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Autore: DAlessiana    04/01/2019    1 recensioni
Edward fissava la foto, che conservava nel portafoglio, con sguardo perso e la mente affollata di ricordi.
"Parlami di lei..." la voce di Bella fu una dolce melodia che interruppe il filo di pensieri del ragazzo, che per qualche minuto si era dimenticato della presenza della sua fidanzata.
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Carlisle Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Jasper Hale | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Emily era corsa via il più lontano possibile, per poi tornare immediatamente indietro una volta resasi conto che la cosa più importante era stare vicino a Jasper ed Alice per quanto potesse e, nonostante odiasse, in quel momento, con tutta sé stessa Julia decise di andare nella sala d’attesa insieme agli altri. Com’era prevedibile, la sua zia acquisita era lì proprio seduta accanto al marito, le mani unite una nell’altra in modo da darsi forza a vicenda. Diede uno sguardo veloce in giro e notò l’assenza di Edward e Carlisle, sicuramente erano al capezzale di Jasper ad aspettare che si svegliasse. Fortunatamente notò Bella poco davanti, stava litigando con uno dei distributori, senza degnare di uno sguardo i suoi tutori la raggiunse.
“Lascia perdere. Dicono che il caffè qui è talmente orrendo che non ne vale la pena…” disse in tono scherzoso, notando come l’amica si stesse accanendo contro la macchinetta.
“Sì, ma almeno mi ridesse i soldi!” replicò Bella, assestando un’altra botta all’apparecchio. Emily si fece largo tra le braccia esili di lei e pigiò un tasto rosso, di solito è così che dovrebbe attivarsi la modalità di espulsione del denaro. Pochi secondi dopo, si sentì un rumore di monete e i soldi di Bella ritornarono in mano alla legittima proprietaria.
“Grazie, sono così fuori di testa che non l’avevo notato” sussurrò la giovane Swan, era stanca e decisamente esaurita, tutta l’intera situazione avrebbe fatto lo stesso effetto a chiunque.
“Di nulla. Ti va di andare alla ricerca di un caffè degno di essere chiamato tale? Come parente stretto di un medico ho accesso alla sala relax” domandò Emily, anche se non sapeva se fosse vero, ma avevano entrambe la necessità di allontanarsi e distrarsi per almeno qualche minuto, meglio sfruttare quel tempo in maniera proficua. Bella annuì, sforzando un sorriso, convincendosi che forse staccare un po’ era proprio ciò di cui aveva bisogno.

Quando Jasper si svegliò la prima cosa che avvertì fu una forte fitta alla testa e, subito dopo, la sensazione di voler bere almeno due litri d’acqua. La vista era leggermente offuscata, quindi strinse più volte le palpebre in modo da mettere a fuoco tutto ciò che lo circondava. Il bip assordante dei macchinari era unito al respiro profondo e assopito di Edward, accanto a lui con il capo appoggiato sulle loro mani unite. Poco distante, su una poltrona di dubbia comodità c’era Carlisle, dormiva anche lui, ma il sonno era decisamente agitato perché muoveva la testa a destra e a sinistra senza trovare un equilibrio. Jasper sospirò, il cuore colmo di gioia e ansia, da un lato era felice che la sua famiglia non l’avesse lasciato solo, dall’altro sapeva di dover dare delle spiegazioni e fronteggiare le preoccupazioni del padre era l’ultima cosa che volesse fare. Decise di svegliare prima Edward, anche se non voleva interrompere la pace che il fratello aveva trovato solamente nel sonno, ma il desiderio di stringerlo a sé era troppo grande. Mosse leggermente la mano e lo chiamò con tono calmo, quasi in un sussurro. Edward iniziò ad agitarsi e voltò il capo verso la figura del fratello, aprì poco gli occhi e, appena distinse la figura di Jasper, li spalancò. Era talmente entusiasta che non riuscì ad esprimere la sua emozione a parole, così si limitò ad abbracciarlo per quanto i vari fili attaccati al suo petto glielo permettessero.
“Ci hai fatto preoccupare per giorni! Vedi di non fare più scherzi del genere!” esclamò Edward in un tono tra lo scherzoso e il serio. Jasper rise piano, perché farlo più forte gli faceva male, sciolse l’abbraccio e indicò il padre con un cenno del capo.
“È a pezzi. Il tuo oscillare tra la vita e la morte l’ha letteralmente distrutto, credo si sia appisolato poco prima di me per necessità. Nessuno di noi ha chiuso occhio negli ultimi due giorni.” Edward era tornato serio mentre spiegava a grandi linee come lui e il padre avessero trascorso le ore prime del suo risveglio, Jasper chinò la testa, si sentiva tremendamente in colpa per aver fatto passare l’inferno alle persone che più amava nella sua vita. Prese un grosso respiro, nonostante il petto gli facesse male, prima di provare a parlare.
“Mi dispiace. Io volevo solo convincere Alice, poi abbiamo litigato e tutto è successo troppo in fretta. Ricordo solo lei, con sangue sparso per la fronte e un giovane vigile del fuoco che cercava di tranquillizzarmi.” Tentare di riportare alla mente gli attimi prima dell’incidente e subito dopo gli faceva male e non solo per il gran mal di testa che aveva. Lui ed Alice si erano urlati contro cose orribili in preda alla rabbia, doveva scusarsi anche con lei, ma solo dopo averla stretta talmente forte da non farla respirare. Gli mancava, tanto, ma era consapevole che prima di vederla sarebbero passate delle ore. La mano di Edward, che non aveva ancora lasciato la sua, riprese la stretta e i due fratelli si guardarono, Jasper in quel momento capì che il maggiore non era arrabbiato con lui, anzi non lo era mai stato. Gli occhi di Edward, arrossati dal pianto, comunicavano solo sollievo e gioia, era felice di poter parlare ancora con il suo fratellino, che Jasper non l’avesse abbandonato.
“Vuoi che vi lasci soli? Forse hai bisogno di chiarirti più con lui che con me.” Domandò, indicando Carlisle che ancora dormiva senza trovare pace neanche nel sonno. Edward aveva visto l’armatura del padre sgretolarsi sotto ai suoi occhi, preda dei sensi di colpa, ma era convinto che ci fosse ancora un muro da abbattere e questo compito spettava a Jasper, lui aveva già fatto la sua parte.
“Se credi che sia una buona idea e che non usi uno dei fili per strozzarmi…” provò a scherzare il minore, cercando di alleggerire la situazione però un po’ di ansia l’aveva davvero. Edward scosse il capo, suo fratello era incorreggibile anche dopo aver rischiato di morire per ben due volte.
“Tranquillo, ti ama troppo per farlo. Vado ad avvisare gli altri e a cercare un caffè decente, tu fai ciò che devi” ribatté Edward prima di sparire, ma solo dopo aver rivolto uno sguardo rassicurante cercando di tranquillizzare il più piccolo dei Cullen.

Il piccolo Jasper era solo, tremava davanti la porta chiusa che lo separava dalla stanza dei genitori. Aveva paura di abbassare quella maniglia ed entrare, perché era consapevole di non trovare più sua madre tra le braccia del padre che dormiva tranquilla, come se quella stretta potesse proteggerla dal mondo intero. Magari l’avesse fatto. Era notte fonda, suo fratello Edward dormiva a due porte di distanza, talmente profondamente che il piccolo sentiva il suo respiro come se fosse a un passo da lui. Avrebbe voluto lui accanto, perché insieme sarebbe stato più facile abbassare quella maledetta maniglia che pesava come un macigno. Era la prima volta che entrava in quella camera dopo la morte di Esme e forse neanche era pronto, ma il bisogno di stringere suo padre era diventato troppo opprimente quella notte e Jasper non avrebbe chiuso occhio fino a che Carlisle non lo avrebbe abbracciato, sussurrandogli che sarebbe andato tutto bene. Dicendogli che anche dopo la scomparsa della loro mamma, la sensazione di avere il mondo contro sarebbe svanita presto, perché erano insieme. Loro tre lo avrebbero superato, ricominciando a vivere.
Abbassò la maniglia e, con passi lenti, entrò nella stanza buia illuminata lievemente dalla luce della luna, suo padre aveva lasciato la persiana all’insù, ma aveva chiuso le ante della finestra per il troppo freddo. Si avvicinò e lo osservò dormire in un sonno agitato, non stava fermo un attimo. Prese un bel respiro e armato di tutto il coraggio che un bambino di dieci anni può avere lo chiamò, toccandogli il braccio. Lo sentì grugnire leggermente, forse infastidito e, dopo qualche secondo aprì gli occhi con la voglia di mandare a quel paese chiunque lo avesse svegliato, ma appena mise a fuoco la figura di suo figlio Jasper, il più piccolo dei Cullen, rimase a bocca aperta.
“È successo qualcosa, Jasper?” domandò, la voce impregnata da ogni tipo di preoccupazione possibile, guardò distrattamente l’orologio sul comodino accanto al letto, segnava le 3.27 del mattino, un orario decisamente insolito per Jasper, lui che amava talmente tanto dormire che svegliarlo la mattina era diventata un’impresa.
“Papà, mi manca tanto la mamma” rispose Jasper, con la voce tremolante e con la paura che il padre lo scacciasse via per averlo svegliato in piena notte solo per dirgli questo. Carlisle guardò negli occhi il figlio, si mise seduto sul letto e lo attirò a sé. Lo strinse talmente forte che a Jasper quasi mancò il respiro.
“Manca tanto anche a me, cucciolo. Ti prometto che andrà tutto bene, okay?” sussurrò Carlisle alle orecchie minuscole del piccolo. Jasper annuì e tra quelle braccia, con quella promessa suggellata in piena notte, finalmente si addormentò, mentre una lacrima rigava il viso di suo padre.


Quel ricordo gli tornò in mente quando Edward chiuse la porta della sua stanza, sorrise perché quella notte si era conclusa con lui che aveva dormito nel lettone assieme al padre e il giorno dopo entrambi si erano ripromessi di non raccontare niente ad Edward, altrimenti sarebbe stato geloso e avrebbe fatto di tutto per convincere il padre a far dormire anche lui nel letto grande. Per un momento, Jasper desiderò tornare bambino, precisamente a quella notte, all’attimo esatto in cui suo padre lo aveva abbracciato e lui aveva avuto la sensazione di essere protetto dal mondo intero, di essere invincibile. Quest’ultima gli sarebbe proprio servita per affrontare quella situazione, così si armò di tutto il coraggio che aveva, come aveva fatto quella notte prima di entrare nella camera da letto dei genitori, e pronunciò la parola che avrebbe dato inizio a tutto: papà.


 

-Salve a tutti e buon anno in ritardo!
Sì, sono ancora viva e no, non ho dimenticato questa storia. È un pezzo di me e la porterò a termine, mi dispiace solo non avere più il tempo da dedicarle che avevo quando l’ho iniziata. So di fare passi lenti peggio di una tartaruga, ma non sceglierò mai di lasciarla incompleta, ci tengo troppo. Ringrazio tutti coloro che, nonostante i mesi che lascio passare tra un capitolo e l’altro, sono ancora qui e hanno deciso, come me, di non abbandonare questa storia. Mi date forza, non scherzo. Grazie di cuore.
Alla prossima! (Ovviamente non so quando)
  
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