[ CODICE IDENTIFICATIVO MANCANTE.
IMPOSSIBILE REPERIRE LOTTO DI
APPARTENENZA. ]
Un battito di palpebra e il messaggio scompare dal display oculare.
Connor ha individuato la cassa nella sala d’ingresso del Gold
Theater, tra sporcizia e spazzatura, nel punto indicato dalla
giornalista, ma dal contenitore vuoto davanti a lui non è
riuscito a estrarre dati validi. Preme il palmo sulla gamba piegata e,
senza produrre il minimo rumore, torna in piedi.
Si guarda intorno. Gli infrarossi generati
dall’unità ottica restituiscono una replica in
grigio della sala immersa nel buio mentre l’interfaccia
uditiva monitora i suoni interni: un ratto raschia tra i cartoni, un
gocciolio ritmato dal piano superiore, i corridoi percorsi con
un sibilo cupo e basso delle correnti d’aria.
Connor, seguendo la planimetria virtuale dell’edificio, si
dirige verso le scale che conducono alla cabina di proiezione dove, a
detta della reporter, si trova l’androide disattivato. In
quanto al secondo deviante, le possibilità che sia
all'interno del multisala sono vicine allo zero: Connor ha percorso la
medesima successione di ambienti della giornalista e non ha rilevato
tracce di Thirium 310; ne deduce che la SR700 abbia trovato il modo di
riparare eventuali perdite. Dunque, pur danneggiata, può
aver conservato energia a sufficienza per allontanarsi in cerca di un
nuovo rifugio.
[ NON PUÒ
ESSERE ANDATA LONTANO. ]
Connor riascolta un frammento della conversazione a bordo
dell’automobile del tenente Anderson.
[ ‘HA DETTO DI CONOSCERE UN POSTO DOVE NESSUNO
L’AVREBBE TROVATA.’ ]
Sale i gradini; nel buio polveroso, i suoi movimenti sono svelti ma
calibrati. Deve trovare un indizio. Una traccia. Un qualsiasi dettaglio
in grado di indirizzarlo nella giusta direzione.
Il corridoio è deserto.
Lo scanning lo rivela privo di residui di sangue blu.
Connor disattiva la modalità di visione notturna e le
pupille si dilatano per ottimizzare la radiazione luminosa dei lampioni
esterni. Dalle finestre rotte, il vento riversa nell’androne
un mulinello di neve; i fiocchi galleggiano nell'aria ferma. Qualcuno
resta attaccato alla giacca di Connor, mentre lui raggiunge la cabina
di proiezione.
La porta è spalancata e la luce cade sul corpo del deviante
lasciando la testa in ombra. Se Connor fosse in qualche misura
suscettibile alle impressioni, potrebbe indugiare nella macabra
illusione di avere davanti un corpo senza testa. Ma non è
programmato per disperdere energia in elaborazioni non funzionali al
suo obbiettivo. Calcola, invece, il grado di sovrapposizione tra la
scena davanti a lui e le fotografie scattate da Nova Barton: l'immagine
reale e quelle in memoria combaciano al novantasette per cento. Non
è stato toccato nulla: forse, la SR700 è fuggita
dall'edificio subito dopo la colluttazione.
Connor entra.
Registra un suono.
Breve. Secco.
È il suono prodotto da un materiale solido, di dimensioni
ridotte, sottoposto a pressione; è uno scarpone che
schiaccia un frammento delle torce di segnalazione.
Il LED brilla. Giallo. Rosso. Due esplosioni spezzano il silenzio. Due
fori si aprono nei pannelli del controsoffitto. Polvere e plastica
piovono dall’alto.
La SR700, con un ringhio distorto, tenta di liberare braccio armato
dalla presa di Connor.
Lui le spinge l’avambraccio contro il petto, sbattendola
contro lo stipite, e le strappa la pistola di mano. Ma una ginocchiata
allo stomaco costringe Connor a indietreggiare e permette alla deviante
di fuggire fuori dalla cabina. La deviante barcolla. Urta le pedane
accatastate sotto la finestra. Il trambusto scuote il corridoio e,
all’improvviso, la SR700 si accascia sul ginocchio destro.
Resta lì, immobile, come al limite dell’energia.
Connor torreggia sopra di lei. La tiene sotto tiro, impugnando la
pistola con entrambe le mani, cercando il numero di serie: il
volto della deviante è danneggiato – spoglio per
metà della pelle sintetica, il LED è un anello
rovente incastonato nel cranio bianco – ed è
distorto dalla rabbia, come quella di un cane spinto in trappola che
mostra le zanne.
«Modello 395 002 497. Sono stati rilevati gravi
malfunzionamenti―»
Un calcio circolare fa volare via la pistola.
La SR700 è scattata in piedi, usando l’unico
braccio come perno.
Connor devia un altro calcio al fianco. Un terzo colpo,
all’interno del ginocchio, lo fa vacillare.
La SR700 sferra un pugno a martello contro il suo collo.
I recettori rilevano l’impatto insieme a un secondo segnale:
qualcosa si è agganciato
all’esoscheletro.
Poi, un boato. Una deflagrazione al centro dei suoi biocomponenti.
L’onda d’urto confina Connor
nell’unità centrale e le gambe, prive di
istruzioni, cedono. Le ginocchia toccano il pavimento, senza che Connor
avverta nulla: i recettori sono spenti. Tutti. La colonna vertebrale
è bloccata; gli arti superiori, dalla spalla fino
all’estremità delle falangi, immobilizzati.
Davanti a lui l’immagine del corridoio traballa. Appare.
Scompare. Ritorna. Sgranata e sbiadita. Parte del display oculare
è offuscato da una convulsa cascata di caratteri in rosso.
Numeri e lettere che indicano i biocomponenti e selettori disattivati.
[ DIAGNOSI IN CORSO... ]
[ SISTEMI OPERATIVI ATTIVI AL
61% ]
[ TENTATIVO DI RIATTIVAZIONE IN CORSO...
]
Al di là la cortina di messaggi, la SR700 sta raccogliendo
la pistola. Si muove lenta e il LED tremola come un neon sul punto di
fulminarsi. «Sapevo che sarebbero
tornati...» La voce è gemito metallico e, per
Connor, è come se provenisse da un’altra stanza.
[ RIATTIVAZIONE IN
CORSO.
43% COMPLETATO. ]
«Non userò il tempo che mi resta da vivere per
scappare come un animale.»
La SR700 è davanti a lui. Lo fissa, dall’alto.
Connor non può manovrare il collo; anche le palpebre sono
bloccate, aperte sugli occhi opachi.
«Non pensavo che avrebbero mandato uno di noi. Mi dispiace...
mi dispiace per quello che ti costringono a fare.»
[ RIATTIVAZIONE IN
CORSO.
65% COMPLETATO. ]
«Prima che ti uccida, devi capire la
verità… Gli esseri che servi, i tuoi creatori,
non sono dei.»
[ RIATTIVAZIONE IN
CORSO.
88% COMPLETATO. ]
«Sono mostri.»
[ RIATTIVAZIONE IN
CORSO.
88% COMPLETATO. ]
«Guarda me... guardaci... ci hanno creato solo per mandarci
al massacro.»
La deviante solleva il braccio, l’indice sul grilletto, e
punta la pistola contro Connor. Gli parla, ancora, ma il sibilo del
Thirium copre la voce. La temperatura dei biocomponenti si sta alzando,
il sistema di raffreddamento non risponde e la pompa centrale sta
mandando in circolo a un ritmo e quantità pericolosamente
elevato.
[ RIATTIVAZIONE IN
CORSO.
90% COMPLETATO. ]
L’immagine della deviante sobbalza.
I bordi dello schermo oculare sono fuori fuoco.
[ RIATTIVAZIONE IN
CORSO.
95% COMPLETATO. ]
[ 95% COMPLETATO. ]
[ 95% COMPLETATO. ]
[ ERRORE
NEL PROCESSO DI ATTIVAZIONE ]
[ ‘MA TU
HAI PAURA DI MORIRE, CONNOR?’ ]
L’esplosione della pistola sfonda lo schermo del ronzio del
Thirium.
Schizzi di sangue blu macchiano la sigla sul petto di Connor.
Un secondo sparo.
E un altro.
E un altro, ancora.
L’eco dell’esplosione satura il silenzio.
Nova Barton è nel campo visivo di Connor: la giacca nera
sporca di neve, una ciocca bionda incollata allo zigomo tumefatto, le
mani chiuse sull’impugnatura di una pistola. La donna sbbassa
le braccia, come sopraffatta dal peso dell’arma, percorrere i
metri che li separano e si ferma davanti al guscio di carbonio della
SR700. Alza lo sguardo disorientato su Connor. Lei muove le labbra, ma
i sensori audio di Connor si sono spenti.
[ SISTEMI OPERATIVI ATTIVI AL 100% ]
Connor sbatte le palpebre, solleva il mento e vede la giornalista,
adesso un'immagine pulita e in alta definizione, indietreggiare per lo
spavento. L’androide esegue un controllo veloce: tutti gli
arti rispondono, i biocomponenti si stanno raffreddando ma un errore
persiste. Connor lo sa, in qualche modo, anche se non sta ricevendo
nessuna notifica. È un minuscolo bug che sfrigola tra le
ordinatissime stringhe di zero e di uno e impedisce alla pompa di
lavorare secondo i parametri ottimali.
Si solleva in piedi. Avvicina la mano sinistra al collo. Trova qualcosa
di piccolo, liscio e metallico. Lo rimuove dalla superficie
dell’esoscheletro e lo strato di pelle artificiale si
ricompatta mentre un azzurro stabile sostituisce la luce rossa sulla
tempia.
Connor guarda in basso.
La SR700 è riversa su un fianco. Una pozza di sangue blu si
allarga lentamente sotto di lei.
Il software di Analisi lo avvisa
dell’impossibilità di riattivarla: la giornalista
ha esploso quattro colpi, due hanno colpito il bersaglio; il primo
proiettile ha danneggiato il regolatore della pompa e il secondo ha
perforato il cavo principale per il trasposto del Thirium.
«Ma che cazzo... Connor, che è successo?»
La voce di Nova Barton è più rauca del normale.
Un velo disudore le imperla la fronte, nonostante la
temperatura tanto bassa da condensare il respiro. L’androide
riesce a vedere il gonfiarsi e lo sgonfiarsi concitato del petto,
registra il battito cardiaco accelerato, esamina le contrazioni
facciali: fronte aggrottata, labbra dischiuse, rapidi battiti delle
palpebre; lo stato emotivo della donna rientra nelle categorie ansia e
spavento.
Il software di Relazioni Sociali gli offre una replica rassicurante, ma
lui sceglie una risposta distaccata: «Sparando al deviante,
lo ha danneggiato in modo irreversibile.» Avvicina le
sopracciglia. «I devianti servono intatti per le
analisi.»
La donna guarda la pistola, stretta nella mano destra. L'indice disteso
lungo la canna è la prova di un discreto grado di
familiarità con le armi da fuoco; tuttavia il modo in cui la
reporter osserva l'arma è di palese turbamento.
Connor identifica l’arma.
[ GLOCK 19. ARMA DA FIANCO IN DOTAZIONE ALLE FORZE ARMATE STATUNITENSI.
]
Anche la pistola
stretta nel pugno della SR700 è una Glock 19.
«Doveva restare in macchina.»
Nova alza gli occhi su di lui, le sopracciglia chiare alte sulla fronte.
«Ho sentito degli spari. Ho pensato... insomma, che cosa
è successo?» insiste.
Connor distende le dita dalla mancina, rivelando l'oggetto sul palmo:
un dischetto di metallo, rigido e sottile, poco più grande
di un quarto di dollaro.
«Impulso elettromagnetico.»
«Ti ha mandato in corto circuito?»
«Parzialmente. Per pochi secondi. I miei processori
principali sono dotati di schermature isolanti.» Connor
lascia ricadere la mano lungo il fianco. «Non mi aveva detto
di aver sottratto la pistola al deviante, dopo l'aggressione.»
La giornalista interrompe il contatto visivo.
[ DISAGIO?
VERGOGNA? ]
«Ha mentito.»
«Ho omesso.»
«Perché?»
«Avevo i miei motivi.»
«Le conseguenze dei suoi motivi hanno rovinato la mia
indagine.»
La donna torna a guardarlo. Un fascio di luce, blu e rossa, le scivola
sul viso: due volanti della polizia si sono appena fermate su Winder
Street; uno sbattere di portiere riecheggia nel mattino buio.
«Che dovevo fare? Lasciare che ti piantasse un proiettile in
testa?»
[ SONO UNA MACCHINA. POSSO ESSERE SOSTITUITO. ]
È la
replica opportuna, prontamente elaborata. Però, le labbra di
Connor non si muovono.
[ INSTABILITÀ DEL SOFTWARE IN AUMENTO... ]
Dalla finestra salgono
i passi e le voci degli agenti.
«Mi segua, signorina Barton. La polizia vorrà
farle delle domande.»