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Autore: lalla124    17/07/2009    2 recensioni
'Era intenta a mettersi lo zaino sulla spalla, perciò non si accorse dei miei occhi sbarrati. Bella? Bella?! O mio Dio. Era peggio dell’orribile. Bella! Se mi fossi chiamata Isabella non mi sarei mai, mai, fatta chiamare Bella! Bella! Mi sarei fatta chiamare Lisa, oppure ancora meglio Easy, ma Bella no!'
Questa è una mia nuova fanfic basata su un'idea che mi era venuta già l'anno scorso. Racconta gli ultimi tre libri della saga dal punto di vista di un nuovo e strano personaggio (non fatevi ingannare dal titolo) che si trasferirà a Forks insieme a una famiglia fuori dal normale. Rimarrò piuttosto fedele al libro, ma d'altra parte ci saranno anche grossi stravolgimenti! È un esperimento che ho provato a fare e spero tanto che vi piaccia. Buona lettura!
Genere: Azione, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Nuovo personaggio | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più libri/film
Capitoli:
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Quinto Capitolo

 

Quinto Capitolo

 

Il sabato seguente mi svegliai presto. Per fortuna. Avevo passato la notte tra gli incubi a causa di quegli stupidi licantropi e non vedevo l’ora che finissero. Che cavolo, adesso esistevano anche loro! Stupidi lupi grandi quanto degli orsi… Mi ero appena svegliata, ma il mio cervello stava già lavorando. C’erano gli orsi qua a Forks. Che avevano ucciso un bel po’ di persone. E se questi orsi erano i licantropi? Erano stati forse loro ad uccidere? Ma loro non attaccavano le persone; avevano avuto tutto il tempo per farlo l’altro giorno. Anche se c’era da domandarsi di cosa si potevano mai nutrire. Aspetta, erano comunque esseri umani in parte; si nutrivano di quello che mangiano gli esseri umani. Forse. Sbuffai e mi tolsi immediatamente le coperte di dosso. Mi agitai subito già di prima mattina; stavo odiando a morte quei cosi pelosi e pulciosi. Pensandoci bene era davvero strano che dei giganteschi mostri come loro non attaccassero le persone. Anche se era così. Nonostante tutto ero di nuovo tesa; avevano la possibilità di far del male ai miei genitori e non provavano una grande simpatia per loro, questo tanto basta. Inoltre sentivo una strana malsana curiosità nei loro confronti; non era da tutti i giorni incontrare ragazzi che si trasformavano in lupi.

Mi abituai a fatica alla luce del sole fuori dalla porta, ma a passo spedito mi diressi verso i miei genitori, dovunque fossero in quella casa-cosa. Li trovai in cucina. La vista era appannata e non vidi cosa stessero facendo di preciso. 

E se gli orsi fossero i lupi?” sbottai di colpo.

“Buongiorno, Abi” disse mia madre, un po’ a disagio.

“Giorno, e se gli orsi fossero lupi?” ripetei.

E se le capre fossero galline?” rispose mio padre “Abi, che cosa stai dicendo?” Giusto. Forse non sapevano degli orsi. Mi tirai indietro i capelli davanti agli occhi.

“A scuola mi hanno detto che ultimamente un branco di orsi sta combinando danni qua in giro, facendo alcune vittime. E se questi orsi fossero i lupi?” Mi passai una mano sugli occhi per togliere l’appannamento. I miei genitori erano serissimi. Oh no; allora i lupi mangiavano veramente le persone. Come diamine lo…?

“Non sono orsi, né licantropi” comunicò mio padre, ancora serio. Ah… quindi non sono loro che hanno ucciso quelle persone. Bene, non si cibavano di essere umani.

“Sono vampiri” Era ancora serio. In quel momento mi domandai perché mai non ero rimasta a letto. Cosa caspiterina stava succedendo?!

“Eh?” Fu tutto quello che mi uscii.

Abi” Mia madre mi porse una tazza calda di caffè. Quello che mi ci voleva. A poco a poco notai l’agitazione nei loro modi; era successo qualcosa di importante. Forse ancora con i licantropi?

“Quelle persone sono state uccise da vampiri” Ah… Bhe, era normale. I vampiri uccido per sopravvivere. Ma solo quelli normali lo fanno con gli esseri umani. Non era normale che l’avessero fatto così vicino. Credevo ormai di aver raggiunto un livello di lucidità decente per capire, intendere e volere.

Cosa? Cosa ci fanno qua?” sbottai con in un misto di delirio e sorpresa. Non era la prima volta che dei vampiri nomadi si avvicinassero troppo alla nostra zona, ma non era mai una bella cosa per me quando accadeva. Inoltre se n’erano andati sempre in tempo, prima che i miei genitori intervenissero. Mio padre alzò le spalle.

“I vampiri nomadi viaggiano in continuazione” Non era esattamente quello che mi preoccupava di più.

“Quanti sono?”

“Due” Bene, almeno erano pari. Ci pensai ancora un po’ con attenzione. Alzai gli occhi e guardai dritto mio padre negli occhi, un po’ accigliata.

“Da quanto lo sapete?”   

“È da un po’ di tempo che viaggiano in questa zona” intervenne mamma, un po’ nervosa.

E perché non me l’avete mai detto?” chiesi acida.  

“Fino ad adesso hanno mantenuto le distanze e non erano un problema per la popolazione di Forks. Te lo avremmo detto con calma, quando se ne sarebbero andati. Grazie tante…  “Con l’ultimo attacco di stanotte però si sono avvicinati troppo.”

“Pensavamo quindi di intervenire. Rivendicare il nostro territorio e mandarli via. lo interruppe mia madre. Meditai su quello che aveva detto. Non avevo mai incontrato un vampiro che si nutrisse di sangue umano e neppure era mai successo che i miei genitori fossero costretti a fare qualcosa. Ma in fin dei conti, sapevo che i nomadi si tenevano ben alla larga dai centri abitati, come Chicago, quindi era anche capibile. Mi innervosii appena.

“Ah… quando?”

“Adesso” Sputai il caffè che avevo in bocca nella tazza.

“Adesso?!” esclamai io “E me lo dite solo ora?” Dalle loro facce capii di sì. Sbuffai; odiavo quando nessuno non mi diceva niente.

Bhe… se proprio vuoi, tra un po’” disse mio padre sarcastico guardandosi l’orologio al polso, forse per smorzare la tensione.

“Non è divertente!” sbottai sedendomi sul tavolo. “Allora, quando pensavate di avvertirmi di questa missione speciale?” chiesi arrabbiata.

“Non appena ti fossi svegliata”

Waow!” sbottai un’altra volta. Perché queste cose se le tenevano tutte per loro? Capisco che non volevano che mi preoccupassi, ma anch’io facevo parte di questa cavolo famiglia!

E come pensate di fare?” dissi questa volta più arrabbiata. La tensione era ormai svanita del tutto.

“Ne stavamo appunto parlando” disse mio padre, mantenendo una perfetta calma, anche se lo conoscevo troppo bene per non notare il suo lieve nervosismo della voce.

“Non potete andare lì, parlare con voi e andarvene?”

“Non è così semplice. Ci sei anche tu.” Ah… capito perché il nervosismo. Impazzivano sempre quando il problema ero io, cioè quasi sempre. Quella volta però non avevo capito cosa c’entrassi io.  

Cosa vuoi dire?”

“Dobbiamo decidere cosa fare; sappiamo che dobbiamo andare la loro, da soli ovviamente, ma non sappiamo dove potresti stare tu” mi spiegò mamma, ancora tesa.

“A casa?” suggerii.

“No, quando c’è un vampiro così vicino tu da sola non stai.” Poche volte avevo sentito mia madre così autoritaria.

La sua iperprotettività  era però fondata; queste erano le normale conseguenze che potevano insorgere incluse nel pacchetto “vita con i vampiri”. Non conoscevo questi vampiri, ma se erano esperti e sapevano quello che facevano, potevano fare le cose davvero in grande. Da quello che mi avevano raccontato sui vampiri non vegetariani avevo imparato che l’assurda possibilità di venire a sapere che c’era un’umana così legata a due vampiri e sfruttare questo elemento a proprio vantaggio in qualche strano modo inconcepibile non era assolutamente da escludere. Non sapevo se definirli astuti o pazzi. Ed effettivamente non mi sentivo sicura nemmeno io da sola; alla fin fine ero d’accordo con mamma.

Quindi?” chiesi seria.

“Quindi dobbiamo trovare un luogo sicuro per te prima di andare” mi rispose mio padre “Pensavamo di mandarti a Port Angeles; i nomadi non sono soliti esporsi così tanto in un luogo così popolato”

Bhe, questa si che era un’idea. Waow, dovevo dire che quella mattina aveva grandi prospettive. Nel giro di un weekend potevo dire addio alla mia tranquillità. Lo dicevo io che non poteva essere vero. Era come se davanti alla porta di casa ci aspettassero un branco di vampiri ed uno di… Ecco, l’illuminazione! Era perfetto e potevo stare persino vicino a casa.

Ma non sapevo dove poterli trovare… Ma sì, sapevo dove poterli trovare! Io sapevo chi erano!

“Io avrei un’idea migliore” dissi in un tono che non sapevo definire sul momento.

“Da come si illuminano i tuoi occhi direi che si tratta di una grande idea” disse neutra mamma.

“Conposto sicuro’ voi intendete un luogo dove loro non possono attaccare me, ma dove io posso essere difesa”

“Continua” disse mio padre, interessato, ma guardingo. Non sempre le mie grandi idee potevano sembrare alle persone altrui “grandi”.

Quindi mandatemi dai licantropi” conclusi, contenta di aver trovato questa geniale idea. Mia madre rise nervosa.

“Ammesso che vada bene” disse mio padre. L’inizio non era promettente “Dove speri di trovare cinque lupi giganti?”

“Io so chi sono” dissi fiera.

Cosa vuoi dire?”

“Sono Quileute di La Push. Sono sicura; vivono a La Push. Li ho visti l’ultima volta che sono andata là. Quei ragazzi erano identici al capo branco che abbiamo incontrato ieri. Dopodiché scese il silenzio. Papà non aveva un’aria per niente convinta, mentre mamma aveva cominciato a guardarmi con scherno; cosa che mi fece pentire di aver aperto bocca.

Abi” disse alla fine mamma “Ti ricordi cosa è successo ieri?” Perché la cosa non poteva essere neppure in considerazione?

“Pur una volta sono andata a La Push e sono tornata sana e salva. E poi non vogliono attaccare me!”

Ma quella volta non sapevano che tu stessi con due vampiri. Per quanto ci riguarda possono farti del male solo per questo” Ci pensai per un momento. Forse aveva ragione; poteva andare benissimo in questo modo. Scossi la testa sconsolata. Eppure in quel momento mi sembrava quasi impossibile che uno di loro potesse fare del male ad un essere umano. Ripensai a quel incontro riavvicinato di ieri e me ne convinsi ancor di più.

Che idea idiota…” mormorai sconsolata.

“No, invece è un’ottima idea” si intromise mio padre “Dato le alternative.” Mia madre lo perforò con lo sguardo e le sfuggì un ringhio.

“Non le faranno del male. Sanno che se solo oseranno farlo dovranno vedersela con due vampiri che sono disposti a tutto. Quel branco è davvero affiatato e non credo siano disposti a rischiare in questo modo la vita di uno solo dei loro compagni. Inoltre non ho nessun cattivo presentimento” disse papà, guardando convincente mamma. A pensarci bene la mia era rimasta un’idea geniale. Mamma però, che da quando aveva aperto bocca papà era diventata seria, non la pensava così.

“Sei sicuro, Will?” Sembrava più un ringhio che una frase.

“Te lo giuro, Sophie” promise mio padre, con fare dolce. Mia madre lo perforò con lo sguardo, si girò indispettita e se ne andò da quella stanza, arrabbiata. Sapevo che papà era in grado di convincerla quasi in ogni cosa. E poi mamma provava una cieca fiducia riguardo al suo dono. Sapevo che mi avrebbe lasciato andare, anche se il suo senso materno spinto all’eccesso che l’aveva fatta uscire dalla stanza continuava a fare resistenza.

Quindi era deciso: si andava dai lupi. Bastava che me ne stessi tranquilla in un luogo pubblico all’interno della riserva, cercando di passare magari inosservata.  

Abi” disse mio padre avvicinandosi, con fare un po’ preoccupato “Se ci tieni alla vita di tuo padre potresti impegnarti a tornare a casa sana e salva? Evitare di cadere dalla moto, da uno scoglio o cose del genere?” Mostrai il mio sorrisino sghembo.

“Ti ucciderà” dissi sarcastica.

“Sì, mi ucciderà” Lui però non lo era affatto.

 

Direzione: sud-ovest. Meta: La Push. Il tempo era nuvoloso e ovviamente pioveva, quindi dovetti fare più attenzione e non correre molto. Il piano alla fine era questo: sarei andata a La Push, in un luogo pubblico, e non appena uno dei miei genitori mi avesse fatto uno squillo sarei tornata dritta a casa. Mamma era davvero molto preoccupata. Era strano che io non lo fossi per me. Questa storia dei licantropi non mi piaceva affatto, perché se abitavano a La Push e mamma non voleva che mi avvicinassi troppo a loro allora non potevo andare nemmeno a La Push. Quindi niente mare. Era davvero un gran peccato. Ero convinta che non mi avrebbero fatto niente e volevo dimostrarlo a mamma. Chissà, avrei potuto anche farmi qualche amico. In fondo anche loro erano persone, mio Dio! Proprio come i vampiri. Attraversai il cartello di La Push. Eccoci nella tana del lupo. Decisi di andare ovviamente alla spiaggia.

Quando arrivai era deserta; non mi stupiva, pioveva. Non dava molto l’idea di luogo pubblico, anche perché il “pubblico” non c’era. Ma c’era il mare, quindi si rimaneva là lo stesso. Scesi dalla moto e mi tolsi il casco. Camminai in direzione del tronco bianco ed eroso dell’altra volta.

Who’s afraid of the big bad wolf, big bad wolf, big bad wolfcanticchiai mentre camminavo sulla spiaggia.

Mi sedetti e cercai un modo per passare il tempo. Quest’oggi il mare non era per niente bello; molto movimentato e grigissimo, quasi sporco. Sbuffai. Quanto tempo ci sarebbe voluto? Tentai quindi con stupidi passatempi per ingannare l’attesa. Mi girai, dando le spalle al mare e, alzando la testa, contai le persone che passavano sull’alta costa. Dopo cinque minuti nemmeno uno. Cosa diamine era, una cittadina fantasma? Ecco finalmente un passante. Correva sotto la pioggia, coperto da una giacca a vento che lo rendeva irriconoscibile. Dopo pochi secondi anche lui si girò a guardarmi. Si fermò di colpo continuando a mantenere lo sguardo. Non riuscii a vederlo in faccia sia per la lontananza che per il cappuccio della giacca. Poi riprese a correre, questa volta in direzione della foresta dalla parte opposta alla spiaggia e scomparì dalla mia visuale. Mha, che gente strana. Visto che dopo quello strano qualcuno non si era fatta vedere anima viva cominciai a contare i sassi azzurri per terra. Sembravo un po’ disperata.

Ero arrivata a dieci quando sentii avvicinarsi un rumore, di sassi, per l’appunto. Alzai lo sguardo e mi stupii di vedere la stessa persona di prima. Era sicuramente un uomo, data la corporatura nerboruta. Una vera muscolatura da… Ah. Eccone uno. Non provai al momento nessuna paura; mi sarebbe stato troppo innaturale: davanti a me c’era solo un ragazzo. Il licantropo si fermò a pochi centimetri dal tronco. Eh, eh, oggi niente torso nudo, vero?

“Tu… sei la ragazza che sta con i vampiri”

Non era una domanda; mi aveva riconosciuta. Così da vicino potei vederlo finalmente in faccia; aveva dei grandi e profondi occhi scuri leggermente a mandorla che erano accentuati dalla carnagione scura e che attirarono immediatamente la mia attenzione.

E tu sei uno dei licantropi”

Si sedette anche lui sul tronco, pochi centimetri lontano da me, verso il mare. Si tolse il cappuccio e lasciò che la pioggia bagnasse i suoi corti capelli scuri. Era enorme e doveva avere sicuramente più di vent’anni.

Cosa ci fai qua?”

Non era esattamente la domanda più importante che potesse farmi, date le circostanze, ma non era male come inizio di una conversazione. Non potevo fidarmi di loro, ma era meglio essere subito sinceri se volevo avere buoni rapporti con loro. Proprio come aveva tentato di fare papà.

“Ci sono due vampiri qua a Forks. I miei genitori sono andati pacificamente a parlare con loro. Mi hanno mandato qua perché sapevano che sarei stata più al sicuro nel vostro territorio, mentre loro non erano presenti.

“Ah…già, stiamo dando la caccia a quei due vampiri già da un bel po’. I miei compagni lo stanno facendo proprio ora.

Mi innervosii all’istante. Oh no. Ci sarebbero stati anche loro. Non sapevo dove si trovavano, ma speravo che stessero attenti a non oltrepassare il territorio o che i lupi facessero attenzione.

E perché tu non sei con loro?” continuai evidentemente tesa.

“Sarei andato, ma… ti ho vista e ti ho riconosciuta. Non abbiamo molte occasioni per parlarti e volevo farlo a nome di tutto il branco. Loro se la caveranno.” Mi accorgevo solo in quel momento della bella voce che aveva. Era davvero calda e profonda.

“Giusto. Non avrete visto tutti i giorni una ragazza insieme a due vampiri” constatai.

E voi un branco di licantropi” rispose con una smorfia che voleva essere un sorriso.

“Effettivamente non sembra una brutta idea parlare”

“Per niente.” Nonostante tutto continuammo a rimanere zitti. Che situazione imbarazzante.

Ma… hanno avuto ragione?” chiesi ancora tesa.
”Cosa?”
”A mandarmi qua. Mi… mi permettete di venire anche se sono dalla parte dei vampiri?” Ecco la domanda da un milione di dollari che mi avrebbe permesso di venire qua a La Push.

“Certo. Perché no? Sei la benvenuta a La Push, tu.” Lui era tranquillissimo.

“Ah… voi non… non mi sbranerete?” Evidentemente no; riuscii a shockarlo con la mia domanda.

“No! No, noi… non siamo i lupi cattivi che mangiano le persone! Noi le persone le difendiamo. Ti sei fatta un’idea sbagliata.”

Ecco, avevo avuto ragione. A meno che non mi stesse mentendo. Fu la forte ingenuità e sincerità che trasparivano dal suo tono di voce a convincermi a credergli.

“Ci trasformiamo in lupi, ma conserviamo ancora una parte umana. In teoria non potrei parlartene; è una nostra antica regola mantenere segreta la nostra natura. Ma il nostro capo branco ci ha permesso di parlarne almeno a te, visto che… hai uno strano ruolo in questa storia. Papà aveva ragione, erano un branco molto organizzato.

Senza rendermene conto cominciai a squadrarlo dalla testa ai piedi. Era una solo persona, né un mostro, né qualcos’altro. E non sembrava neppure avere l’intenzione di farmi male, sebbene l’avrebbe potuto fare, se l’avesse voluto. Ma visto così da vicino incuteva un po’ di sottomissione; sembrava un atleta pericolosamente doppato: aveva muscoli dappertutto ed era alto e grosso come un armadio. Avrebbe potuto stendermi con un dito anche da umano.

Cosa c’è? Perché mi stai guardando così?” chiese imbarazzato. Ah, lupetto, lupetto, cosa vai a pensare… Approfittai della situazione.

Bhè, mi sono venute in mente parecchie domande su di voi. Ed una di questa era se… questa cosa dei licantropi risentisse anche sul vostro corpo…” chiesi totalmente con scioltezza.

“Beh… sì. Diventiamo molto più resistenti e forti. Parecchio” rispose lui calmo. Quel “parecchio” però mi fece paura.

“Si vede…” Lo squadrai ancora una volta “Da quanto esistete?”

Mi venne spontanea; non era esattamente la domanda principale, ma era legittima. Supposi non da molto, se i vampiri non li conoscevano. Lui ci pensò un po’ su.

“Ad essere sincero non lo so, ma da un bel po’ di tempo. Davvero un bel po’. Tanto che anche per i licantropi esistono le loro belle leggende. Come per i succhiasangue.” Persi ogni proposito di continuare la conversazione. Mi girai improvvisamente verso di lui.  

“Come scusa?” Speravo di aver capito male. Lui mi guardò confuso.

“I vampiri”

“Ripeti un po’ come li hai chiamati” La stizza cresceva come anche la sua confusione.

“Succhiasangue”Oh… dimenticai di trovarmi di fronte ad un licantropo, in grado di stendermi con un mignolo e che non conoscevo nemmeno ed esplosi. Gli puntai un dito contro.

Se in qualche modo ti stai riferendo ai miei genitori, allora ti conviene cucirti quella boccaccia e cominciare a picchiarti da solo, perché se lo faccio io sarà molto più doloroso! Hai mai conosciuto un vampiro di persona?!

“No, m…” Era rimasto senza parole dalla mia reazione e m guardava con un certo timore.

“Allora non permetterti più di dire queste fesserie, mi hai capita?” Stavo ormai gridando e provavo un’irrefrenabile voglia di saltargli addosso. Ormai non ragionavo più.

“Io non vengo mica qua e sbatterti in faccia che voi licantropi siete degli stupidi cani bavosi, benché, lo ammetto e non me ne vergogno, non mi state simpatici neppure un po’. Soprattutto dopo quello che ha detto… Non gli diedi il tempo di dire nulla.

Quindi, che non ti accarezzi nemmeno il pensiero di pensare a quel nome! Soprattutto” sottolineai con particolare enfasi l’ultima parola. “se ti riferisci ai miei genitori. Loro sono dei vampiri non solo con la “v” maiuscola, ma con tutto il resto delle lettere. Loro sono dei V-A-M-P-I-R-I!!”

Feci un respiro profondo, con il quale mi ritornò anche quel minimo di ragione che avevo perso. Forse gli sarò sembrata una pazza da manicomio, ma se si metteva ad offendere vampiri e compagnia bella con i licantropi si iniziava davvero male. Lo guardai negli occhi. Eh già, mi guardava come se fossi una pazza. O come se fosse diventato lui pazzo ascoltandomi, non capii sul momento. La sua espressione, anche se comprensibile, mi dava fastidio.

Che c’è?” dissi per fargliela passare. La rabbia non mi era ancora passata del tutto.

“Li… li hai chiamati genitori, giusto?” Ah... era esterrefatto non per la mia scenata, ma solo per questo? Si stupiva facilmente, il ragazzo.

Anche più di una volta in questa conversazione senza senso” continuai io, con lo stesso tono. Lui respirò profondamente.

“Come… come fai?” Non capivo cosa c’era di tanto sconvolgente.

“A fare che?”

“A…” chiuse la bocca e la riaprì un paio di volte, confuso fino all’eccesso. Forza, dolcezza, ce la puoi fare.

“Tu li chiami…mamma’ e ‘papà’?” chiese con uno strano sorriso sulle labbra, come se credesse che quella domanda fosse troppo assurda ed irreale da porre.

“E secondo te come li dovrei chiamare?!” risposi secca. Stava cominciando a farmi arrabbiare di nuovo. Lui spalancò gli occhi.

“Tu chiami “mamma” e “papà” due mostri che potrebbero ucciderti?!” mormorò sconvolto.

Ok, cominciai a valutare seriamente i motivi per non ammazzarlo. Era un uomo: ma non comportava niente di grave. Era un uomo parecchio muscoloso: sorvolabile. Era un licantropo: problema. Persi la cognizione del tempo e mi resi conto che ero rimasta a guardarlo semi imbambolata per un po’ di tempo, dato che aveva la faccia tosta di sventolare la mano davanti ai miei occhi, con evidente preoccupazione. Ed con anche un sospetto ghigno sulla faccia. Decisi che l’unica cosa che potevo fare era parlargli; no, impossibile, urlargli era più facile.

Che...” Non riuscii però a indovinare quello che seguiva e mi fermai. Riprovai

“Ma quante diavolo ne stai sparando?! Cavolo…! Tu… tu sei proprio bacato. Bacato alla grande, amico. Completamente! Come ti viene in mente l’idea che loro mi potrebbero uccidere?!

… non so… forse perché sono dei vampiri?” mi rispose in tono da presa in giro. Pugno in faccia, pugno in faccia…

“Questo non spiega un cavolo! Quelli normali lo fanno. Loro bevono solo sangue animale!”

Ma questo non toglie che siano vampiri” continuò.

No, non stava scherzando era davvero serio. Ma che cavolo; conoscevano vampiri vegetariani e sapevano che non uccidevano persone, perché allora credevano che mi avrebbero uccisa?! Forse secondo loro non sarebbero riusciti a trattenersi? Bhe, forse c’era andata un po’ troppo pesante. Effettivamente per capirmi bisognava conoscere la mia storia, che loro non sapevano. Questo riuscì a calmarmi, ma solo un po’. 

“Senti, non credo proprio che tu abbia la giusta mentalità per cogliere la situazione. Non ci capiamo proprio! Insomma, ogni cosa che ti esce da quella bocca equivale a “castronata” per me! E credo che lo sia anche per te!”

“Almeno su questo siamo d’accordo” disse annuendo con la testa, tanto sconvolto, quanto io pazza. Stette alcuni secondi in silenzio, poi riprese a sparare.

“Ma…  non ti hanno mai fatto del male?”

“Ovvio che no!” Così però mi faceva arrabbiare ancora.

E… vivi… con loro? Sotto lo stesso tetto, intendo?”

“Ti ripeto che non credo che tu riesca ad afferrare il concetto!” dissi pungolandomi il cranio con le dita.

“E’ un sì, quindi?”

SI’!”

“…impossibile…”

“Vuoi davvero sentire una cosa impossibile?” dissi con voce incredibilmente controllata. “Mia madre, che è un vampiro, è la mia madre biologica” Solo per il gusto di vederlo prendersi un infarto. Non l’avrei escluso, anche così grande e grosso com’era, si sconvolgeva per poco.

“Eh?” mugugnò lui. “…Come… no… mi stai prendendo in giro. Non è divertente…”

Se non ci credi, fai pure”

“Non è possibile! Tu sei umana!”

“Ti voglio raccontare in due parole la storia della mia vita: diciassette anni fa mia madre mi sfornò dal suo pancione. Stava per morire, ma ecco che arrivò mio padre, pronto a salvarla. Lei diventò un vampiro e io restai umana. Da allora viviamo tutti e tre felici e contenti. Fine della storia.” C’erano in teoria un mucchio di particolari importanti, ma questo era sufficiente per fargli capire la situazione.

“In breve, i miei genitori riescono a sopportare l’odore del mio sangue perché mio padre è da trecento anni che si esercita sul suo autocontrollo, mentre l’istinto materno di mia madre è decine di volte superiore del suo appetito” Questa volta riuscii ad essere totalmente seria.

Se i miei genitori non fossero stati sicuri al cento per cento di non riuscire a resistere al sangue umano, allora non sarei qui, ti pare?” Forse così avrebbero capito che loro non erano pericolosi. Ma ne dubitavo, dato tutti i pregiudizi che aveva.

Ma come…” lui si fermò subito. “No, niente. Me ne sto zitto che è meglio…”

“Ecco, buona idea…” Aveva una faccia ancora più confusa di prima.

“No, aspetta” riprese quasi subito “Tu sei umana e sei nata da una donna umana” Mi ero stufata di sentirlo dire idiozie, ma questa volta ci stava provando veramente a capire, quindi lo lasciai fare.

“Sì”

“Ti ha partorita ed era ancora umana”

“Sì”

Ma subito dopo è morta”

“Stava per morire” precisai.

“Va bene. Stava per morire” si corresse dandomi corda “Ma il suc… vampiro l’ha morsa. E si è salvata”

“E quel vampiro era mio padre” tenni particolarmente a sottolineare. 

Ma non può essere tuo padre!” sbottò.

“Non è il mio padre biologico. Sotto questo punto di vista è un qualsiasi vampiro” Odiavo tremendamente definire mio padre come un qualsiasi, semplice vampiro, anche sotto questo punto di vista. “Ma rimane mio padre”

Ma non ha morso, né ucciso, te”

“No”

E neppure tua madre, che è diventata un vampiro”

“No”

“Ah…” mugugnò, ancora concentrato. Richiuse la bocca che era rimasta aperta, ma subito dopo la riaprì, senza emanare alcun suono, ad occhi spalancati. Finalmente ci era arrivato. Strizzò infine gli occhi e scosse la testa. Mi sarei divertita un sacco a vederlo così esterrefatto ed in pena, ma tutto il senso dell’umorismo era passato dopo che, volente o nolente, aveva insultato i miei genitori in mille modi.

“Quando ti abbiamo vista insieme ai due vampiri ci era sembrato assurdo che tu stessi con loro, anche se noi i vampiri del genere li conosciamo. Volevamo venire persino a Forks, nonostante non sia un nostro territorio, per chiederti di persona come stava esattamente la cosa, ma il fatto che abbiano resistito così bene al tuo sangue, ieri alla foresta, ci ha letteralmente stupito e ci ha colti del tutto impreparati. Ma questo… questo, questo è davvero assurdo!”

“Qualche volta me lo dico anch’io…”

Che conversazione. Gridare era davvero faticoso ed avevo racimolato davvero poche informazione sul loro conto, ma non avevo la benché minima intenzione di continuare una conversazione del genere. Decisi che per oggi bastava.

Ormai avevo riacquistato del tutto la ragione e mi accorsi solo in quel momento che gli avevo fatto davvero una grande scenata. Non dico che non gliel’avrei rifatta, ma di certo non era stato un comportamento gentile. E poi si era sforzato di capire; le scuse se le meritava.

“Scusami per la scenata di prima” ammisi “Queste offese alla mia famiglia mi fanno terribilmente perdere alla testa” Lui sbuffò e scosse di nuovo la testa.

“Non… non ho idea di cosa potrei risponderti” affermò lui “C’è un abisso tra di noi. Abbiamo una concezione di… vampiri davvero opposta. Lo guardai per un momento, fisso negli occhi con il mento appoggiato alla mano.

“Sono curiosa di sapere quello che stai pensando di me” Lui rise istericamente.

“Penso che tu sia una pazza. Una pazza, di quelle vere” Era molto convinto.

“Che strano, penso esattamente lo stesso di te” mi tirai su ed appoggiai le mani sul tronco “Ma, vampiri a parte, credo che potremmo riuscire a comunicare” Lui mi mostrò un ghigno.

“Forse hai ragione” Attesi qualche minuto, godendomi il venticello che soffiava lieve e mi rinfrescava la faccia.

“Non è male questo posto…” blaterai per riempire il silenzio.

“Quattro case, piove quasi sempre… ragazza, Disneyland non è niente” Mmmhh… aveva il mio stesso senso dell’umorismo. Stava cominciando a piacermi il suo lato umano, incondizionato dai vampiri. In quel momento però non avevo voglia di scherzare.

Ma c’è il mare. Prima di tre mesi fa non l’avevo mai visto…”

“E suppongo tu sia venuta qua in spiaggia per vederlo” Mi girai verso di lui, cercando di capire dove volesse arrivare.

“Sì” dissi sospetta.

“Piccola informazione: è di là” disse indicandolo. Ero infatti ancora voltata di schiena.

“Ah, ma non lo stavo guardando. Stavo… ammazzando il tempo” Il verbo ci stava appieno “Stavo… contando le persone che passavano” dissi indicando la costa.

“Oh” disse lui falsamente sorpreso “E a quante sei arrivate?”

“Uno, solo tu” ammisi io. Lui mi guardava interessato.

“Da dove vieni?”

“Chicago”

… io non ho mai visto Chicago. Siamo pari, no?” Sfoderai il piccolo sorrisetto sghembo.

“Visto che siamo riusciti a tirar fuori uno straccio di comunicazione sensata?”

“Già, mi hai sorpreso. Nel lato buono questa volta. E se proprio ci tieni a saperlo è stato anche piacevole” Questa volta fece un sorriso vero. “Ed è anche non sentirti più urlare è decisamente meglio”

“Ah ah” mugugnai io, sorridendo sorniona. Passarono ancora alcuni minuti di silenzio. Era davvero un simpatico ragazzo.

“A vivere con dei vampiri si diventa così strani?” Non lo diceva con cattiveria.

“Forse sì, forse no” dissi dondolandomi avanti ed indietro. La mia tasca vibrò. Era lo squillo. Ritornai alla realtà; in quei minuti, forse ore, mi ero scordata che i miei genitori erano andati a parlare con un vampiro. E che forse ci sarebbero stati anche i licantropi.

“Devo andare ora…” dissi seria e nervosa alzandomi subito.

“Dai due…”

Se ti viene così difficile, non dirlo” dissi riprendendo la calma ed allontanandomi.

“Ci vediamo!” gli gridai. Eccome se ci saremo rivisti; dovevo sapere ancora molte altre cose sul loro conto.

“Aspetta” In breve riuscì a raggiungermi e a fermarmi per un braccio. Aveva una stretta possente. “Non dire a nessuno che noi Quileute siamo dei licantropi” Io sbuffai e continuai ad allontanarmi.

“Mi hai forse preso per una stupida?” dissi sarcastica, con il mio sorrisino sghembo.

 

Durante il viaggio di ritorno non riuscii a pensare all’incontro che avevo avuto; diventai improvvisamente troppo nervosa per i miei genitori. Eh, dai, Abi, sono due contro due. Più, molto probabilmente, quattro licantropi. Spinsi il piede contro l’acceleratore, quei dieci minuti stavano diventando mezz’ore. Avevo almeno la certezza che stessero bene, se mi avevano fatto uno squillo. No, avevo la certezza che uno dei due stava bene. Arrivai a casa prima che pensieri malsani ed insensati, cagionevoli per la mia salute mentale, mi affollassero la mente. Spensi il motore ed inciampai per la fretta di togliermi il casco. Che caso umano. Attraversai velocemente la porticina che dava sul salotto.

“Non mi dire che eri preoccupata per noi?”

Mia madre mi stava guardando appoggiata al tavolo in marmo della cucina, con vicina papà. Si vedeva che non vedeva l’ora di vedermi. Lei sì che si era preoccupata.

“Sei stata veloce a venire qua”

Lui mi stava sorridendo. Respirai profondamente; stavano tutti bene. Mi tolsi il giubbotto e lo appoggiai sulla prima sedia, mentre mi sedevo sul tavolo vicino a mamma, che mi pose un braccio sulla spalla.

“No, ma figurati. Io? Preoccupata per due vampiri? Ma dai!”

Ma davvero, naso a patata?” Mio padre mi si avvicinò e mi tappò il naso con le dita. Io indietreggiai con la testa e gli feci la linguaccia.

“Noi piuttosto siamo stati preoccupati per te” disse mia madre stringendomi ancora di più a lei. Anche mio padre ridivenne serio.

“Ah… Non è successo niente. È andato tutto alla grande. Ho parlato anche con uno di loro”

“Ti ha fatto del male?” chiese automaticamente mia madre. Io scossi la testa per tranquillizzarla.

“No, papà aveva ragione, non fanno del male alle persone. Le difendono dai vampiri.”

“Come hanno reagito al fatto che stai con due vampiri?” si intromise mio padre.

Bhe… ne sono rimasti totalmente basiti. Gli ho raccontato la nostra storia a grandi linee. Diciamo che ho cercato di raccontare; non voleva crederci.” Mi fermai e lo guardai dubbiosa “Ho fatto bene?”

“Certo, dobbiamo farci conoscere per sembrare il meno pericolosi possibili” acconsentì papà.

“Sarebbe bello però sapere anche qualcosa sul loro di conto” continuò mamma.

“So che stranamente anche loro hanno vecchie origini, ma non abbiamo parlato molto di loro” corrugai la fronte “Ha cominciato a chiamarvi con dei nomignoli che mi hanno fatto scoppiare di rabbia!” Sbuffai, guardandoli negli occhi.

Ce l’hanno terribilmente con i vampiri. Li odiano veramente. Ne parlano come se fosse la peste. Non… non siamo riusciti a capirci su niente!” Sbuffai, di nuovo. “Credeva che fossi una pazza, mi guardava come se fossi un maiale blu! In realtà il vero pazzo è stato lui!” affermai sconcertata. “Ma, vampiri a parte, è stato simpatico.”

“Ah…” mugugnò mio padre, anche lui sconcertato. “Bhe… non ne sappiamo molto di più”

“Mi ha detto che io posso andare a La Push. Potrei incontrarli di nuovo.”

Questa cosa mi elettrizzava non poco, sembravo una sorta di mediatore tra due fazione in lotta, come nei film di spionaggio. I miei genitori non risposero subito. Si guardarono per un secondo negli occhi. Ed un secondo per dei vampiri valeva almeno cinque minuti. 

“Il ragazzo che ho incontrato è stato simpatico, ed anche gentile. Premere il tasto della “umanità” era il metodo più efficace per convincerli.

“Sono dei semplici ragazzi, un po’ cresciutelli, ma sono… umani”

Abi, il problema ora non è se vogliono o no farti del male” intervenne mio padre “Hanno avuto moltissime occasioni per farlo. Siamo convinti che non sono quelle le loro intenzioni.

“Ma allora dove sta il problema?!

“Non sappiamo se riescono a controllarsi” concluse mamma.

“Ah… dici che vale anche per loro l’‘effetto-Hulk”?” Mio padre sorrise ed annuì.

L’ “effetto-Hulk” era il nome che avevo dato all’incapacità dei vampiri di resistere al sangue. I miei genitori mi avevano detto che l’effetto del sangue può influire sull’autocontrollo dei vampiri in modo spaventoso. Un vampiro del tutto rilassato al contatto con il sangue può perdere l’uso della ragione e comportarsi come un animale. Un po’ come Hulk quando si arrabbia. Così avrebbe potuto valere anche per i licantropi; non era detto che riuscissero a mantenere la propria forma umana.

“Ma non avete neanche prove che non si riescano a controllare. Nei dintorni di La Push non ci sono state uccisioni, né incidenti di nessun tipo da quando siamo arrivati. A parte quelle degli ultimi giorni, che sono stati commessi da vampiri” affermai con convinzione.  Quasi me ne stavo dimenticando; avevo il diritto di sapere cosa fosse successo. Ne avrei subito parlato finita questa conversazione. I miei genitori se ne stavano ancora zitti.

“Facciamo così” dissi frettolosa di passare all’argomento successivo “Io vado a La Push e se mi succede qualcosa, bhé, c’è sempre mamma” affermai. Lei sbuffò.

“Non è un gioco. Anche se ci sono io, c’è la tua vita in pericolo.

“Forse, non è ancora detto.” Caspita, lupi o mostri che fossero, io volevo il mare! Mia madre scosse la testa. Papà invece se ne stava zitto.

“Come volete conoscerli, se appena vi vedono vi saltano addosso?!” sbottai io. Insomma, c’erano mille ragioni per poter andare a La Push, perché tentennavano ancora?

“Va bene, puoi andare a La Push” disse finalmente papà. Sì!

“William!” sbottò mia madre per niente contenta.

Ma sei tenuta a dircelo, ogni volta. Ed è vietato andare se entrambi siamo impegnati con il lavoro. Intesi?” disse serio. Io annuii convita e contenta. Mia madre sembrava solo leggermente tranquillizzata. Cambiai argomento, per rompere la tensione.

“Con il vampiro come è andata?”

“Come pensi che sia andata, eh?” dissi mio padre allegro, colpendo il naso con l’indice.

Io automaticamente gli tirai un pugno al petto. Un piccolo pugno ed insignificante pugno al petto, non volevo spaccarmi la mano. Quella volta però mi feci male, ma non perché avevo picchiato troppo forte. Diventai subito seria; era come se mi fossi punta. Era davvero una sensazione strana, mai provata; come possono pungere i vampiri? Hanno la pelle liscia come il marmo. A meno che… Puntai gli occhi fissi in quelli di mio padre. Lui non cambiò atteggiamento e continuò a sorridermi tranquillo.

E adesso cosa c’è?” disse lui gioioso. Io non lo ero affatto. Cominciai a sfiorare con le dita il punto dove lo avevo colpito, sopra la leggera camicia che indossava. La ritrassi spaventata, tornando a guardarlo fisso.

“Fammi vedere” ordinai in un filo di voce. Lui inarcò le sopracciglia quasi dispiaciuto.

“Non è niente, Abi” disse cercando di essere rassicurante, mentre si sbottonava la camicia. “È solo un graffio, non mi fa male”

Non mi importava affatto se gli faceva male, sapevo che non gli faceva male, era un vampiro! A preoccuparmi terribilmente era un’altra cosa. Rimasi immobile a guardare il graffio che aveva mio padre. Non era affatto un graffio, non era affatto un graffio! Era come se un architetto appena finita la sua perfetta statua greca dovesse dare un ultimo ritocco con lo scalpello e sbagliasse, scavando nella pietra e lasciando un lungo ed orribile varco per tutta la lunghezza del petto. Quello che più mi premeva era la profondità; non era affatto un graffio, dannazione! Il mio sguardo la continuò a guardare fisso, mente cominciai a ribollire di rabbia. Era troppo largo per essere stato prodotto da un vampiro; i suoi denti, seppur potentissimi, non erano così larghi. Strinsi le mani; licantropi. Potevano farne uno più profondo, oppure più di uno, potevano staccargli un braccio, oppure la testa. Quel “graffio” poteva uccidere mio padre. Sentii mia madre stringermi ancora di più.

“A te hanno fatto qualcosa?!” le chiesi con voce malferma. Lei scosse la testa e io le credetti. Tornai a guardare mio padre. Era davvero una strana sensazione vedere un vampiro muoversi tranquillamente con un solco che avrebbe ucciso un umano all’istante.

“Sto bene, Abi, sono sempre qui” disse lui prendendomi la testa con le mani.

Ma vi potevano uccidere!” urlai. Non ci vedevo più. Ero fuori di me. Sentii mia madre che mi massaggiava le spalle. Riuscii miracolosamente a calmarmi un minimo.

Cosa è successo?” bisbigliai ad occhi chiusi.

“Siamo arrivati troppo tardi. I licantropi erano già lì” iniziò mia madre “C’era solo un vampiro, ma i licantropi lo avevano già…” Cercava di trovare il termine più adatto, ma sapevo già quello che voleva dire; l’avevano ucciso, fatto a pezzi, distrutto, ce n’erano di vocaboli.

“Uno di loro si è avventato anche su di noi. Abbiamo cercato di difenderci, ma il gruppo lo stava appoggiando. Ce ne siamo quindi andati. Non ci hanno inseguiti” concluse mio padre.

Ma perché siete andati nel loro territorio?” sbottai. Mio padre si fece confuso e pensieroso. Ma non arrabbiato.

“Non eravamo nel loro territorio; eravamo vicini al loro confine, ma non lo abbiamo superato”

Cosa? CHE COSA?! Li hanno attaccati, senza che loro lo avessero superato. Avevo violato il patto da loro stessi imposto! Battei con forza le mani sul marmo sotto di me. Mi feci molto male. Mi alzai in piedi, mentre cercavo in qualche modo di contenere la rabbia. Provavo un irrefrenabile voglia di gridare, ma non so come riuscii a trattenermi. Qualcosa in me mi spingeva a ritornare a La Push e a spaccare il muso ad ognuno di loro, licantropi o no. Che falsi ed ipocriti! Non riuscivo a credere che fossero le stesse identiche persone; un ragazzo semplice e simpatico come quello incornato alla spiaggia in grado di attaccare in quel modo insulso.

Abi, calmati” disse mio padre mettendomi una mano sulla spalla. Mi voltai di scatto e lo guardai con rabbia.

“No! Non mi calmo! Non hanno rispettato il patto e potevano ucciderti!” gli gridai in faccia. Presi il giubbotto dalla sedia e lo indossai, per andare a La Push. Mia madre mi prese stretta per le spalle, senza alzarsi, bloccandomi.

“Lasciami, mamma!” gridai anche a lei.

Abi, cosa vuoi fare?” disse tranquilla. Io mi bloccai e la guardai. Perché solo io stavo esplodendo di rabbia? Perché non si rendevano conto di quello che avevano fatto?

“Per favore, Abi, calmati.” Detto da mamma, con quel tono, fece subito effetto. Riuscii a calmarmi. Mamma aveva ragione, cosa diamine volevo fare? Andare a La Push e poi? Che idiota, che stupida che ero stata a pensare di poter fare qualcosa contro cinque lupi giganti che erano riusciti a ferire mio padre.

Cosa avete intenzione di fare?” chiesi più tranquilla. “Hanno violato il patto, non potete far finta di niente”

“Questo no, non tralasceremo, ma non possiamo essere avventati con loro” spiegò papà. Feci un respiro profondo, ancora stretta fra le braccia di mah’. Io ero una stupida e loro avevano ragione. Avevo fatto una scenata del tutto inutile, impedendomi di pensare lucidamente. Adesso andava già meglio e sapevo un po’ meglio cosa fare. Feci un altro respiro profondo. I miei genitori non avrebbero lasciato sorvolare, ma i lupi cosa avrebbero potuto fare se gli avessero rincontrati? Un altro “graffio” o cosa? Potevo fare solo io qualcosa di buono.

“Devo andare a La Push” conclusi alla fine “A parlare con loro.” Sapevo che sarebbe stata una soluzione che tutti avrebbero accettato.

“A questo punto… sì” rispose mio padre

“Non la più adatta al momento di sicuro” replicò mamma.

“Ma abbiamo appena detto che..” sbottai innervosita.

“Sei andata fuori di testa, ti devi rilassare prima”

“Sono calmissima” Il mio tono di voce diceva però un'altra cosa. Dal nervoso battei ancora una volta la mano sul marmo del tavolo. E mi feci molto più male di prima. Serrai gli occhi per evitare di esplodere ancora.

Abi” Le mani gelide di mio padre mi incorniciarono il viso “Andrai a La Push, ma non adesso. Domani. Devi essere lucida e al momento non lo sei.

Cinsi il petto di mio padre con le braccia ed appoggiai la testa sul suo petto. Lo sentivo ancora, quel fregio. Ero sempre stata una persona troppo impulsiva e questo aveva sempre giocato a mio sfavore. Avrò fatto quello che mi aveva detto di fare; avrò aspettato domani e, con razionalità, avrò parlato con loro.

 

La mattina del giorno dopo cercai di svegliarmi abbastanza presto per l’incontro con i licantropi. Prima di partire sia mamma sia papà mi avevano riempito la testa con raccomandazioni e consigli di ogni tipo. Mi sentivo come una bambina al suo primo giorno di elementari, ma provavo la tensione di un ambasciatore. Era una sensazione irritante e deprimente allo stesso tempo, che non consigliavo a nessuno. Partii consocia del grande compito che mi era stato affidato. Dal giorno prima mi ero decisamente calmata e mi ero più volte preparata in mente quello che avrei dovuto dire, ma come al solito dalla mia bocca sarebbe uscito tutt’altro.

Solamente quando arrivai a La Push mi resi conto di un problema: dove li avrei trovati? Ieri alla spiaggia avevo incontrato quel ragazzo per caso. Decisi comunque di ritornarci, piuttosto di girare per La Push a casaccio. E se non li avrei trovati? Cavolo, non ci avevo pensato. Era un problema più serio di quanto immaginassi. Parcheggiai la moto nel punto di sempre e scesi in piaggia. Forse contavo troppo sul fatto che, essendo dei grossi lupi, mi avrebbero sentita arrivare sentendo il mio odore, sempre sperando che almeno uno fosse trasformato.

Quel giorno pioveva. Mi tirai sulla testa il cappuccio e come un’imbambolata aspettai ferma in piedi davanti al solito tronco eroso. In lontananza vedevo dei grossi nuvoli che si stavano avvicinando, dai quali prevedevo che quella pioggerellina sarebbe diventata un grande bel temporalone.

Erano passati quasi cinque minuti ed io ero sempre lì. Solo in quel momento mi accorsi che era un’idea proprio assurda starsene in spiaggia; insomma, La Push era piccola e cinque ragazzoni nerboruti si potevano trovare, diavolo! Mi girai dalla parte da cui ero arrivata dandomi della stupida, quando qualcosa attirò la mia attenzione. Mi bloccai all’istante. Eccoli. Li contai; ne mancava uno, ma quattro bastavano ed avanzavano. Stavano avanzando verso di me in gruppo e più si avvicinavano più sembravano ingrandirsi.

Nonostante la pioggia avevano il torso nudo questa volta, mettendo in bella vista il loro fisico doppato. Si fermarono a mezzo metro da me. E me la feci addosso. Erano quattro, grandi e nerboruti ragazzi con un’espressione seria e poco rassicurante sul volto. Non intravidi però quello del ragazzo di ieri. Peccato, la sua vista mi avrebbe rassicurato almeno un poco. Decisi però di mantenere un atteggiamento composto e persino sprezzante. Dopo averli squadrati uno per uno fissai il ragazzone più grande; era il capo branco, quello della foresta. Era con lui che dovevo parlare. Cercai di dimenticarmi dell’esistenza degli altri quattro e mi concentrai su quello che avrei detto.  

Perché li avete attaccati? Non avevano superato il confine!” dissi senza lasciargli la parola. Il mio tono non era furioso, ma solamente freddo. Il capo branco non mi rispose subito, ma sembrò pensarci un po’. Intanto mi ero distratta dall’espressione di uno degli altri quattro. Aveva una strana smorfia sul viso e sembrava contento. Lo perforai con lo sguardo, ci godeva davvero dall’aver quasi ucciso mio padre. Mi stavo arrabbiando, ma dovevo contenermi.

“Si sono avvicinati troppo…” La mia concentrazione tornò all’istante sul capo branco.

“Appunto! Si sono avvicinati, non l’hanno superato. Non avevate nessun motivo per attaccare. Questi non erano i patti” In risposta lui mi lanciò un’occhiataccia.

“Si sono avvicinati troppo ed uno di noi per sbaglio ne ha colpito uno” completò lui “Non è stato un attacco premeditato”

Io invece conoscevo un’altra versione della storia; quel lupo aveva volutamente deciso di attaccarli, non era stato un caso. Il ragazzo di prima schioccò la lingua. I miei occhi schizzarono su di lui; era stato lui ad attaccare mio padre, ne ero sicura, visto che non se ne dispiaceva affatto, a quanto pare. Sbagliai, e non riuscii a controllarmi questa volta.

“Tanto divertente uccidere persone, vero?” dissi ad alta voce al ragazzo. Dapprima si dimostrò sorpreso che gli avessi rivolto la parola, poi sfoderò un’espressione da sbruffone.

“I vampiri non sono persone.”

“Tanto quanto tu sei un mostro” risposi immediatamente. Lui perse la pazienza e, in uno scatto, superò quei cinquanta centimetri che ci separavano. Era alto almeno venti centimetri in più, ma non distolsi lo sguardo. Per un attimo i nostri occhi si spararono lampi a vicenda. Volle avanzare ancora di più, ma due dei suoi compagni riuscirono a trattenerlo in tempo.

“Sta buono, Paul” disse uno dei due. Non riuscì a guardarlo in faccia, perché i miei occhi erano ancora fissi su di lui, Paul.

Lo spinsero indietro, vicino al capo branco. Mi aveva fatta davvero incazzare. Non era però il momento di perdere le staffe, dovevo finire una conversazione. Guardai il capo branco, che mi fissava serio.    

“Avete comunque violato il patto da voi proposto” ripresi.

“Ce ne rendiamo conto e… non volevamo che accadesse” disse calmo, scandendo le parole.

L’ultima frase la disse ad alta voce, guardando quel ragazzo, Paul. Sembrava più un rimprovero diretto a lui. Capii che pur essendo un gruppo molto unito, c’erano molti contrasti di opinioni.

“Delle scuse sarebbero anche gradite, a questo punto” dissi acida. Paul, e non solo lui, trattenne a fatica una smorfia.

“Porgile pure da parte nostra” disse il capo branco. Bhe… se sono riusciti a chiedere scusa eravamo ad un buon punto.

“Abbiamo conosciuto la tua situazione; ne siamo rimasti davvero increduli. Non credevamo fosse possibile una circostanza del genere. È tutto vero?” continuò lui. Mi fu inevitabile non sbuffare. Proprio non gli entrava in testa, eh.

“Sì” sbottai acida, incrociando le braccia al petto. Lui mi osservò per un attimo pensieroso.

Temiamo però per la tua incolumità” disse con una leggera esitazione. Mi caddero le braccia.

“Sentite, è dal giorno in cui sono nata che vivo insieme a loro. Non mi hanno mai fatto del male fino adesso ed è sicuro che non lo faranno. E credo che ve l’abbiamo anche spiegato il perché di questa mia sicurezza” ridissi per l’ennesima volta.

Potete stare tranquilli, rispetteremo il patto. Garantisco che non verrà ucciso alcun essere umano, né trasformato.” Alla fine il problema rimaneva quello.

“Noi ci fidiamo di te, ma non di loro” Nei suoi occhi qualcosa improvvisamente cambiò.

“Se voi vi fidate di me ed io mi fido di loro, fidatevi anche di loro!”

“Bel colpo” sussurrò improvvisamente uno di loro, come se fosse il commentatore di un incontro di scherma. Il che non era del tutto falso.

“Non è così semplice” disse scuotendo la testa. “Per favore, fatti vedere ad queste parti più spesso. Ci farai sentire più sicuri.”

Era strano il tono che aveva usato. Era sicuramente protettivo, ma non era affettuoso come quello di Eric. Era più serio ed importante. Furono soprattutto le parole che usò a sorprendermi. Per tutta la conversazione si era tenuto sulla difensiva e si era rivolto con molta cordialità. Ero stata io a farmi prendere un po’ la mano. Mi fece una buona impressione. Feci un respiro profondo. Avevano realmente buone intenzioni, con me, per lo più.

“Va bene” Era l’unica cosa che potessi dire a quel punto. Decisi di cambiare atteggiamento; porsi la mano per farmela stringere e lui contraccambiò.

“Io sono Abigail Adams” Mi sembrava giusto presentarmi. “Mio padre si chiama William e mia madre Sophie

Dire il nome dei miei genitori mi sembrò un primo passo per sostituire il vocabolo “vampiro” o ancora peggio “succhiasangue” dal loro dizionario.

“Io sono Sam” disse il capo branco, con cordialità.

Jared” disse subito uno degli altri ragazzi.

Embry” Lui alzò perfino la mano, che ricambiai. 

Paul” disse con rabbia.

“Piacere” dissi il più tranquilla possibile. Di solito mi dimenticavo subito i nomi, questa volta invece sarebbero rimasti impressi nella memoria. A parte Paul, tutti si rivolsero a me in modo strano, distaccato. Non c’era da sorprendersi che non li stessi dal primo momento subito simpatica: io ero la ragazza che stava con i vampiri. Ritornai a guardare Sam.

“Suppongo quindi che non ci sia più niente da discutere”

“No” rispose lui, guardandomi di sottecchi, in modo strano.

Bhe… allora… ci vediamo” conclusi io, avviandomi immediatamente verso la moto, senza voltare la testa. In quel momento desideravo andarmene da lì, prendermi qualcosa di caldo e rilassarmi. Non sentii alcuna risposta al mio saluto. Non me li sarei aspettata.

Non persi tempo ad avviare il motore per ritornarmene subito a casa. 

 

Tornai a casa appena prima che iniziasse il temporale. Mi era venuto un grandissimo mal di testa e avevo bisogno di qualcosa per farmelo passare. Andai dritta in cucina e lì trovai, come ieri, i miei genitori ad aspettarmi. Erano entrambi tesi. Io sbuffai e mi andai immediatamente a sedere su una sedia. In quel preciso momento credetti che stare seduta su una sedia fosse la cosa più bella di questo mondo. Chiusi gli occhi e respirai.

“Allora?” sentii la voce vellutata di mia madre. Io li riaprii. Entrambi non si erano mossi ed entrambi mi guardavano con apprensione.

Cercai di fare mente locale.

“Abbiamo fatto una bella chiacchierata pacifica. dissi stanca “e vi chiedono anche scusa” La scenata di Paul preferivo sorvolarla.

“Davvero?” si sorprese mio padre.

“Già. Il capo branco mi ha detto che non era stato un attacco premeditato” continuai

“A me sembrava molto volontario come gesto” commentò sarcastica mia madre.

“Già. Anche se sono un branco, ognuno la pensa come vuole. C’è chi cerca di capire la situazione, chi invece non la vuole proprio accettare. Comunque il capo branco ha una grande influenza sugli altri ed è uno di quelli che rientra nella prima categoria.” 

“Come si sono comportati?” chiese mamma.

“Erano un po’ freddi, ma questo è capibile: per loro sto dalla parte dei cattivi, quindi sono una cattiva anch’io”

“Tu invece ti sei comportata bene?” chiese mio padre.

“Sì” Ahia. Non posso mentire con loro. Mamma alzò gli occhi al cielo.

Hai perso la calma, non è vero?”

“Va bene, solo un pochettino” dissi più sincera “Ma non è successo niente” Papà stava per aprire bocca, ma io lo precedetti.

“Non è loro intenzione attaccarvi, almeno non quella del capo branco, Sam. Mi hanno davvero sorpreso; il capo branco è stato davvero molto gentile. Si è dimostrato molto preoccupato per me. Credono che con voi non sia al sicuro e desiderano proteggermi. Mi hanno perfino chiesto di andare a La Push più spesso per controllarmi.”

Quindi la loro preoccupazione più grande sei tu, non noi” confermò mio padre stranito.

“Al momento sì. A quanto ho capito, loro ce l’hanno con voi perché credono che voi possiate fare del male a qualcuno.”

“Ma glielo hai detto che non è così” si intromise mamma.

“Sì, ma loro continuano a non fidarsi di voi.

“È comprensibile il loro comportamento. Nonostante i Cullen, per loro dei vampiri che non uccidono le persone è una situazione da non sottovalutare” Per pochissimi secondi scese il silenzio.

“A questo punto credo sia ufficiale che tu andrai spesso a La Push” Mi sorpresi che queste parole uscissero dalla bocca della mia mamma iperprotettiva.

“Visto come stanno le cose se non vai a La Push, i licantropi si potrebbero innervosirsi.” Il suo tono tentava di essere neutro, ma riusciva a mascherarlo davvero bene. Mi domandai come avrebbe reagito quando “l’uccellino avrebbe finalmente lasciato il nido”.

“Bene, quindi abbiamo deciso. Tutto e stato chiarito. Ed io sto impazzendo per il mal di testa”

“Allora è meglio se vai in camera tua a riposarti. Io devo parlare con tua madre” disse papà, mentre osservava il volto irrequieto di mamma. Io volai in camera, lasciando i miei genitori soli in questo momento di privacy. Il potere delle coccole sarebbe riuscito a risollevare mamma da questa decisione? Io speravo di sì.

Senza nemmeno passare per il bagno mi buttai letteralmente sul letto. Fuori il cielo era nuvoloso e l’acqua che scivolava sulla parete-finestra dava un pacato senso di rilassatezza. Chiusi per un attimo gli occhi, cercando di rilassarmi e non pensare a niente, ma pareva assolutamente impossibile. In soli tre giorni erano successe cose incredibili: avevo scoperto che esistevano i licantropi, avevo parlato con uno di loro e ho perfino rischiato di prenderle da uno di loro. Ah giusto, dimenticavo, mi ero anche incazzata con loro. Mi sembrava infatti troppo strano che fino a qualche giorno fa tutto stava andando a meraviglia. Soffocai la testa nel cuscino cercando di soffocare anche questi pensieri. Alla fine presi l’MP3, misi le cuffie alle orecchie e per un attimo sembrò funzionare. La musica riuscì a distrarmi e mi ritrovai a guardare distratta la mia camera. Osservai l’armadio, il cestino vicino al tavolo, il tavolo, il mio diario sopra il tavolo. Dalle pagine di quello svolazzò improvvisamente un foglietto. La voglia di alzarmi e raccoglierlo era zero, ma mi misi in piedi lo stesso. Lo presi e guardai cosa ci fosse scritto dentro. Cosa diamine era? C’era un indirizzo e due nomi. Billy e Jacob. Chi diamine…? Poi ricordai improvvisamente e mi vennero i crampi allo stomaco. Un altro essenziale motivo era che a La Push c’era colui che forse, con grandi speranze e aspettative avrebbe costruito la mia auto. Quindi era indispensabile andare a La Push. Decisi allora che ci sarei andata un giorno della prossima settimana.

Alla fine questa storia di dover andare per forza a La Push per i licantropi coincideva perfettamente con il mio desiderio di andare alla spiaggia e di ottenere una macchina. E alla fin fine non mi dispiacevano neppure i licantropi. Pensandoci bene forse qualcuno sì, tenendo poi conto che provavano una stima stratosferica nei confronti dei miei genitori. Ma, per esempio, uno di loro si era rivelato molto cordiale ed un altro abbastanza simpatico, di cui, tra parentesi, non conoscevo neppure il nome. Grosse e gravi antipatie a parte, dopo l’incontro di oggi mi incuriosiva ritornare nuovamente a La Push.

 

 

 

 

Eh, eh! Chi sarà mai il licantropo senza nome? Adesso le cose si stanno facendo piuttosto chiare. Ci tengo inoltre a spiegare che il racconto della storia di Abigail non si limiterà semplicemente alle tre frasi messe in croce di questo capitolo, ma verrà trattata nei particolari più avanti. Spero che la storia vi stia incuriosendo sempre più. Al prossimo capitolo!

 

X RiceGrain: Uau! L’hai definito emozionante, dico bene? Ne sono contentissima, o mia unica e sempre fedele commentatrice! XD Spero che emozionante sia stato anche questo secondo incontro con i licantropi!

Ti ringrazio per l’ennesima volta di commentare sempre ai miei capitoli un po’ strampalati.

Bacio ricambiato!  

 

 

   
 
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