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Autore: Axel Knaves    19/01/2019    0 recensioni
Un patto di sangue involontariamente stretto e un'invocazione fatta per scherzo, portano Eva Rossi a condividere il suo appartamento con Helel (a.k.a. Lucifero) e Azrael (a.k.a. Morte).
Ma cosa potrebbe mai andare storto quando condividi la vita e la casa con la Morte, che entra nei bagni senza bussare, e il Diavolo, che ama bruciare padelle?
Eva non potrà fare altro che utilizzare le sue armi migliori per sopravvivere a questa situazione: il sarcasmo e le ciabatte.
~Precedentemente intitolata: Bad Moon Rising e Strange Thing on A Friday Night
~Pubblicata anche su Wattpad
Genere: Comico, Demenziale, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Nonsense | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
Capitoli:
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!Attenzione: contenuti violenti!

[19]» Dammi tre parole: sangue, morte e amore «[19]

 

EVA’S POV

Strinsi i pugni a sentir nominare quel maledettissimo nome. Il demone davanti a me era il bastardo che aveva cercato di toccare la mia famiglia. Il demone davanti a me era il bastardo che aveva cercato di uccidere le persone e gli angeli a me cari. Il demone davanti a me era il bastardo che il mio corpo mi stava chiedendo disperatamente di uccidere.
Anche se ero cosciente di non avere più i poteri divini di Azrael ed Helel, gli unici mezzi con cui avrei potuto sconfiggerlo.
Con la coda dell’occhio guardai i miei fratelli, entrambi fermi sulle scale. Davide aveva il viso cereo e sembrava star trattenendo il respiro; il corpo di Serena stava tremando a causa dei singhiozzi che lo avevano iniziato a percuotere dalla paura. Quando notai le lacrime sul volto di mia sorella compresi come quello fosse il momento di fare qualcosa di disperato e forse anche di un po’ folle: avevo un’unica possibilità e non potevo gettarla nel cestino.
Ringraziai Ra di avere delle pantofole ai piedi e un pigiama pesante addosso mentre tornavo a guardare il demone con sguardo torvo e labbra pressate.
«Prima di riuscire ad uccidermi, dovrai prendermi». Sibilai prima di lanciarmi nella corsa più pazza della mia vita - se fossi sopravvissuta l’avrei segnata sicuramente sul calendario. Lasciando cadere a terra il libro regalatomi dall'angelo della morte, con tutta l’adrenalina immagazzinata nel mio corpo, corsi in salotto; lo attraversai con lunghe falcate e mi defenestrai di mia spontanea volontà.
Attorno a me fu come se il tempo andasse a rallentatore per alcuni secondi: l’impatto contro al vetro era stato più violento di quello che avevo pensato all’inizio ed ogni taglio apertosi sulle braccia a causa delle schegge di vetro bruciava come un dannato.
Ma neanche il tempo di percepire l’urlo sorpreso di Davide e quello di preoccupazione di Serena, che ero già atterrata sul nostro prato. Rotolai un paio di volte, mi rimisi in piedi e ripresi a correre a perdifiato in mezzo alla notte, in pantofole.
Non potevo difendere la mia famiglia in nessun modo in quel momento, ero semplicemente un’inutile e innocua umana. Ciò nonostante non potevo darla vinta ad Erezel senza lottare. Sapevo di sembrare patetica agli occhi di quel maledetto, cercando di seminare un demone a piedi, ma continuai a spingere il mio corpo un piede davanti all’altro.
Più spazio mettevo tra il demone e la mia famiglia e meglio era.
Non feci molta strada, su quello non c’erano dubbi: arrivai a malapena al parco giochi dietro alla prima svolta prima che una mano mi prendesse per i capelli e mi strattonasse a terra.
Atterrai di schiena e per qualche secondo tossì fuori tutto l’ossigeno presente nei miei polmoni a causa della violenza dell’impatto con il suolo. Mi girai su un lato, cercando di mettermi a gattoni, ma tutto quello che feci fu aprire un fianco al calcio del demone. Mi spostai di qualche metro rotolando violentemente contro il terreno, prima di fermarmi ed essere in grado di tossire fuori il sangue, fermatosi in gola.
Mi cercai di tirare su da terra usando gli avambracci e stringendo i denti ma Erezel non aveva finito con me. Sentii una mano prendermi i capelli e sollevarmi come se non pesassi nulla; costrinsi l’urlo di dolore a morirmi in gola mentre sentivo delle ciocche intere di capelli staccarsi dalla cute. Mi aggrappai al polso che mi teneva sollevata da terra e cercai di calciare il demone più che potevo, senza guardarlo negli occhi.
«Siete patetici voi umani». Dichiarò divertito prima di lanciarmi dall’altra parte del parco.
Intersecato con l’aria che sfregiava la pelle sentii un urlo. Mi resi conto di essere io stessa la causa di quell’urlo solo dopo che atterrai. L’impatto fu preso tutto dalla spalla e fu devastante.
L’urlo mi si strozzò in gola mentre un sonoro “crack” alla spalla venne seguito a ruota da un dolore allucinante proprio in quel punto; esso non fece nulla se aumentare mentre slittai per ancora qualche metro sul terreno.
Quando finalmente mi fermai, roteai immediatamente sulla schiena. Lacrime calde erano ovunque sul volto e stavano cercando di  strozzarmi; la spalla era in fiamme dal dolore e non voleva dare segno di volersi muovere prima di molto tempo.
Anche con il fiato corto, e con metà corpo intorpidito o bloccato, appena sentii i passi del demone avvicinarsi cercai di strisciare via usando il mento e il braccio ancora funzionante.
La mano di Erezel però non ci mise molto a riprendermi per i miei capelli rossi. Proprio in quel momento, mentre un ennesimo urlo di dolore eruttava dalla mia gola, mi resi conto come quella notte non sarei sopravvissuta.
Accettai silenziosamente, nella mia testa, che quella notte Erezel mi avrebbe ucciso.

3rd POV

Tridel non si era mai reso conto quanto poco tempo servisse per prendere una decisione nella vita e quasi si spaventò quando fece la scelta più importante della sua in pochi decimi di secondo.
Era stata la sensazione più strana della sua esistenza quando, dopo aver tranciato via il braccio del demone che l’aveva appena attaccato puntando alla sua testa, un brivido lungo la schiena lo aveva impietrito per alcuni secondi, rendendolo incapace di muovere un qualsiasi muscolo, e un intenso calore nel petto lo aveva iniziato ad incitare a trovare Mikael al più presto.
Appena i suoi muscoli tornarono a funzionare, Tridel partì veloce come il vento. Un piede che seguiva velocemente l’altro mentre portava i suoi muscoli allo stremo per riuscire a correre ancora più veloce. Tridel corse come un dannato attraverso il campo di battaglia, schivando, parando e decapitando tutti quei demoni che si mettevano sul suo cammino, senza nessuna pietà, in cerca dell’arcangelo Mikael.
Non sapeva perché ma più tempo ci metteva a trovare la donna, più la strana sensazione che lo aveva pervaso da qualche minuto si trasformava in un’angoscia irreale.
Finalmente, dopo quello che a lui era sembrato un secolo, la trovò: leggiadra nei movimenti, Mikael, stava dando del filo da torcere a tre energumeni che l’avevano attaccata nello stesso momento. La sua armatura candida era schizzata di macchie nere mentre dalla spada con cui stava combattendo, colava ancora il sangue degli avversari già mietuti.
In quel momento Mikael era nel suo elemento e Tridel non poté fare a meno di perdersi per un attimo ad osservarla. Quella era la donna che lui amava da secoli. Quella era la donna che poteva definire “sua” ed era estremamente orgoglioso che quella donna avesse deciso di concedere proprio a lui il privilegio di vedere la sua parte più “debole”.
Purtroppo Mikael era troppo concentrata sui suoi avversari per accorgersi di una quarta presenza armata alle sue spalle. Tridel riconobbe immediatamente Malik, il suo miglior sottoposto, e quasi gli si bloccò il cuore dal battere a vederlo caricare la lancia e correre con tutta la forza che aveva verso la donna; un’unica missione: ucciderla.
«MIKAEL!» Urlò Tridel disperato per la donna di guardare dietro di sé, mentre lei stava trafiggendo l’ultimo dei tre avversari.
Ma Tridel comprese, proprio nello stesso istante in cui lo comprese Mikael, come era ormai troppo tardi. Mikael aveva dato tutta la sua attenzione agli avversari davanti a sé e non si era accorta del demone che la stava per prendere alle spalle. Ed ora neanche i riflessi migliori l’avrebbero potuta salvare dalla lancia preparata per ucciderla.
Mikael fece un’unica cosa per prepararsi alla sua imminente morte: chiuse gli occhi e si preparò al dolore della lancia, caricata per trafiggere il suo torace, stringendo i denti.
Eppure la donna non sentì nulla di quel colpo.
Lentamente aprì gli occhi e il cervello le si bloccò alla vista in fronte a lei mentre sembrava impossibile per l’ossigeno arrivare ai suoi polmoni. Gli occhi erano fissi sulla schiena larga e possente di Tridel, apparsa di fronte a lei dal nulla, e stavano studiando increduli la lancia demoniaca che spuntava fuori, sanguinolenta, da un fianco del mezzo-demone.
Un groppo le si formò in gola mentre il suo cervello cercava di non credere ai suoi stessi occhi.
«No». Bisbigliò prima di riuscire a reagire a dovere. «TRIDEL NO!» Urlò quando il demone estrasse la lancia dal corpo appena perforato. Il mezzo-demone cadde all’indietro a peso morto, finendo tra addosso al lei.
L’arcangelo guerriero strinse tra le sue braccia tremanti il mezzo demone, concentrato sul mantenere una pressione costante sul fianco ferito e sul tossire fuori tutto il sangue accumulatosi in gola.
Il cervello della donna stava lavorando più veloce di qualsiasi altro momento della sua vita: pensieri su pensieri le invadevano la mente rendendo completamente inutile tutti i ragionamenti; si trovò così ad avere la mente totalmente vuota per lo shock.
«È stato molto più semplice di quel che mi aspettassi». Li derise la voce di Malik, riportando su di sè gli occhi morenti di lui e gli occhi infuriati di lei.
Malik guardava l’angelo e il mezzo demone con uno sguardo superiore. Era stato così facile disarmare e colpire in modo mortale il demone più potente degli inferi, senza contare con quale velocità l’angelo più forte dei quattro regni era caduta in ginocchio, totalmente sconvolta dallo stato del suo amante.
Malik, sentendo ormai la vittoria sulla punta delle dita, caricò la sua arma per mettere fine anche alla vita della donna. Se avesse ucciso entrambi, nella nuova era demoniaca, sarebbe stato ricordato come uno dei più grandi guerrieri. Ne era sicuro.
Mikael guardò la lancia essere alzata sopra la sua testa ma non riuscì a fare nulla: ogni suo muscolo era indolenzito e uno strano dolore aveva possesso del suo fianco. Strinse i denti sapendo come la causa di quel dolore fosse la ferita al fianco di Tridel, erano legati in modo così stretto per cui la donna sentiva ogni singola ferita del mezzo-demone e viceversa.
Tridel sapeva di ciò e aveva paura di cosa sarebbe successo a Mikael se lui fosse morto.
Ma il suono di carne dilaniata riempì l’aria ancora prima che la lancia ascendesse sulla donna.
Malik tossì e si sorprese di sentire sangue uscirgli dalle labbra. Il demone, sentendo uno strano fastidio appena sotto lo sterno, guardò in basso e rimase per qualche secondo sorpreso e perplesso a scoprire la punta di una spada uscirgli dell’addome.
Mikael sgranò gli occhi comprendendo finalmente cosa era successo: erano stati salvati. La donna vide la spada essere girata all’interno del corpo del demone - facendo sputare ancora più sangue al demone e facendolo agonizzare - prima di essere estratta. Il corpo ormai senza vita di Malik venne fatto cadere di lato; rivelando la figura ansimante di Helel.
Il Diavolo, non prestando attenzione al demone appena ucciso o alle lacrime di panico scappate lungo le guance della sorella, si inginocchiò accanto al corpo di Tridel ed esaminò la ferito del migliore amico. Si rese immediatamente conto di quanto poco tempo avesse il mezzo-demone in un’unica occhiata.
Deglutì con difficoltà e quando incrociò lo sguardo morente di Tridel, comprese cosa sarebbe stato costretto a fare se non voleva perdere entrambi gli esseri in fronte a lui.
«Mikael». La chiamò cercando gli occhi neri della sorella, totalmente opposti ai suoi bianchi. La ragazza, dopo ancora un attimo d’esitazione, staccò gli occhi da Tridel e li portò al fratello.
Helel sospirò, diede un bacio sulla fronte della sorella e la salutò: «Ci vedremo appena tutto questo sarà finito, Tridel ha bisogno dei poteri curativi di madre».
Gli occhi dell’arcangelo si sgranarono comprendendo cosa stava per fare Helel: «Hel n–». Ma Mikael era già sparita dalle mani del fratello ed era stata trasportata da Malika, all’interno dell’ultimo cielo.
La mancanza in campo dei due combattenti più forti dei quattro regni si sarebbe fatta sentire, questo Helel lo sapeva bene, eppure non riusciva a sentirsi minimamente in colpa sapendo di aver salvato la vita di entrambi.
Il Diavolo si alzò e con sguardo durò studiò il campo di battaglia, prima di buttarsi di nuovo nella mischia in cui stavano risultando vincenti.

«AAAHHH!» Urlò di dolore Azrael, inginocchiandosi a terra e sorregendosi con la spada. L’angelo della morte digrigno i denti per trettenere le lacrime di dolore che gli stavano ormai offuscando la vista.
Il giovane, con i capelli sudati attaccati alla fronte, non stava comprendendo per nulla cosa gli stava succedendo. Fino ad un attimo prima era in ottima salute, qualche graffio qua e la causato dai suoi attaccanti, nulla di grave; ma ora era come se qualcuno gli avesse rotto la spalla e sentiva l’intero fianco destro indolenzito. Nessuno dei suoi avversari era stato abbastanza abile da riuscire a portare a termine un attacco così forte, e di certo lui se ne sarebbe accorto.
Respirò profondamente tra i denti un paio di volte prima di riuscire, a stento, a rimettersi in piedi. C’era qualcosa che non andava, Azrael lo stava sentendo dentro da quando una strana sensazione lo aveva quasi spinto a correre via dal campo di battaglia per andare a cercare Eva.
L’angelo si ritrovò totalmente in panico al solo pensiero di come quel dolore, così forte da mandarlo a terra, potesse essere provocato del legame condiviso con la mortale; se così fosse stato avrebbe significato un’unica cosa: era successo qualcosa di grave ad Eva.
«Muori angelo!» Arrivò l’urlo dalle sue spalle. Azrael cercò di voltarsi, ma debole com’era finì solo con il cadere a terra di sedere, dopo aver perso l'equilibrio durante il movimento; la spada gli cadde di piatto al suo fianco. Seppur lisciato brutalmente la parata, il giovane non sentì nessuna lancia penetrargli nella pelle.
Accigliato alzò lo sguardo e scoprì una lama piantata nel collo del suo attaccante. All’estremità della lama, attorno all’impugnatura, c’era la mano di suo fratello Gavriel, anche lui affannato e ricoperto di sangue nero e sudore.
Il demone fece solo in tempo a lasciar cadere la lancia prima di essere decapitato. Il corpo si trasformò immediatamente in cenere.
Gavriel si piegò un attimo sulle ginocchia per riprendere fiato, tornando a guardare il fratello più giovane intento a tenersi la spalla con espressione dolorante.
«Tutto okay?» Gli chiese con le sopracciglia aggrottate.
«Sì», rispose Azrael accennando a un sorriso di gratitudine, «e grazie di avermi salvato la vita».
«Ho fatto solo il mio lavoro da fratello maggiore», disse come se non fosse nulla di strano decapitare un demone per salvare la vita a qualcuno. «Helel mi ha appena contattato». Lo informò, porgendogli una mano.
Il giovane dai capelli neri accettò la mano del fratello ed apprezzò l’aiuto: la spalla e il fianco gli dolevano sempre di più e l’istinto di andare da Eva stava diventando impossibile da controllare. Ma Azrael non poteva andarsene, erano in mezzo a una battaglia decisiva! Ogni singolo soldato contava!
«Cosa ti ha detto?» Chiese appena fu di nuovo in piedi, anche se un po’ barcollante.
«Ha spedito Tridel e Mikael da nostra madre: Tridel è rimasto ferito gravemente e se non li avesse fatti comparire al cospetto di madre avremmo potuto perdere entrambi», spiegò l’angelo dai capelli bianchi guardando il fratello barcollare come se fosse ubriaco. L’istinto, ormai abituato a vedere solo i lati negativi delle situazioni, gli disse come il comportamento strano del fratello fosse legato in modo molto stretto alla seconda notizia da riferirgli.
«Stercus! (Merda!)» Inveì Azrael a quella notizia. Non ci voleva, non ci voleva proprio che i due migliori soldati in loro possesso non fossero più presenti in battaglia.
«Helel mi ha dato anche un’altra notizia». Disse indulgente Gavriel guardando la reazione dell’angelo più giovane a quella già data. Se ora si stava mettendo le mani nei capelli ed iniziava a imprecare in latino, quanto ci avrebbe messo a fare il suo stesso ragionamento e a collegare i fatti?
«Cosa, cosa ci potrebbe essere ancora da far sapere?» Chiese Azrael esasperato. Voleva solo che quella guerra finisse, non ne poteva più di quelle morti insensate. Ogni vita era da preservare, non da stroncare.
«Erezel è scomparso». Gli rivelò allora Gavriel. «Alcuni angeli e mietitori hanno riferito di averlo visto sparire in uno schiocco di dita».
Il più giovane si bloccò perplesso. Fissò suo fratello con uno sguardo dubbioso mentre si chiudeva nei suoi pensieri cercando di comprendere perché il demone avrebbe fatto una mossa così assurda. Conosceva Erezel da millenni e non era un demone che cedeva. Neanche se ne dipendesse dalla sua vita. Non era in lui scomparire e lasciare i suoi uomini a morire.
Sì, era vero: non gli importava nulla dei suoi uomini; però gli importava di come sarebbe stato ricordato ed essere ricordato come un codardo traditore non era la sua prima scelta.
Ma allora perc–
«AAAAAHHHH!» Azrael urlò di nuovo a pieni polmoni quando un intenso dolore gli pervase anche la gamba. Questa volta lo riconosceva bene: quello era il dolore di una gamba rotta. In un attimo fu a terra, il fratello maggiore subito al suo fianco.
«A! A! A che hai?! Cosa c’è che non va?!» Chiese spaventato Gavriel.
L’angelo della morte respirò a bocca aperta e in modo non regolare per qualche secondo, comprendendo come il suo istinto aveva avuto ragione fin da subito: quelle fitte lancinanti erano l’effetto del suo legame con Eva. Era successo qualcosa ad Eva per cui aveva una spalla e una gamba rotta, l’anca fratturata. Era come se la stessero torturando.
Gli occhi gli si sbarrarono e il fiato gli si bloccò in gola.
Oh no! Oh no! No! No! NO! Iniziò a pensare.
Attaccandosi alla corazza di Gavriel, Azrael tornò in piedi e fissò negli occhi il fratello.
«Erezel. Perché stava attaccando Eva?» Gli chiese, pronunciando ogni parola in mezzo ai denti, gli occhi così sgranati da ormai essere iniettati di sangue. Azrael era spaventoso ed era quasi in procinto di perdere ogni controllo sui propri poteri.
«A-A–», Gavriel scosse la testa e decise di non chiedere il perché della domanda, ma di dargli solo una risposta. Conosceva abbastanza bene il fratello minore da sapere come in certe situazioni le domande di Azrael non fossero mai campate per aria.
«Credeva che fosse l’altra metà di Helel», gli rispose comprendendo di star per aver conferma dei suoi sospetti. «Ad Erezel era stato riferito di quando Helel aveva baciato Eva, aveva così reputato che lei fosse l’unica debolezza di nostro fratello».
Il cuore dell’angelo della morte perse qualche battito alla notizia. In un attimo tutti i pezzi del puzzle andarono a loro posto e seppe immediatamente cosa stava accadendo alla sua donna.
«È andato da Eva!» Urlò in faccia all’angelo dai capelli bianchi. «Quel maledetto la sta torturando proprio ora!»
Azrael lasciò andare il fratello in modo violento e quest’ultimo per poco non cadde all’indietro. Gavriel non fece nulla per lamentarsi e prese tutta la rabbia del fratello. Le sue ipotesi erano state corrette ed era colpa sua se Eva si trovava in quella situazione.
«Sei una testa di cazzo!» Insultò il fratello maggiore riprendendo la spada da terra. «Sapevi di questa cosa e non hai pensato che avresti dovuto dircela? Eva è la mia metà! Se muore, io muoio con lei, letteralmente! Stercorem pro cerebro habeas! (Hai la merda al posto del cervello!)»
«Azrael...» Cercò di dire Gavriel, ma suo fratello lo bloccò.
«No, Gavriel!» Continuò urlare. «Non mi calmerò e di certo non ascolterò te e le tue stupide scuse! Avresti dovuto dirlo subito! Avreste dovuto dirlo che la vita di Eva sarebbe rimasta in pericolo anche se noi ce ne fossimo andati! Avevamo il dovere di proteggerla! Io avevo il compito di tenerla al sicuro!»
«AZRAEL
L’angelo della morte si congelò al tono di suo fratello e se doveva essere sincero, avrebbe dovuto ammettere a se stesso di essere pure saltato via di qualche centimetro.
Gavriel era livido in faccia e i denti serrati erano in mostra.
«Non mi servi tu a ricordarmi dei miei dannati sbagli!» Abbaiò. «E vedi di chiudere quella miserabile bocca prima di farmi cambiare idea sull’aiutarti! Per il creatore! Quanto tempo vuoi sprecare qua ad urlarmi contro prima di chiedermi di teletrasportarti da Eva?!»
Azrael si guardò i piedi in modo colpevole. Gavriel aveva ragione: stavo solo sprecando tempo utile.
E proprio in quel momento arrivò la terza fitta di dolore.
L’angelo della morte si ritrovò a terra a quattro zampe, cercando di tossire fuori del sangue non suo, mentre una mano cercava di fermare il dolore atroce al costato. Con il respiro ormai a tratti alzò gli occhi verso il volto cereo di suo fratello.
«Lasciami andare a salvarla». Lo supplicò.
«Non tornare prima di allora». Gli ordinò l’albino prima di prenderlo per una spalla e farlo sparire con uno schiocco di dita.
Gavriel guardò il punto dove suo fratello era appena sparito e sperò con tutto il cuore di poterlo rivedere ancora una volta. Felice. In compagnia di Eva.
Senza neanche voltarsi o alzarsi, sguainò la spada e parò la lancia in procinto di ucciderlo. Doveva finire al più in fretta quello scontro, senza tre dei suoi cinque fratelli in campo le loro forze era quasi dimezzate.


Azrael apparve a mezz’aria e nella caduta perse la spada, la quale cadde in un punto non precisato. Anche l’atterraggio non fu dei migliori: infatti l’angelo toccò terra per prima cosa con la faccia. Il crack del suo naso fu sonoro.
Erezel, intento a torturare l’umana di nome Eva per far indebolire Helel, si voltò verso quel suono nuovo ed improvviso. Anche Eva, ormai allo stremo, la sua vita legata solo alla sua volontà di vedere di nuovo il suo prezioso angelo, cercò di voltarsi per vedere chi era il nuovo arrivato.
Proprio come durante la prima aggressione, quando gli occhi deboli e maltrattati della donna misero a fuoco l’angelo di nuovo in piedi, il cuore le si calmò e una strana ed innaturale pace le pervase il corpo.
«Azrael». Tossì fuori insieme a del sangue.
Il corpo di Azrael iniziò a tremare dalla rabbia alla vista di Eva. La ragazza, sempre vivace e attiva, era sdraiata a terra, inerme se non per i singulti causati dalla tosse. La mano era premuta sulla ferita al ventre ma inutilmente: il sangue continuava a sgorgare, iniziando a creare una corona rossa attorno a lei. Gli occhi semi aperti incrociarono i suoi neri ed Azrael sentì nel petto quanto poco rimanesse da vivere alla donna.
Erezel, con ancora in mano il pugnale insanguinato, usato per aprire la pelle della donna, guardò l’angelo della morte in tralice. Studiò la reazione dell’angelo alla vista della donna e la reazione della donna alla comparsa dell’angelo per qualche secondo, prima di comprendere cosa stava succedendo.
Il demone da un corno solo iniziò a ridere. Un po’ per frustrazione, un po’ perché seriamente trovava la scena comica.
Aveva ideato tutto il piano per conquistare il Paradiso, e per vendicarsi di Helel, pensando di avere il punto debole del Diavolo sotto il proprio potere. Invece aveva sbagliato tutto.
La donna dai capelli rossi non era il punto di Helel, ma quello del fratello minore.
«Proprio un’umana inutile». Disse guardando la donna. E poi tornò a fissare l’angelo, nero di rabbia a sentire chiamare la sua donna “inutile”. «Almeno servirà per uccidere uno di voi quattro fratelli, anche se mi avrebbe fatto molto più piacere torturare ed uccidere Helel».
Erezel si mosse per dare il colpo di grazia alla donna; un attimo dopo però si ritrovò a terra, il pugnale scivolatogli via dalle mani, il corpo dell’angelo della morte lo bloccava al terreno. Il volto del giovane tutto sporco di sangue, faceva solo aumentare la sua aura omicida.
«Tu non andrai più da nessuna parte». Disse Azrael tra i denti, poi le nocche del suo pugno collisero con il naso del demone. Ma non era un pugno normale: l’angelo della morte aveva perso ogni controllo dei suoi poteri e in quell’unico pugno aveva messo ogni rimasuglio della sua forza, fisica e non.
La mano dell’angelo sfondò prima il naso del demone e quando questo non si fermò, procedendo a sfondare il teschio del demone, ci fu un attimo in cui Erezel spalancò gli occhi perché aveva compreso quale sarebbe stato il suo fato. Il pugno di Azrael aveva continuato la sua strada e il cranio del demone era esploso sotto il colpo potente dell’angelo.
Il sangue nero non aveva neanche fatto in tempo a colare che il demone si stava già trasformando in cenere, morto.
L’angelo ritirò il pugno dalla conca creatasi nel suolo all’impatto e in un attimo si ritrovò senza forze.
«Eva». Ansimò prima di gattonare, un po’ barcollante, verso di lei.
Appena Azrael la ebbe tra le braccia, l’angelo comprese come la donna stesse morendo. Non aveva più di mezz’ora di vita, forse anche meno di lucidità.
«No, no, no, no, no, no, no». Continuò a boccheggiare l’uomo mentre le lacrime avevano iniziato a corrergli lungo le guance e cadere sul volto di Eva.
La ragazza lo guardava, voleva fermargli le lacrime, dirgli che tutto sarebbe andato bene, ma sapeva di non esserne in grado. Stava morendo. Non seppe con quale forza ma il suo corpo trovò il modo di farle uscire delle lacrime dagli occhi.
Eva non voleva morire, si era resa conto. Voleva rimanere in vita per continuare a dar fastidio a Davide, a far preoccupare i suoi genitori, a parlare fino a notte fonda con Serena, a guardare i film con il suo trio di amici e ad insegnare ad Helel i segreti dei fornelli. Ma soprattutto voleva rimanere in vita per continuare ad amare Azrael. Voleva continuare ad uscire con lui all’arcade. Voleva continuare a svegliarsi con lui avvinghiato al suo corpo. Voleva continuare a battibeccare per una idiozia.
E qualcuno ascoltò le preghiere dei due ragazzi.
Un angelo alto, muscolo, dai tratti duri, capelli e occhi bianchi, vestito solo con una toga; apparve dal nulla e si chinò accanto a loro. L’angelo rispondeva al nome di Levi.
«Azrael». Chiamò il nuovo arrivato e gli occhi del giovane scattarono all’insù.
«Papà aiuta Eva, ti supplico». Lo pregò tra le lacrime. «Ha bisogno di madre, ha bisogno di essere curata, se no potrebbe mori–». L’angelo della morte si strozzò con le sue stesse lacrime e tossì copiosamente.
«Piccolo mio, anche tu sai che Eva non potrebbe essere salvata neanche da tua madre a questo punto». Gli fece notare il padre, passandogli una mano tra i capelli sbarazzini, cercando di confortarlo. Il figlio se la scosse di dosso e ritronò a guardare il padre, questa volta con sguardo duro e accusatorio.
«Non posso lasciarla morire!» Gli urlò in faccia. «Non posso accettarlo! Deve ancora vivere tutta la sua vita! Dobbiamo ancora costruire tutto il nostro futuro! Non voglio che lei muoia, non così, non mai!»
Levi sospirò per l'irruenza del figlio che non lo faceva smettere di parlare. Forse un po’ lo comprendeva per il momento, ma questo non toglieva la somiglianza del carattere tra madre e figlio: tutti e due diventavano irruenti e irrazionali in momenti molto delicati.
«Non sono qua per dirti di lasciarla morire», gli disse in tono secco, ma calmo. «Non voglio di certo vedere mio figlio morire davanti ai miei stessi occhi! Sono qui per salvare entrambi».
Gli occhi neri del figlio cercarono in quelli bianchi del padre per un qualsiasi segno di menzogna, ma non ne trovò.
«Come?» Chiese, ormai impaziente e allo stremo della sua vita. «Come posso salvarla?»
Levi sospirò prima di rispondere: «Devi cederle il tuo cuore».
«Cederele?»
«Dovrai ripetere dopo di me una formula che lascierà a questa giovane donna metà delle tue forze vitali, metà dei tuoi poteri, metà del tuo essere divino. Questo è possibile solo perché lei è l’unica che tu possa amare». Spiegò il più anziano e Azrael comprese cosa gli stesse facendo fare il padre.
«È quello che ha reso la mamma un essere divino ed immortale». Disse.
«Sì», annuì l’albino, «ma la cosa viene a caro prezzo».
«Qualunque esso sia sono disposto a pagarlo». Accettò il giovane senza neanche pensarci. Levi dovette trattenersi dal ridere al pensiero di quanto suo figlio minore gli ricordasse la moglie.
«Eva si dovrà dimenticare di te». Gli rivelò il padre e gli occhi di Azrael si sgranarono con le ultime forze. «Questa donna diventerà un angelo a tutti gli effetti dopo aver ricevuto il tuo cuore. Deve perciò  dimostrare di esserne degna: per questo dovrà dimenticarsi di te e se davvero ti ama con cuore puro, e la sua coscienza non si macchierà di tradimento, si ricorderà di te. Senza aiuti dal mondo divino o quello umano».
L’angelo rimase un attimo interdetto dalle parole del genitore, spaventato all’idea di una Eva senza più suoi ricordi.
Ma la paura di non poter avere nessun futuro con lei, lo spaventava ancora di più.
«Ho capito». Disse con voce apatica, quasi morta. «Facciamolo».

EVA’S POV

Quel giovedì mi svegliai ben riposata.
Con un sorriso stampato in fronte mi stiracchiai nel mio letto fin quando i miei muscoli non furono totalmente sciolti. Aprendo gli occhi notai come fuori dalla finestra il sole splendeva. Dopo un Natale nebbioso e freddo, finalmente il ventisette era arrivato il sole. Anche se avrei preferito la neve.
Mi alzai e, sperando che non fosse già occupato dai miei fratelli, uscì dalla stanza e mi diressi verso il bagno condiviso tra noi. Quando ancora abitavamo tutti quanti insieme quella era la stanza sempre più disordinata.
Mentre mi chiudevo la porta della camera alle spalle, con un sorriso a trentadue denti, mi resi conto di quanti anni fossero passati dall’ultima volta in cui mi ero sentita così bene; forse da quando Thomas mi aveva tradito.
Sorrisi ancora di più al pensiero di quanto tre singoli amici potessero fare tanto per una persona. Quel pensiero mi fece venire una matta nostalgia del mio appartamento e di Vittorio, Claudia e Sonia.
Ero quasi sorpresa a quanto l’amore e l’affetto di tre singole persone potevano cambiare la tua vita in così pochi mesi.
 

†Angolo Autrice†
Ed eccoci arrivati al capitolo 19! La fine della guerra è giunta ma non nel modo in cui speravate!
Mentre sono in trasferta a Milano per il week-end e mentre edito i primi capitoli, ho deciso di pubblicare anche questo capitolo.
Anche questo capitolo è molto violento, pieno di azione, sangue e sacrificio.
Che ne sarà ora di tutti? Come si concluderà la storia?
State in attesa del prossimo capitolo per scoprirlo!
Inoltre avviso che potrei cambiare user-name nel prossimo periodo per farlo combaciare con il mio account di Wattpad (con cui pubblico questa storia), così da non creare problemi.
Se volete seguirmi anche sulla piattaforma arancione siete i benvenuti!

Axel Knaves

 
   
 
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