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Autore: MorganaMF    10/01/2019    1 recensioni
«Quando Duncan è arrivato al nostro accampamento, non avrei mai potuto immaginare tutto ciò che ne sarebbe conseguito. Voleva reclutare un solo elfo Dalish, e invece se ne è ritrovati due: i gemelli Mahariel, fratello e sorella. Gli ultimi rimasti della nostra famiglia, dopo che nostro fratello Tamlen era sparito nelle rovine.
Il Quinto Flagello mi ha portato via quasi tutto: ho dovuto abbandonare il mio clan, ho perso la mia famiglia... ho perso perfino una parte della mia vita, strappatami via dall'Unione. Ma, per assurdo, questo Flagello mi ha portato alcune delle cose più belle: ho trovato l'amore, ho incontrato le persone più strane... ho stretto rapporti profondi con molti umani, cosa che un tempo non avrei mai creduto possibile. Una di loro, in particolare, mi resterà sempre nel cuore: sarebbe diventata parte della mia famiglia, se le cose fossero andate diversamente. La cara, indimenticabile Hawke. È stata con noi fino alla fine, ci ha aiutati a sconfiggere il Flagello e sarebbe dovuta diventare un Custode Grigio; ma alla fine è andata per la sua strada, come tutti gli altri.
Non dimenticherò mai questo Flagello: nel bene e nel male, ha cambiato per sempre la mia vita.»
[M. Mahariel]
Genere: Drammatico, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alistair Therin, Altri, Custode, Hawke
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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I fuggitivi e le loro benefattrici fecero ritorno alla fortezza di Arle Eamon nella notte. Tutti i prigionieri liberati insieme ad Anora tornarono a casa propria. Tutti tranne uno, che venne accolto da Arle Eamon: un uomo di nome Riordan, che rivelò d’essere un Custode Grigio inviato dall’Orlais prima che Loghain prendesse il potere e bandisse tutti i membri dell’Ordine.
Tutti gli ospiti dell’Arle si ritrovarono il giorno seguente presso la sala dei ricevimenti: Alistair e Riordan, che si conoscevano poiché il secondo aveva presenziato al rituale d’Unione del primo, erano seduti uno accanto all’altro e parlottavano fra loro. Come loro, i Cousland e tutti gli altri membri della compagnia erano seduti attorno al grande tavolo rotondo; attendevano che Arle Eamon giungesse insieme ad Anora, la quale aveva richiesto quell’incontro. Quando la porta si aprì, tutti si zittirono.
«Buongiorno a voi, Custodi e alleati. Perdonate il ritardo, ma il sonno della regina si è protratto più del previsto, per ovvie ragioni. Era esausta» si scusò l’uomo, facendosi poi da parte. «Per chi di voi ancora non l’avesse incontrata, vi presento la regina Anora.»
La regale figura di Anora attraversò la soglia della stanza: una donna alta, non ancora arrivata ai trent’anni, dagli occhi blu e dai capelli biondi raccolti in due folte crocchie intrecciate alla base della nuca. Le sue vesti di seta frusciavano impercettibilmente al suo passaggio; alle sue spalle giungeva Erlina, alla stregua di un’ombra.
«Vi ringrazio per l’ospitalità, Arle Eamon. E ringrazio voi tutti per avermi salvata e per aver accettato di parlare con me; avete dimostrato una grande gentilezza nei miei confronti, vista la mia… parentela con il vostro nemico» chinò appena il capo verso i presenti già seduti attorno al tavolo. Stranamente, fatta eccezione per i Cousland, nessuno di loro si alzò in piedi al suo cospetto: alcuni perché dalish, qunari o nani con usanze differenti, altri perché assassini abituati a uccidere persone come lei, altri perché cresciuti nelle Selve Korcari; altri, come Alistair, Riordan e Leliana, semplicemente per diffidenza. Ma la donna non pare farvi caso, anzi; la sua attenzione si focalizzò su una sola persona. Sussultò, portandosi una mano al petto non appena i suoi occhi si posarono su Alistair: rimase a fissarlo stravolta.
«Mia signora», accorse subito al suo fianco Erlina, «state bene?»
Anora ebbe bisogno di qualche istante per ricomporsi. «Sì, vi chiedo scusa. Io… non immaginavo che somigliaste tanto a mio marito Cailan» si rivolse ad Alistair. I suoi occhi si rivestirono immediatamente d’una solida corazza. «Siete indubbiamente figlio di re Maric. Dunque, mi pare di capire che sarete voi il prossimo re del Ferelden.»
«Oh, no, vostra altezza» si affrettò a smentirla Alistair. «La mia candidatura è solo un mezzo per ottenere udienza all’Incontro dei Popoli.»
Mentre Arle Eamon scuoteva la testa al suo fianco, Anora spalancò gli occhi e dischiuse appena le labbra per la sorpresa.
«Vostra maestà, dovete sapere che il qui presente Alistair vuole sfuggire alla sua responsabilità come ultimo erede dei Theirin» gli lanciò un’occhiataccia Fergus. «A nulla sono valse tutte le mie parole, la sera scorsa, pronunciate nel vano tentativo di convincerlo.»
Alistair rispose a tono mentre Arle Eamon faceva accomodare Anora accanto a Freya. «Trovo molto più responsabile ammettere la mia incapacità di governare una nazione, Fergus.»
«Vedete? Umiltà. Una dote che ogni re dovrebbe avere» s’intromise Freya. «Se soltanto impiegaste nel governare la stessa veemenza che avete nel rifiutarvi di salire al trono, sareste un re perfetto.»
«Vi darei ragione, se queste idee fossero tutte frutto della maturità di Alistair» sospirò Arle Eamon nel sedersi. Subito gli occhi verdi di Melinor, incorniciati dalle bionde sopracciglia aggrottate, scattarono in direzione del nobile.
«Se dovete lanciare delle accuse, Arle Eamon, fatelo senza tanti giri di parole. Noi dalish siamo abituati a essere franchi.»
«Non intendo accusare nessuno, lady Melinor. Ma dovete ammettere che la vostra relazione, così come la vostra personale opinione, hanno sicuramente un peso sulla presa di posizione di Alistair.»
Gli occhi esterrefatti dei Cousland e di Anora iniziarono ad alternarsi fra Melinor e Alistair.
«Voi due…?» mormorò Freya, ma nessuno l’ascoltò.
«La mia personale opinione non ha nulla a che vedere con la mia relazione con Alistair, che per inciso non vi riguarda» lo ribeccò l’elfa, con tono pacato ma perentorio. «Si dà il caso che la mia opinione dipenda dalla mia cultura. Noi non abbiamo re o regine, ma ogni clan è guidato dall’autorità del suo Guardiano. E ogni Guardiano deve guadagnarsi tale ruolo di guida. Io stessa ho iniziato il mio addestramento per diventare Guardiana a soli otto anni. Noi non metteremmo mai alla guida una persona impreparata, tantomeno una persona che non ha il desiderio di accettare tale ruolo. Inoltre, in quanto persona addestrata all’arte di saper prendere la decisione migliore per il bene comune, anche quando ciò va contro i miei personali interessi, se ritenessi che Alistair sarebbe un buon re sarei la prima a spingerlo su quel trono; ma ditemi, Arle Eamon… sareste disposto a giurare qui e ora che, senza una guida, Alistair sarebbe in grado di guidare una nazione?»
«Perdonatemi se mi permetto, ma credo che voi dalish, con la vostra società frammentata, sappiate ben poco su come si guida una nazione» ribatté l’uomo, piccato.
«Voi dite? Si dà il caso che pur essendo una “società frammentata”, come dite voi, il mio popolo sia in grado di far fronte comune nel momento del bisogno, nonostante le difficoltà e le incomprensioni che talvolta si generano fra i clan. Ne è la prova il fatto che ora là fuori c’è un Flagello, e mentre noi siamo qui a disquisire su chi debba indossare una corona, la mia gente sta cercando di riunirsi per aiutarci a liberare il Ferelden da questa piaga. Forse, Arle Eamon, la vostra società umana avrebbe solo da imparare dai dalish.»
Merevar strabuzzò gli occhi ed esordì con un sommesso fischio d’ammirazione. «Accidenti, la dalish si è risvegliata» bisbigliò divertito a Hawke, seduta accanto a lui. Morrigan, dall’altra parte del tavolo, sembrava divertita quanto l’elfo.
Una voce nell’atto di schiarirsi catturò l’attenzione generale: tutti spostarono lo sguardo su Anora. «Sembra che stiate dimenticando che il Ferelden ha già una regina competente in grado di guidarlo.»
«Con tutto il rispetto, Anora… dopo ciò che ha fatto vostro padre…» iniziò Eamon.
«Io non sono mio padre» l’interruppe Anora. «Posso comprendere che finora io non sia stata presa in considerazione a causa del suo operato, ma ora sapete che sono stata tradita come tutti voi. La Custode ha individuato con esattezza il problema di Alistair: non ha la competenza per guidare una nazione, soprattutto in una situazione così critica. Io ho governato per tutti questi anni insieme a Cailan, so far fronte a questa e alle future problematiche che attendono il Ferelden dopo la guerra. Inoltre, godo del favore del popolo.»
«Ma Alistair è un Theirin… il primo re del Ferelden, Calenhad, era un Theirin. La tradizione che vuole un suo erede sul trono deve continuare» obiettò Fergus.
«Sì, è un Theirin; ma solo per metà» gli fece notare Anora. «Credete che i nobili non lo tengano in considerazione? Vivevo a corte, prima che Howe mi rinchiudesse; ho sentito le voci, e parlavano di una linea di sangue ormai infangata. Senza contare che la stirpe dei Theirin è condannata in ogni caso… Alistair è un Custode Grigio, e in quanto tale non può mettere al mondo eredi.»
«La successione sarebbe un problema che avreste anche voi, se restaste in carica. In tutti questi anni non siete stata in grado di dare un erede a Cailan» puntualizzò Eamon.
Anora tradì un certo risentimento, unitamente a un forte dolore; ma il suono di due mani che sbattevano sul tavolo la distolse dal tumultuoso mare delle sue emozioni.
«Questo è un commento indelicato e offensivo!» esclamò Melinor, paonazza. «Dovreste vergognarvi a fare dei simili commenti verso una donna!»
Merevar e Alistair, al suo fianco, compresero subito che l’elfa si era sentita chiamata in causa. Non sapeva nulla di Anora, ma sapeva che lei non avrebbe mai potuto avere figli; comprendeva il dolore che aveva intravisto negli di Anora. Alistair abbassò lo sguardo, partecipe; Merevar le posò una mano sulla spalla, e lei subito si calmò.
«Avete ragione, io… vi chiedo scusa, Anora» si scusò l’uomo, messo con le spalle al muro dalla dalish. Anora asserì appena con il capo, ma non rispose.
«So che avete già raccolto molte prove contro mio padre, Custodi» disse invece, «e so che faticate a fidarvi di me; ma per provarvi la mia lealtà ho due piste che, se decideste di seguire, porterebbero a nuove prove incriminanti contro di lui… prove di una rilevanza piuttosto pesante. Potete decidere liberamente di seguirle o meno.
La prima pista riguarda l’enclave elfica qui a Denerim. Non so se ne siate al corrente, ma negli ultimi mesi c’è stato qualche problema laggiù… sembra ci sia stata una sorta di rivolta, dovuta a qualche problema con il figlio del precedente Arle di Denerim, morto in circostanze sconosciute poco prima della disfatta a Ostagar. Alcuni dicono che sia stato proprio un elfo dell’enclave a ucciderlo. Ad aggravare la situazione si è aggiunta un’epidemia, in seguito alla quale l’enclave è stata sigillata e messa in quarantena.»
«Dunque gli elfi sono intrappolati in quel buco?» distorse un sopracciglio Merevar.
«Sì, Custode. Mio padre è stato vago ogni qualvolta ho sollevato la questione, ma mi ha assicurato che d’aver provveduto a inviare dei guaritori. Solitamente ci rivolgiamo ai maghi del Circolo in questi casi, ma…»
«Ma avete saputo dei problemi con i maghi del sangue verificatisi a Kinloch Hold» terminò per lei Wynne. «Teyrn Loghain non può essersi rivolto al Circolo, questo è chiaro. Potrebbe essersi rivolto alla Chiesa, ma i curatori che prestano soccorso ai malati non possono fare molto contro epidemie vere e proprie…»
«Ho pensato la stessa cosa» asserì Anora. «La vaghezza di mio padre sulla questione non è stata rassicurante, e a confermare i miei timori è stato uno stralcio di conversazione che sono riuscita a origliare durante la mia prigionia presso la tenuta di Howe. Qualcuno fuori dalla mia cella parlava di maghi del Tevinter, di elfi e di navi…»
«No… non può essere» esclamò Fergus. «Non voglio cadere nei luoghi comuni, ma queste tre cose insieme fanno pensare a una sola cosa!»
«Schiavisti» quasi sputò la parola Merevar. I dalish conoscevano bene la triste sorte che toccava agli elfi nel Tevinter: costretti a una vita di schiavitù, usati come sacche di sangue per alimentare la magia proibita dei magister.
«Lo schiavismo è vietato, e severamente punito dalla nostra legge!» esclamò Freya. «Perché mai Teyrn Loghain si sarebbe abbassato a una cosa simile?»
«Perché i forzieri della tesoreria del Ferelden si sono svuotati, lady Freya» ammise Anora. «Come ben saprete le guerre sono costose, molti Bann si sono rivoltati contro mio padre e lui non sapeva più come racimolare ricchezze per le nuove armi e armature. L’enclave era un ulteriore problema, e così deve aver pensato di prendere due piccioni con una fava» terminò con un sospiro. «Spero tanto di sbagliarmi, ma se davvero mio padre si è rivolto a degli schiavisti...»
«Non sarebbe male avere una carta simile da sfoderare all’Incontro dei Popoli» considerò Alistair.
«Vale la pena investigare» fu d’accordo Melinor. Anora annuì, e subito dopo abbassò lo sguardo.
«Per quanto riguarda la seconda pista, invece… potrebbe essere pericoloso, ma se c’è qualcuno che può farlo siete voi Custodi Grigi». Le sue dita affusolate sparirono per un istante al di sotto della sua discreta scollatura: riemersero stringendo una piccola chiave dorata appesa a una catenina. La sfilò dalla testa e la posò sul tavolo. «Questa chiave apre un baule che mio marito Cailan aveva portato con sé a Ostagar. Aveva lasciato a me la seconda chiave, in caso…» sospese la frase a metà senza riuscire a terminarla. Deglutì prima di riprendere a parlare. «Teneva al suo interno la corrispondenza con l’imperatrice d’Orlais, Celene Valmont. Nonostante i dissapori e le guerre combattute dai nostri predecessori, noi eravamo concordi sul fatto che le nuove generazioni debbano cercare di collaborare in modo civile. Celene aveva dichiarato d’esser pronta a inviarci le sue truppe in qualsiasi momento per aiutarci, ma appena mio padre l’ha saputo è andato su tutte le furie. Ha iniziato a litigare con Cailan, accusandolo d’essere un ingenuo, dicendo che l’Orlais aspetta solo di vederci abbassare la guardia per riconquistare il nostro territorio… dopo il rientro da Ostagar, ha provveduto immediatamente a mandare un plotone al confine. L’esercito orlesiano era già in marcia, e quando si sono presentati al confine gli uomini di mio padre li hanno ricacciati indietro. Fra loro c’erano anche i Custodi Grigi dell’Orlais, e ser Riordan ve lo può confermare» disse, indicando il Custode.
«È tutto vero» confermò l’uomo. «Io sono riuscito a passare soltanto perché ero stato inviato prima, in avanscoperta. Dovevo raggiungere Duncan a Ostagar, ed ero quasi arrivato quando ho saputo della disfatta. Allora sono venuto a Denerim, ignaro della taglia sulla testa di tutti i Custodi… e sono stato messo in prigione.»
«Se riusciste a ritrovare il baule con i documenti, sarebbe un’ulteriore prova che mio padre ha ostacolato gli sforzi di Cailan di riuscire a vincere la guerra contro la prole oscura» riprese la parola Anora. «Inoltre, con le sue azioni ha danneggiato i nostri rapporti con l’Orlais, vanificando tutti gli sforzi di mio marito d’intrattenere rapporti amichevoli con l’imperatrice. Rimandandole indietro l’esercito le ha arrecato una grave offesa.»
«Quanto dite è vero, Anora. Ma vorreste davvero rimandare a Ostagar i Custodi? È pericoloso, loro sono solo in tre e laggiù pullula di prole oscura. Sembra quasi che vogliate allontanarli» disse Arle Eamon, sospettoso.
«Può sembrare così, ma vi assicuro che non ho intenzione di mettere in pericolo i Custodi. Sono gli unici in grado di porre fine al Flagello, e contrariamente a mio padre io non l’ho dimenticato. Se riterranno che sia troppo pericoloso, sono liberi di non andare.»
«Scusate se mi permetto», s’intromise Morrigan, «ma credo che non sia poi pericoloso come sembra. La prole oscura è apparsa inizialmente nelle Selve Korcari, è vero, ma il grosso dell’orda ormai si sarà spostato verso nord.»
«L’orda non è stata avvistata nemmeno nei pressi di Redcliffe, che è ben più a sud di tutte le altre arlee» obiettò Eamon.
«La ragazza non ha tutti i torti» intervenne Riordan. «La prole oscura si muove per lo più sottoterra. Il fatto che sia comparsa la prima volta nelle Selve potrebbe anche non significare nulla. Vogliono invadere il Ferelden, e poi il resto del mondo… dubito che siano ancora stanziati lì. Avranno senz’altro lasciato una retroguardia, però.»
«Sten, tu sei stato laggiù negli ultimi tempi» ricordò Merevar. «Com’è la situazione?»
«Assolutamente gestibile da tre Custodi Grigi» confermò il qunari. «Ci sono parecchi prole oscura, ma il grosso dell’orda si è spostato altrove.»
«Come volevasi dimostrare» riprese la parola Morrigan. «Inoltre, io e Melinor siamo tornate a Ostagar già una volta, in passato… abbiamo recuperato i trattati subito dopo la battaglia, quando l’orda era ancora lì. Non sarà un problema recuperarne altri, utilizzando le nostre abilità di mutaforma.»
La strega guardò Melinor dritta negli occhi: i suoi occhi gialli erano penetranti, e Melinor comprese subito dove voleva arrivare. Voleva tornare nelle Selve e assicurarsi che Melinor si confrontasse con sua madre. Era l’occasione perfetta.
«Sì, si potrebbe fare» decise dunque. Scambiò una rapida occhiata con Alistair, trovandolo d’accordo.
«Siete certi di volerlo fare? È davvero pericoloso» rimase dubbioso Eamon.
«Forse è più pericoloso per loro restare qui, Arle Eamon. I loro nemici sono tutti a Denerim» gli fece notare Leliana. «Saranno più al sicuro lontani da qui. Se partiranno a cavallo, potranno andare e tornare in due settimane, massimo tre. Torneranno in tempo per l’Incontro dei Popoli. Nel frattempo, una parte del nostro gruppo potrebbe restare qui e indagare nell’enclave elfica.»
«Mi sembra un buon piano» fu d’accordo Melinor. «Potresti occupartene tu?»
«Naturalmente, contate pure su di me. Mi servirà l’aiuto di Zevran per infiltrarmi nell’Enclave, è l’unico elfo che resta a disposizione… io potrei spacciarmi per una sorella della Chiesa, ho ancora le mie vecchie vesti. Mi lasceranno passare, vedrete.»
«Se avete bisogno di altro aiuto, anche Erlina può aiutare. In fondo è un’elfa anche lei» propose Anora, sotto lo sguardo non troppo entusiasta della sua sottoposta.
«Bene… sembra che abbiamo deciso» sospirò Arle Eamon. «Vado subito a dare ordine di preparare tutto per la vostra partenza, Custodi. Siete tutti liberi di andare» li congedò alzandosi in piedi. Tutti iniziarono a dirigersi verso la porta, un po' alla volta.
«Custode Melinor?»
L’elfa si sorprese nel sentirsi rivolgere la parola da Anora. «Sì?»
«Quando avrete un momento, gradirei parlarvi in privato. Noi due sole. Vi prego, raggiungetemi nei miei appartamenti appena vi sarà possibile.»
Melinor rimase basita a guardarla mentre usciva dalla stanza.
«Oh oh, voi due sole… potrebbe passare per un quadretto piccante, se non sapessi che è una donna immersa fino al collo nella politica» sghignazzò Zevran alle sue spalle.
«Credi che voglia parlarmi di politica?» gli chiese l’elfa, perplessa.
«Ma certo, è così che vanno queste cose. Vedrai che vorrà contrattare su qualcosa. Ti consiglio di portare Leliana con te, anche se ti ha detto di andare da sola.»
«Sono d’accordo» si avvicinò la diretta interessata. «Tu sei abile, Melinor, ma non conosci i sotterfugi perpetrati dalla gente come lei. Sarà meglio che io sia lì, in caso tentasse di raggirarti in qualche modo.»
«Forse sarebbe meglio non andare» esitò Melinor.
«Al contrario, amica mia. Potrebbe cercare di raggirarti, è vero; ma non credo sia così stupida. Al momento le conviene stare dalla nostra parte. Potrebbe anche avere in mente qualcosa di buono… è meglio accertarcene.»
Melinor annuì, anche se un po’ incerta. Decise di fidarsi di chi ne sapeva più di lei.
 
 
Un paio d’ore più tardi, Erlina aprì la porta. Assottigliò appena gli occhi.
«Non siete venuta da sola.»
«No, ma del resto nemmeno la regina è sola» ribatté Leliana al fianco di Melinor, gli occhi fissi in quelli dell’elfa nel vano della porta.
«Va bene così, Erlina. Lasciale entrare.»
L’elfa si scansò, permettendo alle due di entrare; Anora le attendeva con un sorriso, seduta sul divanetto di fronte al camino. «Io ho qui con me la mia dama di compagnia, è giusto che anche la Custode possa avere la sua» disse con una vena quasi scherzosa, sapendo bene che tutte le presenti avrebbero capito. A ognuna il suo bardo di fiducia. «Prego, accomodatevi.»
Melinor si sedette su una poltrona accanto al divanetto; Leliana preferì restare in piedi, poco più indietro di lei.
«Vi chiederete perché ho richiesto un incontro con voi da sola, immagino.»
«Me lo sono chiesta, sì» rispose Melinor, gli occhi attenti fissi sulla donna.
«Devo ammettere che sono rimasta colpita nel sentirvi parlare, un paio d’ore fa. I vostri compagni hanno scelto bene nell’eleggervi come capo. Non mi sarei mai aspettata una persona tanto oculata e capace, considerando le vostre origini… questo denota quanto poco noi umani conosciamo la comunità dalish. Le vostre considerazioni sono degne d’una dei migliori diplomatici. Per questo credo che voi siate la persona più adatta ad ascoltare ciò che ho da proporre.»
«Vi ascolto.»
«Ciò che vi propongo è un’alleanza, Custode: io parlerò in vostro favore all’Incontro dei Popoli, e in cambio voi sosterrete me come regina. Avete già espresso il vostro sfavore nei confronti di Alistair, ma potrebbe non bastare: avete sentito Fergus e Freya Cousland. Sono tradizionalisti, e come loro altri nobili insisteranno per vedere Alistair sul trono, in assenza di un candidato migliore. Vi servirà un candidato assai forte da proporre al suo posto: io sono la persona più adatta.»
Melinor la studiò per qualche istante prima di parlare. «Non avrei alcun problema a lasciare il trono a voi, e Alistair sarebbe più che d’accordo… capisco bene che avervi dalla nostra parte ci aiuterebbe molto, ma non vedo quale vantaggio potreste trarre voi dal nostro supporto.»
Anora ridacchiò. «Semplice: una volta che avrete esposto i crimini di mio padre, diverrete voi gli eroi. I nuovi eroi, che hanno smascherato colui che è sempre stato considerato una leggenda… l’eroe della battaglia del fiume Dane, colui che ha portato re Maric a sedere sul suo legittimo trono. Guadagnerete il rispetto che mio padre avrà perso, e allora la vostra opinione conterà più di qualsiasi altra. Inoltre, se lo stesso figlio di re Maric esprimesse il suo consenso nei miei confronti, nessuno avrebbe da obiettare.»
Melinor continuò a scrutarla con attenzione. «Voi siete davvero disposta ad agire così deliberatamente contro vostro padre? Non conosco molto delle vostre leggi, ma con una simile lista di crimini andrà certamente incontro a una sentenza di morte.»
Anora abbassò lo sguardo. «Lo so.»
«E la cosa vi sta bene?»
«Lasciate che metta le cose in chiaro, Custode. Mio padre ha ucciso mio marito, ha preso il mio posto come reggente e mi ha fatta rinchiudere in una cella. E forse ha seriamente considerato l’ipotesi di farmi uccidere. Per quanto io ce l’abbia con lui, però, resta pur sempre mio padre. Questo fa di me molte cose: una figlia tradita, una vedova in lutto, una regina derubata del suo ruolo. Ma gli voglio bene comunque; come potrebbe essere altrimenti? So che non è una giustificazione, ma lui è davvero convinto di aver fatto ciò che era meglio per il Ferelden. Dovete considerare che nella sua giovinezza ha vissuto un’occupazione militare e una guerra, ed è un’esperienza che lascia il segno. La guerra contro la prole oscura deve aver risvegliato in lui quel ricordo, che è poi sfociato nella paranoia; per questo ha agito così. Non vorrei vederlo morire, ma so che le sue azioni non potranno essere perdonate. Solo il Creatore sa quanto desidererei per lui il perdono dell’intero Ferelden, ma sono realista: non m’illudo, e so che non lo riceverà. Se voglio essere una buona regina, devo accettare che giustizia venga fatta; anche se va contro i miei affetti personali.»
Melinor non tradì alcuna emozione; sentiva su di sé lo sguardo di Leliana, quasi poteva udire il frusciare dei suoi pensieri. «Perché restare regina è così importante, per voi?»
«Perché amo il mio paese, proprio come mio padre; perché l’ho aiutato a crescere in questi anni, e perché non voglio vederlo distrutto. E poi è tutto ciò che mi resta di mio marito» aggiunse con un sospiro affranto.
«E non c’entra proprio nulla il fatto che, se vostro padre cadesse in disgrazia e venisse condannato a morte, il vostro titolo nobiliare potrebbe essere revocato?» intervenne Leliana a bruciapelo. Melinor si voltò per guardarla con tanto d’occhi; quando si girò nuovamente verso Anora, la trovò con un’espressione leggermente risentita.
«Erlina mi aveva detto che eravate abile. Dovete aver vissuto alla corte d’Orlais per parecchio tempo» quasi si complimentò la donna. «Ma devo smentirvi: io non ho fatto nulla per meritare la revoca del mio titolo. Sono sempre stata ben voluta dalla nobiltà e dal popolo, non oserebbero togliermi le terre appartenute a mio padre.»
«Ma volete comunque accaparrarvi il supporto dei Custodi, perché se volessero potrebbero distruggervi» continuò Leliana. «Vostro padre era un contadino, innalzato a Teyrn dal suo amico Maric; senza il supporto dei Custodi, dopo la caduta in disgrazia di vostro padre, le vostre terre farebbero gola a molti dei nobili fereldiani, che potrebbero rivalersi sulla vostra nobiltà farlocca.»
Melinor continuava ad assistere a occhi sgranati: fu lieta di aver portato Leliana, che la stava aiutando a comprendere le ragioni nascoste di Anora.
«Forse avete ragione; ma i Custodi non hanno motivo di non supportarmi, vi pare? Non sono stata altro che collaborativa nei loro confronti. E se proprio vogliamo essere puntigliosi, sono loro ad aver bisogno del mio supporto per primi. Cosa pensate accadrebbe se decidessi di parlare contro di loro all’Incontro dei Popoli?»
Melinor scattò sull’attenti, ma fu Leliana a replicare, un angolo della bocca appena sollevato. «È forse una minaccia, la vostra?»
«Perché, la vostra lo era?»
Le due rimasero a confrontarsi in silenzio per qualche istante, lo sguardo dell’una piantato in quello dell’altra. Alla fine, Leliana guardò Melinor e annuì. «Credo che Anora sia la candidata perfetta.»
L’elfa sembrò perplessa, e Anora rise. «Credo che il vostro bardo volesse mettere alla prova la mia abilità, Custode. È brava, tenetela sempre vicina a voi.»
Melinor guardò ancora una volta Leliana, cercando l’ennesima conferma nei suoi occhi. E la trovò.
«E va bene, vostra altezza. Ci aiuteremo a vicenda.»
Anora sorrise e fece un piccolo inchino col capo. «Vi ringrazio, Custode. In questo modo tutti ne usciremo vincitori, il Ferelden in primo luogo». Rimase in silenzio alcuni secondi, incerta. «Siete sicura che Alistair non avrà problemi a rinunciare per sempre ai suoi diritti di successione?»
Fu il turno di Melinor di ridacchiare. «Ne sono assolutamente certa.»
Anora sorrise, ma stavolta in modo più sincero. «Che rimanga fra noi, Custode Melinor… ciò che avete detto su Alistair, sulla vostra convinzione che non sarebbe un buon re… davvero la vostra relazione non vi ha influenzata? Nemmeno in parte?»
«Tutto ciò che ho detto alla riunione corrisponde al vero. Ciò non toglie che il fatto di poterlo tenere al mio fianco mi renda felice» ammise senza problemi.
«Voi sì che sareste un’ottima regina» ridacchiò l’altra. «Perdonatemi se vi sono sembrata indiscreta con quest’ultima domanda. Ma so bene quanto il fascino dei Theirin sia travolgente, e pensavo vi avesse influenzata almeno in piccola parte.»
Il ricordo di Cailan attraversò la mente di Melinor: lo rivide, fiero e sorridente mentre accoglieva le due nuove reclute dalish dei Custodi Grigi, e poi lo rivide stretto nel pugno dell’ogre che gli aveva strappato la vita. «Ho conosciuto vostro marito, a Ostagar. Era un uomo di buon cuore, ha accolto me e mio fratello come se fossimo dei vecchi amici.»
«Sì, Cailan era fatto così» sorrise tristemente Anora.
«Mi dispiace per la vostra perdita. Da come ne parlate, sembra che il vostro legame sia stato davvero molto forte.»
«Era mio marito… è naturale» quasi si stupì Anora.
«Vi chiedo scusa, ora sono stata io a essere indiscreta. È che sono al corrente dell’abitudine dei nobili di sposarsi per questioni politiche, quindi pensavo…»
«Oh, capisco. È vero, non sempre i matrimoni combinati sono felici. Io e Cailan siamo stati fortunati. Siamo cresciuti insieme, vista l’amicizia che legava i nostri genitori; era inevitabile che finisse così, fra noi…» s’interruppe. Si schiarì la voce, ma a Melinor non sfuggì il luccichio nei suoi occhi blu. «Ma ora vi ho trattenuta fin troppo. Sono certa che abbiate molto a cui pensare, data l’imminente partenza per Ostagar. Partirete domani?»
«Sì, in mattinata.»
«Allora fareste meglio a riposare. Vi attende un lungo viaggio» disse Anora alzandosi in piedi. Condusse lei e Leliana fino alla porta, e si congedarono. Mentre camminavano e Leliana le esponeva il suo pensiero, Melinor non poté fare a meno di pensare ad Anora: si era rivelata una donna astuta, che rincorreva il potere come tutti i nobili; ma dietro a quella facciata c’era una donna come tutte le altre, con le sue debolezze e i suoi fardelli, che ne aveva passate tante in quei lunghi mesi. Proprio come lei.

 
   
 
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