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Autore: mar89giss93    10/01/2019    1 recensioni
Richard Smith, economista statunitense, torna a casa dopo aver passato una serata in un locale a luci rosse, "Elusive Seduction". Ossessionato da una donna di cui ha intravisto solo un tatuaggio, chiederà aiuto ad una psicologa che cercherà di distoglierlo da questa "seduzione sfuggente". Scoprirà chi si cela dietro il tatuaggio oppure continuerà a cadere nel peccato?
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Dopo la strana e imbarazzante conversazione avuta con mia madre, ho riflettuto a lungo sull’intera faccenda.
Devo trovare il modo di fare ammenda con Eleanor Banks.
Questa ora deve essere, o meglio, è la cosa primaria per me.
Non devo lasciarmi prendere da altro perché non sarebbe giusto: l’ho trattata in modo indegno e questo solo a causa della mia follia.
È non è certo una giustificazione, anzi!
Sono ancora immerso in questo strano vortice che mi porta a compiere azioni che non avrei mai pensato di affrontare ma come ha detto mia madre – un uomo deve prendersi le proprie responsabilità - ed io non sono certo come mio padre. Ho sbagliato e non mi tirerò indietro!

Con la consapevolezza che non sarà affatto facile riuscire nel mio intento, salgo le poche scale che mi separano dallo studio della dottoressa, cercando di preparare, per la milionesima volta, le parole giuste da rivolgerle.
Ma, purtroppo, solo qui a due passi da lei mi rendo conto che non esiste alcuna parola giusta: devo solo essere me stesso e scusarmi sinceramente.
Sul pianerottolo noto che la porta d’ingresso è completamente aperta.
Avvicinandomi cauto, vedo che in sala d’aspetto ci sono la dottoressa Banks, Juliet e una ragazza che non ho mai visto prima.
Nessuna di loro si è accorta della mia presenza quindi decido, con l’aiuto di un leggero colpo di tosse, di palesarmi davanti ai loro occhi. Immediatamente si girano nella mia direzione e subito la dottoressa, con sguardo truce, prende la parola: “Vedo che non ha perso il vizio di piombare qui senza appuntamento!”
Cazzo! È ancora tremendamente arrabbiata. “Dottoressa, guardi sono qui per dirle che mi dispiace”
Dopo un risolino sprezzante mi risponde: “La cosa non mi interessa affatto, signor Smith. Vada fuori immediatamente! Altrimenti chiamo la polizia!”
Scuoto leggermente il capo e le rispondo: “Ma io voglio solo spiegare”
Ma la dottoressa non mi concede diritto di replica. Subito si avvicina alla porta e la chiude sulla mia faccia! Un’azione che mi costringe a fare due passi indietro per non trovarmi, oltre ad un occhio livido, anche il naso rotto.
Sospiro piano.
Sapevo che non sarebbe stato semplice ma pensavo che mi concedesse l’opportunità di spiegarmi.
Insomma una psicologa non dovrebbe essere comprensiva? O, quanto meno, darmi il beneficio del dubbio?
Cazzo! Che situazione!
Mi sento tremendamente in colpa e poi, se devo essere sincero, vedere Juliet ferma e immobile senza prendere le mie difese mi ha spiazzato!
Quando ho incrociato, per un breve attimo, il suo sguardo i suoi occhi erano freddi e questo, dopo la chiacchierata di qualche sera fa, non me l’aspettavo.
Ah… Le donne… non le capirò mai! È una causa persa!
Comunque devo solo trovare il modo di chiedere scusa alla Banks, non posso farmi prendere da altri pensieri!
Domani mattina proverò a chiamare al suo studio.
Magari una notte di sonno la renderà più clemente e aiuterà me a capire come affrontare la situazione.

Sono già le sette della sera.
Ho passato il pomeriggio a leggere interi fascicoli e tutte le e-mail che stanno tanto a cuore a Finn.
Purtroppo devo ammettere che ha ragione: devo decidermi a darmi una mossa.
Il lavoro, in compenso, è riuscito a distrarmi ma, sono certo, che il peso che sento allo stomaco non mi farà chiudere occhio questa notte.
Al diavolo! Ho deciso: chiamo ora! Aspettare fino a domani è inutile… e poi come si dice: via il dente, via il dolore!
Se andrà male potrò sempre ritentare domani mattina. Spero solo che la dottoressa non mi mandi a fanculo una volta per tutte!
Prendo subito il mio smartphone, che giace sul piccolo piano bar di casa, e compongo il numero.
Cercarlo in rubrica è inutile: lo conosco a memoria. Sono davvero patetico!
Dopo un paio di squilli sento una voce sconosciuta rispondere: “Pronto?”
Eh? Come pronto? Cazzo, ho sbagliato numero.
Di certo una segretaria non risponderebbe mai così ad una chiamata d’ufficio e poi questa non è certo la voce della biondina.
Subito rispondo: “Scusi, forse ho sbagliato numero.”
“Chi cerca?” La signorina all’altro capo del telefono non vuole mollare la presa. Mah… tentar non nuoce!
“Cerco la dottoressa Eleanor Banks”
Con voce squillante mi risponde: “Non ha sbagliato! È il numero giusto, dica!”
Ma cosa succede in quello studio? Che sia la ragazza che era con loro questa mattina?
Meglio non indagare: anzi forse sarà più facile portare a termine la mia idea: “Ah ok, vorrei un appuntamento domani con la Dottoressa, se è possibile.”
“Un attimo che chiedo. Lei è?”
“Richard Smith”. Mentire non ha senso, si incazzerebbe ancora di più.
La voce squillante è sparita. Che stia chiedendo alla Banks? Lascia la cornetta senza, quasi, dirmi nulla. Ma chi è questa incompetente e dov’è Juliet?
Sento afferrare il telefono e subito la voce della svitata mi chiede: “È ancora in linea?”
“Si, si certo”
“La dottoressa potrà riceverla solo domani mattina alle nove in punto.”
“Va bene, la ringrazi da parte mia. A domani!”
Non ho certo intenzione di fare il prezioso.
Questo può solo voler dire una cosa: la Banks si è calmata e questo mi fa ben sperare.
  
Finalmente ci siamo!
Nello studio trovo solo la bella Eleanor ad aspettarmi.
Di Juliet nemmeno l’ombra. Forse vuole che questo incontro avvenga in modo completamente privato, per non alimentare pettegolezzi tra le mura del suo lavoro, ed io non me la sento di darle torto.
Tuttavia, mi ha accolto con un glaciale buongiorno chiedendomi subito di seguirla nel proprio studio.
Ora qui davanti a lei, in piedi entrambi accanto alla porta, dopo averla chiusa alle sue spalle, non so proprio cosa dirle.
Non so come cominciare. Mi passo una mano sul collo per massaggiarlo nella speranza di allentare la pressione.
Lei al mio gesto incrocia le braccia al petto e alza gli occhi al cielo.
Devo sembrarle un perfetto idiota! Non ha poi tutti i torti.
Decide lei di toglierci dall’impiccio di questo imbarazzante silenzio: “Allora Signor Smith cosa vuole? Si sbrighi e se ne vada!”
Con un respiro profondo, e ad occhi bassi, comincio finalmente a liberarmi: “Mi dispiace. Dico davvero. Ero accecato dalla voglia di fare luce sull’identità di quella donna e non ho pensato alle conseguenze. Le chiedo perdono. Ho assunto un comportamento indegno e anche se mi sentivo provocato da lei, questo non mi giustifica. Le chiedo ancora scusa!”
Dopo il mio piccolo monologo alzo finalmente lo sguardo sul suo viso.
È ancora irritata ma credo di scorgere una punta di comprensione.
Possibile che sia stato così semplice? Questa donna continua a non convincermi.
Intanto la vedo allontanarsi da me e dirigersi verso la scrivania per appoggiarsi contro di essa.
La Banks mi guarda e risponde: “Va bene, scuse accettate. So che non era completamente in sé quindi non pensiamoci più!”

Non posso crederci! Ormai ne sono certo: mi nasconde qualcosa!
Non è possibile un atteggiamento del genere, non dopo il modo in cui mi ha trattato ieri.
Sembra che voglia liquidarmi, ed anche alla svelta. Ma non mollerò di certo.
Nasconde certamente qualcosa e l’unico modo per scoprirlo è quello di provocarla.
Niente di più semplice: infondo sono Richard Smith e quando voglio so essere, ancora, un vero stronzo!
Alzo un sopracciglio e le rispondo: “Wow le dirò: non credevo fosse così facile ottenere il suo perdono!”
La vedo scrutarmi attentamente e subito continuo dicendo: “Chissà, magari non era tanto poi dispiaciuta del mio comportamento, anzi!”
A queste mie parole si rimette dritta in piedi, e furente controbatte: “Signor Smith!” Ecco, lo sapevo. Si allontana dalla scrivania e si avvicina a me con aria minacciosa, continuando a dire: “In questo studio pretendo un atteggiamento maturo! Lei mi ha già causato un sacco di problemi!”
Appoggiandomi al muro spavaldo, le rispondo: “Ah, non esageri adesso!”
Dall’espressione del suo viso noto che è decisamente indignata, perfetto!
“Certo che sì! Lei viene qui, mi fa una piazzata del genere e pensa che questo non abbia delle conseguenze?”
Ecco la mia occasione.
Ti ho portato dove volevo bellezza e adesso non puoi sfuggirmi!
“E allora mi spieghi perché mi liquida così facilmente? Se le ho causato tanti danni perché mi perdona come se nulla fosse?”
A queste mie domande sgrana gli occhi, non si aspettava che giocassi d’astuzia! La vedo portarsi una ciocca di capelli, che è sfuggita alla sua elaborata acconciatura, dietro l’orecchio e rispondermi: “Non è il caso di parlarne. Si accontenti del mio perdono e facciamola finita!”
Detto questo si dirige dietro la scrivania e si accomoda alla propria sedia.
Per lei il discorso è chiuso. Ma per me no! Ora non posso cedere! Ora o mai più!
“Io le chiedo ancora scusa e farò di tutto per rimediare, perché le mie scuse sono sincere.” Appoggio le mani sulla scrivania e guardandola negli occhi continuo: “Ma lei deve dirmi come faceva a sapere che all’Elusive Seduction le donne non sono bendate”
Scuote piano il capo e ad occhi bassi mi risponde: “Signor Smith, questa sua richiesta mi mette in imbarazzo!”
“La prego dottoressa io devo saperlo. È questo che mi ha portato a fare ciò che ho fatto.”
Voglio che capisca, davvero, il motivo che mi ha spinto a farlo: “Io ero assolutamente certo che quella donna fosse lei e che mi avesse riconosciuto. E poi lei sapeva tante cose su di me. Coma fa a sapere tante cose sul mio conto?”

Riduco gli occhi a due fessure. La donna davanti a me sembra aver perso tutto il suo autocontrollo.
Vedo chiaramente, dall’espressione stampata sul suo volto, che sta decidendo se rispondermi o cacciarmi a pedate fuori dallo studio.
Ma dopo solo una manciata di secondi vedo ritornare la solita Eleanor Banks, autoritaria e imperscrutabile.
Guardandomi negli occhi, risponde: “Facciamo un patto: io le dirò la verità ma lei deve promettermi che ciò che dirò non uscirà da questa stanza!”
Immediatamente, le dico: “Ha la mia parola!”
Tuttavia la vedo mettere i gomiti sul tavolo e il mento sul dorso delle sue mani e dirmi: “Dovrà anche spiegarmi il motivo di quell’occhio nero!”
Sospiro. Non ho altra scelta e poi, a questo punto, imbarazzarmi con lei è ridicolo!
Mi accomodo alla sedia posta accanto alla scrivania e comincio a dirle la verità: “D’accordo, comincio io!”
Alzando gli occhi al cielo le dico: “Qualche sera fa sono tornato all’Elusive per cercare quella donna. Questo è un dolce omaggio del bodyguard!”
“Oh, mi spiace!” dice, ma sembra leggermente compiaciuta. È una sadica, senza dubbio!
Subito riprende la parola: “Capisco. Dunque adesso tocca a me!”
“I patti sono patti!” le rispondo pronto.
Ad un tratto la vedo girare la sedia di lato, facendomi vedere come, seducentemente, accavalla le gambe.
La signora è sexy, senza dubbio, ma questo non riuscirà a rendermi meno attento alle sue parole.
“Ebbene, sono stata anche io, tempo fa, una cliente di quel locale” detto questo rimane in silenzio per qualche secondo. Con un cenno della mano la invito a proseguire. Non può credere di cavarsela con così poco.
La vedo stringere le labbra e finalmente apre la bocca per rivelarmi: “L’uomo bendato con cui ho fatto sesso era suo padre! Soddisfatto?”
La vedo rimettere, con un movimento di bacino, la sedia al suo posto originario mentre io sono letteralmente sotto shock.
L’unica cosa intelligente che mi viene in mente da dire è: “Ho bisogno di bere! Ha uno scotch?”
“Si serva pure. Ho del brandy nel minibar!” Mi alzo dalla sedia come scottato e mi servo immediatamente da bere.
Dopo aver svuotato il bicchiere le chiedo: “Dottoressa ma come è accaduto? È stato solo un caso o è successo più volte?”
Riempio ancora il bicchiere, mando giù e le chiedo ancora: “Ha avuto una relazione con mio padre?”
Appoggiandosi completamente allo schienale della sedia mi risponde: “Guardi, non sono tenuta a scendere nei particolari. Posso solo dirle che lei è molto simile a suo padre, più di quanto immagina.”
“E questo cosa accidenti significa?” Massaggiandosi con due dita le tempie, mi risponde: “Si faccia bastare questa risposta!”

Io non so proprio cosa risponderle. Diavolo, non avrei mai pensato a nulla del genere.
Mio Dio, povera mamma. Quell’uomo l’ha sempre e solo presa in giro.
E quel che è peggio e che il destino beffardo mi ha portato a chiedere aiuto ad una delle amanti di mio padre.
Occasionale o meno non fa alcuna differenza. Continua sempre a rovinarmi la vita, in un modo o nell’altro.
Penso questo mentre mi avvicino alla grande finestra posta dietro alla scrivania della Banks.
Se non fosse trincerata dietro al segreto professionale si sarebbe fatta grasse risate con mio padre, parlando dei miei problemi.
So che è una professionista, di questo non ho dubbi. Dio… Volevo anche portarmela a letto!
Che vergogna! Che cazzo di situazione di merda! Che coglione!
I miei pensieri devono essere estremamente chiari o prevedibili visto che, alle mie spalle, sento la voce della dottoressa dirmi: “Avanti non la prenda così. Sa bene come è fatto suo padre!”
Continuando a guardare il paesaggio fuori dalla finestra, un paesaggio fatto di grandi palazzi e di un cielo grigio, le rispondo: “Guardi, per quanto un figlio possa saperlo è sempre un duro colpo!”
Direi che ora è giunto il momento di andare. In questo studio non c’è più nulla per me.
Tutto questo: tutta questa incoscienza, queste domande che non mi facevano dormire la notte, tutti questi mesi sono stati inutili, un semplice scherzo del destino. Ed io mi sento svuotato.
Con passi misurati mi dirigo verso la porta, sto per uscire e lasciarmi alle spalle questo posto.
Prima di afferrare la maniglia, aggiusto il colletto della mia giacca, un modo per riprendere il controllo delle mie emozioni.
Di indossare la maschera degli Smith, come è solito dire mio padre.
Infondo non ha tutti i torti la Banks a dire che siamo molto simili.
Quando sto per afferrare la maniglia sento, ancora una volta, la sua voce distogliermi dai miei pensieri: “Signor Smith, so che non ci rivedremo più. Non in questa veste almeno, ed io ci tengo a darle un ultimo consiglio.” Mentre continuo a darle le spalle la sento prendere un respiro profondo e dirmi: “Torni a casa e dimentichi ciò che le ho rivelato. Pensare a questo non le farà bene e a dispetto di ciò che crede suo padre è molto legato alla sua famiglia e a lei, Richard. E, cosa più importante, dimentichi la fantomatica donna dell’Elusive! Non è sano sentirsi disorientato verso una donna che nemmeno conosce! Non le sembra maniacale far girare il suo mondo attorno ad una fantasia perversa? Lei deve rassegnarsi! Questa donna non vuole saperne di lei. Si sta affannando per qualcuno che non la desidera. Non perda altro tempo!”
Sono stanco di sentirmi ripetere l’ovvio e semplicemente le rispondo: “Addio dottoressa”

Dopo queste parole abbasso la maniglia ed esco dalla stanza.
Mi sento uno stupido.
Mi sento impotente. Ho perso solo tempo.
Percorro il piccolo corridoio che mi porta nella sala d’attesa.
Sto per aprire la porta principale e uscire, per sempre, da qui ma una voce astiosa mi blocca: “Non si usa più salutare?”
Mi giro: è Juliet e la vedo fissarmi con sguardo teso.
Chissà quando è arrivata! Ho completamente dimenticato che potesse esserci qualcuno in studio.
Ho perso la cognizione del tempo.
Tuttavia devo sembrarle sconvolto perché la vedo, immediatamente, cambiare espressione e con tono dolce, questa volta, mi chiede: “Cos’hai? Sei pallido!”
Accennando un piccolo sorriso, le rispondo: “Effettivamente non sto molto bene”
Mi guarda preoccupata, queste sue premure mi fanno piacere.
Continua a chiedermi: “Te ne vai senza un ombrello? Fuori diluvia! Hai chiamato il tuo autista?”
Sembra una piccola mitraglietta mentre mi parla. È un tipo ansioso, le rispondo subito: “No, lo chiamerò adesso!”
Pronta mi risponde: “Allora lo aspetto con te. Non voglio lasciarti solo in queste condizioni. E poi devo andare via anche io!”
Deve andare già via? Strano! Decido di dare voce ai miei pensieri: “Vai già via?”
Lei, prendendo delle cartelle dalla sua postazione, risponde: “Si, ho finito qui!”
Immediatamente le chiedo: “Hai bisogno di un passaggio?”
“No grazie, ho già provveduto a chiamare un taxi.”
Detto questo la vedo entrare nella stanza della Banks e chiudere la porta!
Strano, forse dovrà sbrigare una commissione per qualche paziente per conto della Banks, ecco il motivo di tanta riservatezza.
Immediatamente compongo il numero di George e comunico l’indirizzo dello studio. Ormai non è più un problema farmi vedere qui. Io non ci verrò più e poi mio padre non avrà mai il coraggio di chiedermi nulla visti i suoi trascorsi con la signora.
Dopo qualche minuto vedo la bionda testolina di Juliet fare capolino dalla stanza della Banks.
Si avvicina a me e sorridendo mi dice: “Sono pronta, andiamo!”

Percorriamo le scale in religioso silenzio.
Non so perché ma sento un po’ di tensione arrivare da lei.
O forse è solo a causa mia. Mi sento così frastornato, ho solo un gran casino nella testa.
Arrivati giù, apro per lei il portone e le faccio cenno di uscire.
Anche se confuso cerco di essere sempre un gentiluomo.
Ma lei non nota questa mia carineria. Nemmeno mi guarda.
Cosa mi ha proposto a fare di aspettare George insieme se poi nemmeno sopporta la mia vista? Queste donne… chi le capisce!
Fuori noto che George è già arrivato e che mi aspetta accanto all’auto. Del taxi, invece, nemmeno l’ombra.
Piove a dirotto e non mi sembra che la piccoletta abbia un ombrello con sé.
Di certo non posso lasciarla sotto la pioggia.
Sto per riproporle un passaggio quando mi precede esclamando: “Cavolo! Questa dannata pioggia non ci voleva, mi bagnerò tutta! Cazzo!”
Wow, furente la biondina!
È strano sentirla lievemente imprecare, sembra così angelica e perfettina.
Sorrido tra me e me e le chiedo: “Allora, adesso accetti la mia proposta?”
Subito la vedo girare di scatto il viso verso il mio e guardarmi con occhi larghi.
La vedo mordersi il labbro inferiore e chiedermi: “Quale proposta?”
Pronto le rispondo: “Il passaggio con la mia auto!”
“Ah certo” mi risponde guardando i suoi piedi. Riporta lo sguardo sul mio e continua a dire: “Tranquillo, arriverà a momenti.”
Perché mi sembra che abbia capito tutt’altro?
Non so cosa pensare. Questa ragazza è sempre più strana!
Ad un tratto sento la sua voce esclamare: “Eccolo, è arrivato!”
Vedo il taxi accostare proprio davanti la mia macchina.
La pioggia è sempre più incalzante.

Quasi correndo, mi dirigo insieme a lei verso il taxi.
Aumentando un po’ il tono della voce le dico: “Aspetta, ti apro la portiera!”
Noto che ha i capelli incollati al viso a causa della pioggia.
Vederla così mi fa uno strano effetto.
Un’emozione che aumenta quando la vedo sorridere verso di me e rispondermi: “Quanta galanteria! Non preoccuparti ormai sono già tutta inzuppata!”
Non sento ragioni e apro la portiera dell’auto.
Mentre è intenta a sistemare la valigetta sul sedile, noto che la sua camicia, grazie alla pioggia, è diventata, quasi, una seconda pelle.
La camicia bianca è ormai semi trasparente e subito mi salta all’occhio un particolare: vedo sulla sua colonna vertebrale delle linee, dei segni neri.
Un tatuaggio oso immaginare, in questi pochi secondi in cui tutto accade ma che per me hanno una durata lunghissima.
Possibile che sia… No!
Non riesco nemmeno a formulare un pensiero del genere!
Che Juliet sia davvero lei? Mio Dio! Che cazzo sta succedendo!
Sono scioccato!
Quasi trattengo il fiato.
Sono sconvolto e credo che la mia faccia esprima tutta la mia sorpresa perché quando si siede nell’auto, finalmente, mi guarda e il suo sorriso svanisce.
Vedo che non comprende cosa mi sia successo.
Mi guarda curiosa.
Con gli occhi mi sta chiaramente chiedendo cosa mi sia accaduto in pochi attimi.
Che sia un caso?
Infondo un tatuaggio sulla schiena può averlo chiunque.
Anche se sulla colonna vertebrale…. È inutile rimuginarci su! C’è un solo modo per scoprirlo!
La vedo piegare il capo di lato, sta per dirmi qualcosa ma prima che cominci a parlare le sussurro: “Posso resistere a tutto…”
Ingoio saliva a vuoto.
Sento alcune goccioline d’acqua scendere sulla mia fronte e ormai non so più se è dovuto alla pioggia o alla tensione che sento invadermi il corpo.
A queste mie parole cambia completamente espressione.
Apre la bocca, quasi impercettibilmente, più volte.
La vedo lottare per trovare le parole giusta da dirmi.
Ad un tratto, dopo aver abbassato il capo, alza la testa, mi guarda negli occhi e sicura mi risponde: “Tranne che alle tentazioni!”
Immediatamente afferra la portiera del taxi, la chiude con forza e si rivolge al conducente gridando: “Vada! Si muova, vada!”
Ed io rimango qui, fermo sotto la pioggia a chiedermi…
No, non riesco a chiedermi nulla.
Perché ora ho una certezza: la donna dell’Elusive è Juliet.
E la Banks ha sempre avuto ragione: quella donna mi odia! Juliet mi odia!
   
 
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