Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: badgirl92    15/01/2019    5 recensioni
Ambientato tra la seconda e terza stagione dell'anime.
La squadra operazioni speciali Levi si trova nascosta in una piccola dimora tra le campagne del Wall Rose, con il compito di proteggere Eren Jaeger e Historia Reiss e di allenare il ragazzo titano ad indurire la pelle come il gigante femmina.
Durante questo piccolo momento di pace sembra che alcuni protagonisti si avvicinino, tra cui Eren con Historia. Mikasa si ritrova a dover sopportare in silenzio questa intimità. Ritroverà la sicurezza di sé tra le braccia del capitano Levi o anche lui non è in grado di darle l'affetto che desidera?
Per comodità ed abitudine chiamerò i personaggi in versione Italiana.
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Levi Ackerman, Mikasa Ackerman
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angolo autrice

 

Eccomi finalmente con un nuovo capitolo! Lo so, sono imperdonabile... speravo di riuscire ad aggiornare almeno durante le feste così da farvi gli auguri, ma ovviamente tra mille impegni ed abbuffate non ho avuto il tempo nemmeno di pensarci alla storia! Spero siate ancora tutti qui, ringrazio chi mi ha commentato fino ad ora e vi lascio a questo capitolo, che dà finalmente modo al "lime" di avere un senso! :P
Ciao, a presto! :*
 


 

Capitolo Sesto

Un'altra lunga giornata di allenamenti ed esperimenti con la esasperante caposquadra Hanji era giunta al termine. Ultimamente stava spolpando l'anima del povero Eren, che ogni giorno, la sera, si ritrovava esausto e senza forze. Non stavano facendo progressi e il suo fisico risentiva anche a causa dell'animo scontento e rammaricato. Aveva paura di deludere le aspettative di tutti, soprattutto dei suoi superiori che avevano fatto molto per lui per proteggerlo e avevano riposto in lui tutte le speranze per la salvezza dell'umanità. Una sconfitta dopo l'altra, la malinconia e la rabbia avevano preso il sopravvento. Avevano tutti bisogno che lui portasse a termine positivamente gli esperimenti dell'indurimento del corpo. Tutti avevano aspettative di vedere finalmente una chance di vittoria sui giganti. Sentiva questo enorme peso sulle spalle. Spesso non riusciva a dormire come si deve, in preda ad incubi terribili a causa di questa opprimente tensione.
Allora qualche volta si alzava dal letto ed usciva all'aria aperta, sotto la tettoia in legno della cascina che in quel periodo era diventata la loro nuova ennesima casa. Il frinire dei grilli era l'unico suono che si udiva in quelle notti miti e tranquille.
Un giorno, quando il crepuscolo era già arrivato da un pezzo, Eren stava finalmente per assopirsi su il giaciglio creato con coperte e cuscini sopra la panca del pergolato, quando un rumore flebile di passi striscianti lo destò, diverso dai suoni che gli concigliavano il sonno.
"Eren.. sei tu? Che spavento!" Sussurrò la voce impastata dal sonno della piccola Historia. Eren si alzò a sedere osservandola nel buio, facendole spazio sulla panca. La ragazza si sedette, stringendosi come meglio poteva dall'aria pungente sulla camicia da notte. Eren notò immediatamente il gesto di lei e la coprì con la coperta che si era precedentemente portato appresso.
"Che ci fai qui fuori?" Chiese lei, nascondendo con la mano uno sbadiglio.
"Non riuscivo a dormire, tu invece?" rispose Eren.
"Sono andata in bagno e ho visto il portone socchiuso... C'è qualcosa che non va?"
"A volte mi manca l'aria, l'unico posto che mi tranquillizza è questo..."
"Sei troppo teso, non devi addossarti tutte queste responsabilità..."
"Devo... tutti voi dipendete da me..."
"Cosa credi? Anche per me è lo stesso... stanno facendo di tutto per proteggermi e mi sento terribilmente in colpa..."
"Ma tu sei importante, Historia..." cercò di rincuorarla il giovane moro.
"Anche tu lo sei, Eren..."
Restarono per qualche attimo in silenzio ad ascoltare la melodia sommessa delle cicale in festa. La natura aveva i suoi lati meravigliosi, così semplici e delicati che riuscivano a riportare la pace agli animi in subbuglio.
"Ora capisco perché preferisci stare qui fuori... c'è così tanta pace..." mormorò sognante Historia, girandosi l'indice su una ciocca dei lunghi capelli d'oro.
"Il mare sarà ancora più meraviglioso... me lo sento..."
"Che cos'è il mare?"
"Una bacino di acqua salata... grandissimo ed infinito."
"Acqua salata? Scherzi?"
"Ci sono deserti, distese di sabbia... alberi e animali che non abbiamo mai visto... il mondo là fuori, oltre le mura, è immenso!" Concluse Eren con un sospiro sognante.
" Vorrei tanto vederlo questo mare..." rispose lei, guardandolo negli occhi, affascinata da tanta costanza e sicurezza nell'affermare la bellezza del mondo esterno.
"Lo vedremo assieme un giorno..." mormorò il giovane, rapito da quello sguardo ammirato, così chiaro e limpido che, lui non lo sapeva, assomigliava tanto al mare a lungo sognato.
"Mi piacerebbe tanto..." sussurrò Historia, ritrovandosi così vicina al suo viso da poterne sentire il profumo. I loro nasi si sfiorarono ed il bacio arrivò lento, dolce. Si assaggiarono delicatamente e timidamente, come due novelli sapevano fare. Entrambi alle prime armi con questa intima forma di affetto, non sapevano bene come toccarsi, Historia rise tra un bacio e l'altro mentre sentiva le dita di Eren toccarle un fianco, facendole il solletico. Erano felici, finalmente avevano l'occasione per stare insieme e esternare i loro sentimenti. Credevano di essere soli, ma non lo erano affatto. Una figura snella ed alta li stava spiando dalla porta socchiusa. Silenziosa come un'abile predatrice, aveva assisistito a tutta la scena, soffocando con la mano il suo disappunto per non farsi scoprire. Si voltò quasi con disgusto, e si allontanò veloce da quella scena orribile e deleteria come una pugnalata al cuore. A grandi falcate attraversò il salone e bussò ad una porta.
"Avanti..." rispose una voce profonda dall'altra parte dell'uscio.
La figura misteriosa aprì la porta ed entrò con furia, richiudendo velocemente la porta dietro di sé.
"Ackerman? Cosa ci fai sveglia a quest'ora?"
Illuminato solo dalla debole luce della lampada sulla scrivania, Mikasa quasi non vide il suo capitano all'interno dell'ufficio, nascosto da una montagna di libri e documenti. Sapeva di trovarlo ancora sveglio, faceva spesso tarda notte tra le scartoffie.
"Sono solo venuta a dirle che aveva ragione su Eren... Non mi merito un uomo che non prova nulla per me..."
Levi restò ad osservare il suo ospite per qualche momento, confuso. Era affanntata e sembrava aver visto un mostro, tanto che inizialmente si era allarmato vedendola entrare così nel suo ufficio, temendo un attacco dei giganti. Che cosa aveva visto? Ma soprattutto perché durante il coprifuoco nessuno si atteneva ai suoi ordini?
"Mi fa piacere che finalmente sei d'accordo con me. Cosa ti ha fatto cambiare idea?" Posò la penna stilografica sui documenti, chiazzando debolmente il foglio di inchiostro. Non gli importava, voleva sapere cosa era successo di così traumatico da farla correre nel suo ufficio a dargli ragione. Cominciò a studiarla, non capendo se era venuta per discutere o altro. Non sembrava sul piede di guerra, anzi.
Mikasa si strinse a sé, improvvisamente intimorita. Non poteva dirgli che aveva visto Eren ed Historia baciarsi, e ciò l'aveva fatta sentire così inutile da correre tra le braccia del primo uomo che le avesse dato le attenzioni giuste. Era sbagliato, lo sapeva. Ma meritava amore, ed Eren non era disposto a darglielo.
"Ho riflettuto a lungo, ed ho capito che Eren non fà per me... ho bisogno di un uomo maturo al mio fianco, un uomo che mi dia le giuste attenzioni e che merito."
Restarono altri lunghi istanti in silenzio. Levi stava cercando di dosare bene le parole. Aveva capito cosa era venuta a fare qui Mikasa, ormai. Non aveva più nessun dubbio. Sperava di sbagliarsi, ma nel profondo forse sperava anche fosse veramente lui quello a cui si riferiva. Si alzò dalla scrivania, per avvicinarsi alla sua sottoposta. Voleva cercare di leggerle dentro, ma era incredibilmente imperscrutabile, forse più di lui.
"Sei venuta per chiedermi il permesso? Siamo in tempo di guerra e per voi adolescenti l'amore è solo una distrazione, ma di certo non ti fermo se hai intenzione di fare nuove esperienze con Jean Kirschtein "
"Non è Jean quello che mi interessa." Lo guardò decisa negli occhi, così scuri al buio da smarrirsi dentro la loro oscurità. Ma lei non aveva paura del buio.
"Vorrei tanto sbagliarmi, ma sai anche che non sono affatto ingenuo. Non ci sono molti altri uomini qui. Mikasa, non sono affatto uno che si tira indietro... Ma sta diventando davvero sbagliato tutto questo." mormorò, con una voce più roca del normale.
Mikasa sbuffò leggermente: se lo stavano facendo quei due piccioncini in segreto, perché non lo avrebbero potuto fare loro? Anche lei voleva sapere cos'era un bacio, che cosa si provava. La ragazza fece un altro passo avanti, ritrovando con il petto quasi a sfiorare quello di Levi. Era leggermente più alta, ma il portamento militaresco di lui, schiena dritta, petto in fuori, non faceva notare la differenza. Intimoriva nonostante i suoi 160 centimetri di altezza.
"Mi baci." Mormorò con tono quasi disperato.
In Levi iniziò a farsi strada un desiderio infuocato e potente. Desiderava conoscere ed esplorare la carne di lei come non aveva mai desiderato altro. Era veramente morbida e liscia come se la immaginava? Bramava annusare la sua pelle dolce e delicata, e sentire da vicino gli effetti spietati dei feromoni che lei diffondeva con incoscienza adolescenziale.
"Innanzitutto se vuoi che le cose diventino più intime devi imparare a non darmi del lei. Altrimenti la cosa si fà strana più di quello che già è!"
"Baciami..." sussurrò languidamente Mikasa, gli occhi socchiusi.
Non si era mai trovato così dubbioso e in disaccordo con se stesso come in quel momento. Dannato Erwin! Era solo colpa sua se stava dando fin troppa retta alle stupide regole che imponevano i superiori. Un tempo se ne sarebbe fregato, perché non aveva nulla da perdere. Ma ora essere il capitano Levi era l'unica cosa che aveva.
"Ne sei sicura? Potresti pentirtene..."
"Non me ne importa niente di ciò che è giusto o sbagliato!"
La richiesta fu finalmente accolta. Quando il suo capitano cedette e fuse la sua bocca su quella rovende e morbida di lei come due metalli incandescenti, Mikasa sussultò sorpresa. La prese con decisione tra il collo e l'orecchio per non farla scappare via, mentre con l'altra mano premette sulla schiena di lei, per farle avvicinare il corpo al suo. Mikasa ne fu compiaciuta, il capitano era un mix di prepotenza e nobile bon ton anche quando baciava. Cercò di stare al suo passo, posandosi con le braccia sulle spalle di lui e facendosi strada con la lingua e spingendo per non farsi sovrastare da lui. Non era un bacio, era una lotta alla supremazia e fin'ora non c'erano vincitori ne perdenti. All'iniziativa di Mikasa, Levi soffocò un ringhio. Non gli era servita che quella mossa per decidersi a spingerla, addossandola al muro. La loro saliva si mischiò nelle reciproche bocche fameliche. Mancava il respiro ad entrambi, ma nessuno dei due aveva intenzione di staccarsi dall'altro. Il cuore di Mikasa sembrava volesse balzarle fuori dal petto. Gemette sorpresa quando sentì la mano calda di lui infilarsi sotto la sua maglia. Aveva veramente una pelle morbida come Levi pensava, e sentirla al tatto era ancora meglio che immaginarla. Mentre continuava ad affondare la sua lingua nella bocca di lei, le accarezzò il fianco. Le stava dando il tempo di ritirarsi se la infastidiva, ma lei non si scansò. Salì quindi lentamente, e quando sentì con le dita la piega morbida del suo seno, sospirò con cupidigia, bramando di approfondire l'esplorazione. Un barlume di coscienza si insinuò nella mente di Levi. Stava assecondando ogni singolo impulso che Mikasa aveva acceso in lui, ma era una ragazzina, non era pronta. Doveva fermarsi. Era sbagliato.
Staccò le sue labbra da quelle roventi di lei, anche se controvoglia. I loro sguardi si incrociarono.
"Perché ti sei fermato?" Chiese affannata.
"Perché sono ancora in tempo per farlo..."
Rispose lui.
Si guardarono negli occhi per interminabili secondi. Mikasa abbassò lo sguardo, troppo in imbarazzo per sostenere lo sguardo di Levi ancora a lungo.

"Mi... mi dispiace..." mormorò, balbettando. Levi si staccò da lei, confuso dalle scuse appena ricevute. Non fece in tempo a chiederle spiegazioni o a risponderle, che, veloce come un fulmine, Mikasa si dileguò dalla stanza, sparendo nell'ombra del corridoio.

  
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