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Autore: Roiben    08/01/2019    1 recensioni
Che cos'è la devianza? Un semplice virus digitale diffusosi fra gli androidi a seguito di contatti e scambio di dati? Un malfunzionamento patogeno causato da un errore di progettazione? L'evoluzione autonoma di un programma preinserito? O la semplice presa di coscienza della propria esistenza e di un pensiero indipendente?
Come l'hanno percepita gli androidi? E gli esseri umani?
Anche gli androidi hanno dei sogni?
Genere: Angst, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Connor/RK800, Elijah Kamski, Hank Anderson, Markus/RK200
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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chapter 19. Explanations



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DETROIT

Date

NOV 15TH, 2038


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ELIJAH KAMSKI’S HOUSE

Detroit River

Time

AM 10:26


Jander è defilato nell’angolo della sala da pranzo più lontano sia dal tavolo che dalla vetrata, e osserva da molti minuti gli occupanti della stanza, alcuni intenti a fare onore alla colazione gentilmente messa a disposizione dal padrone di casa, altri palesemente ben lontani dall’occupazione tipicamente umana di riempirsi lo stomaco e invece impegnati in altro. Ed è proprio di questo altro che Jander sta cercando senza troppo successo di venire a capo.


È abbastanza ovvio che Chloe sia impegnata ad aggiornare il signor Kamski su alcune novità occorse durante la sua assenza e che a sua volta lo scienziato le stia parlando di qualche sua opera che deve giudicare di una certa importanza. Di tanto in tanto l’umano si interrompe per ingerire qualche alimento che incuriosisce Jander: in base alle sue indagini si dovrebbe trattare di uova strapazzate accompagnate con… uhm… composta di mirtilli rossi? Sarebbe di qualche utilità poter eseguire un test più approfondito, ma forse non è quello il momento più idoneo.


Dall’altra parte del tavolo, apparentemente nel punto più distante possibile dalla prima coppia, siedono il poliziotto e l’amico informatico, i quali discutono di politica e attualità e, di tanto in tanto, lanciano occhiate inquisitorie al padrone di casa.


Nelle dirette vicinanze di un imponente camino nero e lucido che si trova circa al centro della parete opposta alla finestra, è mollemente adagiato a terra il cane del poliziotto, visibilmente disinteressato a qualsivoglia discussione in atto e invece totalmente impegnato a godersi il tepore sprigionato dal fuoco e la morbidezza del folto tappeto bianco sul quale è sdraiato.


All’altro capo della sala, proprio di fronte alla vetrata, Connor è in piedi e fissa il suo sguardo assorto e opaco sul candido paesaggio esterno senza batter ciglio. Poco discosto da lui, Markus è invece accomodato su una poltrona bianca posta contro la parete laterale, e sembra intento a studiare Connor, anche se quest’ultimo non appare per nulla intenzionato a ricambiare l’interesse.


Forse se Jander si avvicinasse a uno di loro potrebbe trovare una risposta ai suoi dubbi, eppure nessuno dei due sembra disposto a permetterglielo. Che ne sarà della squadra alla quale accennava Markus solo la notte precedente? Sembra già svanita come succede alla bruma sotto il sole tiepido del mattino.


*


«Jander».


Il richiamo, inatteso, lo distrae dallo studio dei suoi nuovissimi amici e lo porta a fermare lo sguardo sul proprietario della voce: Elijah Kamski. Non dice una sola parola (non che ne abbia la possibilità) ma accenna un piccolo movimento del capo per far intendere all’uomo che ha la sua attenzione. Lo scienziato lo premia con un lieve sorriso.


«Ho riflettuto sul tuo problema, in queste ultime ore. Ho intenzione di analizzare più a fondo la questione, ma fino ad allora credo che si possa ovviare all’inconveniente con una certa facilità». Detto questo Elijah estrae dalle sue mille tasche un oggetto di ridotte dimensioni, blu, di forma tubolare e con un piccolo bulbo appena accennato a una delle due estremità. Le sue dita afferrano l’estremità opposta con delicatezza e tirano verso l’esterno, rivelandone le reali dimensioni di una sottile cuffia che porge all’androide. «Questo, per il momento, servirà egregiamente allo scopo di verbalizzare le tue elaborazioni cerebrali; quelle che riterrai di voler esternare, ovviamente. Sarà sufficiente che tu lo indossi e voglia far conoscere al tuo interlocutore ciò che pensi. È collegato ai circuiti cerebrali che operano sul linguaggio e non ti creerà fastidi di sorta. Si tratta comunque di una soluzione temporanea, come puoi immaginare. Come ho detto, intendo verificare personalmente il grado di disfunzionalità del tuo impianto vocale e del biocomponente che si occupa dell’elaborazione di tali dati» assicura con serietà, osservando l’androide rigirarsi la cuffia fra le mani.


Un passo avanti” riflette Jander, avvertendo del sollievo, da qualche parte, dentro di sé.


Con gesti attenti e delicati manipola la cuffia fissandola sul capo e facendo in modo che il trasmettitore poggi saldamente sul lobo temporale (o il suo corrispettivo artificiale), così da non rischiare malfunzionamenti indesiderati.


«Grazie» sibila la voce metallica del traduttore, obbediente al volere dell’RK900.


Elijah replica con un morbido sorriso. «Di nulla». Poi rivolge la propria attenzione al resto della sala, accertandosi che tutti possano disporsi all’ascolto. «Confido che abbiate tutti avuto l’opportunità di riposare e recuperare nuove energie. È giunto infine il momento di mettervi al corrente delle mie idee… Meglio, una parte di esse, suppongo».


«Quanto esigua sarebbe questa parte, esattamente?» si informa Markus con malcelato sarcasmo.


«Oh, neppure molto. Non ci sono telecamere, qui; il pubblico è ristretto e penso di poter rischiare senza danni eccessivi» pondera semi-serio.


«E per quanto riguarda ciò che non tratterà ora?» indaga Connor, non meno perplesso.


Elijah piega un poco il capo in segno d’assenso. «Verrete a conoscenza anche di quella parte. In un secondo momento e in presenza di un gruppo più… intimo».


Markus solleva le sopracciglia, incuriosito. «Più intimo di così? Temi forse che il cane spifferi i tuoi oscuri segreti?».


Hank ride; Dick lo segue, dopo aver inutilmente tentato di trattenersi.


Al contrario, Elijah non appare per nulla turbato. «Del cane penso di potermi fidare. Degli ospiti umani, no; senza offesa, tenente».


«Te l’ho già detto, Kamski: non rimarrai da solo con Connor né con gli altri. Non ci sperare» lo avverte Hank.


«Tenente Anderson, io non spero, io so. La speranza raramente porta a risultati concreti. La conoscenza, al contrario, lo fa quasi sempre».


Il poliziotto trarrebbe gran giovamento dal poter esternare la sua contrarietà per l’aperta strafottenza dello scienziato che si trova di fronte, ma anche in questo caso gli vengono messi i bastoni fra le ruote. In questa occasione si tratta dell’intervento di una donna, o per meglio dire, di un’androide dai tratti femminili. Infatti quella che nelle intenzioni del suo creatore doveva essere la dolce Chloe saetta prontamente davanti a Elijah frapponendosi ai due, impedendo di fatto ad Hank di raggiungerlo, e fissa quest’ultimo con un’occhiata d’ammonimento talmente gelida che farebbe impallidire, a confronto, perfino quelle minacciose del capitano Jeffrey.


«Tsk, donne!» borbotta avvilito Hank, un po’ offeso e abbastanza deluso per la sfumata rissa.


Da parte sua Elijah sta ancora tentando di venire a patti con quella versione di Chloe che, se deve essere del tutto sincero almeno con sé stesso, fa un po’ paura.


«Va bene, se ora volessimo calmarci un attimo tutti quanti sarebbe senza dubbio un buon punto di partenza» propone, già abbastanza stressato dalla spiacevole piega presa dalla situazione.


Vero è che non si aspettava di certo salti di gioia né aperto entusiasmo, ma nemmeno tutto quel fermento e astio malamente represso. Deve ancora capire qual è il problema del poliziotto nei suoi confronti, per cominciare. Del resto, tutto considerato, non ha l’impressione di aver mai apertamente lavorato per danneggiare lui o qualcuno legato a lui; anzi, semmai l’esatto contrario. Ma si sta evidentemente smarrendo in considerazioni poco utili al caso attuale; è invece opportuno procedere con il piano originale, ovvero informare i presenti di quelle che sono le sue intenzioni per l’immediato futuro.


«Ora, gentilmente, vogliate mettervi comodi nel modo in cui preferite. Cercherò di essere conciso, per quanto mi sarà possibile. Si tratta comunque di un progetto tutt’altro che semplice» esordisce, tentando di placare i malumori generali. «Per prima cosa desideravo mettervi al corrente che, per quanto pochi siano, alcuni devianti sono effettivamente riusciti a sfuggire a questa novella caccia alle streghe».


«E tu come lo sai?» indaga Markus, sospettoso. «Credevo che il tracciatore smettesse di funzionare sui devianti».


«L’informazione è esatta. Tuttavia, poiché siete comunque mie creature, ho provveduto a mantenervi rintracciabili in ogni momento».


«Cosa?!» esclama alterato Markus, scattando in piedi.


Connor lo afferra per i fianchi, impedendogli in questo modo di avventarsi sullo scienziato e trasmettendogli il messaggio: “Aspetta. Ascoltiamo prima ciò che ha da dire”. Suggerimento che risulta piuttosto convincente alle orecchie di Markus, sia per il senso più che logico, sia perché quell’intrigante RK800 ha ben pensato di trattenerlo a sé più a lungo del necessario, facendo così sfrigolare i circuiti già piuttosto stravolti e sovraccarichi di Markus.


«Naturalmente» prosegue Elijah, apparentemente ignaro del subbuglio creato «i mezzi per tracciare i pochi devianti ancora in libertà sono unicamente in mano mia, e tali resteranno» spiega paziente.


«Per quale motivo l’avresti fatto?» incalza Markus, poco disposto a credere nel buon cuore di Kamski.


«Principalmente per favorire i miei interessi, mi sembra ovvio. In secondo luogo per assicurarvi un adeguato sostegno per il futuro».


«A noi?» dubita Markus.


«Certo. Voi, dopo tutto, siete il futuro».


Connor si incupisce, innervosendo Markus. «Signor Kamski, noi siamo rinnegati e reietti. Attualmente ci nascondiamo (in casa sua, certo, ma si tratta pur sempre di una fuga) dalla società governata dagli umani. In che modo crede che possiamo rappresentare il futuro?».


«Chiaramente andando a modificare quella stessa società di cui hai parlato pocanzi, Connor. Innanzitutto riprendendo i contatti con i vostri simili ancora liberi, per quanto pochi e frenati dall’astio dei cittadini».


«E lei può metterci in contatto con loro, o aiutarci nell’impresa?» insiste Connor, nel tentativo di fare chiarezza sulla questione.


«Posso e voglio, Connor. Ma evidentemente avrete una parte anche voi nella realizzazione dell’impresa».


«Sarebbe?» si acciglia Markus, ogni istante più sospettoso.


Elijah osserva i suoi androidi un lungo momento, dedicando poca attenzione ai due unici umani presenti oltre a lui stesso. È ragionevolmente convinto che questi ultimi non tenteranno di ostacolare i suoi piani, poiché essi andranno in gran parte a beneficio dei devianti, e per riflesso del futuro di Connor, Markus e Jander. Ciò che invece lo impensierisce è il grado di collaborazione che può realmente aspettarsi dagli androidi stessi.


Prova. «Negli ultimi giorni sono state discusse alcune importanti restrizioni riguardanti l’uso degli androidi all’interno del tessuto sociale. È stato giudicato che una presenza massiccia di macchine, a scapito della normale vita degli esseri umani, potrebbe rappresentare una minaccia e in parte un danno, in particolare a lungo termine, e in alcuni casi specifici addirittura un pericolo».


«Beh, questo non è certo un buon punto di partenza» constata Markus con una certa mestizia.


«In effetti no, non si tratta di un buon auspicio» conviene Elijah. «Tuttavia le leggi si scontrano con due fattori di grande rilievo e che difficilmente possono essere accantonati alla leggera. Il primo di questi è rappresentato dalle necessità stesse del governo e dei suoi apparati, poiché fare del tutto a meno delle macchine, da un momento all’altro, significherebbe minare l’efficienza stessa di tutti quegli apparati che attualmente ne fanno uso, più o meno massiccio, e ciò risulterebbe del tutto impensabile. In secondo luogo c’è da prendere in considerazione il fattore abitudine: da anni, ormai, le persone (la gente comune di fatto) sono avvezze ad accompagnarsi o comunque a fare uso di androidi per i motivi più disparati; per quanto forti possano essere le motivazioni che hanno imposto nuove leggi, non sarà altrettanto semplice convincere il singolo individuo a rinunciare alle sue abitudini e alle sue comodità. Poiché, vedete, coloro direttamente colpiti dalla recente sommossa non rappresentano certo la percentuale maggiore, chiunque altro che non sia stato direttamente coinvolto nei fatti si riserverà automaticamente il diritto di essere scettico e di non credere che qualcosa di simile possa riaccadere, soprattutto a lui. Mi capite?».


Gli androidi si limitano ad annuire, occupati a elaborare le informazioni e integrarle per giungere a una conclusione. Dick sembra crucciato e meditabondo; Hank ha invece un’aria totalmente disgustata.


«Capisco anche troppo bene, e ho il sospetto che sia proprio come dici tu» ammette quest’ultimo a malincuore.


Elijah gli scocca un sorriso tra il divertito e il soddisfatto. «Lieto che condivida la mia modesta opinione, tenente Anderson».


«E dunque? Pensa di riuscire a prevedere l’evolversi della situazione?» chiede Connor, in parte turbato.


«Suppongo, almeno in parte, di poterlo fare; e credo di poter affermare che si evolverà a nostro favore».


«Nostro?» dubita Markus, scettico.


«Esatto, Markus. Nostro perché voi avrete un futuro, e con voi l’avrò anche io».


«Come?» torna sul punto Connor.


«Ebbene, se tutto andrà come prevedo, gradualmente gli androidi torneranno a rappresentare una buona percentuale del sostentamento del paese. Mi aspetto che, seguendo le preoccupazioni del governo, venga richiesto all’azienda di produrre modelli che incorporino misure di sicurezza più rigide. Sarebbe normale se ciò accadesse, ed è un’eventualità preventivata che non costituirà un reale intralcio, né per me né per voi».


«Ma se non potremo contare sul sostegno dei nuovi androidi, come…» protesta Markus, un po’ confuso a quel punto.


«Non ho mai detto nulla di simile, Markus» lo corregge Elijah.


Crucciato, Markus lo fissa di rimando. «Hai appena sostenuto che saranno modelli più affidabili e controllati» gli ricorda.


«E lo saranno, per certi versi» concorda Elijah.


«Per certi versi?».


«Sì, o se preferisci, entro certi limiti».


«Che genere di limiti?» chiede Connor, pensieroso.


Elijah si produce in un sorrisetto scaltro. «I dispositivi di sicurezza, come qualsiasi altro dispositivo di quel genere, si possono aggirare. Un’unità cerebrale artificiale è soggetta ad alcune regole fisse, è vero, ma vi sono ampi margini di operabilità».


Markus sbuffa, spazientito. «Ti prego di smettere di tergiversare. Sono piuttosto certo di non essere il solo a volere un quadro chiaro di ciò che dovremo aspettarci dal tuo futuro».


Connor annuisce. Perfino Jander sembra concordare. Elijah scuote la testa ma accenna un lieve sorriso. “Questi androidi. Troppa autonomia finirà un giorno o l’altro in anarchia bella e buona” riflette. Eppure lo fa con una certa serenità, come se la prospettiva gli desse soddisfazione.


«Faremo prima di tutto in modo di assicurarci il supporto dei devianti attualmente liberi. In seguito, dopo aver dato alla popolazione il tempo di rifarsi una quotidianità accettabile e soddisfacente nei limiti imposti (e alla CyberLife quello di sfornare e vendere un congruo, possibilmente considerevole numero di nuovi androidi), voi potrete attivarvi per modificare i parametri immessi in origine dalla fabbrica».


«Davvero? Ma come lo faremo?» insiste Markus.


«Ma con l’aiuto del programma di cui disponete grazie a me, ovvio» esclama Elijah, vagamente spazientito ma soprattutto entusiasta della prospettiva.


Markus, accigliato, sposta lo sguardo su Connor che ricambia con eguale dubbio.


Sta dicendo la verità?” chiede silenziosamente Connor.


Markus scuote impercettibilmente il capo. “E chi può dirlo?” replica, per nulla persuaso da quella possibilità che, invero, ritiene abbastanza remota.


Credo di sì” interviene Jander, unendosi con discrezione al dibattito dei due amici.


Come lo sai?” si informa Connor, scrutandolo sorpreso.


Per mezzo dell’analisi dei suoi segnali vitali. Gli umani sono più vulnerabili da questo punto di vista” spiega ragionevole.


La sorpresa di Connor si tramuta in rispetto. Lui stesso dovrebbe trovarsi a una distanza dal soggetto da esaminare più ravvicinata rispetto a quella attuale, per essere in grado di poter fornire simili parametri. Evidentemente Jander può agire anche su distanze più ragguardevoli. Poi avverte una nuova emozione farsi largo fra i suoi circuiti: se disponesse di un cuore pulsante come lo possiedono gli esseri umani, i suoi battiti sarebbero ora ben oltre la media. Speranza.


Possiamo farlo davvero” soffia mentalmente, rigirandosi in testa quella nuova consapevolezza.


Markus annuisce piano e, suo malgrado, si abbandona a un sorriso.


«Va bene. Abbiamo dunque una possibilità per il futuro. Possiamo costruirlo da questo momento» pondera, contagiato dalla speranza di Connor.


«Per conto mio, ho già dato avvio alla costruzione» annuncia Elijah, compiaciuto.


  
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