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Autore: LysandraBlack    09/01/2019    5 recensioni
Marian è scampata al massacro di Ostagar. Garrett ha assistito alla distruzione di Lothering, mettendo in salvo la loro famiglia appena in tempo. Senza più nulla, gli Hawke partono per Kirkwall alla ricerca di un luogo dove mettere nuove radici. Ma la città delle catene non è un posto ospitale e i fratelli se ne renderanno conto appena arrivati.
Tra complotti, nuovi incontri e bevute all'Impiccato, Garrett e Marian si faranno ben presto un nome che Kirkwall e il Thedas intero non dimenticheranno facilmente.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Anders, Hawke, Isabela, Varric Tethras
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The unlikely heroes of Thedas'
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CAPITOLO 6
Qunari dealings




 

«Fatemi passare!»

«Insistete pure quanto volete, ma il Visconte non riceverà nessuno in questo momento. Se avete notizie di suo figlio Seamus, potete parlare con me e gliele riferirò io stesso.»

Bu si mise a ringhiare, minacciosa.

Marian si sporse dalla soglia, osservando la scena. Una mercenaria di qualche compagnia poco raccomandabile stava assillando il siniscalco, che affrontava impettito come al solito le invettive della donna. Accarezzò la testa della mabari, cercando di calmarla. «Comportati bene, Bu.»

«Non le hanno nemmeno chiesto di lasciare le armi all'ingresso...» Osservò Aveline, scoccando un'occhiataccia di rimprovero alle guardie cittadine di fronte al portone principale. «Quei due mi sentiranno, dopo, non possiamo lasciare andare in giro teste calde come quella armate fino ai denti.»

La Templare annuì, schiarendosi la voce e avvicinandosi ai due. «Ci sono problemi?»

La mercenaria si girò come un serpente, digrignando i denti. «Nulla che vi riguardi, sono qui per il figlio scomparso del Visconte.» Lo sguardo si spostò sulla mabari. «Fereldiane.»

«Quindi pensate davvero sia stato rapito?» Chiese Marian al siniscalco, ignorando completamente la donna accanto a lei, mentre il mastino da guerra ricambiava la sfida scoprendo i denti. «Non potrebbe semplicemente essersi rintanato da qualche parte? È risaputo che non ami passare molto tempo a palazzo...»

L'altro si strinse nelle spalle. «Non torna da cinque giorni, il Visconte teme il peggio. È stato visto l'ultima volta sulla Costa Ferita con un Qunari... c'è una ricompensa per chiunque abbia qualche informazione, o lo riporti qui sano e salvo.» Calcò particolarmente il tono sulle ultime parole, guardando la mercenaria di sottecchi.

Anche Marian e Aveline si scambiarono uno sguardo preoccupato.

«Porterò un'intera compagnia con me sulla Costa, e ve lo riporteremo indietro.» Ringhiò la mercenaria gonfiando il petto. «Mi aspetto una bella ricompensa.»

«Così tanti uomini per un solo Qunari... mi pare eccessivo.» Commentò l'uomo senza battere ciglio.

L'altra fece una smorfia. «Potrebbe essere Tal-Vashoth. Gli Inverni non lasciano nulla al caso.» Lanciò un'occhiata beffarda a Marian ed Aveline, prima di voltarsi e andarsene, scura in volto.

Bu finalmente tornò a rilassarsi, strusciando il muso sulla sua gamba.

Aveline aveva ancora lo sguardo fisso sul portone d'ingresso. «Non mi piace.»

«Aveline ha ragione.» Concordò Marian con un sospiro, accarezzando il collo della mabari. «Ho paura che Seamus possa finire per farsi male, con una come quella.»

Il Siniscalco allargò le braccia. «Mi fiderei sicuramente più di voi due, se dovessi scegliere. Sempre che abbiate tempo da perdere in una ricerca forse inutile, magari avete ragione e Seamus si è semplicemente perso alla ricerca di qualche nuovo tipo di insetto.»

«La Costa Ferita non è un luogo sicuro nemmeno per un entomologo.» Commentò Aveline. «Andiamo a cercarlo oggi stesso, lasciateci il tempo di avvisare chi di dovere.»

“E addio al mio pomeriggio libero...” pensò Marian con una punta di amarezza. Sospirò, seguendo Aveline fino alle caserme e aspettando che avvisasse le altre guardie di dove stavano andando.

«Se non torniamo entro sera, i primi sospettati saranno da considerarsi Ginnis e i suoi Inverni.»

Mentre scendevano la scalinata della Città Alta diretti ai cancelli occidentali della città, Marian propose una piccola deviazione. «Se andiamo sulla Costa, conosco qualcuno che può rendersi utile. E un paio di mani in più ci faranno sicuramente comodo.»

«Chi hai in mente?» Le chiese l'altra, incuriosita.

Dovette trattenersi per non ridere, facendole strada fino all'Impiccato.

Isabela era esattamente dove si aspettava di trovarla, seduta ad uno dei tavolini malmessi della taverna, la camicia aperta sulla scollatura generosa, un mazzo di carte in mano e un bicchiere di rum nell'altra. Di fronte a lei, con sua grande sorpresa, sedeva Fenris, lo strano elfo tatuato, una bottiglia di vino semivuota accanto.

Bu abbaiò contenta, avvicinandosi ad Isabela in cerca di un boccone di cibo.

Quando la piratessa si accorse di lei, la salutò con un cenno della mano che reggeva il bicchiere, scolandoselo poi tutto d'un fiato. «Ti prego, dimmi che hai un'alternativa a questo noiosissimo pomeriggio. Come avversario non potevo scegliere di peggio.» Sorrise in direzione della mabari, allungandole un pezzo di pane avanzato sul tavolo.

«Stai vincendo solo perché hai barato fino adesso, Isabela.» Replicò l'elfo, che tuttavia non sembrava curarsene granché. Salutò le nuove arrivate con un cenno.

«Ah, tipico...» Ridacchiò Marian. «E ho proprio la soluzione per voi. Che ne dite di una gita avventurosa sulla Costa Ferita? C'è anche una ricompensa, Isabela, non preoccuparti, non ti farei mai fare una scarpinata di ore per un vecchio stivale.»

Quella si buttò dietro le spalle una ciocca di capelli corvini, alzandosi con grazia. «Quel forziere poteva benissimo contenere la reliquia, siamo solo state sfortunate.»

«Sicuro...» le diede di lungo lei, scuotendo la testa.

Anche Fenris si era alzato, recuperando la grande spada a due mani appoggiata sotto il tavolo. «Beh, verrò anche io. Non ho nulla di meglio da fare, in fondo.»

Aveline li squadrò interdetta. Marian, intercettandola, rispose con una smorfia.

«Sono molto meglio di quanto sembrano, fidati.»

«E invece lei sembra esattamente una Guardia Cittadina!» Replicò Isabela, offesa. «Finirai per rovinarmi la reputazione, Marian, nessuno vorrà più frequentarmi dopo avermi vista con templari e guardie, accidenti.»

«Potrai prenderti finalmente una pausa da tutti i tuoi impegni serali, quindi?» La sbeffeggiò lei mentre uscivano.

«Tsk, lo dici solo perché così speri di essere l'unica compagnia che mi rimanga...»

Marian ammiccò nella sua direzione, arricciando le labbra. «Ovviamente.»

Aveline sbuffò così sonoramente da sembrare una teiera, ma le due non ci fecero caso.



 

La Costa Ferita, con il suo susseguirsi di insenature pietrose e scogliere a picco sul mare, era uno spettacolo meraviglioso, almeno per le prime due o tre volte. Poi, superato l'iniziale stupore e iniziato a faticare per gli stretti e tortuosi sentieri che si snodavano tra le alture, diventava ben presto una gigantesca rottura di scatole.

Stavano appunto scalando una collina particolarmente dissestata quando un Qunari grande e grosso si sporse da una roccia poco sopra di loro, richiamando la loro attenzione.

I quattro portarono subito le mani alle armi, pronti ad attaccare, ma quello rimase immobile, l'enorme spada sulle spalle, fissandoli inespressivo. «Non procedete oltre, umani.»

Sentì il risolino di Isabela ancora prima che il Qunari finisse di parlare.

«E perché dovremmo darti ascolto, Qunari?» Ribattè Marian, la mano stretta attorno all'elsa della spada.

Quello scosse la testa. «Sono state anche le parole degli sprovveduti che vi hanno preceduto qualche minuto fa... Eppure se ne stanno pentendo, lo so per certo. Comunque, non sono Qunari, ma Tal-Vashoth, rinnegato dal Qun. E sulla cima di questa collina si sono stabiliti alcuni miei simili, rubando e uccidendo i viaggiatori abbastanza sprovveduti o sciocchi da non badare ai miei avvertimenti.»

«Cos'è, una trappola?» Chiese Isabela, incredula. «Non lo stai facendo bene.»

Il Tal-Vashoth corrugò la fronte. «Non sono come loro. Io vendo la mia spada per denaro, ma loro hanno scelto di condurre una vita di furti e omicidi, pur di non svendere la loro spada e la loro dignità. Io sono peggio, forse. In ogni caso, vi ho avvertiti.»

«Quelli... hai parlato di qualcuno che è passato di qui poco fa?» Lo interrogò Aveline, preoccupata. «Erano per caso dei mercenari?»

A Marian si gelò il sangue nelle vene. Se gli Inverni avevano trovato Seamus, e per malaugurato caso avevano preso quel sentiero...

«Sì, lo erano. Non tutti però, tra loro c'era un bas che non portava nemmeno un'arma.»

“Merda.”

Si scambiarono un rapido sguardo d'intesa. «Grazie per l'avvertimento.»

Con grande delusione del Tal-Vashoth, iniziarono a salire di gran carriera, le armi in pugno.

Superata una scarpata, i rumori dello scontro in corso fecero loro allungare il passo.

Arrivarono quasi correndo in cima alla collina, trovandosi però uno strano spettacolo. I mercenari che stavano combattendo contro una dozzina di Tal Vashoth non erano gli Inverni, bensì una scalcagnata masnada di gente che a malapena poteva dirsi in grado di reggere un'arma. A terra vi era ormai più di un cadavere, mentre i Tal-Vashoth sembravano non aver subito perdite.

«Possiamo anche andarcene...» Iniziò Isabela, ma Marian non sentì nemmeno il resto della frase, già correva verso il centro dello scontro, individuando un mago Tal-Vashoth e neutralizzandolo con un'aura antimagia. Colto di sorpresa, quello non fece in tempo a girarsi che si ritrovò entrambe le spade nel costato. Le liberò poi con uno strattone, schivando di lato per evitare la carica di un altro di quei giganti, l'ascia a due mani che fendeva l'aria con un sibilo.

Aveline, a qualche metro da lei, aveva già buttato a terra uno degli avversari, ingaggiandone un altro e dando il tempo a quegli incapaci mercenari di riprendere fiato.

Marian schivò di nuovo, il Tal-Vashoth di fronte a lei che faceva roteare l'arma sopra la testa per poi calarla su di lei con forza. Spostandosi di lato, lo ferì ad un fianco, venendo poi colpita da dietro da qualcosa, che le fece perdere l'equilibrio e caracollare in avanti.

L'avversario con l'ascia la sollevò di nuovo, cacciando poi un urlo di dolore, l'elsa di un pugnale conficcata nell'orbita destra.

«Centro!» Urlò Isabela, sfrecciandole affianco e volteggiando in aria per un attimo, prima di aggrapparsi alle corna del secondo Tal-Vashoth e piroettargli intorno. Quello cadde poi per terra, la gola recisa e un fiotto di sangue che ne fuoriusciva.

Marian si sbarazzò anche dell'altro, andando poi ad aiutare Fenris che ne stava tenendo a bada due contemporaneamente.

Qualche altro affondo e imprecazione più tardi, un po' ammaccati e doloranti, si fermarono a riprendere fiato, cadaveri tutt'attorno. Bu, fiera di sé stessa e illesa, le scodinzolò accanto, contenta.

«Brava cucciolona!» Si congratulò la padrona, grattandola dietro le orecchie.

«Cambiate mestiere, non fa per voi.» Suggerì Isabela ai mercenari che li guardavano sconvolti.

Marian poteva giurare che un paio di loro se la fossero fatta addosso, ma l'importante era che nessun altro ci fosse rimasto secco. E che lei e i suoi compagni non fossero rimasti feriti seriamente.

«State tutti bene?» Chiese Aveline, ripulendosi la guancia dal sangue, un taglio sotto lo zigomo. «Per il Creatore, cosa è venuto in mente a voialtri di arrampicarvi fin qui e farvi massacrare come imbecilli?!» Inveì contro gli uomini, che incurvarono le spalle, risentiti. Un paio lanciarono uno sguardo verso alcuni barili di legno.

Incuriosita, Marian fece lo stesso. «Oh.» Dietro di essi, era nascosto un nano, gli abiti da mercante ora inzaccherati di fango e sangue.

Scoperto, quello si alzò ripulendosi alla bell'e meglio, accennando un inchino. «Ah, siete arrivati proprio nel momento giusto. Questi deficienti non valgono la metà di quello che li ho pagati, davvero, avrei dovuto badare meno alle spese...» Si guardò attorno con aria soddisfatta. «Almeno questi Tal-Vashoth sono morti, sì? Una bella liberazione.»

«Cosa ci fate qui?» Lo apostrofò Aveline, basita.

Il nano si grattò la barba con una smorfia. «Sono Javaris Tintop, signora. Ho stretto un accordo con l'Arishok per far fuori qualcuno dei loro disertori, in cambio di una merce particolare e...» Si strinse nelle spalle. «Forse dovevo scegliere meglio, ecco.»

Aveline assottigliò lo sguardo. «Che merce, esattamente?»

«Ah...» il nano si grattò di nuovo la barba, evasivo. «Nulla di importante, ma in ogni caso, il piano è riuscito. Grazie anche a voi, ovviamente.» Si corresse subito. «Ottimo lavoro.»

«Veramente non sareste vivo senza di noi, altro che “anche”.» Ribatté Aveline. «E nonostante stessimo facendo solo il nostro lavoro, siete stato sciocco e avventato.»

«Sì, sì, lo so... non accadrà più.»

Aveline sbuffò, dando poi le spalle al nano che cercava di condirla via. «Andiamocene, stiamo perdendo tempo prezioso.»

Marian lanciò un ultimo sguardo al nano dall'aria sospetta, chiedendosi cosa diamine avesse contrattato con l'Arishok. Da quello che dicevano in giro, il Qunari non sembrava il tipo da assoldare incapaci del genere fuori dal Qun per... cosa, sbarazzarsi di qualche Tal-Vashoth? C'erano abbastanza Qunari a Kirkwall per occuparsene da soli, invece che andare a chiedere una mano in giro, soprattutto ad elementi come Javaris Tintop.

Scosse la testa, finendo di ripulire la lama della daga corta e rinfoderandola. «Spero vivamente che Seamus stia solo facendo un soggiorno in qualche grotta, ne ho già abbastanza di questi Qunari.»

«Preferivo annoiarmi all'Impiccato.» Rincarò la dose Isabela, sistemandosi i calzari.

«Io no, almeno ho smesso di perdere soldi.» Commentò Fenris. A Marian non sfuggì l'occhiata interessata dell'elfo, puntata verso la donna piegata in avanti.

Scendendo giù per la collina, incontrarono di nuovo il Tal-Vashot che li aveva avvertiti.

«È ora di trovarsi un altro passatempo!» Lo sbeffeggiò Isabela dopo che gli ebbero riferito che il sentiero era ormai libero. Quello, se era rimasto sorpreso, non lo diede a vedere.



 

Trovarono le tracce degli Inverni dopo nemmeno un'ora. Seguendole fino ad un'insenatura della baia, scoprirono un piccolo bivacco con una bella vista sulla scogliera, al riparo dal vento e dalla pioggia grazie ad una piccola grotta adiacente.

«Proprio un bel posto dove passare una serata...» Commentò Isabela, annusando l'aria salmastra portata dalla brezza fredda.

«Se ti piace svegliarti piena di lividi e con la schiena gelata...»

La piratessa ridacchiò, zittendosi subito dopo. Da dietro la parete rocciosa, spuntarono alcuni uomini armati di tutto punto, le insegne degli Inverni che spiccavano sugli spallacci. «Eccoli.»

Trascinavano un ragazzo dai capelli scuri, vestito in abiti eleganti, che riconobbero subito come Seamus, il figlio del Visconte Dumar. «Tu... vashedan!» Urlava, strattonando la donna che lo teneva in una morsa ferrea nel tentativo di liberarsi. «L'hai ucciso, era mio amico! Ashaad-»

Ginnis lo zittì con un manrovescio dritto sulla mascella. «E taci un attimo!» Ringhiò, buttandolo poi a terra. «A furia di fraternizzare con quelle bestie, usi pure le loro parole. È per questo che ti stiamo riportando a casa.» Scoppiò in una risata derisoria. «Forse hai fatto ben più che amicizia con quel coso... Che schifo.»

«Non parlare di Ashaad in quel modo, puttana basra!» Ribattè il ragazzo, cercando di rialzarsi.

La mercenaria lo sbattè di nuovo a terra, tenendolo fermo con un piede premuto sul petto. «Chiudi quella cazzo di bocca. Dovrei tagliarti la lingua e farmi pagare di più per averti riportato finalmente incapace di blaterare stronzate!»

«Ora basta!» Tuonò Aveline, facendosi strada verso di loro, le armi sguainate. «È il figlio del Visconte, quello, mostra un po' di rispetto!»

Le mani di Ginnis volarono verso le spade corte che portava alla cintura, i suoi uomini che scattavano sull'attenti. «Voi.» Ringhiò, riconoscendole. «Toglietevi di mezzo, la ricompensa è mia.» Fece un passo indietro, permettendo al ragazzo di mettersi a sedere.

«Seamus, cosa è successo?» Lo interrogò Marian, aiutandolo a rialzarsi.

Lui le strinse il braccio, lanciando un'occhiata carica d'odio verso gli Inverni. «Hanno ucciso il mio amico, Ashaad. Non lascerò che vengano pure pagati per quest'omicidio!»

Ginnis contrasse la mascella. «Non ci provate, quei soldi sono nostri.»

Marian si parò davanti al ragazzo, annuendo. «Non preoccuparti, Seamus. Lo vendicheremo.» Fece un cenno con la mano a Bu, che si scagliò con tutto il suo peso sulla mercenaria. Quella, presa alla sprovvista e inesperta a combattere contro un mastino da guerra addestrato, cadde a terra in preda al panico, senza riuscire ad estrarre le spade. Quando la templare le fu addosso, era ormai troppo tardi. La lama della spada lunga si infilò nell'apertura sul collo dell'armatura. Superandola con un salto, liberò la spada in un fiotto di sangue, colpendo il mercenario più vicino e bloccando la sua accetta con l'elsa della daga corta, oltrepassando la guardia dell'avversario e recidendogli l'arteria della gamba. Quello cadde a terra urlando.

Il resto degli Inverni fece la stessa fine della loro comandante, e dopo un acceso scontro si ritrovarono in un lago scarlatto.

«Ugh, non si laverà mai.» Si lamentò Isabela, guardandosi la camicia un tempo bianca. Lanciò uno sguardo a Fenris che, ricoperto di sangue dalla testa ai piedi, si stava fasciando un braccio ferito con un pezzo di stoffa. «Magari è la volta buona che impari a metterti le scarpe...» Suggerì, alludendo al macello per terra.

«Non ho chiesto consigli di stile, mi sembra.» Ribattè quello, stringendo tra i denti un lembo di stoffa e annodandoselo stretto.

Marian si premette una mano sul fianco, dove sapeva stava spuntando un grosso livido. L'armatura aveva attutito il colpo, ma le placche si erano ammaccate verso l'interno e ora le facevano più male che altro. Armeggiò con le fibbie, allargandole. «Almeno ce ne siamo liberati.»

«Hanno parlato di altri, in arrivo.» Li avvisò Seamus, la voce che tremava mentre cercava di non soffermarsi su tutti quei cadaveri. «Dovremmo...»

Aveline, zoppicante ma ancora stabile, gli strinse una spalla. «È ora di tornare a casa.»

«Facile a dirsi, per voi.» Disse il ragazzo, voltandosi e fissando un punto poco lontano da loro.

Marian lo seguì con lo sguardo. A terra, c'era il corpo di un Qunari, le corna e i capelli bianchissimi intrisi di sangue rappreso. Sospirò. «Ci dispiace essere arrivati tardi, Seamus.»

Quello scosse la testa. «Mio padre ha mandato dei selvaggi a fare il suo lavoro, solo perché non ha mai voluto prestarmi ascolto. Li credono delle bestie, ma sono-» Si morse un labbro, abbassando il capo. «Molto, molto diversi.»

«Possiamo seppellirlo, o...» propose Aveline, guardandosi attorno.

Sorprendentemente, fu Fenris a risponderle. «I Qunari non hanno un rituale per i morti. Un cadavere non è degno di attenzioni speciali.»

«Sì, non è più Ashaad.» Gli diede ragione Seamus, gli occhi che tradivano la sorpresa. «C'era molto che non riuscivo a comprendere, con lui, ma valeva la pena tentare.» Diede le spalle al corpo, allontanandosi di qualche passo. «Riportatemi da mio padre, devo provare a parlarci.»



 

Il siniscalco Bran le fissò soddisfatto. «Sapevo che potevamo contare su di voi.»

Marian chinò leggermente il capo.

«Abbiamo fatto solo il nostro dovere.» Replicò Aveline.

«Se potessimo parlare con il Visconte...»

«Ah, certo. Prego, da questa parte, vi sta aspettando.» L'uomo fece loro strada oltre la sala d'attesa, bussando sulla porta di legno e aprendola, facendosi poi da parte per lasciare entrare loro due e Seamus.

Quando il Visconte notò suo figlio, parve illuminarsi un poco, gli occhi che brillavano sul volto preoccupato. «Seamus! Stai bene? Pensavo di averti perso...»

«Sì padre.» Rispose secco il ragazzo, la postura rigida.

Bran si schiarì la voce, indicando con un cenno della mano le due donne. «Visconte, permettetemi di presentarvi Marian Hawke, dell'Ordine Templare, e Aveline Vallen.»

Dumar annuì. «Sì, ci siamo già visti un paio di volte, ma non ho mai avuto l'occasione di parlare con voi direttamente... non so come ringraziarmi, mi avete riportato mio figlio sano e salvo. Spero non vi abbia causato problemi.»

Marian spostò il peso da un piede all'altro, a disagio. «No, signore, non abbiamo riscontrato grosse difficoltà, almeno non come ci saremmo aspettati.»

«Che intendete dire, Ser Hawke?»

«Soltanto Hawke, signore, sono ancora una recluta.» Lanciò un'occhiata a Seamus. Inspirò. «In realtà, signore, non c'era alcun bisogno di un salvataggio. Ci siamo scontrati con la compagnia mercenaria degli Inverni, però, che avevano ucciso ingiustamente il Qunari che era con vostro figlio e minacciato poi la vita di Seamus stesso.»

Il Visconte sgranò gli occhi, incredulo. «È vero, quello che mi dite?» Si voltò verso il figlio, avvicinandosi a lui di qualche passo. «Sono contento che tu sia salvo, Seamus.»

Il ragazzo incrociò le braccia al petto, furente. «Gli Inverni hanno ucciso il mio amico, perché voi avete messo una taglia sulla sua testa!»

«Non essere sciocco, la ricompensa era per riportarti a casa, Seamus, non per uccidere il Qunari. E comunque, tutto dava a pensare che ti avesse catturato durante uno dei tuoi soliti giri sulla Costa.»

«Non era un rapimento.» Ribattè il figlio, furente. «Ero con Ashaad. Il Qunari. Non sono mostri da temere, e se mi avessi dato ascolto lo sapresti. E Ashaad sarebbe ancora vivo. Se solo provassi a capire, anche il resto della città potrebbe-»

«Meglio che ti abbiano creduto rapito che sotto la loro influenza!» Lo interruppe il padre, scuotendo la testa. «Il sospetto che possano arrivare fino alla nostra famiglia... no, non possiamo permetterlo.»

«Padre-»

«Basta così.» Il Visconte fece cenno al siniscalco di scortarle fuori.

Prima di varcare la soglia, la templare intercettò lo sguardo del ragazzo, quasi supplichevole. Si morse il labbro, fermandosi di colpo. «Signore. Se posso permettermi...» Poteva quasi sentire l'occhiataccia di fuoco di Aveline sulla nuca. «Seamus ha studiato la cultura dei Qunari e ci è entrato in contatto direttamente senza farsi influenzare dai pregiudizi. Forse potrebbe giovare dargli ascolto, per... favorire un clima migliore con l'Arishok e i suoi.»

Il Visconte la squadrò con disappunto. «Proprio una recluta dell'Ordine mi suggerisce di comprendere quegli eretici?»

Il siniscalco si frappose tra loro, allarmato. «Sono affari privati, non-»

«No, Bran, lasciatela parlare. Ha espresso il suo punto di vista, che ce lo spieghi.»

Marian deglutì, lo sguardo di tutti puntato su di lei. Seamus annuì un poco, lo sguardo teso. «In città hanno tutti paura, signore. Se si sparge la voce del rapimento del figlio del Visconte ad opera di un Qunari, daremo soltanto un altro motivo per odiarli, quando dovremmo fare di tutto per evitare uno scontro. È stato ucciso ingiustamente uno dei loro, oggi. Forse non dovremmo dichiararli rapitori di fronte all'intera Kirkwall.»

Marlowe Dumar non mosse un muscolo. Rimase a fissarla intensamente per qualche lungo istante, prima di parlare di nuovo. «E sia, parlerete voi stessa con l'Arishok, allora, informandolo di come è morto il suo... soldato. Ora andate.»

«Ashaad.» Lo corresse Seamus in un soffio. «Grazie, Ser Marian.»

Marian chinò rigidamente il capo, girando i tacchi e uscendo dall'ufficio. Il siniscalco le scoccò uno sguardo furente, ma le congedò senza aggiungere altro. Aveline, invece, sembrava avere qualcosa da dire e tutte le intenzioni di farlo.

«Non mi pare sia stata una buona idea.»

«Qualcuno doveva pur dirglielo. E Seamus-»

«Non è mai saggio intromettersi negli affari di famiglia altrui, Marian. Soprattutto se è qualcuno che può farci perdere la nostra posizione.»

«Da quando ti interessa della tua posizione?!» Ribattè Marian, arrabbiata.

«Cosa hai ottenuto?!» Le chiese Aveline, tenendole testa. «Soltanto che il Visconte ti affibbiasse l'incarico di parlare con l'Arishok, e prenderti possibilmente tutta la colpa della morte di quell'Ashaad. E se si spargesse la voce di uno scontro tra i Templari, la Guardia Cittadina e i Qunari...» Scosse la testa. «So che stavi cercando di fare la cosa giusta, e forse Seamus non ha tutti i torti. Però, i Qunari sono noti per cercare di convertire quanti più possono al loro Qun, e il Visconte non può permettersi di perderci la faccia. La sua situazione è troppo precaria già così.»

Marian strinse i denti. «E possiamo permetterci allora di perdere la città, nel caso qualcuno decidesse di cacciare i Qunari dal porto? La gente è spaventata, Aveline, e il Visconte e la Chiesa non stanno facendo nulla per placare gli animi.»

«Sono qui da mesi ormai, se ne andranno presto.»

Sospirò, mentre uscivano dal Palazzo e recuperavano Bu all'ingresso. «Lo spero.»



 

L'accampamento dei Qunari occupava una piccola area del porto, che comprendeva qualche magazzino e una piazza abbastanza grande per ricevere i pochi visitatori a cui era permesso entrare.

Marian si sorprese di vedere che non erano le sole.

«Javaris Tintop.» Lo riconobbe Aveline con un grugnito di disgusto.

Il nano che avevano salvato solo poche ore prima dai Tal-Vashoth era ora impegnato a discutere con l'imponente Qunari seduto sullo scranno in cima alla piccola scalinata sopra la piazzetta. O meglio, sembrava più che Javaris stesse cercando di convincere a suon di chiacchiere l'altro che, nel momento stesso in cui le due avevano varcato l'ingresso all'accampamento, aveva smesso di prestargli la benchè minima attenzione.

Notando di averlo perso, il nano si voltò indietro, un'espressione di trionfo a comparirgli sul volto. «Ah, ecco le mie colleghe! Prego, confermategli che ci siamo sbarazzati dei Tal-Vashoth...»

Marian sbuffò, superandolo senza degnarlo di un secondo sguardo. «I Tal-Vashoth sulla collina sono morti, ma di certo non per merito di questo qui. Si era cacciato in un guaio troppo grosso per lui.» Disse, accennando poi un inchino, incerta su come si dovesse approcciare al Qunari al comando. «Arishok, sono Marian Hawke, dell'Ordine Templare. Questa è Aveline Vallen, della Guardia Cittadina. Abbiamo una faccenda importante di cui parlarvi.»

Il Qunari le fissò inespressivo, alzandosi in piedi. «Se si tratta dei Tal-Vashoth, Marian Hawke, non ho intenzione di dare la ricetta del nostro Gaatlok a nessun bas.»

Marian scosse la testa. «No, si tratta di un... affare più delicato. E ufficiale, veniamo per conto d-»

«Ma i Tal-Vashoth sono morti!» Insistette Javaris, interrompendola. «Dovrà pur valere qualcosa, no? Pensate ai profitti che potrete ricavare una volta che-»

«Sono state queste due umane ad ucciderli, nano.» Lo sovrastò l'Arishok, pur mantenendo un tono di voce basso. «Non c'è onore nel far fare il lavoro sporco agli altri e prendersene il merito. Siete state ricompensate per avergli salvato la sua vita senza valore?» Chiese alle due.

Spiazzata, Marian fece segno di no. «Non ce n'è bisogno. Non l'abbiamo fatto per denaro, erano un pericolo per i viaggiatori e li abbiamo eliminati.»

L'Arishok annuì. «Forse c'è qualcuno con un briciolo di onore, in questo posto. Nano, sparisci dalla mia vista.» Ad un cenno del loro capo, un paio di Qunari armati di picca scortarono fuori Javaris, che imprecò qualcosa tra i denti. «Ditemi perché siete qui, Marian Hawke e Aveline Vallen.»

Si scambiarono uno sguardo di sottecchi. «Il figlio del Visconte Dumar, Seamus, negli ultimi tempi era spesso in compagnia di un vostro esploratore, Ashaad...»

«Ashaad è un titolo, ma so di chi parli. Gli era stato assegnato il compito di mappare la Costa Ferita e di riportare le sue scoperte.»

«Il Visconte, preoccupato per suo figlio, ha promesso una ricompensa a chi l'avrebbe portato a casa sano e salvo. Non immaginava che Seamus stesse trascorrendo del tempo con un amico, ha subito temuto il peggio. Purtroppo, la compagnia di mercenari che li ha scoperti ha ucciso Ashaad senza voler sentire ragioni.» Raccontò, attenta alla minima reazione dell'Arishok.

Ci fu un lungo silenzio, nel quale il Qunari non mosse un muscolo. Alla fine, sospirò profondamente. «Siete venute qui ad avvisarmi, quando potevate cercare di nascondere l'accaduto. Vi fa onore.» Disse, guardandole fisso. «Questi mercenari, hanno riportato il ragazzo in città?»

«No, Arishok. Li abbiamo uccisi quando abbiamo scoperto quanto accaduto. Seamus ha provato a vendicare Ashaad e sarebbe stato ferito anche lui se non fossimo arrivate in tempo a sbarazzarci degli Inverni.»

«Siete state oneste.» Replicò quello dopo un'altra lunga pausa. «Potete andare. Panahedan.»

Chinarono il capo un'ultima volta, impazienti di andarsene da quel posto.

«Credi che sia servito a qualcosa?» Le chiese Aveline, appena furono abbastanza lontane dall'accampamento.

«Non ne ho idea. Almeno è stato un gesto di rispetto, sembra non essergli dispiaciuto.»

«Strano. Ha la faccia di uno a cui dispiace qualsiasi cosa.»

Grugnì, stiracchiando sotto l'armatura che le doleva per i lividi e graffi accumulati in quella giornata. «Non vedo l'ora di togliermi di dosso tutta questa roba e di farmi un bagno caldo.»

«Concordo. Ho abbastanza polvere addosso che non rifiuterei nemmeno un tuffo in quell'acqua.» Ridacchiò Aveline, indicando il molo a qualche metro da loro. «O quasi. A domani, Marian.»

«A domani, Aveline.»

La scarpinata fino alla Forca sembrò più lunga e faticosa del solito.

Quando finalmente entrò negli alloggi delle reclute, raggiungendo il proprio letto, si dovette costringere a non crollarci sopra ancora vestita. Iniziò a spogliarsi, litigando con ogni singola fibbia. Dovette mordersi la lingua un paio di volte per non gemere dal dolore, ma dopo qualche minuto era vestita solo coi calzoni e la camicia leggeri.

Si esaminò il fianco con aria critica. L'armatura ammaccata aveva finito per lacerare la giacchetta di cuoio e la pelle sottostante. La camicia era macchiata di sangue rappreso e la ferita le prudeva terribilmente. Grugnì indispettita, ricoprendosi e afferrando un paio di asciugamani dal baule ai piedi del letto prima di dirigersi verso i bagni.

Le grandi vasche di acqua calda erano quasi deserte, essendo ormai ora di cena. Due donne stavano chiacchierando immerse fino alle spalle, e a malapena la degnarono di uno sguardo. Marian le riconobbe come Cavalieri e le salutò con un cenno del capo prima di immergersi a sua volta in una vasca libera, allungando una mano per prendere la saponaria e una pezzuola. Si sfregò delicatamente le spalle, ignorando i muscoli che le dolevano.

Il tempo sembrò essere trascorso in un attimo.

Si risvegliò dal torpore, scoprendo di essere rimasta sola. Sbadigliò sonoramente, finendo di sciacquarsi i capelli e avvolgerli nell'asciugamano più piccolo. Lo stomaco le ricordò rumorosamente che aveva saltato il pasto.

Si issò con fatica fuori dalla vasca, intontita dall'aver passato così tanto tempo nell'acqua fumante. Le vasche erano mantenute calde da un sistema di ricambio dell'acqua, che restata a temperatura grazie ad una serie di rune magiche, permettendo di fare un bagno più o meno a qualsiasi orario. La mattina e il tardo pomeriggio erano così affollati che a malapena ci si poteva stare il tempo strettamente necessario, ma almeno si riusciva a lavarsi di dosso il sudore e la polvere.

Rientrò ai dormitori femminili, trovando che la maggior parte delle reclute stavano già dormendo della grossa.

«Marian!» Esclamò Ruvena, appoggiando il libro che stava leggendo a lume di candela sul tavolino accanto. «Stai bene?»

Cercò di sorridere. «Sì, sono solo stanca, davvero.»

«Ho visto la tua armatura.»

«Non è stato un pomeriggio esattamente rilassante.» Ribattè evasiva. Il suo stomaco brontolò di nuovo mentre si infilava dei pantaloni e una maglia puliti. «Immagino che per la cena sia tardi?»

L'altra sbuffò. «È notte fonda, vedi tu...»

«Devo essermi addormentata nella vasca. Capita, a volte.» Afferrò la spazzola, cercando di domare i lunghi capelli corvini. «Farò comunque un salto in refettorio, magari gli è rimasto qualcosa.»

I corridoi erano praticamente deserti. Incrociò soltanto un templare di pattuglia, che la salutò cordialmente augurandole la buona notte.

I lunghi tavoli del refettorio erano stati ripuliti, la sala completamente sgombra. Prese quindi la strada per le cucine, scendendo al piano inferiore dalla scala di servizio. Un paio di elfi si stavano affaccendando a pulire ripiani e pavimenti, mentre uno dei cuochi rovistava in dispensa.

Marian si schiarì la voce, attirando la loro attenzione. «Scusate...?»

«Ah, prego, prego!» La salutò il cuoco senza nemmeno voltarsi. «Se avete fame, è rimasto un po' di montone, Luvi, Mei, provvedete.»

Le versarono una generosa porzione di carne sugosa, riempendo una ciotola intera. Ringraziò calorosamente i due elfi e il cuoco, risalendo al piano si sopra e accomodandosi ad uno dei tavoli. Dopo poco, però, il refettorio le sembrò troppo deprimente per mangiarvi da sola, le fiamme delle torce magiche alle pareti l'unica compagnia che sembrava viva.

Portò la ciotola all'esterno, ringraziando che non facesse troppo freddo per sedersi a cenare su una delle balconate dell'edificio che davano sul cortile.

Finito di mangiare, si appoggiò con la schiena al muro, ispirando profondamente l'aria frizzante della sera. Chiuse gli occhi.

«Se hai intenzione di affrontare la Veglia così, Marian, non hai molte speranze.»

Si risvegliò di scatto, allarmata, voltandosi verso il nuovo arrivato. «Capitano, io-»

Il Capitano Cullen accennò un sorriso sul volto tirato. «Non preoccuparti, era una battuta.»

“Da quando sa fare dello spirito?” Si chiese lei, tirandosi in piedi e soffocando un gemito. «Devo essermi addormentata dopo...»

«Sì, ho sentito che avete avuto una giornata movimentata.»

Si zittì immediatamente, temendo una ramanzina in arrivo.

Con sua grande sorpresa, il sorriso del Capitano si allargò ulteriormente. «Il Siniscalco Bran ci ha recapitato una lettera dal Visconte in persona. Hai fatto bene ad intervenire per riportare Seamus Dumar a casa sano e salvo. Solo...»

«Signore, per la faccenda dei Qunari-»

L'altro alzò una mano. «So che le tue intenzioni sono buone, Marian, ma per il momento la Comandante non desidera che ci immischiamo negli affari dei Qunari.»

«Lo so, ma signore... mi sembrava solo giusto spiegare l'accaduto all'Arishok, prima che incolpasse tutti per l'errore di pochi. C'è già abbastanza tensione in città.»

Cullen annuì. «Capisco, e hai fatto bene. Ma per il futuro, preferirei che non avessi altri contatti con i Qunari, e soprattutto che tenessi a freno la lingua in presenza del Visconte. O dei tuoi superiori.»

Marian abbassò la testa, sconfitta. «Sì, signore. Non accadrà più.»

«Ti sei meritata un'altra raccomandazione, recluta. Ormai è solo questione di settimane.»

Sorpresa, risollevò lo sguardo, non riuscendo a trattenere l'entusiasmo. «Davvero?»

Il Capitano ridacchiò sotto i baffi. «Ora vai, farò finta di non averti visto infrangere il coprifuoco. E vedi di metterti una benda su quella ferita, o finirà per infettarsi.» La congedò indicandole il fianco, dove una macchia di sangue era spuntata sulla camicia pulita.

Si trattenne dall'imprecare.




















Note dell'Autrice: ho sempre pensato che tra Ashaad e Seamus ci fosse non un'amicizia ma un rapporto romantico... povero Seamus, oltretutto con un padre così. Per il resto, Javaris Tintop è insopportabile e l'Arishok è sempre un raggio di sole, come hanno potuto scoprire Marian e Aveline. 
Comunque il lavoro dei sogni a Kirkwall è aprire una tintoria, con tutto il sangue che scorre ci si guadagna quasi quanto a contrabbandare lyrium.
Al prossimo capitolo! :D

  
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