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Autore: la luna nera    16/01/2019    8 recensioni
Firenze, si sa, è una delle capitali mondiali dell'arte e della cultura. Non è quindi raro che ospiti mostre ed eventi nei suoi innumerevoli edifici storici. A Palazzo Pitti ha da poco preso il via un'esposizione dedicata a Van Gogh che sembra indirizzata verso un grande successo di pubblico e critica. Ma qualcosa non va. Una misteriosa aggressione durante la notte ai danni di una guardia giurata rischia di mandare tutto all'aria e Laura non permetterà tanto facilmente al commissario Fiorini di bloccare l'omaggio al suo grande idolo Vincent Van Gogh.
Genere: Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fiorini spense l’ennesima sigaretta nel posacenere, era quasi pieno, così come l’aria del suo ufficio era intrisa dell’odore del fumo. Pareva non curarsene, ci era abituato e paradossalmente la compagnia di fumo e sigarette lo aiutava a immergersi nel lavoro. Aveva letto e riletto tutte le dichiarazioni rilasciate dal personale di sorveglianza presente a Palazzo Pitti nella notte dell’aggressione, nonché dalle donne delle pulizie che avevano lasciato l’edificio poco dopo le 21:00. Non era emerso un bel niente. Tutto rientrava nella norma, non c’era assolutamente niente di anomalo nelle loro deposizioni: le luci erano state spente durante il giro di controllo serale, quelle di emergenza erano accese come di consueto, le porte erano state chiuse e l’impianto di allarme inserito correttamente.
“Eppure qualcosa non quadra…” Mormorò fra sé e sé. “L’allarme anti intrusione era stato disattivato prima dell’ispezione interna a seguito delle anomalie rilevate dalle telecamere, ma nessuno dei rilevatori volumetrici aveva segnalato persone all’interno e la stessa cosa sembra sia accaduta all’esterno.” Alzò la cornetta del telefono e chiamò Esposito, il suo fido collaboratore, perché lo raggiungesse in ufficio. Proprio un attimo prima del suo arrivo, il cellulare di Fiorini squillò, guardò il numero ed alzò gli occhi al cielo prima di rispondere.
“Sì!” Sbuffò scocciato. “Che cosa vuoi ancora?...No, la casa è mia e non si vende. Io…  io….   Mi fai parlare?!” Batté il pugno sul tavolo proprio mentre Esposito si stava affacciando sulla soglia dell’ufficio del suo capo. “Se vuoi i mobili e tutte le tue cianfrusaglie, chiami chi ti pare, lo paghi e fai portare via ogni cosa! Non me ne frega un…. No! No! No! Paghi te!” Era rosso di collera. “No! Non voglio sentire più st….” Per l’ennesima volta gli era stata chiusa in faccia la chiamata, gettò via il telefono che per fortuna non si ruppe.
“Ancora state discutendo con la guagliona, commissa’?”
Gli rispose con un’occhiataccia, al che Esposito comprese che non era il caso di fare altre domande e si sedette.
Fiorini sbuffò, poi posò la mano sul fascicolo delle deposizioni. “Qui non c’è nulla di utile all’indagine, le informazioni raccolte pur essendo tutte concordi, non ci danno risposte. Dobbiamo verificare alcune cose, ci sono un paio di dettagli che non mi convincono.” Prese il pacchetto delle sigarette, ne estrasse una e la accese. “Convochi la ditta che si è occupata dell’impianto di videosorveglianza e la direttrice della mostra…. Come si chiama….” Cercò il nome fra le migliaia di carte che affollavano il suo tavolo. “Ecco, Giuliana Gherardini, direttrice della mostra su Van Gogh.”
L’uomo annuì, si alzò e dopo aver fatto qualche passo, si voltò. “Scusate, ma non dovremmo convocare pure l’altra signorina?”
L’idea non lo entusiasmava troppo, il battibecco avuto con lei lo aveva infastidito più del dovuto, tuttavia dovette riconoscere che ogni deposizione poteva essere utile alle indagini e diede ordine ad Esposito di procedere.
 
 
 
 
Laura si trovava nel suo monolocale, colta da una profonda nostalgia si era messa a sfogliare la sua tesi di laurea. Pagina dopo pagina davanti ai suoi occhi rivedeva la studentessa che era stata, con il thermos di caffè come alleato per resistere alle lunghe ed interminabili ore di studio, con la voglia di portare a termine quel lavoro su Van Gogh, sua croce e delizia per tutti gli anni di liceo prima ed università poi. In un certo senso era piacevole ripercorrere quel periodo della sua vita, ripensare agli enormi sacrifici dei suoi genitori per permetterle di realizzare il suo sogno, ai loro occhi lucidi e pieni di orgoglio quando finalmente aveva conseguito la laurea in storia dell’arte. Aveva studiato sodo, trascorrendo anche alcuni mesi nei Paesi Bassi proprio per approfondire ulteriormente la figura del maestro olandese, studiarne l’inquieta personalità, il talento unico e la genialità riconosciuta, purtroppo, postuma. Ripensò alle sue amiche in giro a divertirsi, mentre lei era china sui libri, alle tante rinunce e ai fine settimana passati sui libri anziché sul telo nella spiaggia di Viareggio. La soddisfazione però l’aveva ripagata di ogni sacrificio, adesso era felice perché aveva centrato il suo più grande obiettivo: omaggiare il suo adorato Vincent. Vedere tutti quei dipinti meravigliosi esposti assieme, ammirati da migliaia di visitatori affascinati la riempiva di orgoglio e di soddisfazione. Sì, perché lei era stata capace di organizzare tutto questo, nonostante gli ostacoli spuntati nel corso dell’allestimento per la poca fiducia di personaggi artisticamente affermati nei confronti di una semplice neolaureata.
Si perse per una manciata di secondi nel contemplare l’Autoritratto che aveva scelto come immagine di sotto copertina, poi riprese a sfogliare le pagine. Proprio in quell’istante il suo cellulare squillò e ricevette l’invito a presentarsi in Commissariato per deporre la sua testimonianza.
 
Quando giunse a destinazione, notò che la professoressa Gherardini si trovava già nell’ufficio del commissario e stava rispondendo alle sue domande.
“Caffè, signori’?”
Laura si voltò e riconobbe il collaboratore dal simpatico accento partenopeo che l’aveva convocata. “Grazie, molto gentile.” Accettò di buon grado quanto offertole. “Lei dev’essere il signor Esposito, giusto?”
“Sì, ma non chiamatemi signo’ che i’ nun so signo’. Chiamatemi semplicemente Pino.”
“Ok, come desidera, Pino.” Girò la palettina nel bicchiere di carta soffermandosi per alcuni istanti nell’osservare la bevanda mischiarsi con la leggera schiuma in superficie. “Senta, posso…..posso farle una domanda?”
“E come no!”
“Il commiss….”
“Signorina Torricelli?” Fiorini si affacciò sulla soglia del suo ufficio interrompendo bruscamente la conversazione. “Prego, si accomodi.”
Laura salutò con un cenno della testa prima Esposito e poi la Gherardini che se ne stava andando.
“Si accomodi pure.” Il commissario si sedette a sua volta e accese l’ennesima sigaretta. “Allora….” Incrociò le mani con una leggera punta di nervosismo.
Per tutta risposta lei tossì, visibilmente infastidita dalla puzza di fumo.
Lui sospirò e si limitò ad aprire leggermente la finestra.  “Dunque, lei si è occupata dell’organizzazione della mostra, ed è lei che ha provveduto a chiedere in prestito opere dell’artista ad altri musei, è così?”
“Sì, esatto.” Rispose in modo secco e deciso.
“Qualcuno si è mostrato riluttante al prestito dei quadri?”
“No. Chi vive a stretto contatto con l’arte ha a cuore che questa venga divulgata e fatta conoscere ad un pubblico vasto. Sono proprio le occasioni come questa ad offrire l’opportunità di far incontrare artisti come Van Gogh con appassionati e turisti che difficilmente ne avrebbero avuto la possibilità.”
“Certo….” Gli sembravano discorsi troppo intellettuali. “A suo giudizio, qualcuno potrebbe avrebbe avuto motivo di avercela con lei o con qualcuno che ha a che fare con l’esposizione?”
Rifletté un istante tentando di trovare una risposta.
“Non le viene niente in mente?”
“Così su due piedi direi di no. Le persone con cui ho avuto a che fare e che si occupano dell’esposizione non mi hanno dato modo di sospettare nulla.”
“Mhm, capisco.” Spense la sigaretta e prese a sfogliare le carte su cui erano elencati i nomi di tutti i collaboratori.
Laura avvertiva una leggera punta di imbarazzo nel trovarsi lì, da sola, con il commissario che pareva ignorarla, che ogni tanto si massaggiava la fronte su cui piccolissime rughe facevano trapelare la sua età non proprio giovanissima. Probabilmente era vicino ai quarant’anni e sprigionava uno strano ed irresistibile fascino sulla ragazza che di anni ne aveva di meno. “Senta, signorina, per caso il mio collaboratore le ha fatto qualche discorso strampalato?”
“Il signor Esposito intende?” Attese la conferma. “Mi ha solo offerto un caffè.” Non capiva il motivo di tale domanda.
“Meglio così. Vede…ehm… Esposito è un eccellente ispettore, però a volte se ne esce con discorsi insensati quali il malocchio, le fatture e via dicendo. Sono cose che in questo commissariato non sono contemplate, se viene commesso un reato noi dobbiamo trovarne il responsabile con prove concrete, senza rivolgersi ad astrologi e fattucchiere. Ho detto la stessa cosa alla professoressa Gherardini e la stessa cosa ho detto anche a lei perché non tollero stupidaggini del genere. Siamo d’accordo?”
“Certo, assolutamente d’accordo.” Il commissario appariva come un uomo schietto, dedito al lavoro, dal carattere tosto e deciso. Anche Laura non credeva a quelle cose, almeno su quello non avrebbero discusso. “Però… a pensarci bene una cosa mi sarebbe venuta in mente, non so se può essere pertinente ma….” Fiorini la incoraggiò a proseguire. “Per garantire la sicurezza dell’esposizione abbiamo richiesto il servizio di vigilanza armata durante le ore notturne e mi sembra di aver sentito lamentele da parte delle guardie giurate richiamate al lavoro, così come di alcune donne delle pulizie alle quali sono stati chiesti gli straordinari.”
“Quindi qualcuno di loro potrebbe aver escogitato qualcosa per chiudere la mostra, qualcosa che purtroppo gli è sfuggito di mano ed ha provocato il ferimento del vigilantes.”
“Io non ne ho idea, le ho solo riferito ciò che mi era venuto in mente, il commissario è lei, non io.”
Non si aspettava una tale risposta, tuttavia apprezzò il fatto che la ragazza non mostrasse di essere una ficcanaso e che quindi non si sarebbe impicciata nelle indagini. “Bene, la ringrazio.” Si alzò e le porse il suo biglietto da visita. “Qui c’è il mio numero di telefono. Mi chiami se le torna in mente qualcos’altro.”
“Grazie.” Prese quel cartoncino e se lo mise in tasca.
“Mi raccomando, solo cose serie.”
“Tranquillo, Commissario. Le auguro una buona giornata.” E se ne uscì dalla porta salutando con un cenno l’ispettore Esposito.
 
 
“Esposito!”
“Comandi, commissa’!” L’uomo sobbalzò non appena si sentì chiamare.
“Indaghi su tutti gli uomini della vigilanza che hanno prestato servizio alla mostra, sulle donne delle pulizie, sugli elettricisti, manutentori, pure gli addetti alle macchinette del caffè. Voglio sapere chi e quanto si è lamentato per essere stato coinvolto per l’esposizione, controlli se avevano prenotato vacanze o cose simili. Le do due giorni di tempo, poi voglio tutto nel mio ufficio.”
“Due giorni, commissa’? E come faccio?!”
“Come vuole.” E se ne andò per il corridoio con il cellulare in mano.
 
 
 









 
 
Buon mercoledì a tutti!
A costo di essere ripetitiva, desidero ringraziare di tutto cuore VOI meravigliosi recensori ed i lettori silenziosi, nonché chi ha inserito la storia in una delle liste.
Allora… l’indagine è iniziata e il commissario sembra avere già una possibile traccia da seguire. E’ un tipo tutto d’un pezzo, un tipo che non ammette i fenomeni paranormali al contrario del buon Pino Esposito che sembra aver già preso in simpatia Laura.
Che succederà?
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 
  
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