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Autore: Nope1233    19/01/2019    1 recensioni
"Lui comparve quando ero finalmente giunta al limite e avevo compreso cosa desideravo fare della mia vita.
Lui comparve nel momento in cui mi ero resa conto che non avevo nulla da perdere."
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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T/N POV

 

 

Sapevo che quello appena iniziato sarebbe stato il giorno peggiore della mia vita.

Mi svegliai a malavoglia nel mio spazioso letto che però sentivo sempre più stretto per via della mia condizione, a detta di altri, invidiabile. I miei genitori erano tremendamente ricchi e avevo vissuto tutta la mia breve vita circondata dal lusso più sfrenato senza averlo mai desiderato effettivamente. 

Non avevo alcun amico, se non quelli scelti da mia madre, anche loro figli di famiglie ricche, che sapevano solo parlare delle nuove collezioni di noti stilisti e del conto in banca dei genitori ostentando la loro ricchezza in locali alla moda.

Io invece, ero completamente fuori da quel mondo e non avevo alcun desiderio di farne parte. Trovavo tutto talmente sbagliato e lontano dal mio essere da darmi il volta stomaco. Avevo più volte premeditato una fuga da quell'ambiente, ma non avevo nulla a cui aggrapparmi. Non conoscevo nessuno e per via dell'ossessione di mia madre per me, non avevo nemmeno mai potuto provare a cercarmi un lavoro, anche solo part time.

 Lei voleva che anche io godessi della ricchezza nella sua interezza trovandomi un uomo ricco e godendomi la mia vita agiata, e nulla di tutto ciò era più lontano da ogni mio desiderio. Io volevo solo entrare alla UA per diventare come tutti quei meravigliosi hero che vedevo in televisione e per le strade aiutando il prossimo, a costo di vivere in un monolocale di pochi metri quadrati in periferia, ma mia madre non me l'avrebbe mai permesso.

 

"Buongiorno signorina, la colazione è pronta." disse il maggiordomo aprendo le porte della mia stanza ed esibendosi in un leggero inchino.

"Grazie, Tanaka. Buongiorno a te." mormorai stropicciandomi gli occhi.

"Sua madre mi ha chiesto di ricordarle dell'appuntamento di oggi e le richiede di indossare un abbigliamento consono all'occasione."

"D'accordo..."

Dopo la mia risposta, Tanaka uscì lasciandomi sola e mi apprestai, dopo essermi lavata, ad indossare l'abito richiesto da mia madre per quella fatidica giornata. Avremmo avuto come ospiti una ricca famiglia con cui mio padre aveva una trattativa in corso e mia madre mi aveva immediatamente informato che il primo genito, un bel ragazzo della mia stessa età, fosse single. La cosa mi interessava davvero poco; ne avevo abbastanza dei ricchi, figuriamoci se avrei avuto piacere nel frequentarne uno anche fuori da quella casa infernale.

 

 

Scesi le scale avvolta in quel dannato abito a gonna corta ed i miei genitori mi accolsero a braccia aperte dando il via alla colazione. La mattinata passò velocemente e, mentre venivo truccata da mia madre davanti al mio grande specchio, mi rivolgeva in continuazione frasi incoraggianti sul mio aspetto e su quanto Seishiro, il rampollo della famiglia nostra ospite, sarebbe stato un ottimo partito per me. A malapena la ascoltavo pensando solo al fatto che il giorno seguente ci sarebbe stato l'esame d'ingresso per la UA.

Avevo già inviato la mia richiesta d'iscrizione falsificando la firma dei miei genitori e non mi importava delle conseguenze. Avrei fatto qualunque cosa pur di superare il test di ammissione e avrei messo la mia famiglia di fronte all'evidenza dopo essere entrata nella sezione eroi a costo di essere sbattuta fuori casa.

Il mio quirk purtroppo aveva delle limitazioni nel suo utilizzo: potevo alzare o abbassare vertiginosamente la temperatura degli oggetti che toccavo e per i miei parenti le Unicità erano qualcosa di completamente inutile quando si era in possesso di una bella casa e di un portafoglio pieno. Li odiavo per questo.

 

"I signori Yamamoto sono arrivati, signora."

"Grazie, Tanaka. Scendiamo immediatamente." disse mia madre dandomi un' ultima sistemata ai capelli. "Sei bellissima, tesoro. Farai un figurone!"

Mi limitai a scrutare le mie gambe a testa bassa, ma lei non si curò minimamente del mio malessere facendomi alzare e trascinandomi fino all' ingresso.

 

 

Le porte si spalancarono e comparve una famiglia dall'aspetto ricercato indossando abiti troppo eleganti per un semplice pranzo di lavoro. Ci salutammo con un inchino e notai subito Seishiro a fianco dei genitori alzare gli occhi su di me e lanciarmi uno smagliante sorriso. Lo trovai rivoltante.

"Prego, seguiteci." li invitò mia madre mostrando la strada verso la grande sala da pranzo.

Tutti ci accomodammo ai nostri posti già premeditati da mia madre ed ovviamente non potevo aspettarmi altro che la pomposa sedia a fianco del rampollo single della famiglia Yamamoto.

 

I nostri genitori iniziarono subito a parlare di lavoro ed io mi persi nei miei pensieri scavando con la forchetta nel piatto di rinomato cibo italiano, il preferito di mia madre.

"In confidenza, posso chiamarti T/N o preferisci il tuo cognome?" chiese Seishiro.

"Come ti pare, non mi interessa." dissi seccata dalla sua sola presenza.

"Allora scelgo T/N. E' davvero un bel nome." sorrise.

"Grazie."

"Sei molto più bella di quello che mi aspettassi dalle parole di mia madre." continuò osservandomi con un sorriso malizioso. "Non è che ti andrebbe di parlarmi un pò di te?"

"Non ci pensare nemmeno. Non mi interessi." sbottai a testa bassa.

"Volevo solo essere gentile, perdonami." disse il ragazzo tornando con gli occhi sul suo piatto ed iniziando a mangiare.

La situazione era parecchio stressante, ma dovevo resistere. Se tutto sarebbe andato secondo i piani, dal giorno seguente la mia intera vita sarebbe cambiata drasticamente e non desideravo altro.

 

 

Fortunatamente, il pranzo si concluse in fretta ed io, con la scusa di un malessere improvviso, mi rintanai in camera mia levandomi di dosso quello scomodo vestito ed indossando qualcosa di più comodo. Dopo qualche ora passata sui videogiochi mi sdraiai sul letto studiando il soffitto e pensando a quello che avrei potuto fare per lasciar scorrere in fretta quella giornata tremenda.

Poco dopo, mia madre bussò alla porta e non attese nemmeno la mia risposta per entrare e posizionarsi davanti al mio letto.

"Alzati immediatamente. Quelle posizioni non sono consone ad una signorina che si rispetti." disse seria.

Mi sedetti sul letto sbuffando; avevo provato infinite volte a lottare con lei riguardo ai miei sogni ed ai miei comportamenti, ma dopo gli infiniti fallimenti al riguardo avevo scelto di fare come mi ordinava finché non sarei riuscita ad andarmene da quella casa. Ovviamente entro certi limiti.

"Così va meglio. Devo assolutamente parlarti di una cosa." disse cambiando repentinamente la sua espressione e mostrandomi un grande sorriso. "Sei piaciuta davvero tanto al figlio della famiglia Yamamoto e, dato che non ti sentivi bene e non voleva disturbarti, ha chiesto a me di venirti a domandare se ti andasse di uscire con lui domani sera. Ti rendi conto? Che notizia fantastica!"

Credo che la mia espressione stizzita e schifata allo stesso tempo parlò per me, perché subito dopo mia madre prese le mie mani tra le sue e mi sorrise con le lacrime agli occhi.

"T/N, tesoro. Se ti accasassi con uno come lui la tua vita sarebbe completamente sistemata per sempre! Sforzati una buona volta!" disse.

"Assolutamente no." dissi facendo fuggire le mie mani dalla sua presa. "Mi fa ribrezzo quel tipo."

"Ma come ti permetti?! Io e tuo padre ti stiamo offrendo la possibilità di vivere felice e tu nemmeno ci provi?"

Stava davvero superando ogni mio limite di sopportazione e quella giornata non era assolutamente una delle migliori per assecondare un suo capriccio, tanto meno di quel genere.

"Ho detto di no. Lasciami in pace adesso." dissi alzandomi dal letto e guardandola con occhi arrabbiati.

Senza che avessi modo di prevederlo, mi diede un forte schiaffo in pieno volto e sentii una forte rabbia montarmi nel petto.

"Non mi tratti così, signorina. Siamo intesi? Tu domani uscirai con lui, niente storie!" continuò la donna con tono stizzito.

"VATTENE AL DIAVOLO! SE CI TIENI TANTO, VACCI TU A QUELLO SCHIFOSO APPUNTAMENTO!" gridai prima di afferrare una felpa da una sedia accanto alla porta ed iniziando a correre verso l'ingresso.

"T/N! Vieni subito qui!" urlò mia madre dal piano superiore mentre ero ormai intenta a varcare la porta di casa ed addentrarmi nel grande giardino.

Mio padre e la famiglia Yamamoto erano seduti sotto ad un gazebo a godersi la brezza del pomeriggio e mi videro correre spedita verso i cancelli. Mio padre mi chiamò più volte, ma lo ignorai proseguendo il mio percorso. Quando finalmente arrivai sulla strada, pestai l'asfalto a testa bassa fino al centro della città dove venni inglobata dalla folla. Solo allora mi fermai a riprendere fiato e mi inginocchiai in un vicolo cercando riparo dal sole e dagli sguardi altrui.

 

 

Dopo alcuni minuti, frugai nelle tasche della felpa e, con mia enorme felicità, scoprii una banconota di piccolo taglio guadagnata quando avevo portato a passeggio alcuni cani di nascosto; mia madre sarebbe rabbrividita al solo pensiero. Dovevo distrarmi e cercai nelle piccole vie che mi circondavano, un qualche locale in cui passare il pomeriggio.

Temevo l'idea che sarei dovuta tornare a casa quella notte e sorbirmi la predica dei miei genitori sicuramente furiosi per quanto accaduto. Dovevo andarmene da quel posto il prima possibile.

 

 

Scelsi un piccolo bar decisamente modesto e, al mio ingresso, venni accolta da una sorridente cameriera che mi fece sedere ad un tavolo nella parte più interna del locale. Ordinai un caffè e, mentre attendevo, lasciai scivolare gli occhi per tutto il bar. Il caldo color mogano delle rifiniture e dell'arredamento si fondeva con un delicato verde chiaro dipinto sulle pareti e donava un atmosfera accogliente al locale, mentre una luce soffusa penetrava dalla vetrata illuminando le piante che adornavano la sala. Mi sentivo molto a più agio in un posto del genere che in mezzo allo sfarzo della mia stessa casa e riuscii a rilassarmi respirando a pieni polmoni.

Notai una piccola libreria nell'angolo della stanza e, al ritorno della cameriera con la mia ordinazione, le domandai se fosse possibile usufruirne. Mi rispose con un sorriso invitandomi a sceglierne uno e a passare in quel locale tutto il tempo che volevo. La ringraziai e mi alzai avvicinandomi agli scaffali e scrutando i vari titoli esposti.

 

 

"Ragazzi lo sapete? Sero domani farà l'esame di ammissione alla UA!" rise qualcuno in un gruppo di ragazzi seduti ad un tavolo poco lontano dal mio.

A sentir nominare il test della scuola per eroi, voltai lo sguardo verso di loro per cercare di carpire qualcosa in più dai loro discorsi.

"Ahah! E' vero...Spero di farcela!" sorrise imbarazzato un ragazzo dai capelli lunghi grattandosi la nuca.

 

I suoi amici continuarono a fargli i complimenti per le sue aspirazioni e poco dopo gli occhi di quel ragazzo chiamato Sero, caddero su di me provocandomi una fitta al centro del petto. 

Rimanemmo a fissarci per alcuni secondi mentre io, più il tempo passava, più arrossivo per quel suo sguardo perso nel vuoto, ma fermo su di me. Sbattei qualche volta le palpebre per tornare alla realtà e voltai di scatto la testa fingendomi interessata dai titoli esposti sulla libreria. Ne scelsi uno a caso e, tornando verso il mio tavolo, lanciai una brevissima occhiata al ragazzo e scoprii che era tornato a chiaccherare con i suoi amici.

 

Dopo essermi seduta, versai i miei soliti due cucchiaini di zucchero nel caffè ed iniziai a sorseggiarlo leggendo le prime righe del libro. Qualcosa di più forte di me, mi costringeva ad alzare spesso gli occhi verso il tavolo dei ragazzi e mi accorsi che riuscivo a vedere perfettamente Sero. Ne approfittai per osservarlo meglio e per tentare di capire il motivo di quella fitta e di quel rossore fuori luogo. Non era uno di quei ragazzi belli e impossibili che ero abituata a conoscere, aveva un fascino completamente diverso.

Poco dopo, durante una delle mie solite occhiate mentre mi portavo la tazza alle labbra, Sero si voltò verso di me. Arrossii e per poco non sputai il caffè tornando subito a far finta di nulla posando gli occhi sulle pagine del libro.

 

Le ore passarono ed io ero ancora persa nei miei pensieri interrogandomi del perché i miei occhi erano come attratti da quel ragazzo che nemmeno conoscevo; non mi era mai successo prima di allora.

Poco dopo, il gruppo pagò il conto e si alzò dirigendosi verso l'ingresso del locale. In quel frangente, lanciai un'ultima occhiata a Sero con la coda dell'occhio, intento ad essere strattonato amichevolmente da un suo amico.

"Cazzo, si è messo a piovere." sbottò uno di loro dopo avermi superato.

 

Mi voltai di scatto e vidi una forte pioggia rigare la vetrata mentre alcune persone correvano per strada bagnati fradici alla ricerca di un riparo. L'idea di tornare a casa era sempre meno allettante e, dopo che i ragazzi furono usciti armandosi di ombrelli, la cameriera mi si avvicinò rivolgendomi un sorriso.

"Mi perdoni davvero tanto, ma stiamo per chiudere." disse.

"C-Certo, ci mancherebbe! Mi scusi!" balbettai.

 

Una volta fuori, rimasi sotto alla veranda del locale attendendo che la pioggia si placasse ma, nonostante lo scorrere dei minuti, non accennava nemmeno a rallentare. Era parecchio tardi e il buio della sera era spezzato solo dalla luce fioca dei lampioni che costeggiavano le strade. Decisi a malincuore che era giunta l'ora di tornare a casa; il giorno seguente avrei avuto l'esame d'ammissione alla UA e dovevo essere al massimo delle mie forze.

Presi un respiro profondo ed iniziai a correre sotto la pioggia torrenziale ripercorrendo la strada da dove ero venuta. Scansando i passanti mi accorsi che ormai l'acqua mi aveva completamente infradiciato i vestiti ed attivai il mio quirk in maniera controllata per cercare di scaldarmi come potevo.

Giunsi finalmente su uno degli ultimi tratti di strada e maledii le mie scarpe da ginnastica quando scivolai sull'asfalto bagnato cadendo rovinosamente e ferendomi entrambe le ginocchia. Mi misi subito a sedere stringendo una delle gambe al petto ed osservando il mio sangue fuoriuscire dalla ferita e mischiarsi con la pioggia intenta a scivolare lenta sulla mia pelle.

 

"Hey! Ti sei fatta male?!" chiese una voce preoccupata alle mie spalle.

 

 

Non ebbi il tempo di voltarmi che il ragazzo che aveva appena parlato mi si parò davanti inginocchiandosi immediatamente. Non riuscii a crederci quando finalmente lo riconobbi: Sero, il ragazzo degli sguardi senza senso nel locale di pochi minuti prima, era davanti a me e mi stava porgendo il suo ombrello.

"Prendi e riparati dalla pioggia!" disse con un sorriso. "Al resto ci penso io!"

Avvampai di colpo, ma eseguii l'ordine non riuscendo a spiccicare parola. Il ragazzo aprì il suo zaino tirando fuori un pacchetto di fazzoletti e, dopo averne estratto uno, iniziò a tamponarmi le ferite.

"G-Grazie...Non ce n'era bisogno." mormorai.

"Figurati! Se guardiamo il lato positivo è una fortuna che stia piovendo così forte, ci risparmiamo il dover pulire la ferita." disse sorridendo ed alzando gli occhi su di me.

"S-Si..." balbettai deviando il suo sguardo. "Però...Così ti bagnerai."

Spostai l'ombrello in modo da coprire anche lui, ma il ragazzo, spingendolo con due dita, lo riportò su di me.

"Poco importa! Davvero, non preoccuparti!" disse.

 

Non aveva smesso per un attimo di sorridere e lo trovai ancora più carino di quanto avessi avuto modo di pensare nelle ore precedenti. Poco dopo, estrasse altri due fazzoletti e li appoggiò sulle mie ginocchia.

"Non spaventarti, ok? Fermo solo la medicazione." disse togliendosi la felpa e rivelando dei gomiti dotati di una strana forma. Dopo di che, attivò quello che a quanto pare era il suo quirk e creò del nastro adesivo stringendo i fazzoletti contro le mie ginocchia.

"Ecco fatto. Ce la fai ad alzarti?" disse porgendomi la mano.

"C-Credo di sì..." mormorai afferrandola ed accettando il suo aiuto nel rimettermi in piedi.

Le ginocchia mi diedero una forte fitta, ma riuscii comunque a stare in equilibrio.

"Grazie...Grazie davvero." dissi porgendogli l'ombrello.

"Tienilo tu, io abito qui vicino!" sorrise. "E non ringraziarmi, vorrei diventare un eroe e questo è il minimo che posso fare."

 

Avrei voluto dirgli che anche io avevo intenzione di studiare alla UA come lui e, non so bene il perché, mi venne una gran voglia di raccontargli tutto. Tutti i miei malesseri, tutte le cose in cui mi sentivo stretta da ormai troppo anni, ma mi trattenni per ovvi motivi limitandomi ad osservare delle grandi gocce d'acqua scivolare sui suoi capelli neri per poi rigargli il viso. Quel ragazzo mi trasmise a pelle una profonda sicurezza e una gran voglia di impegnarmi a fondo per i miei obbiettivi; mi resi conto, con mia enorme sorpresa, che non volevo che se ne andasse.

"Allora ti saluto, fai attenzione mentre torni a casa!" disse con un sorriso iniziando ad allontanarsi alzando la mano in gesto di saluto.

"A-Aspetta!" dissi ed il ragazzo eseguì l'ordine guardandomi con aria interrogativa. "Posso sapere il tuo nome?"

"Sero Hanta, il tuo?" rispose tornando a sorridermi.

"T/C T/N..." mormorai.

"E' stato un piacere conoscerti, T/C! Spero che ci vedremo presto!" disse riprendendo a camminare.

"A-Anche per me! Grazie ancora!"

"Non c'è di che!" concluse facendomi l'occhiolino per poi iniziare a correre ed addentrarsi in una strada secondaria poco distante.

 

Cadde un pesante silenzio dentro e fuori dal mio corpo, rotto solo dallo scrosciare ininterrotto della pioggia che batteva con forza sul tessuto dell'ombrello. Rimasi a fissare per alcuni secondi il punto in cui Sero era sparito rendendomi conto che in tutta la mia vita non mi fosse mai successa una cosa tanto bella da alleggerirmi il cuore in quel modo. Nonostante se ne fosse andato, lui era ancora lì, intento a sorridermi, e mi stupii di me stessa per quella sensazione completamente estranea al mio mondo fino ad allora.

 

Riuscii poco dopo a tornare in me e ricaddi nella realtà come se fossi caduta in una vasca gelida. Tutta la mia orrenda situazione familiare mi stava aspettando sulla porta di casa e mi strinsi nelle spalle al solo pensiero. L'indomani ci sarebbe stata la mia occasione di svoltare le cose ed iniziai a sentire l'ansia da prestazione.

Volevo e dovevo farcela, poco ma sicuro.

   
 
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