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Autore: Karyon    07/01/2019    5 recensioni
Sirius Black è un mago distrutto. Continuano a dire che è rimasto incastrato, anima e corpo, all'età di quindici anni - quando poteva ancora sorridere e c'era qualcosa di bello nel mondo. E forse è davvero così.
Hermione Granger è un'adolescente precoce. Continuano a dire che è una strega brillante, che è una donna adulta limitata nel corpo di una quindicenne. E forse è davvero così.
Possono due animi affini incontrarsi, nonostante tutto?
Una profezia da compiere e un'altra ancora da svelare, il mistero di due fratelli, un segreto da mantenere a ogni costo, una ricerca senza fine, antiche sette da conoscere... Su tutto, una guerra da combattere e la Morte - agognata, sfuggita, amata, odiata - che muove i suoi fili. Schiavi, tutti, del suo disegno.
[Più generi: guerra, mistero, romantico, angst, introspettivo, malinconico]
[Più pairing: SiriusxHermione, RemusxTonks, HarryxGinny, DracoxNuovo personaggio, RonxNuovo personaggio]
[Storia corale, molti personaggi]
Genere: Generale, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Il trio protagonista, Regulus Black, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Harry/Ginny, Hermione Granger/ Sirius Black, Remus/Ninfadora
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Da VI libro alternativo, Più contesti
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L'ora delle streghe

         Hermione passò la maggior parte della mattinata a pensare freneticamente al messaggio di Sirius, immaginandosi mille modi in cui sarebbe potuta andare una conversazione tra loro, soprattutto dopo quello che era successo tra loro l’ultima volta. Certo, l’idea che fosse tutto molto pericoloso l’aveva sfiorata, ma non era la cosa che la preoccupava di più. Si sentiva la testa leggera-leggera, come se qualcuno le avesse fatto un incantesimo testa-bolla; era in balia di un’immagine a occhi aperti in cui chiarivano la loro situazione o addirittura si baciavano di nuovo. Lo sapeva che era meglio non farsi troppi castelli in aria, ma non riusciva a farne a meno.
Le quattro ore di lezione della mattina, due di Incantesimi e due di Trasfigurazione, furono tra le lezioni più dure e stressanti della loro carriera scolastica e ormai c’era chi già si faceva venire crisi di nervi al solo sentire la parola “G.U.F.O.”; sentirono persino qualcuno sperare in un nuovo disastro che interrompesse gli esami di giugno.
Quando arrivarono all’ingresso della Sala Grande, Harry esitò «Non vorrei fare il secchione della situazione, ma forse dovremmo studiare gli usi della pietra di luna».
«Eh?» Borbottò Ron, che evidentemente aveva già cancellato i ricordi della prima giornata.
Harry si accigliò «Abbiamo Piton domani e se non strappo almeno un Accettabile, la pila di compiti aumenterà di sicuro» gemette e Hermione fece uno sbuffo sarcastico.
«Non sei di aiuto» grugnì Harry, guardandola di sbieco.
«Non intendevo esserlo» replicò lei con voce flautata.
Alla fine Ron si fece trascinare con l’aria del condannato verso la biblioteca, mentre lo stomaco si ribellava per la violenza. Hermione gli diede una pacca consolatoria sulla spalla, ma non aveva intenzione di fare altro: lei il tema lo aveva già finito, quindi poteva rilassarsi.
Entrò in Sala Grande e intercettò Brienne e Aveline in fondo al tavolo.
«Buongiorno» trillò, sedendosi di fonte a loro mentre Brienne sbuffava.
«Fammi indovinare: Harry e Ron sono andati a studiare Pozioni?» Ironizzò Aveline con un sorriso. Hermione roteò lo sguardo per risposta e si girò verso l’altra che aveva l’aria di un Goblin scazzato. «Che succede?»
Brienne alzò il mento per indicare Calì e Lavanda che chiacchieravano a voce bassa tra loro. «Quelle due mi fanno venire il nervoso…»
Hermione lanciò un’occhiata indifferente e ritornò al suo pranzo «Ignorale».
«Che poi posso capire la paura davvero, voglio dire è una cosa enorme, però almeno tienitelo per te e non andare in giro a sparlarne» fece Aveline e Hermione la guardò con curiosità, rendendosi conto che non aveva mai pensato di chiederle una cosa.
«I tuoi genitori cosa sanno?»
I genitori di Aveline erano Babbani come i suoi, a volte era curiosa di sapere come i suoi compagni trattavano le “vicende di Hogwarts” con la propria famiglia.
Aveline scrollò le spalle «Sanno le cose davvero più grosse… tipo non ho mai raccontato loro della faccenda del basilisco del secondo anno o di Raptor del primo, ma gli ho raccontato del Torneo Tremaghi e di… di Cedric Diggory. Quest’anno la lettera è arrivata così tardi e si sono sentite cose così brutte che l’hanno capito da soli» spiegò.
Brienne batté le palpebre con aria stupita «Gli hai detto di Tu-Sai-Chi?»
Aveline fece un sorrisetto furbo «Beh, ne sanno qualcosina… diciamo che ho molto insistito su Silente e le sue grandi qualità magiche, ecco».
Brienne scosse la testa «Mi stupisce sempre molto questa cosa…»
«Cosa?» Fece Hermione.
«Beh, noi che abbiamo almeno un mago in famiglia non possiamo farci niente: la famiglia lo verrà comunque a sapere, perché gli eventi che riguardano Hogwarts e Tu-Sai-Chi sono sempre qualcosa di grosso e pericoloso. Inoltre, sono cose così tanto radicate nella nostra storia, nella leggenda, che persino i bambini piccoli ne sono a conoscenza. Ma voi… insomma, mi fa strano che voi potreste non dire nulla ai vostri genitori e loro potrebbero rimanere per sempre all’oscuro di tutto. Per me è inconcepibile che esistano persone che non sappiano di Tu-Sai-Chi, della paura anche di pronunciare il suo nome, dell’importanza di Silente nel mondo magico…» spiegò poi, al calo di silenzio, le guardò con aria preoccupata. «Ovviamente non volevo offendere…»
Hermione scosse la testa «No, anche a me fa sempre strano. È un po’ come se esistessero due Hermione: quella del mondo non magico con i genitori dentisti che pensano alla sua scuola come a una scuola speciale e basta, e la Hermione di Hogwarts» mormorò.
«I tuoi genitori non sanno nulla di nulla?» Le chiese Aveline, con tono stupito.
Hermione la fissò per un attimo senza parlare, poi si alzò di scatto.
«Scusate devo fare una cosa importante. Ci vediamo a lezione!» Esclamò, scappando via.
Mancava solo mezz’ora alla lezione di Cura delle Creature Magiche, ma aveva bisogno di stare un po' da sola. All’insaputa di tutti, persino dei suoi migliori amici, lei portava avanti quella lotta da almeno quattro anni: dire o non dire? I suoi genitori erano i più soddisfatti del mondo, non avevano mai fatto storie sulla magia, volevano che raggiungesse grandi vette in qualsiasi ambito, volevano che fosse felice e avevano accettato Ron e Harry senza fare une piega... eppure continuavano a vivere ignari di tutto. Non gli aveva mai raccontato né di Raptor al primo, né del basilisco, né della rinascita di Voldemort, né dell’importanza di Harry nel mondo magico, né della guerra che si stava affacciando nelle loro vite. Nonostante fosse la prima a biasimare i suoi compagni per i pregiudizi e la paura di sapere, era anche stata la prima a togliere la possibilità di sapere ai suoi genitori.
Hermione si sedette sotto i porticati dai quali poteva osservare la capanna di Hagrid col campo di zucche e sospirò, sentendo uno strano nodo alla gola. Si diceva sempre che non era importante che i suoi sapessero, che aveva un intero mondo a disposizione per essere compresa, che c’erano i suoi amici, che voleva proteggerli. Eppure quando raccontava loro della scuola e delle lezioni, sentiva che c’era sempre un buco che non veniva riempito, un vuoto fatto di consigli non dati, di conforto non ottenuto, di storie mai raccontate. Hermione si rendeva conto che aveva cercato per quattro anni, inconsapevolmente o meno, di fare in modo che la sua vita ne mondo non magico non cambiasse troppo. Sì, era una strega e studiava a Hogwarts tuttavia per i suoi genitori, la famiglia, lei restava la ragazza che leggeva i classici della letteratura mentre aiutava il padre in ufficio, come tutte le estati. Aveva cominciato a preoccuparsi davvero di tutto quello alla fine dell’anno precedente: il ritorno di Voldemort, la morte che per la prima volta entrava a Hogwarts… era tutto così tanto che non sapeva neanche com’era riuscita a non parlarne.
Però lo avvertiva, quel nodo alla gola, in tutti i momenti della sua vita.
«Hermione…» Ron le toccò una spalla e lei sussultò.
«Mi hai fatto venire un colpo!» Esclamò, mentre entrambi la fissavano.
«Tutto bene?» Chiese Harry, mentre si avviavano per il parco.
Hermione annuì «Sì, aspettavo che tornaste... Come è andata?»
Ron sbuffò e Harry scrollò le spalle «Abbiamo rimediato un altro gran mal di testa».
Hermione scrollò la testa con fare severo e decise di ricacciare i pensieri più cupi nell’angolino nascosto del cervello dove ormai erano di casa.
La giornata era fresca e ventosa, sebbene ogni tanto sentissero qualche goccia temporanea sulla faccia. Le classi di Serpeverde e Grifondoro erano quasi al completo accanto alla rigida professoressa Caporal; Hermione sbuffò alla vista di Malfoy che, con l’umore che aveva quel giorno, era l’ultima persona che voleva vedere. Blaise, poco lontano da lui, sorrise alla sua espressione di sopportazione ma si affrettò ad allontanarsi: quando era con gli altri Serpeverde, cercava sempre di tenere un profilo basso ed evitare scocciature.
La lezione di quel giorno era appassionante: gli Asticelli erano creature interessanti, anche se poco simpatiche e poco desiderose di farsi disegnare, si rese conto quando lei e Ron ne presero uno da ritrarre.
«Ma non stanno mai fermi?» Sbottò Brienne, mentre lei, Aveline e Neville cercavano di tenere fermo il proprio.
«A quanto pare no» grugnì Ron, mentre si scorciavano le maniche.
Blaise passò accanto a loro con un carico di legname, osservò la scena con una risatina e tossì «Forse dovreste provare ad accarezzarlo».
«Stai cercando di farci saltare un occhio, per caso?» Sbottò Ron, ma Hermione gli diede una gomitata e lo guardò con attenzione.
«Zabini, spiegati meglio» sbottò, col tono con cui ogni Grifondoro si sarebbe rivolto a un Serpeverde. Blaise ghignò.
«Strano a dirsi ma a questi tronchetti piace il caldo. Quindi...»
Hermione lo guardo con sguardo rapito «Quidi gli piace i lcontatto umano!» Esclamò, togliendosi subito i guanti e accarezzando l'Asticello in barba ai suoi tentativi di tagliarla.
«Prego, non c'è di che» fece Zabini con aria di susseguio. Notò Harry arrivare con un diavolo per capello e capì al volo, dall'espressione compiaciuta di Draco poco lontano, che i due avessero discusso    quindi si affrettò a tornare dai suoi ed evitare l'ennesima guerra. 
Hermione notò la stessa cosa e lo salutò velocemente, prima di avvicinarsi da Harry con Ron al seguito.
*Harry prese piuma e pergamena, si accoccolò vicino a loro e riferì in un sussurro quello che Malfoy aveva appena detto.
«Silente lo saprebbe, se fosse successo qualcosa a Hagrid» disse subito Hermione. «Farsi vedere preoccupati significa stare al gioco di Malfoy, fargli capire che non sappiamo bene che cosa sta succedendo. Dobbiamo ignorarlo. Ecco, tieni un momento l'Asticello, così riesco a disegnare la faccia...»* fece con buonsenso, anche se il suo desiderio in quel momento era di assestare a Malfoy di nuovo un bel pugno, o magari di ritrasformarlo in un furetto salterino. Nonostante avesse avuto la sua buona dose di lezioni, non imparava mai.
Ovviamente Malfoy continuò a blaterare e altrettanto ovviamente Harry si arrabbiò, facendosi ferire dall’Asticello e rimediando un disegno disastroso e insanguinato.
Hermione sospirò e gli passò un fazzoletto nel quale avvolse la mano ferita «Harry, non puoi sempre farti prendere così da quello che dice Malfoy, lo fa apposta».
*«Se dice ancora una volta che Hagrid è un deficiente...» mormorò Harry a denti stretti. «Non attaccare briga con Malfoy, non dimenticare che adesso è un Prefetto, potrebbe renderti la vita difficile» continuò Hermione, ma Harry sbuffò.
«Accidenti, chissà come dev'essere, una vita difficile» commentò Harry, sarcastico.
Ron rise, ma Hermione s'incupì. Insieme si trascinarono attraverso l'orto per Erbologia.
Le nuvole si stavano caricando di un grigio intenso, prima di notte avrebbe piovuto.
«Vorrei solo che Hagrid si spicciasse a tornare, tutto qui» disse ancora Harry a bassa voce, mentre si avvicinavano alle serre. «E non dire che quella Caporal è un'insegnante migliore!»
«Non ne avevo l'intenzione» rispose Hermione, tranquilla*.
Lei continuava a credere che Hagrid non fosse un buon insegnante, per quanto ne capisse più lui di creature della Caporal. Insegnare era davvero una cosa che o la si sapeva fare o no e non aveva davvero a che fare con le conoscenze. Tuttavia, lei adorava Hagrid e di certo lo rivoleva a casa il prima possibile.
«Perché non sarà mai brava come Hagrid» concluse Harry perentorio.
Hermione annuì, ma sapeva che anche Harry stava pensando la stessa cosa: quella della Caporal era stata una lezione esemplare e la cosa rendeva l’assenza di Hagrid ancora più facile da accettare per tutti. 
Una delle porte della serra si aprirono e ne uscirono i ragazzi del quarto, Grifondoro e Corvonero. Ginny si fermò per un attimo di fronte a loro.
«Ciao!» Fece allegramente. «State attenti» avvisò poi, in un sussurro divertito.
Hermione e Ron si accigliarono «Cioè?»
Ginny sorrise ma, prima che potesse dire alcunché, Luna Lovegood si avvicinò a Harry e dichiarò in un sol fiato che credeva a tutto quel che aveva detto.
Lo spiazzato davanti alla serra si ammutolì e Harry balbettò qualche ringraziamento.
«Ma che succede?» Chiese Ron con un’espressione strana, un po’ come se non sapesse se essere perplesso o contento.
Ginny scosse la testa «Oggi abbiamo avuto un dibattito poco simpatico su, sapete, Harry e Silente eccetera» spiegò e gli altri due gemettero in contemporanea. «Ma lei è dalla parte di Harry da sempre» terminò Ginny e Hermione avrebbe anche sorriso se non se ne fosse uscita con una delle solite frasi da strampalata.
«Beh, avevano ragione, no?» disse Hermione in tono spiccio. «Il Cannolo Balbuziente o il Ricciocorno Schiattoso non esistono» fece, mentre Ron borbottava qualcosa.
Ginny ridacchiò e si avviò verso la classe, mentre Luna lanciò a Hermione un’occhiata incendiaria e le andò dietro, seguita dalle risate della classe Grifondoro.
Harry sgridò Hermione al proposito del fatto di non offendere le uniche persone che lo seguivano, ma fortunatamente anche uno normale come Ernie MacMillan si unì al club e Hermione fu compiaciuta di vedere le facce perplesse di Lavanda, Calì o Seamus.
Come al solito la lezione di Erbologia cominciò col discorso sui G.U.F.O. e ormai lei tendeva a isolarsi per buoni dieci minuti quando succedeva.
Con un balzo al cuore pensò che quella era l’ultima lezione, quindi il suo incontro con Sirius era sempre più vicino. Insieme a quella consapevolezza arrivò anche il dubbio, feroce e persistente: avrebbe davvero dovuto nascondere la cosa a Harry e Ron? Forse avrebbe dovuto lasciare stare e far cadere la cosa… immaginò Sirius aspettare nel camino Grifondoro fino alle prime luci dell’alba, mentre lei se ne stava ben nascosta nei dormitori… no, non poteva farlo. In un momento di vera sincerità, si rese conto che lei voleva vederlo; non stava davvero nella pelle. La loro ultima chiacchierata e il loro bacio sembrava materiale di una vita prima, si rese conto che aveva cercato di riporre a cosa in una piccola parte del cervello, ma ci aveva sempre pensato.
Tuttavia, alla fine delle due ore di Erbologia erano talmente stanchi e puzzolenti che non aveva neanche il tempo di pensare al fatto che il suo stomaco reclamava cibo; pensò al fatto che avrebbe dovuto lavarsi i capelli duecento volte prima di eliminare la puzza della cacca di drago, poi sentì le soavi urla di Angelina, che sicuramente ce l’aveva con Harry, e rise. «Angelina?» Chiese solo, quando lei e Ron raggiunsero un frastornato Harry all’ingresso.
*Harry annuì «Sapete una cosa? Credo che sarà meglio verificare col Puddlemere United se per caso Oliver Baston è stato ucciso durante un allenamento, perché pare che Angelina incarni il suo spirito».
«Secondo te quante probabilità ci sono che la Umbridge ti lasci libero venerdì?» chiese Ron scettico, mentre si sedevano al tavolo di Grifondoro.
«Meno di zero» rispose Harry tetro. Si fece scivolare sul piatto delle costolette d'agnello e cominciò a mangiare.
«Meglio provare, però, no? Mi offrirò di stare in punizione altri due giorni, non so...» Mandò giù un boccone di patate e aggiunse. «Spero che non mi trattenga troppo, stasera. Lo sapete che dobbiamo scrivere tre temi, esercitarci negli Incantesimi Evanescenti per la McGranitt, trovare un contro incantesimo per Vitious, finire il disegno dell'Asticello e cominciare quello stupido diario dei sogni per la Cooman?»
Ron gemette e levò lo sguardo al soffitto «E pare che stia per piovere».
«Che cosa c'entra con i compiti?» chiese Hermione, le sopracciglia inarcate.
«Niente» rispose subito Ron, arrossendo sulle orecchie*.
Harry finì la cena, salutò gli altri e si avviò all’ufficio della Umbridge al terzo piano, mentre Ron si girava verso Hermione con l’aria di chi fosse stato fulminato da un’idea geniale.
«Allora…» cominciò ma Hermione sbuffò, senza neanche alzare la testa dal piatto.
«Non ti aiuterò con i compiti, Ron».
«Ma tu hai già finito tutto!» Si lamentò lui, giocherellando col suo pollo.
Hermione gli lanciò un’occhiata «A parte che non è vero, ho da finire delle cose di Aritmanzia per domani mattina, ho altro da fare» aggiunse e Ron la notò arrossire.
«Che cosa devi…»
«Ho finito, vado! Ci vediamo più tardi e studia!» Esclamò lei, alzandosi di scatto e correndo di sopra. Doveva stare più attenta o Ron avrebbe cominciato a fare domande e ficcanasare. Una delle cose più belle dell’essere Prefetti era la possibilità di usare il loro bagno, che era il paradiso in terra. Vi si accedeva dal quinto piano, superando la statua di Boris il Basito, e dentro c’erano anche degli armadietti in cui mettere un cambio pulito. Lo avevano visto durante la visita con i Caposcuola, ma non aveva ancora avuto il tempo di provarlo.
Con l’animo più leggero all’idea di un bel bagno lungo e caldo, si avviò al quinto piano senza beccare altra gente in giro. Di solito tutti i Prefetti usavano il bagno verso sera, quindi avrebbe dovuto essere a sua disposizione. Arrivò alla statua un po’ malconcia di Boris e si fermò davanti alla porta; stava per dire la parola d’ordine, ma la porta di aprì da sola.
«Beh, salve di nuovo Granger» fece un poco affabile Blaise Zabini.
Hermione inarcò un sopracciglio «Salve… Zabini» replicò con lo stesso tono. Sapeva che usavano quel tono solo quano c'erano i suoi compagni di Casata in giro, quindi non capiva cosa... ma poi la vista di chi altri uscì da quel bagno la congelò sul posto: Pansy Parkinson si affiancò a Blaise con l’espressione soddisfatta di un gatto, mentre lui roteava lo sguardo in cielo. Hermione inarcò tanto le sopraciglia da farle sparire nei capelli.
«Oh, Granger. Menomale che ho finito prima, così posso evitare di toccare la tua acqua. Blaise, grazie per il bagno» fece con voce lasciva.
«Per l’amor di Morgana» sbottò lui, quasi rabbrividendo. La guardarono andare via, poi tornarono a fissarsi. «Non fare domande» sibilò lui.
«Non ne avevo intenzione, credimi» ribatté Hermione, ma non poteva lasciarsi sfuggire un momento d’oro come quello. «E poi quello che tu e Pansy Parkinson fate in bagno non sono affari miei» aggiunse con sarcasmo.
«Non sei affatto divertente».
«Cioè, non è la persona che avrei scelto per te. Ma all’amor non si comanda, giusto?» Continuò ancora, godendosi la sua espressione imbarazzata mentre si scambiavano il posto.
«Spero che non anneghi nella vasca, Granger» grugnì lui, mentre se la dava a gambe. Hermione rise, poi si chiuse la porta alle spalle.
Quasi le dispiaceva che Blaise avesse dovuto vivere brutti momenti, ma lei era felice di essere arrivata quel secondo dopo da non condividere il bagno con Pansy.
Si girò verso la stanza e fece un’esclamazione sorpresa: il bagno era molto spazioso e arieggiato, le tende di lino e il marmo lucido lo rendevano ancora più luminoso di quel che ricordava. Al centro c’era un’enorme piscina quadrata con almeno venticinque rubinetti per lato, ciascuno con un pomello di colore diverso. Sulla sinistra c’era una fila di armadietti, ugualmente bianchi, con targhette di ottone.
Hermione cercò la targhetta col suo nome e l’aprì: all’interno ci aveva già messo un paio di cambi per evitare di fare su e giù dalla Torre Grifondoro, mentre su un tavolo in un angolo c’era una pila di asciugamani. Hermione ne prese uno e si spogliò, coprendosi con l’asciugamano che era così lungo da arrivarle alle caviglie.
Da quando aveva visto quel bagno si era ripromessa di provare tutti i rubinetti per vedere quante combinazioni di getti ci fossero, così ne aprì più di uno: c’era quello che versava acqua molto densa dal profumo di mandorle, quello che sparava bolle rosa e azzurre grandi come palloni da calcio, quello che spargeva nuvole viola dal profumo intenso di lavanda. Tuttavia, il suo preferito era quello dal pomello dorato: lo aprì quando era già immersa nell’acqua calda, così si stupì del getto d’acqua che rimbalzava sulla superficie e creava grandi archi dorati tutti intorno a lei, rendendo dorata l’acqua che toccava.
«Wow» mormorò, poi una voce un po’ acuta quasi le fece venire un colpo.
«Ti piace?»
«Eh, chi parla?» Esclamò, rizzandosi e guardandosi intorno.
«Sono qui… ciao!»
Hermione batté le palpebre e osservò l’unico quadro presente nella stanza, che ritraeva una sirena su uno scoglio «Ehm, ciao…»
«Allora, ti piace il mio bagno?» fece la sirena, lisciandosi i lunghi capelli biondi.
Hermione capì il volo che conveniva blandirla sull’argomento, in modo da non avere problemi in futuro «È molto bello» convenne, annuendo. 
La sirena la fissò meglio «Sei il Prefetto di quale Casata?»
«Ehm, Grifondoro».
«Oh, oh! Devi essere amica di quell’Harry Potter, allora. L’anno scorso è venuto qui per la prova del Torneo.Non è finita bene, vero? Povero ragazzo, era così bello…»
Hermione immaginò parlasse di Cedric e si rabbuiò «Già… da quanto tempo sei qui?»
La sirena ci pensò «Credo che Silente mi abbia posto qui non appena divenne preside!»
Hermione la osservò a bocca aperta: non sapeva da quanti anni Silente fosse preside, ma sicuramente si parlava di più di cinquant’anni prima. Rimuginò per qualche istante, mentre s'insaponava, poi le venne un’idea stupida ma tanto valeva tentare.
«Quindi eri qui anche negli anni settanta?»
La sirena si sistemò meglio sugli scogli e annuì con aria d'importanza «Ma certo, cara».
«Quindi avrai conosciuto anche i Prefetti di quegli anni, ma magari non ti ricordi…» balbettò Hermione, indecisa se continuare o meno il discorso.
La sirena cifinse di pensarci ma in realtà era facile capire di chi stesse parlando, perché quelli erano stati gli anni dei Marauders. E lei ricordava perfettamente quei quattro casinisti, come tutti i quadri del Castello dopotutto.
«Oh, ricordo bene quegli anni… quel ragazzo era così pieno di cicatrici… è venuto nel bagno solo una volta, dopo penso si fosse imbarazzato» fece con tono un po’ più freddo. Hermione sussultò perché conosceva una sola persona che poteva avere così tante cicatrici e quella persona era Remus Lupin.
Forse non era così saggio mostrare così apertamente di avere ancora contatti con lui, così se ne stette zitta. La sirena, tuttavia, sembrava presa da felici ricordi di quel periodo e continuò «Fortunatamente aveva dei buoni amici. Un giorno quei due sono riusciti a organizzare una festa qui dentro tutta per lui, ci siamo divertiti molto! Anche oggi nessun altro c’è più riuscito» raccontò.
«Quei due?»
«Sì, James Potter e Sirius Black. Due fenomeni! E Black non poteva neanche entrarci visto che non era né un Prefetto né tantomeno un Capitano di Quidditch!»
Hermione sorrise, pensando che era sicura che sarebbero arrivate a parlare di quei due. Dovevano essere stati davvero una forza della natura per restare così impressi a tutti.
Hermione chiuse gli occhi e affondò ancora un po’ di più nell’acqua calda e profumata, mentre la sirena continuava a raccontarle di quella famigerata festa che, come tutti gli eventi che riguardavano i Marauders, era entrata nella storia.
Purtroppo, dopo circa un’oretta che era in ammollo, sentì delle voci sospette alla porta e scattò in aria quando sentì la voce di Malfoy.
«Oh, no no» grugnì, facendo evanescere l’acqua e uscendo velocemente dalla vasca. «Oh, no no» ripeté, vestendosi con un tocco di bacchetta e chiudendo l’armadietto.
Ci mancava solo rimanere intrappolata in quel bagno con Draco Malfoy, non quella sera.
«Beh ciao, alla prossima» fece alla sirena, prima di avviarsi alla porta.
L’aprì di scatto prima che potesse farlo lui e l’espressione di Draco, che stava sghignazzando con Tiger e Goyle, mutò di botto «Granger».
«Sì, lo so: menomale che non devi condividere l’acqua con me, eccetera, sto andando. Tiger e Goyle, a voi non è neanche permesso conoscere l’ubicazione del bagno. Cinque punti in meno a Serpeverde» fece tutto a un fiato, davanti alle facce inespressive dei tre. Hermione li guardò per un ultimo secondo e andò via di gran carriera, prima che Draco potesse riprendersi per l’affronto. Arrivò correndo davanti al ritratto della Signora Grassa, sospirò per riprendersi ma poi sorrise: forse era stato il bagno rilassante, forse tutti quei discorsi sulla vecchia generazione con la sirena, ma si sentiva bene.
Poteva affrontare quella serata, poteva farcela.
«Mimbulus Mumbletonia» fece. L'allegria che sparì in dieci secondi quando il ritratto scivolò di lato e rivelò due gemelli Weasley molto alterati e una Sala Comune silenziosa.
«Cosa succede?» Sbottò, entrando e intercettando subito Ron, il cui rossore alle orecchie non indivava nulla di buono.
«Oh eccoti, poi dovremmo parlare degli annunci che ci strappi tutte le volte, ma magari in un altro momento» fece Fred, accigliato.
George le lanciò un’occhiata nervosa, poi tornò a girarsi verso il gruppo «Allora, qualcun altro ha qualcosa da ridire già che ci siamo tutti?» Ironizzò, ma a parte qualche mormorio nessuno disse nulla e tutti tornarono alle loro vicende.
«Piccoli vigliacchi» grugnì George, lasciandosi cadere su una poltrona, tra Fred e Ron.
«Cosa è successo?» Ripeté Hermione, prendendosi una poltrona e avvicinandosi al fuoco.
Fred e George si lanciarono un’occhiata, poi sbuffarono «Immagino non sia una cosa nuova neanche a voi…»
«Ginny mi ha detto dell’episodio davanti alla serra con la Lovegood…»
«E Ron ci ha detto del litigio con Finnegan…»
Hermione sospirò perché aveva capito al volo «Ovviamente si parla di Harry e di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato».
Ron prese un’aria nervosa «Sta diventando sempre peggio e siamo solo al secondo giorno!»
«Anche nel nostro anno ci sono sempre un sacco di discussioni, Harley faceva bene a starsene zitto, ora non parlerà per un po’» fece soddisfatto Fred, mentre il gemello rideva. Hermione sorrise per un secondo, poi si costrinse a tornare seria «No, non potete usare i vostri esperimenti per vendetta! Bisogna convincere la gente, non costringerla!»
«E come fai? Vai a prendere Tu-Sai-Chi e lo porti qui di persona?» Ironizzò George, mentre Ron sorrideva debolmente alla battuta.
«Harry non deve saperlo, la cosa è già troppo stressante… è in punizione per tutta la settimana per colpa della Umbridge che non vuole sentire la verità» fece decisa Hermione e i gemelli sbuffarono così forte che sobbalzò.
«Quella megera, è una donna decisamente irritante».
«… E cattiva.»
«… e pericolosa» concluse Hermione. «Non fate cose stupide con la Umbridge, sapete da dove viene e sapete a chi fa riferimento» avvertì, mentre una strana sensazione la prendeva.
Si sentiva quasi in mezzo a una vera cospirazione contro una qualche forma di potere, come se quella volta il pericolo fosse molto più subdolo e strisciante del solito. Dopotutto Silente li aveva avvertiti che il più grande potere di Voldemort era dividerli, anche inconsciamente. Quella donna, proprio quell’anno, non ci voleva; Silente avrebbe dovuto essere più cauto.
«Spero che fuori da qui facciano qualche passo avanti… stare qui mi innervosisce» sbottò all’improvviso Fred.
«Cosa dici? Devi finire la tua istruzione!»
«E perché? Finire Hogwarts e diplomarci non è una nostra ispirazione, abbiamo altri piani» replicò Fred, mentre George annuiva «E poi potremmo essere più utili fuori».
Ron si accigliò «Mamma e papà non ve lo perdonerebbero mai, lo sapete!»
Fred fece una risatina aspra «Certo, il Perfetto Percy si è diplomato con il massimo dei voti e ha fatto carriera. E adesso dov’è?»
E su quella frase sprezzante, si alzarono e si avviarono nel loro dormitorio.
Ron e Hermione si guardarono per un istante, poi Ron sospirò e si alzò per prendere i libri; tra tutti quei casini vari non aveva iniziato ancora a studiare.
Hermione scosse la testa e cambiò poltrona, per avvicinarsi a lui: a volte aveva la sensazione che lei e Harry avessero preso un po’ troppo sottogamba i sentimenti che Ron doveva provare a causa del distacco di Percy dalla famiglia. Doveva essere terribile.
«Vedrai che tornerà…» mormorò, sfiorandogli un attimo la mano. «Tutto sommato è un ragazzo intelligente, lo capirà».
Ron fissò la sua mano, poi alzò lo sguardo su di lei «Grazie» disse solo, poi aprì la borsa e tirò fuori pergamene e calamai. «Studiamo?»
Hermione sorrise «Certo».
Terminò il suo compito sui numeri primi per Aritmanzia e la ricerca per Antiche Rune; insieme finirono il tema per Piton e Hermione decise comunque di correggere il suo, tra le promesse di amore eterno.
«Piantala» fece, ma rideva mentre la sua piuma scorreva le pagine del compito di Ron.
Il ragazzo rise «Davvero! Non so come faremmo a sopravvivere senza di t-» si bloccò a metà frase, poi si schiaffò una mano sulla fronte.
Hermione gli lanciò un’occhiata e batté le palpebre «Che c’è?»
«Ho dimenticato una cosa che devo fare!» Esclamò Ron, prendendo un’aria stupida.
«E cioè?»
«Non posso dirtelo» mormorò subito, arrossendo. «Io… devo andare! Quando finisci metti il compito in borsa e basta, insomma. Grazie!» Fece, scappando via.
«Ma devi finire di…» cominciò lei, ma ormai era già scappato verso il dormitorio. «…studiare. Vabbé, vorrà dire che andrò avanti col libro» si disse Hermione, tirando fuori il manuale di Aritmanzia.
Pensò di poter andare avanti coi capitoli per irritare ancora un po’ Blaise, ma alla fine si rese conto che non ne aveva poi tanta voglia. Si guardò intorno e si sistemò meglio vicino al camino, in un angolo un po’ più riparato, tirando fuori il libro che stava leggendo sulla purezza del sangue. Chissà perché, aveva notato che tutti tendevano a essere sospettosi quando tirava fuori quel libro, quindi o lo leggeva al ripario nel dormitorio o quando c’era poca gente in giro. Intanto contava i minuti: erano le sette e un quarto, mancavano ancora quattro ore e mezza all’incontro.
Quella giornata era passata così scandita dall’euforia e dall’ansia, a metà tra l’estrema lentezza e la paura della velocità. Hermione desiderava fosse già mezzanotte, ma in realtà ringraziava di avere ancora un po’ di tempo per decidere cosa fare.
Prima di tutto perché doveva trovare le parole per giustificare quella lettera oscena che gli aveva scritto; con più lucidità, se l’era mandata in mente e si era resa conto che avrebbe dovuto sotterrarsi anche solo per l’idea di scriverla. Poi doveva decidere se affrontare o no il discorso di un probabile futuro. Poi doveva capire se prima lei lo voleva, quel futuro: davvero voleva passare quell’anno a mentire ai suoi migliori amici per ritagliarsi del tempo con un uomo che non avrebbe più rivisto di persona chissà fino a quando? Davvero voleva lanciarsi in quella cosa con Sirius Black? Si era così tanto concentrata su quello che lui poteva pensare o dire, che non aveva neanche pensato a cosa lei provasse e cosa lei avrebbe dovuto dire semmai lui fosse stato assurdamente d’accordo con la situazione. 
Hermione si alzò a prendere uno degli innumerevoli plaid che vagavano per la stanza e tornò ad accoccolarsi meglio in poltrona, tirando fuori la sua agenda. Era ora di fare una delle sue liste dei pro e dei contro, di approntare un piano di combattimento.
Quando sentì un rumore sordo si destò di colpo, chiudendo l’agenda che aveva in grembo.
«Hermione?» Sussurrò una voce.
Hermione illuminò la punta della sua bacchetta e strizzò gli occhi «Harry! Ma cosa…?»
«Shh» fece lui, inclinando il capo. «Che ci fai ancora in Sala Comune?»
Hermione si guardò intorno e notò le luci spente, il camino che languiva e la sala vuota. «Devo essermi a-addormentata…» fece con uno sbadiglio. «Ma tu hai appena finito la punizione con la Umbridge?» Sbottò lei, stupita.
Harry annuì esitante «Ne parliamo domani… vado a dormire».
Hermione annuì «Sì, raccolgo le mie cose e vado anch’io. Buonanotte».
«Buonanotte» Harry scappò su un po’ troppo velocemente per non destare sospetti, ma la sua preoccupazione fu cancellata dal fatto che il suo orologio segnasse mezzanotte e mezza e lei si fosse addormentata.
«Oh no!» Gemette, lasciandosi scivolare sul tappeto. Da quel che vedeva le fiamme nel camino erano solo fiamme normali e nessuna traccia di teste umane all’interno. «Maledizione…» sibilò, cercando di ravvivare il fuoco con un incantesimo. Continuò a osservare le fiamme da sempre più vicino, ma di lui neanche l’ombra.
«Sirius» sussurrò nel camino. «Sirius, ci sei?»
«Ciao!» La testa di Sirius spuntò all’improvviso dalle fiamme, talmente vicino che Hermione fece un balzò all’indietro. «Uh, scusa. Ti ho spaventata?»
Hermione si rimise a sedere e lo osservò meglio: la testa di Sirius fluttuava a mezz’aria tra le fiamme verdognole con i soliti capelli lunghi, ma con un sorriso che non aveva niente a che vedere col suo ghigno sardonico.
Il buffo balzo del suo cuore le fece capire che non solo le era mancato da morire, ma era anche felice che fosse lì; senza riuscire a trattenersi, Hermione sorrise di rimando «Ciao…»
Il sorriso di Sirius si addolcì «Ciao, Hermione».
Hermione lo fissò, imbambolata per un secondo, poi si rese conto che doveva sembrare un’idiota completa e si riscosse «Ehm, devo essermi addormentata, mi dispiace!»
Sirius rise «Direi di sì, ti ho osservato per almeno mezz’ora prima che ti svegliassi».
Hermione annuì «Già, non so come sia potut-che vuol dire mi hai osservato per mezz’ora?» Fece senza fiato e con espressione a metà tra l’imbarazzato e l’infuriato.
La testa di Sirius fece un movimento strano, un po’ come se volesse scrollare spalle invisibili «C’erano due studenti del settimo che non accennavano ad andare via. Ho controllato ogni dieci minuti».
Hermione quasi scattò in piedi «Mi stai dicendo che sei apparso più volte?!»
Sirius si accigliò «Sì, sono apparso a intermittenza… non mi ha notato nessuno giuro!» Aggiunse frettolosamente, visto che la solita razionale Hermione sembrava sul punto di volerlo picchiare a distanza.
«Ehi, avevamo detto a mezzanotte!» Aggiunse poi sulla difensiva.
Hermione fissò la sua aria indignata e scoppiò a ridere; non ce la faceva a essere davvero arrabbiata con lui, soprattutto visto che era lì per lei e perché… beh, era Sirius.
«Hai ragione» fece solo, prendendo il plaid dalla poltrona e ributtandosi a terra. «E poi non sapevo come dirti che Harry era in punizione e probabilmente sarebbe rientrato tardi…»
Sirius si corrucciò «Mi pareva di averlo visto, infatti. Volevo stare lì ad ascoltarvi, ma temevo potesse riconoscermi. Perché è in punizione?»
Hermione fece una risatina amara «Discorso lungo…»
«Aspetta» fece solo Sirius, sparendo un attimo. Dall’altra parte del camino, a Grimmauld Place, prese anche lui una coperta e vi ci sdraiò sopra, infilando braccia e testa nel camino. 
Hermione si allungò su di lui «Ma sei comodo?»
Sirius annuì «Sono praticamente sdraiato nel camino, ma suppongo che Kreacher abbia visto cose più strane nella sua lunga carriera coi Black» ironizzò. «Allora, quanto la punizione di Harry ha a che vedere con l’assunzione di Dolores Umbridge?»
Hermione batté le palpebre «E tu come lo sai?»
Sirius ghignò «Le voci viaggiano veloci… e poi ho le mie spie di fiducia nel Ministero».
Hermione si accigliò «Tonks?»
«Io non l’ho detto» fece subito lui, ma sorrideva. «E immagino che Harry non sia riuscito a starsene zitto…»
Hermione sospirò «Beh, lei non diceva belle cose» decise di difenderlo.
Sirius ricordò per un attimo la lettera che lei gli aveva inviato e non riuscì a non ridacchiare. «Ho presente…»
Hermione sembrò pensare la stessa cosa e arrossì «Ehm, Sirius… per quanto riguarda la lettera…» cominciò, abbassando la testa.
«Ha negato tutto, vero? Voldemort, la rinascita o quel che è, le parole di Silente…» la interruppe Sirius, senza lasciarle la possibilità di scusarsi.
Avrebbero parlato della lettera, ma mai e poi mai le avrebbe permesso di scusarsi; lui aveva accolto quella lettera con una felicità che non credeva avrebbe mai riprovato. 
Hermione non si offese per essere stata interrotta, anzi ne fu sollevata: parlare della Umbridge e di Harry allontanava l’imbarazzo e la rendeva più padrona di sé attraverso la rabbia per l’ingiustizia.
«Già, come se fosse possibile! Ha negato tutto, ha eliminato la pratica nel programma di Difesa Contro le Arti Oscure, così avremo un vuoto di conoscenze pauroso e non parlo solo di superare gli esami!» Sbottò, facendo del suo meglio per tenere la voce bassa.
Sirius ci pensò un attimo «Su questo ci torneremo, troveremo una soluzione… non potete stare senza preparazione in Difesa, non di questi tempi. Anche se suppongo sia proprio quello che vuole il Ministero» aggiunse con disprezzo.
«Ma perché? Cioè, anche se non vogliono credere al suo ritorno, perché proibirci di fare pratica?» Gemette Hermione, con tono disperato.
«Pensaci, cos’è che il Ministero può dimostrare con una scelta del genere? Con una scelta del genere qui e adesso?» Fece Sirius, fissandola.
Hermione ci pensò «Dimostrano di aver potere decisionale sulle scelte di Silente?»
«Bingo. Silente ha parlato di Voldemort, di unione e di difesa. Se elimini o rendi inefficace la Difesa come materia a Hogwarts vanifichi tutto il suo discorso dell’anno scorso».
«Cioè, rovinano la nostra carriera scolastica, ci stressano per i G.U.F.O., ci rendono deboli contro Voldemort solo per un gioco politico contro Silente?» Sbottò Hermione, indignata.
«Non è sempre così?» Ribatté sprezzante Sirius.
Il silenzio calò per un lungo attimo, poi Sirius si raddolcì di nuovo «E, a parte la Umbridge, com’è andato questo ritorno a Hogwarts?»
Hermione sussultò, rendendosi conto che non avevano neanche cominciato a parlare di loro e quell’argomento la agitava ancora di più della Umbridge, di Voldemort e dei suoi esami.
Hermione si schiarì la gola «Bene… a parte i discorsi sui G.U.F.O.» scherzò.
Sirius rise «Oh per Merlino, non mi ricordavo! Fammi indovinare: la McGranitt e Vitious ne hanno parlato per almeno un’ora, mentre Rüf se l’è scordato».
Hermione annuì «Esatto. Ormai non iniziamo una lezione che non ne parlino...»
Sirius annuì «Fa parte del pacchetto stress&insonnia del quinto. La Vector ha già cominciato il discorso del “non si entra nelle mie classi M.A.G.O. senza almeno un Oltre Ogni Previsione?”»
«Sì! Tu facevi Aritmanzia?» Esclamò Hermione, piacevolmente stupita.
«Ehi, io ero un genio in Aritmanzia! Chiedilo a Remus, battevo persino lui!» Esclamò e risero insieme, anche se Hermione ebbe per un attimo una spiacevole sensazione: davvero stava passando il tempo con Sirius parlando di esami, G.U.F.O. e professori?
Cercando di allontanare quella sensazione, si sdraiò nella sua stessa identica posizione e appoggiò il mento ai pugni chiusi.
«E lì, invece? Come va?» Le sembrò quasi di notare un lampo negli occhi di Sirius.
«Diciamo che si sta tranquilli… io e Kreacher ci facciamo compagnia a vicenda» replicò, con un tono che voleva sembrare spensierato.
Hermione lo vedeva dal suo sguardo che non era così «Remus e Tonks?»
«Tonks viene ogni tanto a trovarmi, ma ormai non ha più né tempo né possibilità di spostarsi senza farsi scoprire: il Ministero controlla a vista tutti i dipendenti e venire qui sarebbe pericoloso. Remus… l’ultima volta che ho controllato viveva ancora qui, ma non lo vedo dalla festa per le vostre spille. È in missione» spiegò amaramente.
Hermione si sentì dispiaciuta per lui «Vorrei tanto essere lì» si lasciò sfuggire e Sirius sgranò lo sguardo «E perché mai? Sei a Hogwarts, chi vorrebbe stare da un’altra parte?»
Hermione lo fissò perplessa per un attimo, come a chiedersi se poteva essere possibile che non avesse capito, poi scrollò le spalle.
«Io adoro Hogwarts, lo studio e i G.U.F.O. lo sai» fece, mentre lui sorrideva. «Però questo posto diventa irreale ogni giorno di più e lì fuori le cose sono talmente pesanti che filtrano attraverso le pareti del Castello…» mormorò, mentre Sirius si allungava verso di lei il più possibile per quanto gli permettesse la comunicazione via Metropolvere.
«Qual è il problema?» Le sussurrò, fissandola come per poterle leggere nella mente.
«Nessuno, sono solo pensieri casuali» ribatté lei, ma fu inchiodata dai suoi occhi e aveva già capito che avevano il potere di tirarle fuori tutto.
«No, non è vero» ribatté Sirius. «Se non vuoi parlarmene va bene, ma non hai bisogno di mentirmi» fece e, nonostante il tono si mantenesse basso, sembrò quasi offeso.
Sirius continuava a fingere che tutto quello non avesse per lui il carattere di una cosa importante: sì, era corso alla sua lettera ma non era davvero così importante; sì, gli interessava che lei stesse bene a Hogwarts, ma non ci perdeva il sonno; sì, aveva pensato ogni secondo alla sera in cui avrebbero fatto quella conversazione, ma non è che ci perdeva l’appetito… tutto era teso a ridimensionare la situazione, a rendere Hermione Granger né più né meno quello che era Harry, solo un po’ più… diversa. Aveva immaginato lei che lo aspettava davanti al camino fino alla mattina successiva, mentre lui si andava a nascondere in camera senza presentarsi… poi aveva capito che voleva vederla, che voleva parlarle.
E, avendola ora di fronte a sé, si rendeva conto che avrebbe voluto poterla toccare.   
«Non voglio mentirti, ma magari queste cose non ti interessano…» replicò lei a disagio. Ora che ce l’aveva lì, si chiedeva cosa davvero potesse spingere Sirius a rischiare libertà e notti insonni per parlare con lei di esami e professori, paturnie da quindicenne.
A Grimmauld Place era diverso, erano tutti costretti a stare lì e poteva capitare che due persone si trovassero inspiegabilmente bene nonostante si fossero parlati poco in precedenza. Ma perché continuare a cercare quella situazione con mille sotterfugi e piani?
Sirius sembrò intuire quello che avveniva nel suo cervello e risolse tutto con un sorriso «Sono qui no?»
«Ma…»
Sirius scrollò la testa e pensò che forse era il caso di chiarire delle cose, prima di andare avanti con quella storia.
«Hermione» cominciò con tono più serio e senza distogliere lo sguardo da lei. «Se avessi solo voluto sapere quello che succedeva al Castello avrei chiesto a Harry; lui mi racconta sempre tutto e, visto che di solito è lui quello sempre in mezzo ai guai, mi sarebbe bastato. Se sono qui con te stasera è perché voglio essere qui, con te».
Hermione lo fissò per un attimo: il fatto che ci fosse solo la sua testa che volteggiava in mezzo alle fiamme rendeva il tutto una cosa a metà tra il sogno e la realtà; però quello che sentiva mentre assorbiva quelle parole era dannatamente vero.
«E-e la mia lettera?» Balbettò, abbassando la testa.
Sirius scosse la testa «Questo devi dirmelo tu. Io ho risposto perché mi interessa sapere quello che ti succede, perché voglio sentirti e vederti. Tu perché me l’hai scritta?»
Hermione non poteva capirlo, forse non poteva sentirlo, ma il tono di Sirius era teso quanto tutto il corpo. Si era buttato con quella specie di dichiarazione e ora poteva aspettarsi anche che lei decidesse di porre fine a quella follia; dopotutto era la più razionale dei due, nonostante l’età.
Hermione lo fissò «Perché volevo scrivertela» si decise a dire, mentre tratteneva il respiro. Il sorriso che le fece Sirius avrebbe avuto il potere di farla svenire se non fosse stata già sdraiata a terra.
«D’accordo» replicò lui e, anche se Hermione non aveva capito cosa aveva voluto dire, non osò chiedere altro e continuarono a chiacchierare. Hermione alla fine gli disse cos’è che la corrucciava e gli parlò  tutti i litigi che c’erano già stati con i suoi compagni sull’argomento.
«Il potere più grande di Voldemort è proprio quello di seminare discordia» fece lui, usando quasi le stesse identiche parole di Silente.
Hermione percepì la voce di Sirius lontana, un po’ come se stesse per andarsene. Si chiese per un momento se stesse pensando a Peter Minus.
«Sirius?»
Sirius batté le palpebre «Scusami… Io comunque vi consiglierei di non lasciare soli quelli che vi sono contro. A volte è solo paura e la paura è una cattivissima consigliera» mormorò e Hermione fu praticamente certa che pensasse a lui.
«Per caso stavi pensando a… Peter Minus?» Chiese, senza riuscire a trattenersi.
Capì di aver sbagliato quando lui le lanciò un’occhiata che non avrebbe mai dimenticato. Quasi la spaventò e inconsciamente si rizzò a sedere per allontanarsi «Mi spiace, io non-»
«Io non parlo di Peter Minus» ribatté lui, con tono acido.
Hermione annuì, mortificata «Mi dispiace, non sono affari miei».
Sirius fissò la sua espressione e sospirò «Scusami tu. È che… questo non è un discorso felice e non sono pronto a farlo. Forse un giorno, non adesso» spiegò, provando a sorridere.
Hermione annuì e cambiò argomento.
Parlarono ancora e ancora, per ore, di tutto: ripresero i discorsi sui libri e Sirius rise quando Hermione gli parlò delle occhiatacce che riceveva per il suo tomo di magia oscura; parlarono di Draco Malfoy e di quanto la lui e suo padre fossero due ficcanaso. Sirius cercò di rassicurarla sul fatto che Draco sembrasse sapere un sacco di cose, ma Hermione non ne era convinta. Tornarono di nuovo a Tonks e Remus, alla loro storia che sembrava essersi tristemente congelata, poi parlarono ancora di Harry e dell’ingiustizia che stava subendo.
«Menomale che c’è tanta gente che gli crede, e crede a Silente!» Stava dicendo Hermione. «Blaise Zabini, per esempio, pur essendo un Serpeverde crede che Harry abbia ragione e il Ministero stia insabbiando tutto» fece, prima di bloccarsi.
Lanciò un’occhiata nervosa a Sirius, poi si deide della deficiente anche solo all’idea che lui potesse essere geloso di lei o di chiunque altri.
«Ti sei bloccata?» Scherzò Sirius, ma registrando in realtà tutte le informazioni che si faceva anche solo sfuggire. Forse Hermione credeva di averla scampata, ma lui capiva al volo l’imbarazzo di una situazione ambigua; aveva vissuto anni accanto a James Potter e Lily Evans, per Merlino!
E poi anche se aveva vissuto in braccio ai Dissennatori per tredici anni, non era così fuori dal mondo da credere che Hermione non potesse interessarsi a un ragazzo della sua età. Semma fosse successo, non avrebbe potuto fare altro che mettersi da parte.
Quello che lei non sapeva, era che prima di quell’incontro Sirius si era posto delle regole ben precise, regole che non avrebbe infranto per evitare di fare disastri.
La prima regola era: lascia che le cose accadano.
La seconda era: se ce ne sarà l’occasione, lasciala andare.
«Sirius, ci sei?»
Sirius si costrinse a sorridere «Scusami, ogni tanto i fumi del fuoco mi assopiscono» rise, tornando a concentrarsi su di lei. «Dicevamo?»
Passò un’altra ora e ormai Hermione si rese conto che non avrebbe mai più potuto fare a meno di quelle chiacchierate con lui, della sua risata latrante e delle sue battutine sarcastiche. Era notte fonda, il suo corpo era stanco e l’indomani avrebbe avuto serie difficoltà a seguire e lezioni, ma se ne fregava.
Il suo cuore batteva forte come il primo momento che l’aveva visto, la sua mente era leggera e il tutto le metteva addosso un’estrema felicità. Tuttavia temeva ancora il momento dei saluti, il momento della verità: da quel momento in poi avrebbero dovuto decidere cosa fare.
Avevano rimandato parlando di tutto quello che venisse loro in mente, come in uno strano flusso di coscienza a due, ma ormai era tempo. Sirius sembrò pensare la stessa cosa quando lanciò un’occhiata all’orologio di casa; si rinfilò nel fuoco e la fissò a occhi sgranati.
«Ma sono le tre! Tu domani hai lezione!» Esclamò, quasi sconvolto.
Hermione pensò che non avrebbe mai immaginato che Sirius si sconvolgesse tanto per la scuola e, infatti, rise «Non credevo fossi così diligente o ti interessasse così tanto la scuola».
«A me no, ma a te sì, devi essere pronta!» Esclamò, così genuinamente che Hermione sentì di innamorarsene davvero in quel’istante preciso.
Sorrise, lo fissò diritto negli occhi e con estremo coraggio disse «Non m’importa, sei una buona causa».
La testa di Sirius smise di oscillare sui palmi aperti e la fissò con un’espressione significativa «È ora di andare» fece con voce dolce.
Hermione si rizzò a sedere con un sospiro «Già» fece, ma aspettò.
«Ti scriverò» fece Sirius all’improvviso, facendola sorridere. «Ti va se venissi altre volte? Magari non per così tanto tempo…»
Hermione annuì prima ancora che finisse la frase «Sì».
Si scambiarono un ultimo sorriso, entrambi consapevoli che avrebbero voluto baciarsi, poi Sirius sparì e le fiamme si spensero.
Hermione si alzò, prese le sue cose e si avviò al dormitorio come avvolta da una nuvola.
A molti chilometri di distanza, Sirius si buttò sul suo letto consapevole che quella notte non avrebbe dormito di nuovo, ma per una volta non importava. Per una volta era un motivo bello, Hermione.

Note 
Ricordo, a chiunque si fosse appena sintonizzato o non ricordasse, che questa storia - fino a più o meno la fine del quinto anno - ricalca quasi per filo e per segno il quinto libro originale. In questo senso si pone come un vero e proprio missing moments, in cui si seguono le vite di Hermione e di Sirius allo stesso momenti di quella di Harry (che di solito è protagonista). Questo per spiegare come mai ci sono interi inserti del libro (segnalati con gli asterischi) e le mie aggiunte si fondono con quello che già ricordate dei personaggi. Detto ciò, buona lettura!
   
 
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