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Autore: Red_Coat    06/01/2019    2 recensioni
Questa è la storia di un soldato, un rinnegato da due mondi. È la storia del viaggio ultimo del pianeta verso la sua terra promessa.
Questa è la storia di quando Cloud Strife fu sconfitto, e vennero le tenebre. E il silenzio.
Genere: Angst, Guerra, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Kadaj, Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più contesti
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- Questa storia fa parte della serie 'L'allievo di Sephiroth'
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Pochi giorni prima di raggiungere il porto di Costa del Sol, un nuovo ostacolo si frappose fra Victor Osaka e la sua volontà di raggiungere suo fratello.
La prateria era pericolosa, piena di animali e mostri dal temperamento aggressivo, ma niente che un first class di buon calibro, col sangue di un alieno distruttore nelle vene e l'eroe di SOLDIER come maestro, non potesse affrontare con una certa facilità.
Victor Osaka si perse nei ricordi tra una scaramuccia e l'altra, mentre percorreva con calma la verde distesa, e con un sorrisetto tranquillo e anche abbastanza soddisfatto.
Quel luogo era stato lo scenario dell'ultimo spettacolo di Genesis Rhapsodos, ormai circa due anni addietro, morto a seguito di un duello con lui.
L'averlo ucciso gli era quasi costato la vita perché ne era uscito sfinito, dissanguato e avvelenato, ma era la cosa più eccitante e giusta che avesse mai fatto su un campo di battaglia.
Quel SOLDIER 1st class aveva tradito la Shinra e Sephiroth in qualità di suo migliore amico.
Aveva ucciso decine di altri sui sottoposti innocenti attirandoli con l'inganno in una insensato ammutinamento per poi servirsi dei loro cadaveri per fabbricare sue copie da combattimento e formare un suo esercito personale che aveva sguinzagliato contro la compagnia, portando il reparto a ridursi ad un relitto, ciò che era oggi.
Inoltre, cosa più importante di tutti, gli aveva quasi tolto una mano nel loro primo scontro, approfittando della sua inesperienza data la loro differenza di grado ed esercizio per giocargli un brutto tiro.
Strinse la mano destra sul petto, il suo sguardo mutò in uno di soddisfatta vendetta.
Se non fosse stato per Sephiroth avrebbe di sicuro rischiato di perdere la mano destra dopo che Genesis gliel'aveva tranciata in due, ma per fortuna il Generale aveva deciso di affidarlo alle cure di un valido ricercatore che gliel'aveva ricostruita riparando per quanto era possibile tutte le terminazioni nervose.
Alla fine Rhapsodos aveva pagato per tutto questo con la vita, perciò in un momento come quello, in cui si ritrovava solo con nessun obiettivo da raggiungere, a parte ritornare sulle tracce di Sephiroth e Cloud, gli faceva bene pensare a quanto quella e tutte le altre prove superate con successo lo avevano mano a mano reso più forte e potente.
Ora non c'era niente, o quasi, che lo spaventasse o lo mettesse in seria difficoltà.
Però ... doveva ammettere di non sentirsi ancora arrivato, e in realtà faceva bene a pensarlo. Era un altro degli insegnamenti basilari ricevuti dall'addestramento con Sephiroth, anche se il Generale non glielo aveva mai detto direttamente.
Ma il fatto di essergli sempre di poco inferiore, il non essere mai riuscito a sorprenderlo davvero, lo avevano indotto a richiedere sempre il massimo da sé stesso.
Doveva rendere fiero il suo Niisan, e per farlo visto che non riusciva a superarlo in bravura doveva almeno fare tutto il possibile per farlo, per migliorare e maturare in tecnica e uso della logica.
In SOLDIER era facile farlo.
Ad ogni missione aveva millemila occasioni per poter mettersi alla prova.
E anche durante il suo primo viaggio ne aveva avute, ma quel secondo ... si trovava rammollito.
Era partito col dolore nel cuore, un macigno che ancora non lo lasciava ma era soltanto lì, in un angolo del suo animo nascosto dietro a tanti altri mille pensieri che adesso Victor considerava più importanti.
La compagnia di Aerith aveva aperto un'altra breccia nella sua corazza rivelandogli che la gratitudine continuava ad essere una delle sue più grandi debolezze, così come la paura di rimanere da solo.
Più che una sfida a livello fisico quel viaggio gli aveva permesso di analizzarsi, e qualcosa gli diceva che non era ancora finita.
Doveva immediatamente rinforzare la sua corazza se voleva vincere la guerra, perché il Pianeta avrebbe usato tutte le sue carte per riuscire a sconfiggerlo, e anche se non voleva fidarsi di Kendra, ciò che aveva scoperto sul suo legame con Aerith ne era la prova.
Ci pensò, scrutando il cielo terso e azzurro sopra di sé mentre una brezza fresca proveniente dal mare gli scompigliava i capelli.
Era un bel posto. Quando aveva combattuto contro Genesis non se n'era accorto, ma adesso aveva modo di farlo.
Stava camminando su una stradina in terra battuta che divideva in due la valle.
Sul lato nord c'erano numerose fattorie, ad intervalli di qualche chilometro. A sud invece per un po’ incontrò solo prateria, poi a metà percorso vide un piccolo lago limpido.
Si fermò per qualche istante ad osservarlo serio, immerso nei ricordi.
Dopo qualche istante gli occhi si riempirono di lacrime e se non fosse stato per quel peso sul cuore non avrebbe saputo dire se fosse colpa del sole negli occhi o del dolore emotivo.
Però non c'era soltanto il lago.
Quel posto distava pochissimo dal mare, era situato quasi a ridosso della costa e per questo l'aria era salmastra, profumava al contempo di erba verde e tempesta. L'odore frizzante del suo grande amico blu aveva l'effetto di rinvigorirlo e lo sosteneva, come facendogli coraggio.
Chiuse gli occhi e cercò di immaginarlo, con le sue onde e i suoi tramonti, cercando di rimettere negli scatoloni il lago e i ricordi che portava con sé.
Era un'altra delle sue debolezze. Il pianeta l'avrebbe usata prima o poi ... come aveva già fatto.
Riaprì gli occhi in lacrime, strinse i pugni nelle tasche e guardando i raggi del sole che si specchiavano contro la superfice liscia dello specchio d'acqua chiese perdono a Hikari, prima di rimettersi a camminare e lasciarsi guidare dal vento.
Presto la prateria finì, e Osaka si ritrovò ad addentrarsi in una piccola foresta tropicale.
Vi era appena entrato, quando qualcosa attorno a lui iniziò a cambiare.
Dapprima fu solo il vento, ma era gelido e non gli piacque granché.
Poi attorno a lui iniziarono a brillare lampi di luce, chiari e inquietanti.
Prima uno, poi due, tre, e via discorrendo. Come piccoli fulmini si moltiplicarono circondando e allertandolo.
Mise mano alla spada e la sfoderò, in posizione di difesa mentre cercava di capire.
Era un mostro? Un fantasma? Di sicuro non un animale o un fenomeno metereologico, non era nemmeno minimamente assimilabile a nessuna delle due cose.
Troppo poco tangibile e istintivo per essere un animale, troppo inquietante per essere solo un fenomeno naturale o un illusione ottica.
Strinse i denti in un ringhio.

«Non mi piace ...» mormorò «Non mi piace per niente. Cosa cazzo sei?»

La risposta non tardò ad arrivare, sorprendendolo non poco quando, sempre più rapidamente, i bagliori presero ad allargarsi, prendere forma e riempirsi di dettagli.
Lasciandolo di stucco ad osservare il volto che si ritrovò davanti, esattamente come lo ricordava.
Un ghigno su ogni spettro, tutti imitavano alla perfezione i gesti del ricordo originario, che adesso lo scrutava con determinata cattiveria.
Quasi gli mancò il fiato, il pugno stretto di più attorno all'elsa della katana e il cuore che per un istante accelerò di molto i suoi battiti.
Tutto avrebbe potuto immaginare tranne questo.

«Genesis ...» mormorò sconvolto.

Aveva affrontato già troppe volte quella prova, ora però era ancora più difficile. Più potente di un 1st class c'era solo un 1st class spettro. Vendicativo, a quanto pareva.

Quello sogghignò appena, compiendo un inchino che tutte le altre sagome attorno a lui imitarono.
Poi allargò le braccia, i palmi delle mani aperti verso di lui.
Due spade scintillanti come l'oro apparvero come richiamate da un semplice pensiero.
Rhapsodos si fece serio.

«Salve, Victor Osaka.» esordì, guardandolo negli occhi.

 
Le altre sagome tacquero, pur muovendo la bocca.
 
«È da tanto che non ci si vede. Ti andrebbe di finire quella partita?» quindi tornò a ghignare «Ovviamente dovremmo aggiornare la scommessa. Se vinci rimani in vita. Se muori ... libererai il pianeta dalla maledizione della tua presenza. Non si accettano risposte negative.»

\\\

Le spade di Minerva??
Due??
Cosa ci faceva il fantasma di Genesis Rhapsodos di fronte a lui con tra le mani due delle molteplici spade della dea??
Non ebbe il tempo nemmeno di riprendersi dalla sorpresa, che quello partì all'attacco.
Le fiamme che apparvero nei suoi occhi divamparono anche sulle lame affilate delle armi, gliele scagliò contro con precisione mentre alle sue spalle altre due delle sue "ombre" gli si avventarono contro facendole roteare.
Il calore delle fiamme provenienti dalle sei spade fu spaventosamente intenso, riuscì a schivare con agilità tutti i colpi ma a quel punto una quarta ombra lo colse alle spalle ferendolo ad un fianco.
Per poco non cadde in ginocchio, il dolore fu improvviso e brutale.
Si strinse il fianco con la mano libera, guardò la sagoma che gli stava davanti.
Il fantasma originario si distingueva dalle sue ombre grazie al colore.
Era splendente d'oro, le altre erano azzurrine.
Quello che aveva davanti era un'ombra, dietro di lui l'originale sogghignava in maniera identica, soddisfatto.
Victor si concesse il lusso di una smorfia sarcastica mentre con difficoltà riprendeva fiato.

«Quindi fai sul serio adesso ... Mph! Mi sembra un po’ tardi, non trovi?» lo sfidò schernitore.

Con la rapidità di un lampo i due spettri si scambiarono di posto.
Genesis Rhapsodos e Victor Osaka tornarono a guardarsi negli occhi.

«Per la dea, se ti arrendi ora la tua maledizione scomparirà.» gli disse serio.

Osaka scoppiò a ridere, ma la risata gli morì in gola sotto un lamento.

«Non ci siete riusciti con Aerith e così sei venuto direttamente tu.» sibilò cattivo «È gentile da parte tua, ti ringrazio. Ma anche no, arrendermi non è nelle mie corde. Soprattutto adesso ...» l'ultima frase suonò come una minaccia.

Ovviamente senza sforzarsi di velare il sarcasmo.
Genesis a quel punto gli lanciò un nuovo sguardo infuocato e serio, per poi spezzare con un doppio colpo la sua barriera magica e scagliarlo con un'onda di energia addosso ad un paio di altre sue ombre, che si limitarono a restare ferme e riapparire su di lui, che ancora stava cercando di riprendersi dal gelo che attraversare due spiriti gli aveva provocato.
Stanco e stordito, riuscì comunque a scostarsi rotolando lontano dalle lame e macchiando il terreno sottostante.
La terra si mescolò al sangue sulla ferita aperta e ancora grondante.
Non poteva curarsi, ma dalla bisaccia colò goccia a goccia il contenuto di una fialetta che si era rotta.
Proprio su di essa, e lentamente questa iniziò a rimarginarsi.
Sospirò sollevato, sentendo il calore sulla pelle e il dolore farsi meno intenso.
Ottimo tempismo, dea bendata.
Ma non sarebbe bastato.

«Sei disposto a rinnegare tua moglie, tuo figlio e tuo padre per Sephiroth?»

La domanda di Rhapsodos era quasi sinceramente incredula.
Victor si rialzò barcollante, con un ghigno maligno sulle labbra sottili.

«Te lo ripeto un'ultima volta, Rhapsodos ...» sibilò stringendo forte l'elsa della sua spada e riacquistando una posizione d'attacco «Non osare mai più mettere in mezzo Hikari, Keiichi e Yoshi Osaka. Non sei nemmeno degno di pronunciare i loro nomi.»

Quindi prevedendo l'ennesimo attacco quando il rosso tornò a scagliarli contro tutte le sue copie lui saltò più in alto che poteva, atterrando sul ramo di un albero e iniziando a correre più veloce che poteva, saltando da un ramo all'altro.
Ovviamente fu inutile, il fantasma gli apparve di fronte sulla chioma di una palma, a sbarrargli la strada.
Di nuovo un ghigno.

«Ritirata strategica.» osservò «Mossa furba, ma non valida stavolta.» la spada si mosse di nuovo contro di lui.

Genesis saltò e le loro spade si incrociarono.
Victor si ritrovò pericolosamente in bilico a quasi tre metri e mezzo di altezza da terra.
Sotto, le ombre aspettavano che cadesse come un branco di leoni affamati che aspettano il loro pezzo di carne.
Victor fece una smorfia sotto il peso di quella forza sovrumane, cercando di resistervi più che poteva e non cadere, anche se sentiva già l'appoggio mancargli sotto i piedi.

«Eppure è davvero un dispiacere per me, Victor Osaka. Che tu ci creda o no, dispiace a tutti che tu debba fare questa fine.» seguitò Genesis, calmo e sincero «Possibile che tu non riesca a capire? Che ne sarà di tua moglie e tuo figlio, di tuo padre e delle tue reclute, se Sephiroth riuscirà a distruggere il pianeta? Cosa credi che possa succedere?»
«Saranno liberi ...» fu la risposta, tra i denti mentre continuava a resistere «Io troverò il modo di salvarli.»

Gli occhi lucidi, lo sguardo determinato di un folle.
A quel punto Rhapsodos allentò per un istante la presa senza liberarlo del tutto, e gli sorrise intenerito.
Scosse appena il capo.

«Non vuoi proprio lasciarlo andare, eh?» osservò, ammirato e dispiaciuto al contempo «Sephiroth ... Non ce la fai proprio a pensare di voltargli le spalle.»

Victor lo respinse, Genesis tornò a posizionarsi sull'orlo opposto della palma lasciandogli spazio.

«Come te ed Angeal??» sbottò Osaka, furente «Mai! Voi lo avete lasciato solo quando aveva più bisogno di amici! E non tirarmi fuori la scusa del cazzo che fosse diventato pazzo, perché sei stato tu! È STATA UNA TUA IDEA QUELLA DI DIRGLI LA VERITÀ!»

Genesis si fece serio.

«Avresti preferito che non lo facessi?» gli chiese, cupo e rammaricato «Avresti preferito che continuasse ad essere schiavo della Shinra?»

Victor Osaka ghignò disgustato, gli occhi sempre più lucidi.

«Tu non lo hai fatto per lui.» rispose «Speravi che conoscendo la verità si sarebbe schierato dalla tua parte come Angeal. Speravi di ottenere da lui la cura come hai provato a fare con me, però sei rimasto di nuovo a bocca asciutta. Serpe velenosa ...» ghignò, soddisfatto e commosso «Sephiroth non è né un folle ne un'idiota come voi altri. Sa benissimo quello che sta facendo.»

Genesis Rhapsodos tornò a guardarlo negli occhi, in silenzio per qualche istante. Poi scosse il capo.

«Sei tremendamente intransigente verso gli sbagli altrui ... Ma così benevolo con lui.
Non ne ricaverai niente, non saprà ricompensarti e nemmeno lo vorrà.» lo avvisò, serio e dispiaciuto.

Quindi partì di nuovo all'attacco respingendolo e gettandolo dalla cima della palma su cui erano finiti.
Anche se non aveva avuto occasione di governare la spinta, Victor riuscì comunque a compiere un paio di capriole e cadere in ginocchio a terra, dove trovò le ombre del SOLDIER ad attenderlo.
Schivò e parò meglio che poteva i colpi delle loro spade, ma due tornarono nuovamente a ferirlo.
Una al fianco, nello stesso punto dove la prima ferita si era appena rimarginata, l'altra all'altezza del ginocchio destro. L'ultimo colpo per poco non gli tranciò di netto la mano destra, sempre quella, e finì per ferirgli lievemente il dorso del braccio.
Strinse i denti soffocando i lamenti di dolore.
Gli spettri ombra si spostarono alle sue spalle, l'originale gli apparve davanti a lame sguainate e infuocate, puntandogliele entrambi contro.

«Non ho bisogno dei tuoi consigli, figlio di puttana.» gli sputò contro «Se vuoi uccidermi provaci, hai già perso troppo tempo. Tanto non capiresti comunque ...» quindi sorrise fiero e mentre calde lacrime iniziarono a solcare il suo viso pallido e teso concluse, accorato «Sephiroth è mio fratello. Preferirei morire piuttosto che tradirlo e lasciarlo solo, come voi altri. Nessuno escluso ...» concluse duro.

Genesis si fece serio. Non rispose, ormai ciò che aveva da dire lo aveva già espresso e la sua opinione non cambiava.
Condivideva in parte il pensiero di suo padre Yoshi.
Era proprio come l'uomo aveva detto, e in altri contesti quella lealtà sarebbe stata encomiabile.
Ma ora non poteva fare a meno di essere affranto per quel giovane.
Era un SOLDIER, lo era fin dentro al midollo e stava agendo come tale. Prima di tutto però era un fratello, il fratello di colui che adesso giurava di voler distruggere il loro mondo.
Non era stata la sua fedeltà a Sephiroth a far sì che gli fosse inflitta la maledizione, ma il loro desiderio condiviso.
Quando Hikari era morta, Victor aveva giurato di vendicarla. Aveva giurato di distruggere quel pianeta che gliel'aveva portata via, e successivamente si era unito a Sephiroth in quella missione.
Il Pianeta era il vero nemico.
Despota, malato, egoista anche più di chi lo sfruttava.
Niente e nessuno era riuscito a fargli cambiare idea, anzi più ne conosceva la storia, più se ne convinceva.
La vendetta ed il dolore erano radicati nel suo cuore quanto l'amore per la sua famiglia, avevano radici troppo profonde per permettere di essere estirpate.
Per questo adesso ... l'unico modo per riportare il futuro nel suo corso naturale era ucciderlo. Essendo nato solo in parte dal lifestream sarebbe diventato uno spettro sbiadito, un'ombra informe, mentre la coscienza dell'umano a lui legato sarebbe tornata nel suo mondo d'origine.
Tutto si sarebbe risolto, il Pianeta sarebbe stato al sicuro.
Partì all'attacco, deciso a farla finita.
Ma all'improvviso una luce abbagliante accecò entrambi, un ruggito potente e in sottofondo un ululato lungo e minaccioso fecero tremare ogni cosa attorno a loro e la terra sotto i piedi.
Infine intorno a loro scesero ghiaccio e gelo, e guardandosi intorno Victor Osaka non vide altro che nebbia artica.
Si accorse di essersi spostato, e guardando di fronte a sé vide la gigantesca sagoma di un lupo con scaglie di ghiaccio sul pelo irto e arruffato.
Ringhiava come se lo avessero appena ferito a morte.
Di fronte ad esso il fantasma di Genesis osservava stupito a bocca aperta la dea Minerva sopra di sé, il palmo di una mano aperto contro l'animale e gli occhi in quelli rosso sangue.

«Fenrir ...» la sentì dire, solenne.

Anche lei sembrava rammaricata e sorpresa.
Genesis sgranò gli occhi sorpreso.
Aveva sentito parlare di quella divinità come una mera leggenda, nessuno l'aveva mai visto. E adesso stava difendendo Victor Osaka.

«Stai interferendo con il piano per la salvaguardia del pianeta. Sai che il tuo protetto vuole annientarci, perché lo fai?»

Fenrir seguitò a ringhiare rizzando di più le scaglie, neve iniziò a cadere lenta ma in abbondanza dal cielo.
Osaka osservò inquieto i fiocchi che cadevano sulla sua testa.
Poteva trasformarsi in una tormenta, e non era affatto una buona cosa.
Si sentiva stanco e stremato, sanguinava ancora.
Così mentre i due dei si parlavano estrasse un elisir dalla bisaccia e lo ingollò.
Si sentì subito meglio, ma avrebbe comunque avuto bisogno di medicare le ferite.
Un altro ululato, talmente acuto da scuotere l'anima.
Poi lungo tutto il perimetro del suo campo di azione si erse dal nulla un altissimo muro di ghiaccio e il lupo ruggì di nuovo.
Victor sorrise.
Fenrir aveva parlato. Era chiaro che non sarebbe stato disposto a permettere che Minerva e il suo cavaliere continuassero ad attaccarlo.
La dea lo fissò contrariata e confusa.

«Stai agendo contro i tuoi stessi interessi, lo sai bene. Non so perché tu lo stia facendo, ma questo non farà che nuocerti.»

Dalla bocca del lupo iniziò a grondare schiuma e saliva.
Minerva guardò con sprezzo Osaka, lui sostenne senza difficoltà quello sguardo.
Poi si voltò verso Genesis Rhapsodos e annuendo scomparve assieme a lui, che in segno di rispetto le si inginocchiò posando una mano sul cuore.
La neve e la nebbia svanirono, a poco a poco iniziò rapidamente a farlo anche la barriera.
Victor sorrise trionfante e guardò lì dove era rimasto il lupo, ma non lo trovò più.
Tutto era tornato come prima dello scontro, fatta eccezione per le sue ferite.
Facevano di nuovo male.
Appoggiò la schiena contro il tronco della palma a cui dava le spalle e si lasciò ricadere strisciando, seduto sul terreno.
Una mano sul fianco e una smorfia in viso.
Sospirò chiudendo gli occhi.
Quando li riaprì Fenrir era di nuovo di fronte a lui nella sua forma di lupo grigio.
Gli sorrise.

«Grazie ...» mormorò.

Il lupo avanzò fino sfiorargli il viso col suo muso, poi abbasso il capo e aprì la bocca alitando sulla sua ferita.
Questa sparì, assieme alle altre.
Un brivido caldo attraversò la schiena del SOLDIER, che sospirò sollevato godendosi il caldo tepore della magia curativa.
Quindi tornarono a guardarsi negli occhi.
Annuirono entrambi, e alla fine il lupo scomparì definitivamente, lasciandolo di nuovo solo.
Osaka riprese di nuovo in mano la spada, si alzò scrollandosi la polvere e di dosso.
Con disappunto notò altri tagli nella divisa e diverse bruciature.
Ormai quel soprabito era da cambiare, ma poco importava.
Il giorno del giudizio avrebbe cancellato per sempre quel pianeta maledetto e quel capo avrebbe testimoniato tutti gli scontri sostenuti dal soldatino per il dio che aveva servito e reso possibile quella realtà.
Visti da quella prospettiva, quegli strappi erano esattamente come le sue cicatrici: Medaglie al valore da esibire.
Ora ne aveva anche una per aver affrontato un fantasma.
Non male, ma avrebbe preferito farne a meno.

 
   
 
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