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Autore: Sylvia Moons    06/01/2019    2 recensioni
"Malfoy si era allarmato quando aveva visto l'Animi Speculum illuminarsi (...) Nascondeva qualcosa che non voleva che l'Animi Speculum rivelasse? Non aveva già creato abbastanza guai con le sue azioni segrete? E di quali angosce poteva mai esser preda lui, che si era personalmente attivato per essere lui stesso causa di angoscia per la gran parte dei suoi compagni di scuola? Hermione decise che l'avrebbe scoperto."
Questa è una fanfiction con protagonisti due dei personaggi più amati e odiati di "Harry Potter" della grande J.K.Rowling: Hermione Granger e Draco Malfoy. Non sarà la solita Dramione, ma spero vi piaccia comunque! A parte la sequenza di fatti e dialoghi, sono miei solamente il personaggio di supporto di Sylvia Moons e l'Animi Speculum, un oggetto magico di grande rilievo nella mia storia che ho immaginato potesse trovar collocazione nel mondo della Rowling. La storia è ambientata ad Hogwarts dopo la sconfitta di Voldemort. Mi sono inventata che i nostri eroi stanno ripetendo l'ultimo anno di scuola.
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di J.K. Rowling; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Famiglia Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Hermione si era quasi convinta che Malfoy non sarebbe mai salito sulla torre di Astronomia a mezzanotte quando, durante un pranzo di un giorno qualunque, un gufo le portò una lettera di Ron: era già in viaggio per venire a scuola, ma per il momento né Harry né nessun altro doveva saperlo perché aveva bisogno di parlare da solo con lei per un po’. Si sarebbero visti nel pomeriggio vicino alla casa di Hagrid, presso il circolo di pietre dove, sicuramente si ricordava, aveva tirato un pugno in faccia a Malfoy durante il terzo anno.
Le pareva che la calligrafia di Ron avesse qualcosa di strano, ma non si interrogò più di tanto sul punto; erano arrivati a un momento di svolta, uno di quelli in cui si definiva la loro sorte e lei, che era sempre stata così precisa e nel pieno controllo della propria vita, odiava l’incertezza sopra ogni altra cosa. Preoccupata e tesa come non mai, si affrettò ad arrivare presso il circolo di pietra all’ora indicata nella lettera e, mentre andava, si preparava mentalmente a qualunque cosa lui avesse da dirle.
Arrivò al centro del circolo e si guardò intorno, ma la zona era deserta e di Ron non c’era traccia.
– Ron! Eccomi! –
Le parve di vedere un’ombra dietro la pietra più lontana dalle scale e si fece avanti.
– Ron, sono io… –
Troppo tardi si accorse che non si trattava di Ron. E che, nella fretta, aveva lasciato la bacchetta in Sala Comune.
– Tu! – mormorò, indietreggiando improvvisamente.
Draco Malfoy uscì dall’ombra e avanzò verso Hermione, gli occhi luminosi e attenti, la bacchetta puntata contro il petto di lei.
– Silenzio, Granger… –
C’era un topo di campagna che attraversava rapidamente il circolo di pietre e che, ignaro di tutto, era arrivato proprio alle spalle di Hermione. Draco lo trasfigurò in una pietra identica a quelle lungo il perimetro del circolo e Hermione ci andò a sbattere contro.
– Sono disarmata, maledetto vigliacco infame… –
Non ebbe il tempo di dire altro. Una benda nera apparve dal nulla e lei si ritrovò imbavagliata. Allo stesso modo apparvero delle corde che la legarono alla pietra, impedendole ogni movimento.
– Stai ferma – ordinò Draco, cacciandosi in tasca la mano libera dalla bacchetta.
Hermione fece saettare gli occhi verso la Foresta Proibita e tese le orecchie, ma niente e nessuno era in avvicinamento, neppure dalle scale. Sola, disarmata, in balia di Draco Malfoy e delle sue pozioni. Perché sicuramente di una pozione era piena la fiala a forma di diamante che Malfoy stringeva in pugno, mentre camminava verso di lei. All’interno, un liquido color perla scintillava appena nel pallido sole di novembre.
Gli occhi sbarrati di Draco erano fissi sul braccio sinistro di Hermione, l’unico che aveva ancora una minima possibilità di movimento, mentre si portava la fiala alla bocca e coi denti la liberava del tappo di sughero. Con la mano che reggeva la bacchetta le afferrò il polso e la costrinse a distendere il braccio e a rivelare la cicatrice.
Mudblood, diceva la sua pelle. Le dita di Draco, strette intorno al polso di Hermione, tremarono.
La fiala era già inclinata e di lì a poco la pozione le sarebbe colata sul braccio. Hermione chiuse gli occhi e si preparò al dolore. O a qualcosa di peggio.
Ma i secondi passavano e non sentiva niente. Neppure un sospiro sulla pelle scoperta, a parte quello del gelido vento autunnale. Riaprì appena gli occhi e vide che, invece, la pozione già copriva tutta la cicatrice. Ma non faceva male, non bruciava, non aveva neppure peso. Senza allentare la presa, Draco gettò la fiala vuota e passò la bacchetta nella mano libera, la puntò contro il braccio di Hermione e sussurrò qualcosa di incomprensibile.
La cicatrice prese a bruciare e la pelle a tirare. Hermione gemette e cercò di liberarsi, ma Draco le serrava il polso continuando a mormorare, senza esitare un attimo.
E poi, di colpo, la lasciò andare. Abbassò la bacchetta, fece un passo indietro e fissò il braccio di Hermione come se lo volesse incenerire. La pozione era svanita nel nulla. La cicatrice anche.
Hermione strabuzzò gli occhi e Draco, con un rapido movimento della bacchetta, la liberò dalle corde e dal bavaglio, così lei poté ispezionarsi il braccio. Nemmeno un’ombra era rimasta sulla pelle, di nuovo chiara e liscia come un tempo. Hermione, senza fiato, alzò gli occhi su Draco che ancora guardava il suo braccio: il suo volto, da contratto che era, improvvisamente si era sciolto. Tutto il suo corpo si era rilassato e in quel momento, con la fronte finalmente distesa, le braccia abbandonate lungo i fianchi e le labbra schiuse, era il sollievo e la stanchezza insieme.
Poi incrociò lo sguardo di Hermione e il peso che aveva appena lasciato le sue spalle tornò sotto forma di nube nera che, invisibile, lo costrinse ad aggrottare di nuovo le sopracciglia. Teso e nervoso come un attimo prima, si morse un labbro e le parlò come rispondendo a una domanda.
– Non mi sento meglio. –
La voce di Hermione non era ancora tornata che lui aveva ritrasformato la pietra in topo, si era girato e se n’era andato, il mantello svolazzante alle sue spalle e il vento a scompigliargli i capelli.
   
 
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