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Autore: Ghost Writer TNCS    05/01/2019    2 recensioni
Da quando la sua famiglia è stata uccisa, Tenko ha combattuto ogni giorno, decisa a sopravvivere solo per compiere la sua vendetta. Ma il suo nemico è il Clero, la più potente istituzione del mondo, fondata dagli dei per garantire pace e prosperità a tutti i popoli.
Vessata dal destino, Tenko dovrà affrontare i suoi sbagli, le sue paure così come i suoi nemici, per scoprire che – forse – un modo esiste per distruggere il Clero: svelare le vere origini del loro mondo, Raémia.
Ma dimostrare le menzogne degli dei non sarà facile. Il Clero è pronto a schierare tutte le sue forze per difendere la dottrina, e gli dei stessi non si faranno scrupoli a distruggere chiunque metta in dubbio la loro verità.
La sua è una guerra persa, un suicidio, o peggio. Ma che importa? Quando ti tolgono tutto, non hai più nulla da perdere.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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- Questa storia fa parte della serie '1° arco narrativo'
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17. La guardia e l’inquisitrice

Il tempio di Horus era grande e maestoso, con due imponenti statue a forma di falco a presidiare l’ingresso. L’area centrale era circondata da un colonnato coperto e terminava con un’enorme statua di Horus, dipinta con assoluta precisione per riflettere la magnificenza del dio falco.

Poco prima di mezzogiorno Persephone si presentò all’ingresso del tempio, minuta ma solenne nella sua uniforme da inquisitrice. Senza esitazione imboccò il colonnato di destra, libero dai fedeli impegnati nella preghiera, e raggiunse un ingresso situato all’estremità opposta. I due uomini di guardia le rivolsero un rispettoso inchino a cui l’inquisitrice rispose con un serio cenno del capo.

Salì una scalinata e con passo sicuro raggiunse una stanza piccola ma ariosa con al centro un altare con un’altra statua di Horus. Un’apertura nel soffitto rendeva l’ambiente estremamente luminoso, enfatizzando i dettagli della scultura e donandole un’aria solenne, mistica.

Persephone si inginocchiò.

«Mio signore, sono qui per servirvi» affermò con la sua voce sottile ma ferma. «Vi prego, mostratevi.»

I raggi di sole sulla statua parvero assumere vita propria e cominciarono a condensarsi in una massa lucente.

«Alza lo sguardo, mia leale servitrice» echeggiò una voce maestosa.

L’inquisitrice sollevò il capo. La statua, alta più di due metri, si staccò da terra e cominciò a muoversi. Ma non era più una semplice statua: era Horus in persona che fluttuava solenne, inondato dalla luce del sole. Del suo sole.

«Mio signore, come posso servirvi?» Anche al cospetto del dio, gli occhi gialli della metarpia erano calmi, freddi, quasi privi di emozione.

«Dimmi, sai cos’è successo a Palladios, priore di Milegos e mio leale servitore?»

«Mi è stato riferito che è morto. Un’eretica l’ha ucciso.»

«È così. Un’eretica ha versato il sangue di un mio adepto, gettando vergogna sul mio nome e su tutti gli dei. Ma non è tutto. Dovunque andasse ha portato morte e disperazione: perfino la rivolta dei minatori di Vorissa, costata la vita a moltissimi innocenti, è esplosa subito dopo il suo arrivo. In questo momento si trova a Chalacyra e sicuramente sta tramando qualcosa: è solo questione di tempo prima che altri innocenti vengano massacrati dalla sua follia cieca. Il tuo compito è catturarla e portarla a Theopolis. Verrà giustiziata nelle arene, come è giusto che sia.»

«Sarà fatto, mio signore.»

«Prendi questa pergamena. Contiene un ritratto dell’eretica.»

Un rotolo si sollevò dall’altare e cominciò a fluttuare verso Persephone. Lei sollevò le mani e con riverenza srotolò il prezioso oggetto. Su di esso era disegnato il viso di una donna, una demone a giudicare dalle sclere nere.

«Questa volta non agirai da sola: ti accompagnerà una guardia, un uomo devoto a Susanoo. Era un amico di Palladios e desidera vendicare il suo mentore. Ha conosciuto l’eretica, quindi ho acconsentito che ti accompagni.»

La metarpia arrotolò la pergamena. «Come desiderate, mio signore.»

«Puoi andare, mia leale servitrice. Confido che non mi deluderai.»

L’inquisitrice chinò il capo. «Renderò onore al vostro nome e alla vostra benedizione, avete la mia parola.»

Il corpo di Horus cominciò a brillare e arretrò, tornando a essere una semplice statua. Persephone si alzò, arretrò di qualche passo e solo allora voltò le spalle alla scultura per poi scendere la scala da cui era venuta.

Uscita dal tempio, la metarpia venne avvicinata da un uomo, un faunomorfo di tipo leone dalla pelle ambrata. Indossava l’uniforme da guardia e, oltre alla consueta spada, portava un arco e una faretra piena di frecce.

«Perdonatemi, siete voi Persephone Sialia?»

Lei si fermò. «Sono io.»

«Sono Leonidas Cardea, capitano delle guardie di Milegos.» Le porse la mano. «Ho chiesto di potervi accompagnare nella vostra missione. È un onore poter lavorare con voi, inquisitrice.»

«L’onore è mio» rispose la donna con voce calma, quasi meccanica.

I due si strinsero gli avambracci.

«Ho portato una cosa che credo ci aiuterà, inquisitrice» affermò il felidiano. Infilò una mano nella scollatura dell’uniforme e ne prese una sottile catenella. La slacciò, rivelando che si trattava di un piccolo pendolo. «Ho chiesto a uno dei sacerdoti di realizzarlo apposta per la missione. Contiene un pezzo di vestito indossato dall’eretica: quando saremo abbastanza vicini, ci permetterà di trovarla più facilmente.»

«Bene, è stata una buona idea.»

«Grazie, inquisitrice. Dove dobbiamo andare?»

«L’eretica si trova a Chalacyra» affermò Persephone mentre si incamminava. «Prenderemo due grifoni e ci dirigeremo subito lì. Dobbiamo catturarla prima che fugga di nuovo.»

«Agl’ordini, inquisitrice.»

La metarpia rimase in silenzio per qualche passo, poi si voltò verso il felidiano. «Emh, una cosa: non serve che mi chiami inquisitrice. Puoi chiamarmi Persephone.»

Leonidas, dopo un attimo di imbarazzo, annuì. «Come desiderate.»

I due continuarono a camminare per le spaziose vie della città, diretti verso la stalla dei grifoni. I grossi volatili avevano bisogno di parecchio spazio, quindi la struttura era stata costruita all’esterno del centro abitato.

Persephone non era una persona particolarmente loquace, infatti continuava ad avanzare in assoluto silenzio, limitandosi a qualche moderato cenno del capo per rispondere agli inchini dei passanti.

Leonidas dal canto suo, abituato più a comandare che a fare il subordinato, preferì non dire nulla. In realtà aveva bisogno di riflettere, e quel silenzio faceva proprio al caso suo. Quando aveva saputo che il Clero avrebbe messo un inquisitore sulle tracce di Tenko Br’rado, aveva subito chiesto al nuovo priore se c’era la possibilità di partecipare alla ricerca. Conosceva Padre Palladios, era stato lui a nominarlo capitano, quindi nessuno si era stupito della sua richiesta. Aveva tutte le ragioni per desiderare la morte dell’eretica. Ma in realtà non era così. Quando Tenko gli aveva raccontato delle violenze subite da Padre Palladios, lui non aveva fatto niente per aiutarla. Forse avrebbe potuto fare qualcosa, forse non sarebbe servito a nulla, questo non aveva importanza: non ci aveva nemmeno provato. Lei gli aveva chiesto aiuto, gli aveva mostrato la sua debolezza, ma lui le aveva voltato le spalle.

Gli avevano insegnato che le donne dovevano ubbidire agli uomini, assecondarli e compiacerli. La prima volta che aveva incontrato Tenko, aveva pensato che la demone era il chiaro esempio di una donna cresciuta senza la guida di un uomo: una ribelle senza onore e pudore. Poi però aveva riflettuto più a fondo, e aveva maturato un’altra ipotesi: e se fosse diventata così a causa del Clero? La sua famiglia era stata uccisa quando era solo una bambina e fin da allora si era dovuta arrangiare per sopravvivere: anche l’uomo più valoroso sarebbe stato corrotto dalle necessità e dalla disperazione.

Erano state le lacrime della demone a instillare in lui il dubbio, a costringerlo a mettere in discussione ciò che aveva sempre dato per certo. Quel giorno lui le aveva detto ciò che doveva, ciò che il suo ruolo gli imponeva, ma ogni notte non faceva che ripensare a quei momenti. Come sarebbero andate le cose se avesse avuto il coraggio di parlare con Padre Palladios? Forse il sacerdote sarebbe ancora vivo? Forse Tenko non sarebbe fuggita?

Per qualche giorno queste riflessioni lo avevano fatto sentire in colpa: si riteneva responsabile per la sorte del suo mentore. Poi però aveva osservato le cose da un’altra prospettiva, e aveva capito che si sbagliava. Il sacerdote era andato ben oltre i suoi limiti, aveva preteso di agire come solo un dio poteva, e alla fine il suo egoismo gli si era ritorto contro.

Dunque perché era lì? Lui, Leonidas Cardea, cosa voleva? In realtà non lo sapeva. Sentiva di dover incontrare Tenko, di chiederle perdono per non averla aiutata quando lei ne aveva bisogno, ma poi?

Da una parte si sentiva ancora legato ai suoi doveri: Tenko era un’eretica e un’assassina, quindi doveva catturarla e assicurarla alla giustizia. Padre Palladios e il Clero in generale le avevano causato indicibili sofferenze, non lo metteva in dubbio, ma questo non doveva giustificare i suoi crimini.

Allo stesso tempo però desiderava anche aiutarla, magari riportarla sulla retta via, convincerla a pentirsi dei suoi peccati. Gli dei erano saggi e caritatevoli, era convinto che avrebbero accolto le sue scuse sincere e che, nella loro infinità bontà, l’avrebbero perdonata. Certo non sarebbe stato facile convincerla a rinnegare i suoi sbagli, ma sentiva il bisogno di provarci. Non l’aveva aiutata in passato, quindi la prossima volta avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per provare a salvarla.

«Siamo arrivati.»

Leonidas si riscosse. «Sì, inquisitrice. Perdonatemi, volevo dire Persephone.»

Giusto, c’era un altro dettaglio da tenere in considerazione, un dettaglio fondamentale: qualunque fosse la sua volontà, alla fine sarebbe stata la metarpia a decidere cosa farne di Tenko. Se davvero desiderava aiutare la demone, prima di tutto doveva portare Persephone dalla sua parte.

«Viaggeremo leggeri» affermò la donna. «Lascia qui tutto il superfluo.»

«Sissignora.»

Il felidiano aveva fatto diverse ipotesi sul tipo di inquisitore con cui avrebbe lavorato, ma non pensava che si sarebbe trattato di una donna, e tantomeno di una persona come la metarpia. Da una parte si sentiva sollevato a non dover cooperare con un guerrafondaio arrogante, dall’altra però era preoccupato: Persephone non mostrava alcuna emozione, gli sembrava il tipo di persona capace di sterminare un’intera famiglia senza battere ciglio.

Preferì scacciare quest’ultimo pensiero: si erano appena incontrati, magari si sbagliava. Lo sperava con tutto il cuore, altrimenti come avrebbe fatto a convincerla a provare empatia per un’eretica e un’assassina?


Note dell’autore

Come promesso, siamo tornati da Persephone. Horus in persona le ha affidato il compito di catturare una pericolosa eretica, e ovviamente non poteva che trattarsi di Tenko.

Questa volta la metarpia non dovrà affrontare la missione da sola: Leonidas ha chiesto e ottenuto di poterla aiutare, ma in realtà è lui il primo a non essere sicuro di cosa vuole davvero. Tenko è senza dubbio una minaccia, ma il Clero è davvero nella posizione di giudicarla?

In ogni caso il primo contatto tra Persephone e Leonidas è stato piuttosto formale e sbrigativo: la missione li attende e l’inquisitrice non è certo una che si perde in chiacchiere. Magari in futuro avranno modo di spendere qualche parola in più… sempre ammesso che la gelida metarpia acconsenta.

Ormai avrete intuito l’alternanza dei personaggi, quindi non vi stupirete se vi dico che il prossimo capitolo sarà di nuovo incentrato su Tenko e Zabar XD

A presto e buon 2019 a tutti ^.^


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