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Autore: Gely_9_5    04/01/2019    0 recensioni
Un Natale solitario e triste sta per trasformarsi in un'insolita avventura. Harry, Draco e... Babbo Natale.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Una serata in compagnia di Polar Express ed ecco cosa ne esce fuori...
Il mio augurio per voi di Buon Natale e di Buon 2019!
BUONA LETTURA!



La neve cadeva silenziosa ormai da giorni, e i maestosi e sempre curati giardini che circondavano Malfoy Manor erano ricoperti da un soffice manto bianco.
All’interno l’abitazione era vuota e buia. Una sola persona vi abitava, e sebbene il Natale fosse alle porte non aveva alcuna intenzione di festeggiare né di invitare persone di cui non gli importava nulla a riempire per qualche ora quelle stanze ormai sempre deserte.
Draco Malfoy sedeva sulla sua poltrona preferita in salotto e guardava fuori con aria smarrita. L’unica luce nella stanza era data dalle fiamme del camino che guizzavano allegre e lanciavano strane ombre in movimento sulle pareti scure.
L’ultimo discendente della nobile famiglia Malfoy indossava la sua solita maschera di freddezza e indifferenza, e cercava di credere veramente all’apatia di cui aveva sempre fatto mostra. La verità, tuttavia, era un’altra: Draco si stava sforzando di non pensare al Natale e in particolare a come lo avrebbero passato tutti i suoi coetanei. Di certo erano tutti circondati da famigliari e amici, luci e suoni, risate e tanto, tanto amore.
Lui, di luci, non ne aveva nessuna accesa in casa.
Non aveva motivi per sorridere.
E soprattutto non era circondato dall’amore.
Certo, avrebbe potuto trascorrere quella serata con i suoi amici. Loro sarebbero comunque passati la mattina seguente, come ogni anno, per portargli qualche regalo. Ma Draco non se la sentiva proprio di stare in loro compagnia, vederli felici e fingere di condividere la loro felicità.
Pansy era ormai fidanzata con un ex compagno di scuola. Non apparteneva a una stirpe di maghi Purosangue come i Malfoy, ma a lei non interessava, e il lavoro al Ministero di lui e la gestione degli affari di famiglia di lei permettevano ai due di vivere più che dignitosamente. E con un bambino in arrivo i due sembravano più che felici.
Blaise viveva di rendita. I molteplici matrimoni della madre gli avevano permesso di mettere da parte un discreto gruzzolo, che continuava a crescere ogni volta che uno dei nuovi patrigni accidentalmente veniva coinvolto in un incidente mortale. Non sembrava avere alcuna intenzione di sistemarsi per il momento, ma continuava a cambiare fidanzata ogni volta che la precedente non gli andava più a genio. Probabilmente avrebbe fatto la stessa fine di sua madre, ma non sembrava essere turbato da una simile prospettiva. Tutt’altro.
Theodore era l’unico un po’ più simile a Draco. La guerra gli aveva portato via la famiglia, o almeno quel che ne restava, oltre che il rispetto di gran parte della Comunità Magica. Ma al ragazzo non interessava, non temeva il giudizio e non cercava alcun tipo di approvazione. Voleva essere lasciato in pace, e aveva ottenuto quel che voleva. Probabilmente stava ancora lavorando a qualche losco piano per tornare alla ribalta e ottenere un qualche tipo di vendetta, ma non aveva coinvolto Draco in nessuno dei suoi piani – e non lo avrebbe mai fatto, di questo Draco era più che certo –, quindi andava bene così.
Dunque, perché l’ultimo discendente della famiglia Malfoy non voleva passare il Natale in compagnia?
Aveva paura della felicità altrui. La invidiava, e non voleva essere costretto ad assistervi per una serata intera, con il serio rischio di superare il livello di sopportazione e di esplodere le sue acidità in faccia alle uniche persone sulla faccia della terra che ancora gli stavano vicine.
Temeva il dopo-festa. Quel momento in cui, dopo che tutti fossero andati via, si sarebbe ritrovato solo in una casa troppo grande, troppo buia e troppo vuota, ma che fino a pochi minuti prima era stata animata da luci e voci e suoni e canti e risate.
Era terrorizzato dalla sensazione di vuoto e di mancanza. Quella sensazione che lo perseguitava in continuazione, ma che quando si trovava in compagnia di altre persone si faceva sentire ancor di più, rendendogli quasi difficile respirare, facendogli salire un’orribile e del tutto inappropriata voglia di piangere e spingendolo a rintanarsi in un angolo in solitudine per potersi insultare mentalmente dandosi dello stupido, stupido, stupido.
Ed ecco perché si trovava lì.
Ed ecco perché si trovava lì, solo.
Ed ecco perché si trovava lì, solo, la notte di Natale.
Era una cosa parecchio triste.
 
*
 
Harry sorrise di riflesso in seguito a una battuta di Ron. Non fece commenti, non era richiesto. Fece solo un sorriso, e tanto bastò.
Era a casa Weasley da quelli che sembravano giorni, quando in realtà erano passate solo poche ore dal suo arrivo e ancora meno dall’inizio della cena pantagruelica preparata da Molly.
L’atmosfera nella Tana era sempre la solita di sempre: calore, amore e un costante profumo di biscotti. In una parola, casa. I Weasley erano la sua famiglia, e sebbene tra lui e Ginny fosse finita prima ancora di cominciare realmente, non si erano mai create tensioni e l’affetto di Molly nei suoi confronti era rimasto invariato.
Harry Potter era contento di avere una famiglia con cui trascorrere il Natale.
Eppure…
Eppure, sentiva che gli mancava qualcosa.
Il suo sguardo si posò accidentalmente sul suo migliore amico e la sua fidanzata, e lì rimase.
Maledizione.
Si sentiva una persona orribile a fare simili pensieri, eppure doveva ammetterlo: era invidioso. Sì, perché Ron, nonostante la sua imbranataggine, nonostante i mille e più errori che commetteva e nonostante quella che era più volte stata definita “la sfera emotiva di un bradipo”, aveva comunque trovato in Hermione una donna che lo amava per quello che era, pregi e difetti inclusi. E okay, era felice per lui. Quale amico non lo sarebbe, no? Ma Harry non era mai stato felice quanto lui. Non quando si era fidanzato con Ginny, non quando la guerra era finita. Mai. E questo lo aveva fatto più e più volte riflettere.
Harry aveva fin dall’infanzia un conto aperto con la felicità. Aveva solo un anno quando gli erano stati strappati via i genitori, e nel modo più brutale possibile. Fino agli undici anni non aveva mai avuto neanche un assaggio di quel che era l’affetto di una famiglia. E anche quando era entrato a far parte della già grande famiglia Weasley, non era mai riuscito a sentirsi del tutto uno di loro.
Forse era solo una sua fissazione, ma era convinto che il suo passato stesse incidendo fortemente sul suo presente, e che avrebbe continuato a farlo anche sul suo futuro.
La risata cristallina di Hermione lo distrasse un attimo dai suoi pensieri e lo convinse a riportare lo sguardo sugli amici. Ron sedeva scompostamente sul divano e faceva oscillare una corda su e giù poco davanti a sé. Hermione gli stava seduta in braccio, appoggiata del tutto al suo corpo, e indicava animatamente Grattastinchi che giocherellava con una delle estremità della corda del fidanzato, e ad ogni movimento della ragazza il piccolo diamante sull’anello che portava all’anulare sinistro lanciava dei piccoli bagliori di luce.
Ron le aveva regalato quell’anello, con tanto di proposta di matrimonio, ormai parecchi mesi prima, ma i due non sembravano avere molta fretta di sposarsi. Sembrava che quel piccolo anello bastasse a entrambi come un vincolo e una promessa eterna, quindi non sentivano ancora il bisogno di rendere il tutto legale anche davanti al Ministero.
Da un lato, Harry era felice che i due stessero temporeggiando. Quasi sicuramente Ron gli avrebbe chiesto di essere il suo testimone e il ragazzo non si sentiva in vena di partecipare a una simile cerimonia, non nel suo stato d’animo.
Rilasciò un debole sospiro e si accomodò meglio sulla poltrona, abbandonò la testa all’indietro e permise al suo sguardo di perdersi sempre più nel volteggiare lento e pigro delle fiamme nel camino.
 
*
 
C’era del bianco tutt’intorno a lui. Ogni cosa era ricoperta di neve candida che mascherava il vero colore e persino la vera forma dei vari oggetti.
Draco s’incamminò senza una meta precisa, e a ogni passo sentiva i piedi sprofondare nella neve. Non sentiva freddo, tuttavia, e questo gli risultava parecchio strano.
Sentiva la mente confusa e annebbiata, e ci mise pochi istanti a capire la realtà dei fatti: stava sognando. Non ricordava il momento in cui si era addormentato, in realtà non si sentiva neanche stanco mentre sedeva lì sulla sua poltrona, eppure ad un certo punto doveva aver chiuso gli occhi.
Dopotutto, non ricordiamo mai il momento preciso in cui ci addormentiamo, giusto?
Si guardò intorno in quella distesa di bianco. Uniforme. Candida. Silenziosa. L’unico rumore era dato dai suoi passi nella neve e dal suo lieve respiro che si stava facendo pian piano più affrettato per l’ansia e l’aspettativa.
Dal nulla, comparve una sagoma indistinta all’orizzonte che si avvicinava a grande velocità. Strizzò gli occhi nel tentativo di capire di cosa si trattasse, ma la corsa dello strano oggetto rendeva difficile identificarne i contorni.
Una strana paura lo assalì. Paura dell’ignoto, paura di quel che poteva succedergli.
La sagoma era ormai a pochi metri da lui, e la sua corsa era accompagnata dal rumore di tanti passi nella neve e da uno scampanellio.
Draco si tuffò alla sua sinistra per evitare di essere travolto da alcuni animali scalpitanti e si ritrovò ricoperto di neve dalla testa ai piedi mentre una voce maschile impartiva degli ordini e la corsa degli animali si fermava.
Il ragazzo si sollevò in piedi e si scrollò la neve di dosso con una serie di imprecazioni colorite. Deciso a dirne quattro anche – e soprattutto – al responsabile di quella situazione, si voltò con la bocca già aperta e il dito puntato, ma la voce gli morì in gola: di fronte a lui c’era quella che pareva a tutti gli effetti una slitta trainata da ben nove renne. E, accanto a essa, si ergeva l’uomo più grosso e più Grifondoro-vestito che avesse mai visto.
L’uomo gli rivolse un sorriso amichevole, accentuato dalla vaporosa barba bianca che gli ricopriva il mento e gli arrivava fin sul petto. Anche i capelli erano lunghi e bianchi, seminascosti da un grande cappello rosso la cui punta scendeva morbidamente da un lato. Indossava un vestito rosso, stretto sulla voluminosa pancia da una cinta nera come gli stivali che portava ai piedi.
Draco si strofinò gli occhi, incredulo davanti a quella scena. Provò ad articolare qualche parola, ma tutto quello che gli uscì dalla bocca fu un verso strozzato molto simile a un lamento che si disperse nell’aria.
L’omone si sistemò la cinta sul pancione e si schiarì la voce prima di allargare le braccia ed esclamare: «Buona sera, ragazzi miei! Che bello vedervi!»
Draco impiegò qualche secondo a capire che l’uomo aveva parlato al plurale. Si voltò con uno scatto verso la sua destra e spalancò la bocca nel ritrovarsi davanti niente meno che Harry Potter.
 
*
 
Harry non ricordava di aver mai fatto un sogno così strano in vita sua. Perché era chiaro che quello fosse un sogno, ma somigliava terribilmente alla visione di Silente che aveva avuto dopo che Voldemort gli aveva lanciato contro l’Anatema Che Uccide durante l’ultima battaglia a Hogwarts. Dunque, era un sogno… Ma non era totalmente frutto della sua immaginazione.
Non sapeva spiegarselo, ma aveva questa sensazione. E difficilmente si sbagliava su certe cose.
Era sorpreso di trovarsi accanto a Draco Malfoy, anche perché non vedeva quel ragazzo da mesi ormai. Ma, ancor di più, era sorpreso di trovarsi davanti a quello che sembrava a tutti gli effetti Babbo Natale.
Cioè… Lui neanche ci credeva a Babbo Natale!
L’infanzia passata con i Dursley lo aveva convinto che non solo Babbo Natale non esistesse – anche perché non aveva mai ricevuto alcun regalo, ad eccezione dei vecchi vestiti smessi di Dudley e di qualche calzino spaiato che avrebbe fatto la gioia di Dobby –, ma che lo stesso valesse per qualunque tipo di magia.
Sul secondo punto aveva dovuto ricredersi all’età di undici anni, ma per quanto riguardava il grande omone vestito di rosso che viaggia su una slitta trainata da renne e che la notte di Natale porta regali a tutti i bambini del mondo non aveva mai avuto conferme di alcun tipo.
Eppure, eccolo lì.
L’omone – Babbo Natale – rimase in silenzio per un po’, forse per dare a entrambi i ragazzi il tempo di metabolizzare la sua apparizione e la presenza l’uno dell’altro.
«Benvenuti!» esordì. «Era da tanto tempo che vi aspettavo, ragazzi miei.»
La voce di – Babbo Natale – quel tipo era molto simile a quella di Silente.
«C-ci… aspettava?»
Fu Malfoy a parlare. Lo fissava con gli occhi sgranati e un pizzico di paura negli occhi.
Harry non credeva di averlo mai visto tanto insicuro in tutti gli anni che lo aveva conosciuto a scuola.
«Certo!» confermò l’altro. «Non immaginate neanche che fatica sia stata riuscire a trovarvi entrambi, insieme e nello stesso momento. Credo che voi due siate il caso più difficile che mi sia capitato tra le mani!»
L’uomo – Babbo Natale – cominciò a ridere con voce profonda ma non minacciosa, e Harry sentì le membra, prima tese, distendersi in un istante solo. Con la coda dell’occhio notò che anche Malfoy aveva abbandonato la sua posa rigida e pareva molto più rilassato.
«Mi scusi…» fece Harry, «credo di non aver capito.»
Il mezzo gigante – Babbo Natale – vestito di rosso gli rivolse uno sguardo intenso, e il ragazzo riconobbe nel luccichio di quegli occhi azzurri la stessa luce degli occhi di Silente. «Oh, mio caro ragazzo… Ogni cosa a suo tempo.»
Così detto, l’omone – Babbo Natale – si voltò verso la slitta e si sedette. Poi rivolse uno sguardo a entrambi ed esclamò: «Beh? Cosa state aspettando?»
Harry si scambiò uno sguardo allarmato con Malfoy, il quale gli rispose con un’alzata di spalle. Si avviarono in contemporanea e si avvicinarono alla slitta con circospezione. Malfoy fu il primo a sedersi, accomodandosi subito dietro l’uomo – Babbo Natale – alla guida. Harry prese posto accanto a lui, sedendosi abbastanza lontano dal ragazzo da evitare qualunque contatto accidentale ma abbastanza vicino da non rischiare di cadere dal mezzo.
Un attimo dopo, il tizio – Babbo Natale – seduto davanti a loro urlò un ordine alle renne e queste partirono, iniziando a correre sempre più veloci, finché non presero quota e i due ragazzi si ritrovarono sospesi nell’aria, con il vento che nonostante la velocità non li colpiva in faccia con forza come succedeva invece quando salivano in sella alle loro scope.
Harry si azzardò a lanciare uno sguardo in basso, e ciò che vide lo lasciò senza fiato: ogni cosa era ricoperta di soffice neve bianca. Case, auto, alberi e viali, ogni cosa era irriconoscibile.
Tutto quel bianco e quel silenzio gli lasciò una sensazione di pace in fondo al cuore, e il ragazzo si ritrovò a sorridere senza un motivo apparente.
Si voltò a guardare il ragazzo biondo accanto a sé, e lesse nei suoi occhi la stessa pace. Gli rivolse un mezzo sorriso, e l’altro ricambiò.
Distolsero subito lo sguardo, quasi si sentissero in imbarazzo.
Continuarono a viaggiare sospesi nell’aria per un tempo che parve al tempo stesso interminabile e troppo breve, fino a quando non raggiunsero un posto che per entrambi i ragazzi era fin troppo familiare: davanti a loro, ricoperto di neve ma maestoso come non mai, si ergeva il castello di Hogwarts.
 
*
 
Draco era sempre stato in grado di mascherare le sue emozioni, nascondendole dietro l’atteggiamento di superiorità e puro disprezzo che mostrava sempre con tutti. Persino con sua madre, la donna che lo aveva messo al mondo e che lo aveva cresciuto con amore, consolandolo quando piangeva e sopportando ogni suo capriccio. Era più forte di lui, l’educazione rigida ricevuta dal padre lo aveva forgiato fin nel profondo e non era affatto facile eliminare certe convinzioni radicate tanto a fondo fin dalla più tenera età.
Eppure, quella sera, Draco non riusciva a nascondere le proprie emozioni. Era sicuro di essere arrossito quando aveva incrociato lo sguardo con quello di Potter, ed era sicuro di avere la bocca e gli occhi spalancati mentre si avvicinavano in velocità alle alte torri del castello.
Non vedeva quel posto da mesi. Era strano ritornarci, e ancor più strano ritornarci con Potter.
Gli lanciò un’occhiata con la coda dell’occhio, e vide sul suo viso la stessa sorpresa e la stessa emozione che sentiva lui stesso nel cuore per essere tornato lì dove aveva vissuto per anni, e che per anni aveva fatto da palcoscenico alle mille avventure, alle liti, alle lacrime e alle risate.
Si rese conto, in un attimo di lucidità, che la maggior parte delle cose successe al castello le aveva vissute con Potter o a causa di Potter. O, meglio, era Potter che aveva passato i guai più d’una volta grazie a Draco.
Ghignò divertito per quei pensieri infantili e si guadagnò un’occhiata incuriosita, ma al tempo stesso divertita, dal moro al suo fianco.
Babbo Natale guidò la slitta durante una virata e una discesa, il tutto dolcemente e senza movimenti bruschi. Era un ottimo pilota, non poteva negarlo.
I tre scesero in corrispondenza del cortile esterno e alzarono lo sguardo in direzione di quella che per i due ragazzi era stata una vera e propria casa per diversi anni.
«Bella, vero?» chiese Babbo Natale.
Draco annuì, e Potter fece lo stesso. Non c’era bisogno di nascondere la realtà, non lì, non con quell’uomo, non in quel sogno.
Il piccolo gruppo si avvicinò al grande portone d’ingresso e uno a uno entrarono nel castello. Babbo Natale li guidò nella Sala Grande. Era deserta, non c’erano studenti e non c’erano professori. Anche i fantasmi non svolazzavano per l’aria. C’erano solo loro tre. Loro tre nella Sala Grande pronta per la cena, con tanto di piatti caldi e fumanti sui vari tavoli in attesa di essere mangiati.
Draco fissò con sguardo nostalgico quello che per anni era stato il suo posto a tavola, prima di spostare l’attenzione sul tavolo dall’altra parte della stanza e individuare subito il posto dove Potter si era seduto per gli stessi anni. Erano in corrispondenza perfetta, ai due lati opposti della sala ma uniti tra loro da una linea retta invisibile che probabilmente solo loro due avevano visto, in tutti quegli anni, e che solo loro due riuscivano ancora a vedere in quel momento.
Fu istintivo alzare gli occhi e incrociarli a quelli dell’altro, ma non fu semplice mantenere il contatto visivo. Fu Draco il primo a distogliere lo sguardo da quello di Potter, e lo riportò su Babbo Natale che li osservava divertito a pochi metri di distanza.
L’omone vestito di rosso fece loro segno di accomodarsi e i tre presero posto al tavolo dei Corvonero. Draco rifletté che forse quella scelta non era casuale, e che l’uomo avesse scelto un tavolo “neutro” per non favorire nessuno dei due.
Mossa intelligente, perché i due ragazzi si sedettero senza pensarci due volte.
Cenarono insieme, in tranquillità, scambiandosi di tanto in tanto frasi di cortesia o commenti sui piatti.
In realtà, non stavano facendo altro che mangiare gli stessi piatti che per anni avevano riempito le loro tavolate, ma non avevano mai avuto la possibilità di commentarli l’uno con l’altro, cosa che in quel momento stavano facendo.
Babbo Natale rimase quasi sempre in silenzio. Intervenne solo un paio di volte, quando il silenzio calava tra i ragazzi e nessuno dei due riusciva a trovare la frase giusta per riaccendere il discorso.
Finché, conversare non divenne più facile. Ridacchiare e persino sorridersi qualche volta non fu più così imbarazzante.
I commenti sui piatti divennero racconti di aneddoti divertenti accaduti tra quelle solide mura. Nessuno dei due accennò alle litigate, ai dispetti, alle cose brutte successe agli altri o a loro stessi.  Ma andava bene così, perché nessuno dei due voleva rovinare l’atmosfera piacevole e serena creatasi a quella tavola.
Il tempo passò in fretta, i piatti si svuotarono, ma i due giovani continuarono a chiacchierare tranquillamente. Avevano quasi dimenticato che accanto a loro c’era Babbo Natale, finché questi non si alzò in piedi.
«Cosa c’è?» chiese Potter allarmandosi.
L’omone sorrise, seminascosto dalla lunga barba bianca. «È Natale, ragazzi!» esclamò. «Il mio compito è portare regali a tutti i bambini del mondo stanotte. Ho un lavoro da fare, adesso.»
Draco sentiva una domanda premere per uscire, ma si sentiva leggermente in imbarazzo nel porla. Gli occhi di Babbo Natale si fissarono intensamente nei suoi. «Sì, ragazzo?»
«Beh… Se è così impegnato, perché ha perso tempo con noi?» domandò.
Babbo Natale cominciò a ridere, tenendosi la grossa pancia con due mani. «Oh, mio caro ragazzo! Ma io non ho perso tempo con voi.»
Potter gli lanciò un’occhiata perplessa. «Ah… no?»
«No!»
I due ragazzi si mostrarono abbastanza confusi, così l’omone sorrise e iniziò a spiegare: «Il primo regalo di stanotte volevo farlo a voi.»
«Quale regalo?» chiese Draco, sentendosi quasi infantile.
«Volevo regalarvi ciò che avete perso.»
No, non riusciva a capire. Draco guardò Potter per cercare di capire se almeno lui avesse compreso il significato di quella frase, ma lesse negli occhi verdi dell’altro la sua stessa confusione.
«Avete perso molto, qui dentro» continuò Babbo Natale, indicando il castello con un gesto del capo. «Ho cercato di farvi vedere cosa avete perso e, al tempo stesso, cosa siete ancora in tempo per avere. Siete bambini cresciuti, ormai, non basterà scrivere una letterina,» ridacchiò sotto i baffi, «ma potrete cercare di fare due cose.»
«Cioè?» chiese Draco.
L’uomo lo guardò. «Trovare il coraggio» rispose guardandolo negli occhi, poi si voltò verso Potter e continuò: «e cercare di perdonare.»
Potter aprì bocca per porre un’altra domanda, ma improvvisamente si alzò un forte vento e tantissimi fiocchi di neve presero a vorticare tutt’intorno a loro.
Draco cercò di orientarsi, di reggersi in piedi, ma non ci riuscì. Allungò una mano e chiamò il nome di Potter prima che davanti a lui diventasse tutto nero e indistinto.
 
*
 
«Harry?»
Harry aprì gli occhi di soprassalto, si tirò a sedere e si guardò intorno con occhi sbarrati. Ci mise pochi istanti a riconoscere la stanza dove si trovava.
«Harry?»
La voce di Hermione lo convinse a voltarsi verso l’amica che lo guardava con una punta di divertimento negli occhi.
«Herm?» chiese lui.
La ragazza ridacchiò. «Sì, scemo, sono io. Ti eri addormentato.»
«Davvero?» soffiò lui incredulo.
«Sì. Credo che stessi sognando.»
Harry annuì, perdendosi con lo sguardo nel vuoto. «Sì… Un sogno stranissimo…»
«Amico, ti senti bene?» chiese Ron avvicinandosi alla fidanzata.
Il moro si riprese e annuì, sorridendo agli amici. «Sì, ragazzi, tranquilli. Scusate, sono veramente molto stanco…»
Salutò gli amici abbracciandoli e augurando loro Buon Natale, poi uscì di casa e s’incamminò a piedi verso Grimmauld Place. Era parecchio lontano ed era impossibile fare tutta quella strada a piedi, ma sentiva il bisogno di rinfrescarsi le idee e una camminata di notte con la neve che ricopriva le strade poteva solo aiutarlo.
Dopo una manciata di minuti si smaterializzò davanti la porta di casa, entrò e si lasciò cadere pesantemente sul divano.
Quello strano sogno lo aveva lasciato completamente spiazzato. Innanzitutto, perché non gli era sembrato realmente un sogno. Certi dettagli erano troppo precisi per essere tutto frutto delle sue attività oniriche.
In più, non pensava a Malfoy da mesi. Le parole criptiche di quell’uomo – Babbo Natale –, così simile a Silente, gli avevano lasciato una strana sensazione alla bocca dello stomaco.
“Cercare di perdonare” aveva detto. Ma perdonare chi? Malfoy? Certo, Harry lo aveva accusato spesso, anche semplicemente nella sua mente, di essere stato uno stupido e un vigliacco, lo aveva accusato della morte di Silente e della morte di Dobby.
Lo pensava ancora? Non ne era più tanto certo.
Sospirò rumorosamente, fissano il fuoco crepitante nel camino di fronte a sé.
Il campanello suonò.
Fu un suono improvviso e inaspettato, non troppo forte, ma comunque lo fece sussultare e voltare verso l’ingresso.
Credette di aver immaginato tutto. Era possibile, no? Dopotutto era sovrappensiero e un rumore simile poteva…
Il campanello suonò di nuovo. E stavolta Harry si fidò dei suoi sensi.
Si assicurò di avere la bacchetta a portata di mano nella tasca dei pantaloni e si avvicinò alla porta. La aprì lentamente e rimase senza fiato, immobile e con occhi e bocca spalancati.
Draco Malfoy, ricoperto di neve e infreddolito, era lì davanti alla sua porta di casa e lo fissava, con il volto arrossato e gli occhi lucidi per il freddo.
«M-Malfoy?»
«Ciao…» mormorò l’altro. «So che non mi aspettavi… Nemmeno io mi aspettavo di venire, ma… e-ecco, ho fatto un sogno e… volevo chiederti…»
Harry lo guardò in attesa, troppo sorpreso per poter dire qualcosa. Malfoy lo guardò negli occhi e, dopo aver preso un profondo respiro, chiese: «Tu ci credi a Babbo Natale?»
Senza preavviso, sul volto di Harry si aprì un sorriso. Un sorriso sincero, intenerito. «Sto cominciando a crederci da stasera» rispose. Aprì maggiormente la porta e invitò l’altro ragazzo a entrare.
Quella notte, i due ragazzi non dormirono. Bevvero insieme grandi quantità di Whisky Incendiario, e chiacchierarono. Chiacchierarono tanto. Parlarono di sogni e desideri, di Hogwarts, della neve e di una grande e magica slitta guidata proprio da Babbo Natale.
Lo steso Babbo Natale che quella notte vegliò su di loro e li osservò da lontano, con un luccichio divertito e soddisfatto nei suoi piccoli e profondi occhi azzurri.
  
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