V e r s u s
Capitolo V
Passarono due
settimane a Grimmauld Place, e Harry sembrava reagire a quello stato di apatia che lo aveva così a lungo tormentato.
Remus era più
che felice per i progressi del ragazzo.
Più passava il
tempo, e più si rendeva conto che la scomparsa di Sirius non faceva poi così
male, il dolore si stava attenuando, le ferite rimarginando.
Ci sarebbe
voluto del tempo, forse, molto tempo, ma valeva la
pena di aspettare così tanto.
Era una fresca
mattina di fine agosto, strana, per quell’estate così calda e afosa.
Harry si era
alzato di buon’ora, scendendo quasi allegro dalle
scale.
Il suo stato
d’animo non si poteva certo definire felice, ma almeno era in armonia con se
stesso. Quel senso opprimente di colpa cominciava ad abbandonarlo, lasciando un
Harry sempre più disposto al sorriso e al gioco.
Arrivato nel grande salone di casa Black, aprì lentamente le tende,
facendo filtrare luce.
Luce: il
segreto era quello, dopotutto.
Non serviva a
nulla rifugiarsi nell’oscurità, cercando di cancellare i dolori e i dispiaceri
della vita. Bisognava affrontarli, e sconfiggerli.
Era questo il
suo nuovo motto.
Glielo aveva
insegnato Lupin, in quelle due settimane aveva fatto un miracolo; stava
riuscendo nel suo intento: guarire l’anima di Harry.
Potenti raggi
di sole inondarono la sala, riflettendo sulle pareti, sul soffitto, facendo di
casa Black, un posto migliore in cui vivere.
Respirò
profondamente, mentre chiudeva gli occhi, per non essere accecato dalla forte luce.
Rilassò il
torace, tornando alla normale respirazione. Che bella
sensazione!
La luce,
sinonimo di Bene, si era fatta strada in lui, travolgendolo.
Aprì gli occhi,
voltandosi e dirigendosi verso la cucina per preparare la colazione.
Ben presto Remus si sarebbe svegliato, Harry lo sapeva. Infatti quella mattinata, Lupin l’avrebbe trascorsa da
Silente, in un’altra piccola base dell’Ordine, dove si sarebbe tenuta una
riunione importante solo tra i più fidati.
Stava
preparando la tavola, quando sentì dei passi energici scendere velocemente le scale.
“Buongiorno, Harry” disse Remus con un volto
allegro.
Harry rispose
annuendo con un debole sorriso.
Il ragazzo finì
di portare due tazze di latte fumante a tavola, per poi sedersi, guardando
Remus imitarlo.
Rimasero in
silenzio per tutta la colazione; ognuno sembrava immerso nei
propri pensieri, e deciso a non distrarsi.
Solo alla fine,
quando Remus si alzò dalla sedia, prendendo le loro due tazze vuote si decise a
parlare.
“Ehm, Harry?” lo chiamò piano.
Harry si voltò
tranquillamente con aria incuriosita.
“Sì?”.
Remus sembrava
un po’ imbarazzato.
“Mi
dispiace moltissimo, ma sono costretto a lasciarti solo questa mattina…la
riunione…l’Ordine…” disse.
“Nessun problema Remus” lo anticipò Harry
garbatamente.
Lupin sorrise radioso.
“Beh, se non ti spiace, ora andrei a
prepararmi…così vado…scusa” disse sorpassandolo alla porta della cucina.
Harry si scostò
per poi udire: “E grazie per la colazione!” provenire già dalle scale.
Fece spallucce
e tornò al lavello a lavare quelle poche stoviglie.
Non passò più
di un quarto d’ora, che Remus era già filato fuori da
Grimmauld Place, in un primo momento scordandosi anche la cartella con tutte le
relazioni per l’Ordine, e ringraziando Harry per essergli corso dietro a
portargliela.
Il ragazzo vide
l’ex professore smaterializzarsi, e rientrò lentamente in casa.
Non avendo
nulla da fare e, leggermente annoiato,
si buttò sul divano, in modo supino, chiuse gli occhi in un momento di
raccoglimento e pensò.
Pensò.
Lentamente gli
affiorarono in mente brutti pensieri, come se avessero trovato un momento di
debolezza mentale per venire a galla nel pieno della loro malignità.
Harry pensò a
come, ora, quei tristi ricordi, cominciavano solo a fargli venire un debole
fastidio all’altezza dello stomaco, invece
che ridurlo in una situazione di
profonda apatia come un paio di settimane prima, quando solo uno di quei
pensieri, che lo assillavano giorno e notte, sarebbe bastato per catapultarlo
in un stato di prostrazione e sconforto…
Allora era
vero…
Il tempo
rimargina le ferite, quali esse siano.
Fino a quel
momento non aveva creduto possibile quella specie di miracolo.
Anche lui
sentiva che qualcosa stava cambiando; si stava ristabilendo, rinforzando, ben
presto la sua difesa sarebbe stata interamente ricostruita.
Distogliendosi
da quei pensieri, ritornò con lo sguardo fisso sul soffitto di casa Black.
Improvvisamente
un’idea gli balenò in testa…Lupin gli aveva sempre detto,
che se avesse voluto, avrebbe potuto riguardare il vecchio album delle
fotografie che gli aveva mostrato al suo arrivo in Grimmauld Place…Doveva solo andarlo
a prendere in camera di Remus…gli aveva dato lui tranquillamente il permesso di
farlo in qualsiasi momento avesse voluto…
Deciso, si alzò
velocemente dal comodo divano per salire altrettanto velocemente i gradini
delle scale che portavano al piano di sopra.
Arrivato nel
corridoio, si bloccò davanti alle due porte prima della sua stanza; una doveva
essere la stanza di Remus, per forza…ma quale?
Poteva sembrare
strano, ma lui non aveva mai visto entrare il suo vecchio professore in camera,
né di conseguenza gli era stato indicato quale fosse
delle due…
Rimase un
attimo confuso, volgendo lo sguardo da una porta all’altra, in cerca di qualche
aiuto inesistente.
Le due porte erano uguali, non c’era nulla da fare…
A questo punto,
un po’ rammaricato, ripensò che forse non era una
buona idea andare a ficcare il naso solo per un album, anche se per lui era
importante…ma, cosa che accadeva spesso, soprattutto ad Hogwarts, la sua
curiosità ebbe la meglio.
Si decise ad
aprire una delle due porte.
Inspiegabilmente,
si volse verso la porta alla sua sinistra, appoggiò delicatamente la mano sulla
fredda maniglia in ottone, l’abbassò, e quella si aprì.
Forse doveva
essere quella giusta, visto che era pure aperta…
Entrò.
All’inizio non
vide nulla, la stanza era completamente immersa nel buio più totale, poi usando
la luce proveniente dal corridoio, che filtrava dalla porta aperta, riuscì a
raggiungere il punto luce, accendendo la lampada.
Rimase a bocca
aperta.
La lampada che
aveva acceso si trovava su uno scrittoio al centro di tutta la camera, sul suo
piano erano sparsi una moltitudine di fogli, tutti in disordine, pagine
accartocciate, piume per scrivere imbrattavano i fogli ancora bianchi, mentre
una boccetta d’inchiostro nero allargava la sua macchia, ormai secca, sulle
carte e sul legno della scrivania.
Tutto aveva uno
strato di polvere, dando l’aria di non essere stato usato da molto tempo…
Lentamente,
voltò lo sguardo in giro, i suoi occhi si posarono sul letto.
Un grande letto e baldacchino era addossato ad una parete,
quella vicino alla porta.
Le tende non erano tirate, ma cosa più strana, erano le lenzuola,
stropicciate, lasciate esattamente come qualcuno le aveva lasciate dopo
essersi svegliato ed alzato.
Harry
cominciava a non capire…
Si avvicinò al
letto, passò una mano sul cuscino sgualcito e si accorse che anche lì, la
polvere regnava sovrana…
No, quella non
doveva essere la camera di Lupin…
Si voltò
nuovamente, raggiungendo una poltrona posizionata
accanto ad un caminetto spento da chissà quanto tempo.
Su di essa c’erano vari vestiti, per lo più mantelli neri, lì
appoggiati, in attesa di essere indossati da qualcuno che invece sembrava
averli abbandonati…
Anche la
poltrona recava lo stesso strato di polvere degli altri mobili, compreso anche
un piccolo tavolino di vetro vicino il sofà, sul quale c’era appoggiato, un
numero della Gazzetta del Profeta e una cornice con una foto.
Harry si
avvicinò, prese il giornale e lo aprì.
Era vecchio, ma
non di tanto; portava la data degli inizi di Giugno…
Sulle sue
pagine nulla di importante, solo qualche piega, come
se il suo misterioso lettore avesse dovuto abbandonare la sua lettura in tutta
fretta.
La sua
attenzione invece fu attirata dalla fotografia all’interno della cornice
dorata.
Due persone…
Harry non
riuscì a distinguere i volti, così prese la cornice e la portò vicino alla
lampada, alla tenue luce, vide le facce sorridenti di Remus e Sirius salutarlo contenti.
Harry sorrise
amaramente, poi un forte dolore al cuore, gli strappò un gemito.
Le immagini gli
scorsero davanti agli occhi involontariamente, facendo prendere forma nella
mente il suo più grande terrore.
La stanza, la polvere, il giornale di giugno, i mantelli neri, la
fotografia…
La stanza di
Sirius!
Senza volerlo,
la cornice gli scappò di mano, fracassandosi sul pavimento in mille pezzi, ma
non era importante…
I suoi occhi si
velarono, improvvisamente investiti da un’ombra oscura di malinconia e
tristezza, che gli stringeva il cuore in una morsa letale e gli impediva di
respirare…
Annaspando, con
una mano si stringeva la gola, nel tentativo di recuperare un soffio di vita, e
con l’altra si teneva allo scrittoio, quasi gettandosi su di esso,
facendo cadere con il braccio, tutte le carte che vi erano sopra, si sentì un
rumore di vetro infranto: il calamaio era caduto in terra spargendo inchiostro
dappertutto, facendo calare la sua nera macchia, coprendo i fogli sparsi sul
pavimento circostante.
Fu preso da una
specie di crisi, tutto quello che sembrava essere svanito in quelle due
settimane con Lupin, sembrava ora riaffiorare con doppia intensità, facendogli
provare un intenso dolore fisico.
Fu preso da un
conato di vomito, che servì come colpo di grazie alla sua pazienza, che ora era
al limite…
Basta, voleva
uscirne, o sarebbe impazzito entro breve…
C’era solo una cosa da fare, solo una via era possibile…
Con immenso
sforzo, riuscì ad uscire dalla stanza, che sembrava fissarlo con soddisfazione,
e ora più che mai, un senso acuto di colpa gli salì in gola.
Corse lungo il corridoio appoggiandosi ai muri, barcollando come
un ubriaco…la sua mente non conservava un minimo di lucidità…
Scese le scale,
inciampando negli ultimi gradini, si trovò disteso per terra,
supino, ma lanciò un grido quando si trovò nuovamente davanti agli occhi
le immagini di quella stanza maledetta e di tutto quello che voleva esprimere…
Si alzò con più
fatica, ma spinto dal bisogno di smettere, arrivò in cucina, dove, preso
momentaneamente da un vuoto di memoria, cominciò ad aprire tutti i cassetti,
gettando a terra il contenuto, finché non ne trovò uno…
A quel punto,
corse di nuovo su per le scale, si lanciò in bagno, dove prese senza pensarci,
ad aprire i rubinetti della vasca da bagno più forte che potevano…L’acqua
guizzava fuori dal rubinetto velocemente, riempiendo
in pochissimo tempo la piccola vasca…
Sorrise, mentre
davanti a lui, la vista prese a farsi sfuocata.
Non si curò dei
vestiti bagnati e appesantiti lungo il suo corpo, mentre entrava nella vasca e
l’acqua fredda lo accoglieva come un senso di sollievo.
Si lasciò
cadere nella vasca, andò giù, il suo viso scomparve più volte dalla superficie
increspata dell’acqua…
Poi fu un
momento.
Un attimo.
Quello che aveva preso
dalla cucina…lo avvicina a sé, lo avvicino ai suoi polsi.
L’unica cosa di
cui serbava ancora il ricordo, prima di perdere i sensi, era quel coltello che
teneva con difficoltà in mano.
L’acqua rossa color del sangue.
***
Uddiu… già
prevedo pomodori! Per favore no! ^^
Ehm… a questo
punto sono sempre senza parole... Un po’ drastico come
capitolo^^
Spero che in
qualche modo^^ possa esservi piaciuto^___^
Visto che credo
di essere apparsa maleducata a non ringraziare chi ha recensito, rimedio adesso.
In ordine di
recensione, un Grazie a Dixy, ?????, shin_88, Gius, Morgan_Snape, NohaIjiachi, lady hawke, Joy.
Grazie davvero.
Ciao ciao!^^
Valeria