2.
Quando a parlare fu Sherry,
Sköll dell’Isola di Man, i lupi presenti al Vigrond
ebbero un istintivo moto di
protezione nei suoi confronti.
Appena diciannovenne
dal fisico esile quanto alto, Sheridan MacCurry era parte di
ciò che rimaneva
del branco guidato da Sebastian Sheperd. Anche su di lei, come su ogni
membro
di quel clan, si potevano notare i segni della follia del vecchio
Fenrir.
Ben evidente sul suo
collo – ora libero dal foulard che soleva portare –
era evidente una profonda
cicatrice da artiglio, che partiva dall’orecchio destro e
raggiungeva la
clavicola. Solo per pura fortuna Sherry non era morta dissanguata, e
unicamente
per aver protetto la sorella minore dalle mire di un lupo di Sebastian.
Roger, protettivo
quanto lo sarebbe stato un Hati, pur essendo un Freki, era a un passo
di
distanza da lei e, anche se non visibile, anche sul suo corpo erano
presenti i
segni del pesante maglio di Sebastian.
Nessuno, in quello
sventurato branco, si era salvato, ma solo ora se ne potevano scorgere
gli
effettivi riflessi. Solo ora, tutti ne
erano reali testimoni.
“…
perciò, Theo vi è
enormemente grato per l’aiuto che avete offerto a lui e al
nostro branco in
questi mesi” terminò di dire Sherry, poggiando una
mano sul cuore, piena di
emozione. “Il tradimento perpetrato dal nostro precedente
Fenrir ha lasciato
cicatrici indelebili nel cuore di noi tutti, lo so, ma speriamo davvero
di
avere finalmente messo la parola ‘fine’
alle sue follie.”
Un coro di applausi
si levò tra i presenti e Joshua, lanciando uno sguardo a
Gretchen, strinse la
sua mano per non perdere il contatto con la realtà.
Come Duncan era
stato tradito dal suo Fenrir, Alec aveva dovuto uccidere il proprio per
liberare il suo clan, e Sheridan aveva subito la sferza di Sebastian
prima di
vedere la libertà, anche lui sapeva bene cosa volesse dire
essere sferzati
dalla lama del tradimento.
Certo, lui non aveva
dovuto subire lo scorno di un trattamento indegno da parte della
propria guida,
ma aveva assaggiato il taglio ferale dell’inganno da ben
altra fonte.
T.J. era stato un
amico, un fratello, la sua fida spalla. Ma anche un doppiogiochista, un
falso e
un maledetto traditore.
Sentire le parole di
Hel, su Niflheimr, e tornare a riaffrontare quel brutto momento della
sua vita,
aveva rischiato di spezzarlo. Solo la presenza dei suoi amici lo aveva
salvato
dal circolo vizioso dell’odio e del rimorso che aveva
tentato, ancora una
volta, di risorgere dalle ceneri per divorarlo.
Non certo rimorso
per ciò che era avvenuto – di quello, non si
sarebbe mai pentito – ma per non
essersi reso conto della doppiezza di T.J.
In questo, era stato
sciocco e superficiale – come lo era stato per molte altre
cose, all’inizio del
suo mandato come Fenrir – e, a causa di questa sua
leggerezza, aveva messo a
rischio le vite di tutto il suo branco.
Fu più forte di lui,
non poté impedirselo. Complici le parole di Sherry, la sua
mente tornò a quel
periodo, a quella pia illusione che i licantropi fossero migliori degli
esseri
umani, a un altro Theo che lo aveva ferito nel modo più
laido possibile.
Quanto era stato
sciocco a credere di sapere ogni cosa!
***
T.J. stava
controllando il movimento dei Cacciatori all’interno del
Norbury Park,
dannatamente vicini ai confini del territorio privato dei conti Walford
e, tra
le altre cose, al loro Vigrond.
Avere il proprio
Luogo di Potere all’interno di una tenuta di caccia di
proprietà di un Pari del
Regno era qualcosa che, non di rado, faceva sorridere divertito Joshua.
Non era molto
interessato a ciò che faceva la monarchia, o a quante volte
i volti della
famiglia reale finissero sui tabloid, ma trovava ironico che uno dei
suoi lupi dialogasse
settimanalmente con la regina.
Colton Andrews,
sesto conte Walford e attuale detentore della carica di capo-sentinella
del
settore occidentale del branco, era un habitué
della Corte e grande amico di molti titolati del Regno.
Non di rado
presenziava ai banchetti officiati dalla regina e, spesso e volentieri,
lui ne
decantava le doti di oratrice così come di buona
ascoltatrice.
Colton era un amante
del mondo degli umani e non disdegnava di passare con loro molto del
suo tempo
cosa che, invece, Joshua trovava un po’ fastidioso.
Forse a causa del
suo albinismo, e dei conseguenti atti di bullismo di cui era stato
vittima in
fase pre-trans, o forse proprio perché si era sempre sentito
diverso da loro,
Joshua non aveva mai fatto amicizia con nessun umano.
Poiché costretto
dalla società civile a trascorrere parte della sua vita
nelle scuole degli
umani, così da apparire come loro, Joshua aveva subito
scorni di ogni genere.
Per anni aveva
sperato con tutto se stesso che la licantropia si risvegliasse nel suo
corpo
sottile ed efebico e, allo stesso modo, era successo per il suo
migliore amico,
Theodor Jonas Crowford.
Nato da una coppia
mista – una neutra e un lupo – T.J. era stato
iscritto alla sua stessa scuola
nella zona di Camden Town e, complice la loro potenziale doppia natura,
erano
divenuti subito amici.
Soli in mezzo a un
branco di umani non consapevoli – all’epoca, il
branco londinese aveva contato
solo un migliaio di lupi o poco più – la coppia di
ragazzini aveva fatto fronte
comune contro il bullismo.
La trasformazione in
lupo aveva perciò permesso a Joshua prima, e a T.J. in
seguito, di sfuggire
alle maglie di quella gabbia di insulti e maldicenze creata attorno a
loro dai
compagni di scuola.
Divenire lupi aveva
permesso loro di irrobustirsi e di diventare molto più forti
e, pur dovendo
mantenere il segreto, avevano utilizzato quelle nuove armi per non
essere più
asserviti agli scherzi dei loro aguzzini.
Pur consapevole di
avere un futuro diverso da quello di T.J. – che era risultato
essere un comune
licantropo – Joshua lo aveva sempre tenuto al suo fianco,
enumerandolo tra i
suoi più fidi consiglieri, al pari dei Gerarchi.
T.J. era quindi
diventato un elemento rispettato e temuto, all’interno del
branco, venerato
quasi al pari della Triade di Potere.
Da parte sua,
comunque, T.J. si era elevato socialmente, combattimento dopo
combattimento,
senza mai approfittarsi della sua amicizia con Joshua.
Anche per questo,
era ben voluto dai licantropi del branco.
“Si stanno
avvicinando ai margini esterni” mormorò T.J.,
strappando ai suoi pensieri
Joshua, che assentì cauto e si avvicinò
all’amico con passo silenzioso.
Raggiuntolo, fece un
cenno alle altre sentinelle presenti dopodiché, balzando
agilmente sul ramo del
carpino a lui più vicino, mormorò due parole al
suo Hati e infine disse: “Tu e
io, T.J., andremo a sud. Michael raggiungerà Colton da est,
e Steph e Jordan
proseguiranno per coprire il versante nord.”
“Non ti chiedo chi
li stia aspettando a ovest” ironizzò T.J.,
ghignando all’indirizzo dell’amico.
“Keath vuole
lavorare da solo, lo sai” chiosò Joshua,
avviandosi con passo felpato e subito
avvicinato dall’amico.
“Il tuo Freki ha un
caratteraccio. Mi domando come Colton possa sopportare di essere il suo
vice.
Vuoi mettere se avessimo Sarah, al suo posto?”
Scoppiando a ridere
nel pensare alla zia di Duncan McAlister, Fenrir di Matlock, Joshua
assentì e
replicò: “Il problema, con Sarah, è che
rimani fregato dal suo sorriso e dalla
sua bellezza… ma è letale quanto Keath. E, forse,
ben più lunatica.”
“E’
l’idea, che
conta, non tanto il risultato. Sarebbe sicuramente tutto un altro
guardare”
celiò T.J., sorridendo divertito.
“Ma come? Keath non
ti piace?” ironizzò Joshua.
“Non sono come lui,
a cui va bene tutto, purché sia consenziente. A me piacciono
le donne, amico
mio e, a proposito di donne, quand’è che ti
deciderai a uscire con Gretchen?
Per quanto tempo la terrai ancora sulle spine?” gli
domandò T.J., balzando
oltre un piccolo canaletto con un agile movimento di gambe.
Joshua lo seguì a
ruota, scrutando l’oscurità del bosco e annusando
l’aria tutt’attorno.
La presenza di insediamenti
umani nelle vicinanze rendeva molto difficile distinguere gli odori
recenti
dalle semplici scie dei turisti, ma non potevano permettersi di perdere
nessun
tipo di segnale odoroso.
Sbuffando poi
all’indirizzo dell’amico, Joshua
replicò: “Sei talmente fissato con Gretchen
che mi chiedo come mai tu non ti
decida a chiamarla per un drink.”
T.J. sghignazzò,
cercando di non ridere – non era il caso di fare troppo
rumore – e, scrollando
le spalle, asserì: “Se avessi subodorato anche un
minimo interesse da parte
sua, l’avrei fatto, ma quella lupa stravede per te, caro il
mio bel snowy.”
Nonostante tutto,
Joshua arrossì, maledicendo la sua pelle naturalmente
diafana e rivelatrice e,
in un borbottio contrariato, disse: “Ti inventi le cose,
amico mio. Gretchen è
troppo bella e intelligente, per volere uno come me.”
“Ti sottovaluti
troppo, amico…” sottolineò T.J. prima
di scartare a destra, bloccarsi di colpo
e aggiungere contrariato. “… ma su una cosa hai
ragione. Lei, sicuramente, è
più intelligente di te. E anche di me, a quanto
pare.”
“Che cosa?”
esalò
Joshua, bloccandosi subito dopo per guardarlo con aria stranita.
T.J. gli sorrise spiacente
e, indicando a poca distanza da loro, borbottò: “A
quanto pare, i Cacciatori ci
hanno gabbato alla grande. Guarda.”
Joshua lanciò
un’occhiata all’indirizzo del punto indicato
dall’amico e, non poco
contrariato, ammise tra sé la sconfitta.
Erano stati
depistati alla grande, e nel modo più banale possibile.
Appesi a un ramo
d’albero si trovavano i resti di una giacca mimetica,
unitamente ad alcune
gocce di sangue umano e abbastanza fresco. Non potevano essere passate
più di
sei, otto ore al massimo.
“Deve essersi ferito
con le trappole che abbiamo disseminato lungo il perimetro esterno del
Vigrond,
e così è tornato indietro, lasciando per noi e le
sentinelle di Colton una
bella scia odorosa da seguire” brontolò T.J.
“Mi meraviglia soltanto il fatto
che Colton non si sia accorto dell’inganno.
Dov’erano, i suoi sottoposti, per
non essersi resi conto di questo sconfinamento?”
Accigliandosi,
Joshua infilò indispettito le mani in tasca e
replicò piccato: “Sarà una cosa
di cui chiederò conto, poco ma sicuro. Nel frattempo,
torniamo pure indietro.
Qui non abbiamo più niente da fare.”
“Vuoi che gli parli
io?” si informò T.J, correndo al suo fianco con
passo più tranquillo rispetto
all’andata.
“No. Per quanto mi
spiaccia avere un diverbio con lui, non è una cosa che io
possa delegare.
Forse, potrei dirlo a Fergus, in qualità di Sköll,
ma no… preferisco essere io
ad andare in fondo alla cosa.”
“Inimicarti un
personaggio valoroso come Colton, però, sarebbe
controproducente per la tua
leadership, Jo…” replicò conciliante
T.J. “… quindi, forse,
potrei tastare io il terreno per te. In via del tutto
informale, ovviamente.”
Joshua lo squadrò da
sopra la spalla, gli sorrise emettendo un profondo respiro e infine
disse:
“Sempre a preoccuparti per la mia testa. Cosa farei senza di
te?”
“La testa del mio
Fenrir è molto importante, così come la salute
del branco. Perciò, chiama
Gretchen ed esci con lei” ironizzò T.J., dandogli
una pacca sulla spalla.
Joshua rise di
quell’ultimo commento e, vagamente meno irritato,
accelerò il passo per
tornarsene all’auto e, da lì, a Londra.
Purtroppo per lui,
aveva mille altre cose da fare, oltre a pensare ai suoi confini e ai
Cacciatori
indisciplinati.
***
Come Fenrir di un
branco cittadino come il suo – Bryan delle Orcadi aveva
sicuramente meno
problemi con gli umani, rispetto a lui – Joshua aveva spesso
a che fare con
lamentele e guai legati al rapporto interspecie.
Non a caso, per
dirimere simili noie, erano stati istituiti a suo tempo ad
hoc degli incontri settimanali con i membri del branco non
abbastanza potenti per presenziare al Vigrond.
E, ovviamente, anche
per coloro i quali – a causa del loro status di neutro o
umano – non avrebbero mai potuto
mettervi piede.
Non che trovasse
quegli incontri particolarmente interessanti, ma sapeva bene di non
poter
mettere a tacere le parole dei suoi lupi, così come di
coloro che non lo erano.
In questo, avrebbe
dovuto prendere esempio da Duncan McAlister che, pur detestando gli
umani, era
comunque più che disponibile con tutti i membri non mannari
del suo branco.
Le poche volte che
lo aveva visto in loro presenza, si era sempre comportato con il
massimo della
gentilezza e della comprensione.
Sfogliando
svogliatamente una carpetta, in cui erano contenute le richieste e gli
appuntamenti di quel giorno, i suoi occhi si acuirono immediatamente
non appena
egli vide il nome di Gretchen Stewart tra essi.
Perché aveva chiesto
udienza, quando era una mánagarmr abbastanza
potente da poter presenziare al Vigrond?
Cosa doveva dirgli
di così privato da non poter essere ascoltato entro quei
sacri confini?
Immediatamente la
sua mente lo tradì, facendo riemergere le parole di T.J. e
la sua allusione a
un interesse della lupa nei suoi confronti.
Possibile che
volesse invitarlo fuori, o qualcosa del genere?
Scuotendo il capo,
Joshua scacciò quel pensiero e si diede
dell’idiota per essersi spinto a fare
dei sogni a occhi aperti su di lei.
Doveva pensare a quel
dannatissimo pomeriggio in compagnia dei problemi dei suoi sottoposti,
non
bighellonare con la fantasia sui begli occhi grigi di Gretchen, o sulla
sua
castana chioma di riccioli.
“Ed ecco che ci sono
ricascato…” brontolò Joshua.
“Maledetto te e le tue battute, T.J.”
Pigiando
sull’interfono per parlare con la sua segretaria, Joshua
disse: “Fai pure
entrare il primo appuntamento, Kelly.”
“Subito,
Fenrir”
mormorò allegramente la donna.
Dieci appuntamenti
dopo, la voce di Kelly risultava ancora allegra e pimpante, attraverso
l’interfono, ma non quella di Joshua, ormai ridotta a un
brontolio sommesso.
Come poteva spiegare
ai suoi lupi che no, non si poteva staccare la testa a morsi il vicino,
se
lasciava la radio accesa anche di notte e no, non si poteva mangiarlo
perché
usava troppo peperoncino nei piatti?
La convivenza
pacifica era, gioco forza, un imperativo, se si voleva avere accesso
alle
indubbie comodità del mondo umano. L’alternativa,
infatti, era regredire allo
status di lupi selvaggi e tornare a vagare per le campagne e i boschi
come i
loro simili.
La loro magia li
preservava dall’essere scoperti dalle persone comuni
– non lasciare tracce
visibili sul terreno, tornava utile – ma divenire lupi
solitari poteva
significare finire preda dei Cacciatori.
Quanti lupi erano morti,
per questo desiderio di tornare alla natura primordiale? Quanti figli
aveva
dovuto dichiarare morti di fronte alle loro madri in lacrime? Quante
volte
aveva dovuto dire a Keath di scovare i Cacciatori più
violenti, così che vendicasse
le uccisioni da loro perpetrate?
Il branco poteva
essere limitante per alcuni, certo, ma dava anche maggiori sicurezze a
livello
di protezione personale rispetto a una vita di solitudine.
Il prezzo da pagare
era sopportare le inevitabili intemperanze umane, di cui
però non potevano
certo essere ritenuti responsabili, in quanto non conoscitori della
verità.
Facesse o meno
piacere ammetterlo, era altro discorso.
“E’ arrivata
miss
Stewart, assieme a una giovane ospite” mormorò
Kelly all’interfono.
“Falle pure
entrare”
asserì Joshua, chiedendosi chi fosse venuto assieme alla
donna.
Alcuni attimi più
tardi, la porta insonorizzata venne aperta e, di fronte a Fenrir fece
la sua
apparizione l’alta e longilinea figura di Gretchen.
Indossava un
maglioncino di cotone a coste color cielo, jeans schiariti e un paio di
sandali
dal tacco alto, che ne esaltavano la postura eretta e
l’eleganza.
Joshua non poté
esimersi dal considerarla bellissima, ma si impose di contenere la sua
aura per
non metterla in imbarazzo.
Lei gli sorrise
appena e, scostandosi un po’, fece entrare a sua volta una
giovane umana in
fase puberale. Doveva avere quattordici o quindici anni, a giudicare
dalla
struttura fisica, ma non poteva esserne del tutto certo.
Joshua non si
riteneva un grande conoscitore degli umani, perciò poteva
tranquillamente
essere più giovane, come più vecchia.
Chiusasi la porta
alle spalle, Gretchen tenne un braccio attorno alle spalle della
giovane umana
– chiaramente figlia di membri del branco – ed
esordì dicendo: “Ti ringrazio,
Fenrir, per averci accolto. Giungo qui con una notizia assai
preoccupante.”
Accigliandosi
leggermente, Joshua strinse le mani sulla scrivania e disse:
“Sedetevi pure, e
parlate liberamente.”
Gretchen assentì e
accompagnò la giovane al divano, chiaramente tesa e in
ansia. Il suo battito
cardiaco sembrava il battito d’ali di un colibrì,
alle orecchie di Joshua e,
suo malgrado, si lasciò andare a un sorriso.
Era raro che umani
così giovani si presentassero al suo cospetto e, anche solo
per questo, quella
giovane meritava che lui non la guardasse come una preda da mangiare.
Anche se era stanco,
e aveva il solo desiderio di prepararsi una bella bistecca alla griglia
e
riposare sul suo comodo divano.
Al cenno di
incoraggiamento di Gretchen, la ragazzina deglutì a fatica
– le sue fauci erano
secche come il Sahara – e, lappandosi le labbra,
mormorò: “B-Buonasera, Fenrir.
Io sono Sarah. Sarah Ellison. Sono la figlia di Emily Thomas e Greg
Ellison.”
Accigliandosi
leggermente nel tentativo di ricordare la coppia, Joshua si
esibì in un mezzo
sorriso quando disse: “Oh. Ricordo. Il nostro lupo ha chiesto
il permesso di
poter sposare tua madre e adottare te. Due anni fa, se non ricordo
male.”
La ragazzina si
illuminò in viso, annuendo con fervore e, reclinando la
testa di biondi capelli
lisci e sottili, mormorò ossequiosa: “Vi ringrazio
per esservi ricordata di me,
Fenrir.”
Vagamente
imbarazzato di fronte a tanta devozione, Joshua si ritrovò a
sollevarsi in
piedi per raggiungerle e, gentilmente, si inginocchiò
dinanzi al divano,
mormorando: “Il vostro caso è più unico
che raro, Sarah. Anche uno smemorato come
me lo ricorda.”
Lei risollevò il
capo e sorrise con la bella bocca a cuore, oltre che con gli occhi
verde
bottiglia e, più sicura di sé, disse:
“Mi sono rivolta alla mia insegnante
perché ritengo che un membro del branco vi tradisca,
Fenrir.”
Aggrottando
immediatamente la fronte, Joshua lanciò uno sguardo
interrogativo all’indizio
di Gretchen che, annuendo, aggiunse: “Sono la sua insegnante
di matematica.”
“Dimmi cos’hai
visto
o sentito, Sarah” ordinò con gentilezza Joshua.
Lappandosi
nuovamente le labbra, la ragazzina estrasse il suo cellulare dalla
tasca e,
storcendo la bocca, mormorò: “So che il signor
Crowford è vostro amico,
però…”
Interrompendola
subito, Joshua replicò: “Se si tratta di T.J., ti
sei sicuramente sbagliata.
Lui non può…”
Gretchen non lo
lasciò terminare e, lapidaria, disse: “Ascoltala,
Fenrir. Merita il tuo tempo,
così come la tua obiettività. Non tutti gli umani
del branco si sarebbero
arrischiati a venire da te per parlartene, vista l’amicizia
che vi lega, e lo sai bene.”
Joshua fu sul punto
di farle notare che, in quanto Fenrir, lui poteva decidere
arbitrariamente cosa
fare, o cosa ascoltare, ma non disse nulla.
Ciò che Gretchen gli
aveva riversato addosso con una certa dose di acredine, rispondeva al
vero.
Lui doveva essere super
partes, anche quando si trattava di
ascoltare una piccola umana mentre accusava il suo migliore amico di
qualche
genere di nefandezza.
Annuendo cautamente,
Joshua si limitò a dire: “Ascolterò. Ma
dubito vi sia del vero in tutta questa
faccenda. Si tratterà sicuramente di un fraintendimento che
potremo spiegare.”
Sarah, allora, gli
porse il cellulare e disse: “Non volevo causarvi disturbo,
Fenrir, ma mi è
parso davvero strano vedere il signor Crowford a scuola, visto che
papà mi ha
detto che lui lavora in uno studio di avvocati.”
“A scuola? Da
te?”
esalò Joshua, giustamente confuso.
La ragazzina assentì
e, dopo un istante, fece partire il video che aveva fatto.
Esso appariva un po’
sgranato, e il sonoro era praticamente era pessimo, ma udibile
abbastanza bene,
per un licantropo.
L’uomo che si poteva
intravedere nel video era effettivamente T.J., non v’era
alcun dubbio, e stava
parlando con una donna che, all’apparenza, dava
l’idea di essere
un’inserviente, o la dipendente di una cooperativa.
Il video durava
circa un minuto e, in alcuni punti, era mosso a causa dei tentativi di
Sarah di
non essere vista, ma era ugualmente una prova schiacciante di
colpevolezza.
Soltanto, Joshua
doveva accettare che quel video fosse reale.
Quando il filmato si
interruppe, Joshua si piegò in avanti, sopraffatto dal
dolore, dalla rabbia e
dalla frustrazione provati e, coprendosi il viso con le mani,
borbottò
un’imprecazione tra i denti.
Né Gretchen
né Sarah
parlarono, lasciando che la verità giungesse a ogni sua
sinapsi perché egli
accettasse il tutto.
Il ticchettio
sommesso dell’orologio a muro fu l’unico rumore
presente nella stanza per
diversi attimi, attimi in cui Joshua pensò a cosa dire, a
cosa fare… a come
espiare.
Perché era chiaro
come il sole che, non solo il suo migliore amico lo stava tradendo, ma
che il
tradimento stava toccando i loro peggiori nemici. I Cacciatori.
Quando finalmente
riuscì a liberarsi dalle catene del circolo vizioso in cui
era caduto, Joshua
si risollevò, andò alla scrivania e
pregò Keath di raggiungerlo, dopodiché si
appoggiò al ripiano con una mano e mormorò:
“Vi pregherei di rimanere ancora un
po’.”
Gretchen assentì.
“Sono d’accordo con sua madre che mi sarei presa
cura io, di lei.”
“E io, di voi…
ma, a
quanto pare, non l’ho fatto” replicò
Joshua, passandosi una mano sul viso
contratto dall’ira. “Puoi dirmi come ti sei accorta
di lui, Sarah? Raccontarmi
com’è andata?”
La ragazzina assentì
lesta, e lo osservò vagamente preoccupata mentre il suo
Fenrir si lasciava
scivolare a terra, la schiena poggiata svogliatamente contro la
scrivania.
Sembrava davvero provato.
“Vidi alcune
fotografie del signor Crowford assieme a mio padre, mentre erano al
Vigrond. Fu
lui a spiegarmi chi fosse, e a dirmi quanto foste legati”
cominciò col dire la giovane,
mordendosi nervosamente il labbro inferiore.
“Così, gli chiesi di più e
papà mi
disse che era un avvocato e che, in quando serviva, era lui a occuparsi
dei
casi in cui i lupi si cacciavano nei guai con la legge degli
umani.”
Joshua annuì
meccanicamente,
sapendo che tutto ciò corrispondeva a verità.
T.J. aveva letteralmente salvato
il culo a un sacco di lupi, nel corso di quegli anni.
Anche per questo,
trovava inaccettabile che lui avesse tramato contro il suo stesso
branco, e
proprio con gli odiati Cacciatori.
“Trovai strano
vederlo in scuola, visto il lavoro che fa, perciò lo seguii.
Pensai che fosse
venuto per vedere miss Stewart, così mi posi
l’imperativo di dirgli che quel
giorno non era presente a scuola ma, quando svoltai l’angolo
e lo vidi con miss
Grey, mi nascosi.”
Si lasciò andare a
un sorrisino imbarazzato, e aggiunse: “Pensavo che avessero
una tresca, così
fui tentata di allontanarmi.”
Lasciandosi andare a
un mezzo sorriso, Joshua assentì e disse:
“Sì, sarebbe da T.J. trovarsi una
donna umana, così per cambiare un po’. Cosa ti
trattenne lì?”
“Sentii il vostro
nome, e mi parve strano, visto che a pronunciarlo fu miss Grey. Ero
abbastanza
sicura che non facesse parte del branco, visto che miss Stewart mi
aveva detto
chiaramente chi facesse parte del clan, all’interno della
scuola. Fu la prima
cosa che mi venne insegnata, dopo la mia iscrizione a scuola.”
Joshua assentì
ancora, stupendosi ulteriormente della grande capacità di
osservazione di
quella ragazzina.
Per quanto umana, e
quindi limitata nelle capacità come nei sensi, era riuscita
a essere lesta di
pensiero a sufficienza per cogliere particolari che forse, anche un
giovane
licantropo, non avrebbe notato.
E dire che Joshua si
considerava così superiore a loro!
Ridendo di se
stesso, Fenrir sospirò e disse: “Mai pensato di
entrare in polizia? O sei
troppo giovane?”
Sarah sorrise timida
e replicò: “Ho quindici anni, Fenrir. E’
ancora un po’ presto, temo.”
“Magari potresti
tenere compagnia alla mia Geri. E’ appena stata elevata a
tale incarico, e
credo che si senta un po’ sopraffatta, al momento. Forse,
chiacchierare con chi
ha un occhio così acuto, potrebbe divertirla e rasserenarla
un poco” disse
Joshua, pensando a Gwen e al momento in cui l’aveva insignita
del titolo.
Le era sembrata così
desiderosa di fare del suo meglio, così pronta a spingersi
al limite… ma anche
molto insicura di se stessa, nonostante Joshua avesse visto in lei le
indubbie
doti di un Geri.
Forse, essere la
guida di una ragazzina dall’acume così pronto, le
avrebbe reso le cose più
facili. E l’avrebbe fatta sentire meno sola in quel ruolo
così duro da portare
avanti.
Chissà… a
quanto
pareva, non era un bravo conoscitore dell’animo delle
persone, altrimenti si
sarebbe accorto del doppiogioco di T.J.
Sarah, comunque, lo
distrasse a sufficienza con il suo rossore e la sua emozione
dirompente, tanto
che lo strappò alla sua iniziale inedia, portandolo a
sorridere.
“Sarei davvero
onorata di conoscere la Geri del branco, anche se non mi reputo
all’altezza di
esserle di qualche aiuto” mormorò emozionata
Sarah, reclinando ossequiosa il
capo.
Gretchen le sorrise
comprensiva e Joshua ne scrutò il profilo, scoprendovi un
amore disinteressato
verso la ragazza e molto, tantissimo orgoglio rivolto verso quella
piccola
umana.
Era chiaro quanto
tenesse alla sua allieva, e quanto il fatto che lei fosse umana non le
importasse nulla.
In questo, lui aveva
molto da imparare.
Lui si era ritenuto
a torto superiore agli umani, in quanto beneficiato da una forza
superiore e dal
passato ancestrale. A quanto pareva, invece, aveva peccato di
ingenuità e
superficialità al pari di qualsiasi altro essere, e ora ne
scontava il fio.
Sopra a ogni altra
cosa, una giovane ragazzina lo aveva messo dinanzi alle sue mancanze e,
invece
di fargliele pesare, si riteneva onorata dalla sua attenzione e dalle
sue
premure.
Era davvero il
colmo!
Rialzandosi in piedi
a fatica – la verità pesava ancora su di lui come
un macigno, rendendogli
pesante anche il solo camminare – Joshua la raggiunse, le si
inginocchiò
nuovamente dinanzi e strinse le sue mani tra le proprie.
Con gentilezza ne
baciò i palmi, sorprendendo la stessa Gretchen, e disse con
profonda
contrizione: “Forse non ti rendi neppure conto
dell’enormità del tuo gesto,
Sarah, ma sappi che hai reso un grande servizio al tuo Fenrir e al
branco
tutto.”
“Anche se vi ho reso
triste?” mormorò la giovane, ormai paonazza in
viso per l’emozione.
Lui sorrise e annuì.
“La tristezza nasce dalla consapevolezza che la mia superbia
ha messo in
pericolo il mio branco. Ho messo al di sopra di qualsiasi sospetto una
persona
a cui tengo molto, dimenticandomi che non posso permettermi di essere
parziale.
Sono la vostra guida, il vostro faro e la vostra protezione…
ma ho fallito.”
“Papà mi ha
detto
che nessuno è infallibile… neppure un lupo.
E’ per questo che dobbiamo sempre
avere qualcuno che ci guardi le spalle” gli sorrise Sarah.
“Tuo padre ha
dimostrato molta saggezza, nel dirtelo. E dimmi, Sarah… hai
pensato alla
possibilità di essere trasformata, o preferisci rimanere
umana?”
“Papà mi ha
spiegato
tutte le possibilità, così come ha fatto con
mamma ma, da quel che so, mamma ha
deciso di aspettare per dare un figlio a papà
adesso” gli spiegò Sarah. “Quanto
a me, desidero ultimare gli studi da umana e poi tentare la
Mutazione.”
Joshua assentì,
mormorando: “Saresti più forte come umana, e meno
suscettibile agli sbalzi
ormonali. E’ una buona cosa.”
“Ho pensato di
sì”
assentì Sarah, prima di sobbalzare leggermente quando
udì bussare con una certa
violenza alla porta.
Joshua si rialzò e, adombrandosi in viso, borbottò: “E’ arrivato Keath.”
N.d.A.: La bomba è stata lanciata e si è scoperto chi abbia tradito la fiducia di Joshua. Immagino abbiate notato quanto, rispetto al Joshua che conosciamo noi, questo sia più superbo, specialmente riguardo agli esseri umani. Beh, è proprio in questa occasione che capirà la sua superficialità e migliorerà se stesso.
Scopriamo anche che rapporto lo leghi - o meglio, non lo leghi ancora - a Gretchen, che non sembra affatto intimidita da lui. E' donna capace di tenergli testa, perciò vedremo come e se Joshua si comporterà con lei.
Alla prossima!