Tu
non hai rinunciato al tuo sogno” Come un tempo lei, che si era unita a
Crocodile per trovare il Poneglyps.
“Ma il meritò sarà del vecchio!
Insomma, è come se avessi affidato il mio sogno ad altri. Inoltre, se è vero
che sono stato preso solo perché nipote di Gold Roger, mi sento anche peggio”
“Stupidaggini” sbottò Robin.
“Nessuno sa che Gold Roger ha avuto dei figli, tantomeno dei nipoti, quindi
basterà solo evitare di dirlo in giro. Poi non penso che Barbabianca ti abbia
preso solo per quel motivo… Se non avessi avuto delle buone qualità penso che
si sarebbe limitato ad ucciderti” Aveva detto tutto questo con la massima
tranquillità, come se stesse parlando del tempo. “All’epoca era solo un
ragazzino, ma avevi la stessa energia di Rufy, la sua voglia di vivere, il suo
entusiasmo… Eri fantastico, anche se un po’ imbranato. E ora, con la taglia che
ti ritrovi…”
Ace rimase ad ascoltarla a bocca
aperta. Poi sorrise. “Credo sia la prima volta che mi fai un complimento”
“Di solito sono sincera” Come
dire è una bugia per farti contento.
“Grazie tante!” Fece nuovamente
una faccia offesa.
Lei si alzò lentamente. Ora
stava meglio e non c’era più bisogno di rimanere lì. In un certo senso aveva
paura di cosa sarebbe successo se fosse restata. Non gli ci volle molto a
scoprirlo.
“Senti, io non ce la faccio
più” esclamò lui. Corse verso di lei, fermandola, e la baciò. Naturalmente,
benché all’inizio Robin non volesse, non potè farne a meno. Ricambiò. Non si sa
per quanto tempo rimasero così, alla luce fioca della luna, ma Nami non la
sentì tornare in camera.
*
* *
Il mattino successivo Sanji era
già in cucina a preparare la colazione, mente gli altri non erano ancora
arrivati. La calda ma leggere luce del sole mattutino riempiva la stanza,
mentre il rumore delle stoviglie dava il buongiorno, richiamando anche gli
altri. La prima ad arrivare fu Nami, che, svegliatasi presto, era andata a fare
una doccia. Entrata in cucina così, coi capelli ancora bagnati che gocciolavano
delicatamente come gocce di rugiada, profumando di bosco, mentre la luce la
illuminava nell’altro della porta dandole quasi un’aria di sacralità. Sanji
rimase col coltello in mano a quella vista.
“Oh, dolce angelo del paradiso,
la tua visione rallegra i cuori di noi povere creature mortali. Presta orecchio
alle nostre invocazioni e dona una parola a questo povero poeta che canta
d’amore”
“Si, buongiorno Sanji” rispose
semplicemente lei.
“Il solito idiota” commentò
Zoro che era comparso improvvisamente dietro di lei, ma che un attimo dopo
dovette schivare un coltello lanciatogli dal cuoco, che si impiantò contro lo
stipite della porta nel momento stesso che entrava Usop. Questi alzò subito le
mani. “Mi arrendo!”
Zoro cominciò a pensare di
dover temere che il suo cibo fosse avvelenato. Intanto erano arrivati anche
Rufy e Chopper.
“Dov’è Robin?” chiese Nami
sedendosi. “Dato che in camera non c’era, credevo fosse già uscita”
“Non era in camera? Io non l’ho
vista” rispose Sanji mentre disponeva i piatti in tavola.
“Anche Ace non è ancora
arrivato!” notò Rufy avventandosi sul piatto di Chopper che era già stato
riempito.
Sanji perse la presa del
vassoio e tutte le brioche che aveva preparato si sparsero sulla tavola. I suoi
amici lo guardarono stupiti. Era la prima volta che commetteva un errore del
genere. Sembrava a disagio ma anche leggermente preoccupato.
“Ahi, ahi” pensò Zoro.
In quel preciso istante entrò
Robin. “State già facendo colazione?” disse sorridendo. “Volevo fare una
doccia…”
“Non c’è problema, amore mio”
rispose Sanji riprendendosi. “Tu vai, dopo preparerò una colazione speciale
solo per te!”
“Grazie” Si avviò verso la
doccia.
Ace entrò dopo di lei.
“Ciao!” lo salutò festosamente
Rufy, per quanto la bocca piena di Brioche glielo permettesse. Poi sbarbottò
qualcos’altro che nessuno fu in grado di capire.
“Senti” chiese Chopper. “Ma tu
e Robin vi conoscevate?”
Ace si sedette accanto a suo
fratello, dandogli qualche pacca sulla schiena per evitare che soffocasse. “Si,
l’ho conosciuta proprio all’inizio del mio viaggio. Poi un anno dopo lei si è
unita a Crocodile e non l’ho più vista”
Rufy, bevendo una brocca intera
d’acqua si riprese. “Dormito bene?” Ecco cosa gli voleva chiedere prima.
“Si, erano almeno quattro anni
che non dormivo così bene!” fece sorridendo. Poi fregò una brioche dal piatto
del fratello, che incredibilmente non si arrabbiò, e la mise in bocca.
“Buonissima” disse. “Devo dire che sei un cuoco eccezionale”
“Grazie” rispose Sanji cercando
di mantenere la calma, ma strinse così forte il bicchiere che lo ruppe. Nessuno
se ne accorse. Erano tutti concentrati su Ace che si era appena riaddormentato,
con la testa china sul piatto.
Rufy scoppiò a ridere. “Non vi
preoccupate, è fatto così. Fra un po’ si sveglia!” però gli rubò tutto il
contenuto del suo piatto.
Nami si alzò. “Sanji, tienimi
una brioche al caldo” e se ne andò.
“Agli ordini, Nami-san!” fece
lui ubbidente, nascondendo la mano piena di pezzi di vetro.
Ace si riprese e osservò il suo
piatto vuoto. Si girò verso suo fratello, che cercava di non ridere. “Rufy!
Ridammi immediatamente la mia colazione!”
“Troppo tardi, ormai l’ho
mangiata!”
“Vieni qui, brutto ladro!”
“Ecco dove ha imparato a rubare
il cibo dai piatti!” esclamarono Chopper e Usop, che in quello stesso momento,
approfittando della confusione, fregavano brioche a destra e a manca. L’unico
tranquillo in quel casino era Zoro, che, bevendo un succo di frutta, osservava
di sottecchi Sanji.
*
* *
Nami stava bussando alla porta
del bagno. “Robin, aprimi!” Le tendine erano chiuse e da dentro si sentiva lo
scrosciare dell’acqua. Forse non aveva sentito. Invece piano piano la porta di
aprì e la navigatrice potè entrare. All’inizio venne invasa da una nuvola di
vapore. Chiuse immediatamente la porta dietro di sé. Il pavimento era bagnato,
cosa normalissima. Poteva intravedere la sinuosa figura di Robin al di là della
tenda. Si sedette sul lavandino.
“Credevo ti fossi già fatta la
doccia, Miss navigatrice”
“Si, infatti” rispose Nami,
sorridendo. Non sapeva perché quel nome la faceva sentire importante. “Ma
volevo parlare un attimo con te”
“Di cosa?”
“Bè…” Non sapeva da dove
cominciare, anche perché non era sua abitudine intrufolarsi negli affari degli
altri. “Oggi Ace ha detto che voi vi conoscevate”
“Si, è vero” Robin chiuse
l’acqua e afferrò un asciugamano. “E’ successo cinque anni fa. Lui era appena
entrato nella Rotta Maggiore ed era assolutamente inesperto, così si è
attaccato a me… Siamo stati insieme un anno, poi ognuno è andato per la sua
strada”
“Sente stati INSIEME un anno?”
“Be, si… Nel senso stretto
della parola, per intenderci. Anche se può sembrare una cavolata, dato che io
avevo 23 anni e lui solo 17”
“E come mai vi siete lasciati?”
“Avevamo delle altre cose da
fare e altri sogni da realizzare… E poi non eravamo una gran coppia” Robin tirò
le tendine, uscendo dal bagno con l’accappatoio a mo’ di vestito. Prese la
scopetta e fece scendere l’acqua nel tubo di scarico. Aspettando che l’umidità
dal pavimento fosse sparita del tutto, iniziò ad asciugarsi i capelli.
“E… stanotte?” chiese titubante
Nami.
“Stanotte? Vuoi sapere cosa
abbiamo fatto stanotte?”
“Be, no cioè… Volevo solo
sapere com’era la situazione, tutto qui!”
“Ma come, non hai già Rufy?”
“Si, ma…” Avvampò. “Insomma…!”
Robin rise. “Comunque abbiamo
fatto sesso, se è questo che vuoi sapere”
“Sesso…?” Nami era
esterrefatta. Un attimo prima aveva detto che non funzionavano come coppia…
Vedendo la faccia sorpresa
della sua amica, la ragazza dai capelli notte decise di spiegarsi meglio. “Sai
chi è Catullo?”
“Ne ho sentito parlare… Un
poeta antico, no?”
“Esatto! Lui diceva, dopo
essere stato tradito dalla sua donna: un tale tradimento costringe ad amare di
più, ma a voler bene di meno.”
“Ti ha tradito?” chiese Nami,
sperando che, se fosse stato vero, non fosse almeno una cosa di famiglia.
“No, non è quello. Dovresti
concentrarti sulle ultime parole. Amare di più, voler bene di meno”
“Ma che significa?”
Robin si girò verso di lei. “Tu
staresti con Rufy anche senza farci sesso?”
La ragazza dai capelli tramonto
impallidì più di quanto non fosse prima. “Ti… Ti sembrano domande da fare?”
balbettò.
“Siamo solo tu e io” commentò.
Nami ci riflettè bene. “Per ora
non ci penso” rispose piano, quasi un sussurrò. “Mi basta stare con lui. Mi
basta”
“Ecco!” Robin battè la mani.
“Questo è perché tu gli vuoi bene!”
“Lo amo!” Alzò la testa, ma non
appena si accorse di quello che aveva detto, la riabbassò. “Cioè, con
quell’idiota, il solo pensiero di far sesso…”
“Ma il voler bene di Catullo è
questo tipo di amore!” rise l’altra.
“E allora cos’è l’amare?”
chiese, felice per il cambio di argomento.
Robin si asciugò anche il corpo
e iniziò a vestirsi. “E’ la passione. Catullo ormai non ama – anzi, vuole bene
– alla sua donna, ma continua ad andare da lei per questa sua passione. La
passione è qualcosa che ti distrugge dentro ma difficile da mandare via. Noi
non ci siamo riusciti in quattro anni! In poche parole non possiamo stare
insieme senza fare sesso. Ho paura che a lungo andare questo ci porterà ad
odiarci”
“Allora la questione è
risolta!” disse Nami. “Basta che smettiate!”
“E’ difficile. Molto difficile”
“Cosa c’è di difficile?”
chiese.
“E’ una frase che dicono anche
quelli che partono per la prima volta in mare e prendono in mano una cartina. Cosa
c’è di difficile nel navigare, dicono e poi affondano”
Allora Nami capì. In questo
caso non poteva aiutarla, né come donna né come persona. Era una battaglia che
doveva affrontare da sola.