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Autore: Parmandil    12/01/2019    0 recensioni
Tre storie. Tre viaggi. Tre ricerche che confluiscono nella battaglia più tragica della storia federale.
Quando l’ISS Enterprise dell’Impero Terrestre attacca la Federazione, già provata da anni di conflitto, solo una nave può tenerle testa: la sua gemella federale. Il Capitano Chase dovrà dar fondo alle sue abilità strategiche per sconfiggere il suo alter-ego dello Specchio, prima che s’impadronisca dell’arma più pericolosa e distrugga la nascente alleanza coi Romulani.
Nel frattempo, quattro improbabili eroi incontrano un naufrago del tempo e s’incaricano di recuperare la sua più grande invenzione, il Tox Uthat, salvandolo dai pirati temporali. Nelle mani giuste, l’Uthat sarà l’arma finale contro le Sfere; in quelle sbagliate condannerà definitivamente la Federazione.
Ma la più grande minaccia sarà svelata dai tre ufficiali dell’Enterprise che indagano sui nuovi alleati del Fronte Temporale. Dalle giungle soffocanti al fondo dell’oceano di Vorgon, fino agli abissi di un pianeta oscuro e morente, scopriranno il vero volto del nemico. Una specie antica, nemica della luce, pronta a riprendere il dominio della Galassia.
Stavolta le difese della Terra non basteranno. Stavolta le speranze andranno infrante. E tutto finirà tra le fiamme.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Berlinghoff Rasmussen, Nuovo Personaggio, Romulani
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Star Trek Universe Vol. III:

L’ora più buia

 

 

SPAZIO, ULTIMA FRONTIERA.

QUESTI SONO I VIAGGI DELLA

NAVE STELLARE ENTERPRISE.

LA SUA MISSIONE È ESPLORARE

STRANI, NUOVI MONDI,

SCOPRIRE NUOVE FORME DI VITA

E NUOVE CIVILTÀ,

FINO AD ARRIVARE LÀ

DOVE NESSUNO È MAI GIUNTO PRIMA.

 

 

-Prologo:

Data stellare 2553.045

Luogo: Bajor

 

   Il convoglio umanitario si radunò nell’orbita di Bajor. Le grandi navi cargo di classe Emissary, Opaka e Shakaar erano scortate da vascelli più piccoli, molti dei quali costruiti per usi civili e riconvertiti in gran fretta al trasporto dei generi di prima necessità. Il governo bajoriano ne aveva acquistato la maggior parte, ma alcuni erano ancora proprietà privata. Speciali accordi di partnership permettevano ai cittadini più abbienti e generosi di unirsi all’operazione di soccorso. E grazie alle accorate prediche del clero bajoriano, molti avevano risposto. Quando le astronavi decollate da Bajor si unirono a quelle provenienti dai satelliti del pianeta, e dagli altri mondi del sistema bajoriano, ne risultò una flotta di tutto rispetto.

   «Attenzione, qui Capitano Tava Miel alla flotta di Jeraddo; correggete il vettore d’ingresso» disse la responsabile delle operazioni dalla nave ammiraglia. «Vi stiamo inviando il piano di volo, perché possiate uniformarvi al resto della flotta». Intorno a lei, gli ufficiali di plancia erano affaccendati in mille operazioni. Per la maggior parte erano anch’essi bajoriani, e come il Capitano portavano l’orecchino che ne sanciva la fede religiosa. C’erano anche membri di altre specie, compresi un paio di Umani. Pure loro indossavano l’orecchino; da quando Bajor era entrato nella Federazione, un secolo e mezzo prima, la religione dei Profeti si era ampiamente diffusa.

   «Quelli di Jeraddo sono sempre in ritardo» si lamentò il Primo Ufficiale, un Bajoriano dalla pelle scura e la testa rasata.

   «Non possiamo partire senza di loro, le pare?» fece il Capitano, conciliante. «Abbiamo bisogno di ogni nave, di ogni replicatore e di ogni anima volenterosa. La situazione su Angosia continua a peggiorare...» aggiunse, facendosi più seria.

   «Ci sono novità?» chiese il Primo Ufficiale.

   «Le anomalie hanno reso inabitabile un terzo del pianeta, gli sfollati sono più di un miliardo. Se il nostro convoglio non sarà lì nelle prossime 72 ore, sarà una catastrofe umanitaria» rispose il Capitano, corrucciata.

   «Se la Federazione distruggesse più Sfere, non saremmo messi così male» borbottò il Primo Ufficiale, scuotendo la testa.

   «Se i Tuteriani non le riempissero di civili, lo farebbe» rispose il Capitano, leggendo gli aggiornamenti olografici sul bracciolo della poltrona. «Ah, bene. La flotta di Jeraddo è quasi pronta» commentò, soddisfatta.

   «Speriamo solo che non si perdano per strada!» ridacchiò il Primo Ufficiale.

   «Più che i ritardatari, mi preoccupa il fatto che la nostra scorta sia ridotta all’osso» commentò l’Ufficiale Tattico.

   «Con la Flotta sovraesposta, non si poteva fare di meglio» sospirò il Capitano. «Seguiremo il piano di volo in formazione serrata. Terremo gli scudi alzati e resteremo sempre in contatto con le altre navi. E in caso di attacco...».

   «... che i Profeti ce la mandino buona» disse il Primo Ufficiale.

   «In caso di attacco, sapete tutti cosa fare. La scorta tratterrà il nemico, mentre i cargo torneranno qui, per rotte diverse. I Tuteriani non riusciranno a intercettarli tutti» disse il Capitano. «Tenente, ha trasmesso i piani di volo per il rientro, se le cose si mettessero male?» chiese all’Ufficiale Tattico.

   «Certo, Capitano. Ho appena informato quelli di Jeraddo» rispose questi, chino sul suo quadro comandi. «Confermano la ricezione».

   «Allora possiamo muoverci» disse il Capitano. «Dispiegate la flotta, lasciamo l’orbita. Che i Profeti veglino sul nostro viaggio» aggiunse, sfiorandosi l’orecchino. Non era mai stata molto praticante; quella era la prima volta che invocava i Profeti a una partenza, rifletté. Ma osservando il globo sfolgorante di Bajor che usciva dallo schermo, si sentì trafiggere dall’angoscia. Quanta gente da salvare, quanta disperazione da affrontare, prima di rivedere il suo mondo natale! Il sistema bajoriano aveva già accolto molti profughi e presto ne avrebbe ospitati ancora di più, in fuga da Angosia. Ma non poteva accogliere tutto il settore; presto avrebbe raggiunto il collasso. E allora sì che ci sarebbe voluto un miracolo.

   «Capitano, rilevo l’apertura del Tunnel Spaziale!» disse l’addetto ai sensori, meravigliato. «Ma non c’erano arrivi previsti dal Quadrante Gamma».

   «Forse New Bajor c’invia altri aiuti?» chiese il timoniere, speranzoso.

   «Non credo, tutte le navi promesse sono già qui» commentò il Primo Ufficiale, perplesso.

   «Sullo schermo» ordinò il Capitano, alzandosi. Davanti a lei comparve la girandola d’energia del Tunnel in apertura, dorata al centro e azzurra alle estremità. La sua religione insegnava che non era un semplice tunnel spaziale, come tanti nella Galassia: quello era il Tempio Celeste, sede dei Profeti, le benevole entità che vegliavano sul popolo bajoriano...

   Una vasta sagoma scura, di forma appiattita, si stagliò contro lo splendore del Tunnel Spaziale. Il Capitano vide che una nave federale, dalla vasta sezione a disco e le gondole sottili. L’astronave restò un attimo in controluce, nera sullo sfolgorio del Tunnel, e dopo la sua chiusura divenne quasi invisibile nel buio dello spazio. Ma il suo scafo ellittico eclissava le stelle. Mentre si avvicinava il Capitano cominciò a notarne i dettagli, finché riconobbe la configurazione. Rimase di stucco.

   «Capitano, quella è una classe Universe» mormorò l’addetto ai sensori, in tono reverente. «Non capisco. Ce ne sono pochissime e nessuna si trova nel Quadrante Gamma, in questo periodo».

   «Ci chiamano» disse l’addetto alle comunicazioni. «Capitano... è l’Enterprise» aggiunse, ancor più meravigliato.

   «Credevo fosse sulla Terra» commentò il Primo Ufficiale.

   «Lo credevo anch’io. Apriamo un canale» ordinò il Capitano, avvicinandosi allo schermo. Intrecciò le mani dietro la schiena e raddrizzò le spalle. Quella visita inaspettata la turbava. Non osava sperare che l’ammiraglia di Flotta fosse lì per scortarli: se la ragione era un’altra, ne sarebbe rimasta troppo delusa.

   «Enterprise a convoglio bajoriano; salve!» esordì il Capitano Chase, comparendo sullo schermo. Il Capitano Tava inarcò un sopracciglio. Aveva visto Chase due settimane prima, in oloconferenza, e come al solito il Capitano dell’Enterprise non aveva la barba. Adesso invece se l’era lasciata crescere, il che gli dava un’aria strana. O forse non era la barba; c’era qualcosa d’insolito nella sua espressione – un sorrisetto indecifrabile – e persino nella sua postura.

   «Capitano, la sua visita ci giunge inaspettata... per quanto gradita» precisò Tava. «Non sapevamo nemmeno che l’Enterprise fosse nel Quadrante Gamma. Quando ci siete andati? Deep Space Nine non ha rilevato il vostro ingresso».

   «Sarei lieto di fornirle i dettagli, ma... sono riservati, al momento» rispose Chase, con aria ammiccante. «Non se la prenda! Presto chiariremo tutto. Prima, però, vorrei conoscere il vostro carico e il piano di volo» aggiunse. C’era qualcosa di pressante, nella sua voce, che faceva apparire quella richiesta come un ordine.

   «Come? Questa è la missione Lacrime dei Profeti. Ne abbiamo parlato nell’ultima oloconferenza con l’Ammiraglio Falas. Lei era presente» rispose Tava, sempre più perplessa.

   «Sì, sì. Voglio solo averne conferma» si affrettò a spiegare Chase.

   «Perché, dovete scortarci?» chiese il Primo Ufficiale, accostandosi a sua volta. Tava gli fece segno di pazientare.

   «Non esattamente, ma ho facoltà di lasciare alcuni ufficiali della Sicurezza sulle vostre navi. Oltre a forniture e personale medico, naturalmente» aggiunse Chase.

   «Capitano, l’Enterprise è a distanza di teletrasporto» informò l’addetto ai sensori.

   Se un visitatore del sistema bajoriano fosse passato in quel momento, avrebbe assistito a un singolare rendezvous. Da un lato c’era il globo bianco-azzurro di Bajor. La sua orbita bassa era densa di piattaforme di difesa orbitale, mentre possenti generatori a terra potevano proiettare in qualunque momento uno Scudo Planetario. Nell’orbita alta, il convoglio umanitario era ormai pronto a partire, ma la sua nave di testa era fronteggiata dall’Enterprise. L’ammiraglia di flotta si era molto avvicinata, eclissando il sole bajoriano; il suo cono d’ombra avvolgeva la nave di Tava.

   «Capitano, l’Enterprise ci sta sondando» riferì l’addetto ai sensori. «Non solo noi; tutto il convoglio».

   «Non c’è bisogno di passarci al setaccio, Capitano. Le stiamo inviando quanto ha chiesto: carico, personale, piano di volo. Tutte le specifiche della missione» disse Tava, segnalando ai suoi di trasmettere.

   «Lo apprezzo molto. Deve scusare il mio Ufficiale Scientifico: le Intelligenze Artificiali talvolta sono troppo impazienti» disse Chase, accennando all’ufficiale alla sua sinistra. Era una donna asiatica, con i gradi da Tenente Comandante. Tava ricordò che i computer delle Universe erano ufficiali a tutti gli effetti. Potevano circolare per la nave in più copie simultaneamente, grazie ai proiettori olografici, e persino lasciarla con gli Emettitori Autonomi. Ma i Bajoriani preferivano che i computer restassero tali, e che fossero persone in carne e ossa a occuparsi di tutto. Perciò il ruolo degli ologrammi, sulle loro navi, era ridotto al minimo.

   «Capitano Chase, diceva che potrebbe fornirci delle guardie?» chiese Tava.

   «Sì, qualche squadra dei Corpi Speciali» annuì l’Umano, studiando i dati del convoglio sull’oloschermo della sua poltrona. «Sa come sono gli Angosiani» disse, leggendo la destinazione. «Un popolo fiero, con un penchant per i potenziamenti genetici. Tutto bene, finché le istituzioni reggono. Ma nel caos in cui si trovano ora, beh... i vostri volontari rischieranno grosso, quando si troveranno di fronte le bande di sciacalli» sospirò.

   «Temo di sì» ammise Tava. Era una triste realtà della Galassia che raramente i bisognosi mostrassero riconoscenza – o anche solo pietà – per i soccorritori. Molti volontari, trascinati dal fervore umanitario, si separavano dal gruppo e facevano una brutta fine, nei quartieri diroccati delle città abbandonate.

   «Abbassate gli scudi e dite alle altre navi di fare altrettanto» ordinò Tava. «Che tutti accolgano il personale dell’Enterprise».

   «Scudi abbassati. Le squadre dell’Enterprise sono in arrivo» riferì l’Ufficiale Tattico. «Un momento! Si trasportano nelle plance, nelle sale macchine, nelle armerie. E rilevo teletrasporti multipli dalle stive di carico. L’Enterprise ci sta sottraendo le scorte! Viveri, medicine, replicatori industriali... tutto!». Il Bajoriano strabuzzò gli occhi, incredulo. «Capitano, rilevo scontri a fuoco sulle nostre navi! Quelli dell’Enterprise ci attaccano!» disse con voce strozzata.

   In quell’attimo la plancia fu scossa e alcune consolle esplosero. L’Enterprise aveva aperto il fuoco a tradimento. I suoi raggi polaronici e i cannoni a impulso colpirono i punti deboli della nave bajoriana, lasciandola indifesa e alla deriva. Immediatamente passarono a quella dopo, e così via. Raffiche di siluri furono lanciate contro altre navi del convoglio: un siluro a ciascuna, per lasciarle danneggiate e poterle depredare con calma. Gli armamenti dell’Enterprise erano così formidabili, il suo attacco così inaspettato e furioso, che decine di navi furono messe fuori uso nei primi secondi. Le altre alzarono gli scudi e ruppero la formazione, precipitandosi verso Bajor. Le piattaforme difensive e lo Scudo Planetario offrivano una certa sicurezza, ma le navi bajoriane erano così pressate che un paio entrarono in collisione, finendo anch’esse in avaria. In quei caotici momenti, il panico si era diffuso a bordo e nessuno sapeva cosa fare. Persino le navi scorta ci misero un po’ a rendersi conto che l’attacco veniva dall’Enterprise, e quei secondi persi furono fatali, perché molte furono messe fuori combattimento.

   Tava fu gettata a terra dalla violenza degli scossoni. Quando si rialzò, la plancia era illuminata solo dalle basse luci dell’Allarme Rosso. C’era una fuga di gas dal soffitto e almeno un paio di ufficiali erano feriti dalle esplosioni delle consolle. Da ogni postazione ancora funzionante squillavano gli allarmi.

   «Capitano Chase, è impazzito?!» gemette Tava, rendendosi conto che le navi scorta rimaste non avrebbero retto a lungo il confronto con l’Enterprise. «Perché ci attacca? Siamo ufficiali della Flotta Stellare come lei e abbiamo civili a bordo!».

   «Io non riconosco l’autorità della vostra... Flotta Stellare» disse Chase con disprezzo. «Sono il Capitano della ISS Enterprise, della Flotta Imperiale, e reclamo il vostro carico come bottino di guerra. Il primo di molti» sorrise compiaciuto.

   Attorno a lui, la plancia si dissolse per poi riformarsi. Era una simulazione olografica, comprese Tava. La vera plancia era molto più oscura e inquietante. Al posto delle tre poltrone affiancate per il Capitano, il Primo Ufficiale e l’Ufficiale Scientifico ve n’era una sola, quella di Chase, simile a un trono. Tutti gli ufficiali portavano una vibro-lama in cintura e una mostrina raffigurante la Terra trafitta da un pugnale. Le uniformi femminili, inoltre, erano ridicolmente succinte: avevano profonde scollature e scoprivano il ventre. Ma nessuno, sulla nave bajoriana, era in vena d’ironia. Avevano riconosciuto il simbolo dell’Impero Terrestre, la dittatura che reggeva con pugno di ferro centinaia di pianeti nell’Universo dello Specchio.

   Tava scambiò un’occhiata disperata con l’Ufficiale Tattico. «Armi e scudi disattivati, motori in avaria» disse quest’ultimo, asciugandosi il sudore dalla fronte mentre leggeva i dati dalla consolle lampeggiante. «Siamo indifesi».

   «La Federazione non lascerà impunito questo vile atto di guerra» sibilò Tava.

   «La vostra Federazione ha altro a cui pensare; sta cadendo a pezzi!» ridacchiò una Trill dai lunghi capelli ramati, affiancandosi a Chase. Cercò di passargli un braccio intorno alla schiena, ma lui la respinse bruscamente, senza degnarla di uno sguardo.

   «Comando una classe Universe» disse Chase. «Le stelle non hanno mai visto una simile potenza. Che dovrei temere da voi?» chiese con freddezza. Accanto a lui, anche l’IA olografica si era trasformata. Il suo corpo era diventato una griglia informatica blu, percorsa da piccoli lampi bianchi che visualizzavano le sue attività di elaborazione. Gli occhi brillavano rossi.

   «Capitano, continuano a colpire le nostre navi» mormorò l’Ufficiale Tattico alle spalle di Tava. «Svuotano le stive, e poi... le distruggono». Lo spazio attorno a Bajor era ormai una distesa di relitti alla deriva, punteggiata da nuove esplosioni. Le squadre d’assalto dell’Enterprise erano richiamate a bordo subito prima che le navi saccheggiate fossero distrutte. I raggi polaronici e gli impulsi bifasici balenavano ovunque, mentre i siluri si abbattevano su ogni nave che osasse ancora resistere. Gli equipaggi correvano verso le navette e le capsule di salvataggio, o cercavano di teletrasportarsi su Bajor.

   «Siete un vigliacco e un criminale di guerra!» accusò Tava, fronteggiando il Chase dello Specchio. «Voi Imperiali non resterete impuniti... la Flotta Stellare vi darà la caccia per tutto il firmamento».

   «Ci conto, Capitano» sorrise Chase. «Così mostrerò la supremazia dell’Impero Terrestre sulla patetica Federazione. Sarà di esempio per entrambi gli Universi. Terra firma!» proclamò, levando il braccio nel saluto militare.

   La comunicazione era finita e Tava rimase a fissare l’ISS Enterprise, contornata di relitti. Richiamate a sé le squadre, aveva alzato gli scudi, proteggendosi dal fuoco delle navi scorta. Altri rinforzi erano in arrivo da Bajor, ma l’Enterprise non aveva più motivo di trattenersi. Lanciò un’ultima salva di siluri azzurrini e si proiettò nel corridoio di cavitazione quantica, svanendo dal sistema bajoriano.

   «Vengono verso di noi!» gridò l’Ufficiale Tattico.

   «Abbandonare la nave!» ordinò il Primo Ufficiale. Lui e gli altri si precipitarono verso il turboascensore, accalcandosi per entrare. Ogni volta che le porte stavano per chiudersi, quelli ancora in plancia le riaprivano, nel disperato tentativo di pigiarsi dentro. Ma era inutile, pensò il Capitano Tava, ancora in piedi davanti allo schermo: mancavano pochi secondi all’impatto. Si girò a guardare la morte in faccia. I siluri quantici, puntati dritti verso la plancia, l’abbagliarono con la loro luce. Forse era così nel Tempio Celeste, si disse la Bajoriana: solo luce e pace. L’attimo dopo la sua nave, il suo equipaggio e il suo stesso corpo furono annichiliti.

 

   
 
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