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Autore: Red_Coat    19/01/2019    2 recensioni
Questa è la storia di un soldato, un rinnegato da due mondi. È la storia del viaggio ultimo del pianeta verso la sua terra promessa.
Questa è la storia di quando Cloud Strife fu sconfitto, e vennero le tenebre. E il silenzio.
Genere: Angst, Guerra, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Kadaj, Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più contesti
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- Questa storia fa parte della serie 'L'allievo di Sephiroth'
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Ce ne aveva messo di tempo per capirlo, ma alla fine il momento era arrivato.
Ci sono addii nella vita che fanno male all'anima anche dopo secoli, altri che sembrano solo arrivederci, e altri ancora che sono una via di mezzo, intensi e dolceamari, ma alla fine sbiadiscono in fretta dalla mente e dal cuore e non lasciano traccia, se non un alone sbiadito.
Durante il lungo cammino che lo separava dalla città degli antichi, lungo la strada per arrivare al porto di Costa del Sol e poi sulla piccola imbarcazione turistica che aveva trovato col pilota disposto a raggiungere l'isola sul quale era situata, Victor si ritrovò a pensare a tutti i suoi addii, quasi dovesse catalogarli. A spingerlo fu ciò che era avvenuto poco prima, lo scontro contro il fantasma di Genesis e ciò che si erano detti.
Hikari e Keiichi ...
Loro facevano sicuramente parte della prima categoria, quella degli addii che non sono mai realmente tali, perché non svaniscono mai e lacerano l'anima come al primo giorno.
Poi c'erano i suoi ragazzi, Katashi e suo fratello, Nigel, Adam, Jonathan e Shin.
Suo nonno e il suo amico Erick.
Ma, soprattutto, anche suo padre faceva parte di questi.
Se ne accorse la notte della partenza verso l'isola, mentre tentava di alleviare l'insonnia osservando la luna che si specchiava nelle placide acque salmastre.
Senza sapere bene come, girovagando nei ricordi la sua mente era giunta a quelli relativi a suo padre, e lui si era ritrovato a sorridere con gli occhi lucidi.
"Non avrei mai pensato di ritrovarmi a dirlo, ma ... Mi manchi papà."
Era stato come un eco del suo inconscio, al quale aveva aggiunto sottovoce.

«Mi manchi davvero tantissimo...»

Era strano. Da quando era morto suo nonno non avevano fatto che litigare, dalla sua entrata in SOLDIER era stato quasi del tutto assente e certe volte si era ritrovato a non avere il suo appoggio, eppure adesso non riusciva a non commuoversi pensando a quante volte suo padre aveva temuto di perderlo, ai modi in cui anche sbagliando aveva cercato di difenderlo.
Era stato un buon padre, dopo tutto.
Anzi, il migliore che avesse mai potuto sperare di avere. E adesso gli mancava ...
Ci pensò per diverso tempo, fino quasi alle prime luci del crepuscolo, quando finalmente le palpebre si fecero pesanti e lui capì di poter concedersi qualche altro minuto di sonno sottocoperta.
Si distese sul letto della cabina degli ospiti e si addormentò quasi subito, continuando a sognare il volto di Yoshi Osaka e di Keiichi.
I ricordi della sua infanzia si mescolarono insieme a tutti gli altri creando un dolceamaro film strappalacrime in cui suo padre era l'eroe, e lui il suo erede inconsapevole, che alla fine si accorgeva di aver perso un tesoro inestimabile.
Erano morti insieme ...
Forse era stato un bene, almeno Keiichi non era sceso da solo nel lifestream.
Non avrebbe potuto chiedere di meglio in quel caso, e il suo cuore paradossalmente parve rasserenarsi.
Suo figlio e suo padre avevano aspettato insieme l'arrivo di Hikari, ed ora era sicuro che insieme, tutti e tre, stessero facendosi forza a vicenda.
Era un sollievo. E non potè non pregare, anche se era certo non avrebbe più potuto essere udito.
"Grazie papà. Per tutto ... E scusami se ci ho messo così tanto a capirlo, ma ... Mph, meglio tardi che mai in fondo. No?
Hikari e Keiichi ... prenditi tu cura di loro adesso ... lo so che lo farai, ma ... io ci tenevo a dirtelo.
...
Grazie ... grazie anche per questo."

 
\\\
 
Aerith era arrivata alla Città degli Antichi da sola, ma il viaggio tutto sommato tranquillo non fu affatto facile soprattutto dopo tutto quello che aveva passato a livello emotivo.
Continuava a ripensare a tutta l'avventura che aveva vissuto con Victor, si perdeva nei ricordi e si tormentava nel chiedersi dove potesse essere adesso.
L'aveva respinta, usata, maltrattata, ma il solo pensiero che potesse trovarsi in pericolo senza di lei la faceva star male, pregava per la sua anima anche se sapeva di non poter essere esaudita e si sentiva in colpa verso Cloud, perché invece non riusciva a provare un sentimento così forte per lui, anche se era ugualmente preoccupata.
Sephiroth stava giocando con lui in una maniera cruenta e crudele, lacerando in mille pezzi la sua anima e il suo cuore.
Non voleva lasciarlo solo, ma sapeva di non avere scelta.
Gli avrebbe regalato un futuro per il Pianeta su cui viveva, ma sperava invano di non dover più osservarli combattersi a vicenda, lui e Victor.
Era divisa, dilaniata, ma non riuscì a quantificare il prezzo che avrebbe pagato per riuscire a dare al tenebroso allievo di Sephiroth anche solo un ultimo bacio d'addio.
Perciò fu assai sconvolta nel ritrovarselo davanti, proprio alle porte della città, la sua sagoma alta e nera che si stagliava in mezzo al sentiero, minuscola ma ugualmente potente, in confronto ai centenari alberi brillantini di lifestream, che scorreva nelle loro radici e conferiva loro una luminescenza turchina.
Anche lui fu sorpreso di trovarla, ma non quanto lei.
Sembrava più dispiaciuto di averlo fatto, come le confermò il suo sguardo contrito e il suo rifiuto di guardarla negli occhi.
Corse ad abbracciarlo, Osaka come l'ultima volta non si mosse.
Rimase inerme, lasciandola fare e continuando a scrutare con occhi lucidi la foresta mentre lei quasi piangeva per la gioia.

«Sono così felice di rivederti!» gli disse.

Lui non rispose. Si limitò a una smorfia amara sulle labbra.


«Cosa ci fai qui?»

Finalmente la guardò, severo.


«Non sono venuto per te, se è questo che intendi pensare.» la prevenne, per poi distogliere di nuovo lo sguardo e rispondere, vago e sbrigativo «Ho qualcosa da fare ...»

La ragazza dei fiori annuì, smorzando un po’ il sorriso ma senza riuscire a farlo del tutto. La gioia più pura le era esplosa nel cuore.
Nemmeno il sogno fatto la notte precedente riusciva a spegnere quell'entusiasmo che le illuminava ora gli occhi, la felicità che le dava essere con lui.
Si sentì al sicuro, capita anche se non amata. Finalmente erano di nuovo insieme ... ma ancora per poco.
Però quante cose aveva da dirgli! Doveva raccontargli di come fosse riuscita a cavarsela grazie a quello che aveva imparato da lui, spiegargli di tutte le volte che avrebbe voluto parlargli e di cosa avrebbe voluto dirgli!
Si sentiva ... come una bambina felice di aver ritrovato il suo papà.
Victor invece aveva in cuore il più cupo dei dispiaceri.
"Sephiroth ... Era proprio necessario che venissi?"

 
\\\
 
La barca lo lasciò sull'isola in direzione della foresta, con la promessa di restare ad aspettarlo per riaccompagnarlo ovunque avesse avuto bisogno di andare.
La Città degli Antichi era il più grande insediamento Cetra, risalente al loro ultimo periodo di storia, e per accedervi bisognava passare attraverso la foresta, composta da alberi secolari le cui radici sprofondavano in un terreno sotto al quale scorreva una sorgente di lifestream.
Era un luogo magico e neanche tanto difficile da trovare.
La Shinra non aveva ancora stabilito nessun insediamento lì per colpa di diversi fattori, primo fra tutti il valore storico del posto.
Tuttavia, se la storia dell'azienda fosse continuata a progredire, non era escluso che magari avrebbe potuto farlo in futuro.
Victor Osaka ebbe l'impressione di trovarsi in un santuario quando iniziò ad addentrarsi nella macchia luminescente.
Era strano, ma nonostante la maledizione gli impedisse di ascoltare le voci dei morti, ogni tanto qualche sussurro sinistro giungeva a sfiorarlo.
Pensò che forse doveva trattarsi di qualche altro spirito, magari maledetto come lui.
Pochi minuti dopo, tuttavia, la voce che udì fu tutt'altro che appartenente al regno dei morti per il momento.

«Victor!» lo chiamò entusiasta alle sue spalle.

Si bloccò di colpo, senza voltarsi.
Quando stette per farlo le braccia di Aerith gli si legarono attorno ai fianchi e la sentì appoggiare la testa contro la sua schiena e sospirare sollevata.
Lui invece sentì il fiato spezzarglisi in gola e il sangue gelarglisi nelle vene.
Non ebbe il coraggio di respingerla, né di guardarla.
Chiuse gli occhi e sospirò, tremante.
Non si mosse aspettando che fosse lei a lasciarlo andare e affrettarsi a guardarlo.
Se la ritrovò davanti, commossa e incredula.

Lo abbracciò di nuovo, poi fece un passo indietro e chiese, raggiante.

«Cosa ci fai qui?»

Lui si fece serio, respirò profondamente.
"Sono venuto a vederti morire, immagino ..."

«Non sono qui per te, se è questo che intendi pensare.» replicò duro.

Ma lei non smise di essere allegra. Perché lo era così tanto?
Non doveva esserlo!

«Ho qualcosa da fare ...» aggiunse ammorbidendosi appena, e distogliendo lo sguardo da lei.

Continuava a sentire quelle presenze inquietanti, lo trascinavano verso un punto preciso della foresta, a est, come se lo chiamassero.
Non aveva più molto tempo da perdere e avrebbe tanto voluto dare un'occhiata per svelare l'arcano.
Ma prima doveva liberarsi di lei.

«Anzi, è ora che vada. Addio, ragazza dei fiori.» risolse sbrigativo, voltandole di nuovo le spalle.

Ma di nuovo lei lo bloccò.

«Aspetta!»

Si fermò, voltandosi a guardarla.
La vide farsi preoccupata, mordersi le labbra e tormentarsi le mani come faceva quando era nervosa o preoccupata.

«Io ...» iniziò, titubante «Speravo di ...»

Victor sospirò.

«Anch'io devo fare qualcosa prima di iniziare a pregare.» concluse la ragazza, d'un fiato prima che lui potesse pronunciarsi «È quasi sera, e sono molto stanca. Potremmo accamparci insieme?»

Victor scosse il capo, senza più riuscire a trattenersi. Come diavolo poteva ancora sperare in lui e trattarlo così dopo gli ultimi eventi? Quella ragazza non sapeva proprio portare rancore, Tsh!

«No, non possiamo.» concluse severo e tagliente, avvicinandosi a lei e studiandola mentre le parlava, spegnendo a poco a poco il suo entusiasmo «Tu devi pregare per salvare il Pianeta, io devo prepararmi per supportare Sephiroth nel suo proposito di  distruggerlo. Non siamo più alleati, Aerith. Non lo siamo mai stati in realtà.
Sei tu il mio nemico in questo momento, lo capisci?
E io sono il tuo!»

La ragazza dei fiori scosse il capo, gli occhi lucidi.

«Perché devi sempre ragionare come un soldato, per assolutismi?»

Non era un rimprovero, ma una semplice osservazione struggente e intenerita.

«Perché è così, Aerith!» sbottò Osaka «Perché tu invece non riesci a capirlo?»

Aerith sorrise tra le lacrime, scosse il capo.
Avrebbe voluto abbracciarlo di nuovo.
Sapeva ciò che stava per accadere, sapeva di dovergli giocare uno scherzo spiacevole e che quando se ne sarebbe accorto sarebbe stato troppo tardi per farsi perdonare.
Ma forse a questo punto non ce ne sarebbe stato nemmeno più bisogno, perché sarebbero stati in pari.
Si sentiva una traditrice, ma sapeva di doverlo fare.
Ciò che non immaginava era che, almeno al momento, anche lui provava i medesimi sentimenti.
Ma doveva lasciarla andare perché apparteneva a Zack così come lui apparteneva a Hikari e Sephiroth.
Non c'era spazio nei loro cuori, l'uno per l'altro. Ma allora perché tutto quell'angosciante dolore?
Perché non riuscivano a smettere di sentirsi vicini, e avevano paura di lasciar andare?
Il primo a farlo fu lui, proprio quando le labbra di Aerith si azzardarono ad avvicinarsi per sfiorare le sue.
Si irrigidì, scostandosi e afferrandole con una mano il mento.
Le rivolse uno sguardo duro.

«Io vincerò questa guerra, Aerith Gainsborough. Sappilo.» sibilò, puntandole contro il dito indice destro.

Poi la respinse, e voltandole per l'ultima volta le spalle concluse, provocatorio e iroso.

«Adesso vai. Va’ a combattere per il tuo Pianeta! Non sarà mai veramente finita fino a che io avrò respiro in corpo.»

Aerith sorrise.

«Va bene ...» mormorò «Combatterò.» annuì rassegnandosi «Ma prima di andarmene ... Vorrei dirti ... Che anche io ti sono grata.»

Ecco un'altra di quelle frasi capaci di spezzare il fiato e il cuore di un Capitano Victor Osaka ormai stanco, ma ancora sul fronte.
Sgranò gli occhi, trattenne il fiato stringendo i pugni.

«Grazie, Victor.» seguitò dolcemente Aerith «Grazie ... per tutto. Per avermi insegnato a vivere, ad affrontare da sola questo mondo, il mio destino, il mio essere ...» sorrise «Speciale.
Io ... non so come sarebbe andata se non ci fossi stato tu. Ma adesso so cosa fare e come farlo. Non ho più paura, e ho imparato ... un sacco di cose, stando con te. Tu mi hai insegnato tante di quelle cose, mi hai rivelato verità che forse
... da sola non sarei mai stata in grado di apprendere... e per questo, Victor ... io ti ringrazio, con tutto il mio cuore. E ...» si concesse qualche altro istante per schiarire la voce già incrinata, mentre lui sentiva il cuore battere all'impazzata dentro al petto «Ti perdono, perché non riesco a non amarti ...»

Un singhiozzo soffocato nell'ennesimo sorriso. Victor si voltò a scrutarla, incredulo.
No ...
Non era ...
Non doveva ... non doveva farlo. Lei non era sua. Zack la stava aspettando, per questo aveva deciso di lasciarla andare, qualsiasi fosse il suo destino. Era l'unica cosa che riusciva a placare il tormento di saperla in pericolo di vita senza poter fare nulla per fermarla.
Era come ... essere in prima fila sul fronte di una battaglia decisiva, e ritrovarsi a combattere faccia a faccia contro qualcuno che fino a pochi attimi prima era stato un proprio commilitone.
Conosceva fin troppo bene quella sensazione orribile, era stanco di provarla.

«Spero riuscirai a farlo anche tu, un giorno ... scusami.» finì la giovane.

Abbassò il volto, coprendoselo imbarazzata con le mani e poi scosse il capo, guardandolo negli occhi con un sorriso affrontato.
Victor per un po’ rimase senza fiato e parole.
Poi però decise di risponderle.

«Potrò farlo solo in un caso ...» le disse «Soltanto se tornerai ad amare Zack allo stesso modo, perché è a lui che appartieni. Fallo, e ti perdonerò per avermi amato, perché so che non lo hai fatto davvero.
Era solo gratitudine.
Ha ingannato anche me, in un primo momento.»

Aerith rimase spiazzata, si sentì mancare per qualche istante.
Gratitudine ...
Quindi anche lui ... in un primo momento ...
Quel bacio ...
Scosse il capo, poi annuì sorridendo confusa.

«Ci proverò ...» accettò.

Ma per Osaka non era abbastanza. Scosse il capo.

«Non devi provarci. Fallo e basta. Non respingerlo, altrimenti nemmeno io accetterò le tue scuse.» le impose.

Di nuovo Aerith non poté non accettare.
Anche se col cuore in pezzi. Come aveva fatto a finire dentro a quell'amore non corrisposto con così tanta facilità?
Forse avrebbe dovuto ascoltare i consigli di sua madre, prima di partire con lui.
Annuì, quindi lo vide voltarle le spalle e allontanarsi, senza null'altro da aggiungere. Era ora di andare, la distanza tra di loro adesso sarebbe diventata insormontabile, ma nel suo cuore Aerith non avrebbe mai fatto un solo passo indietro.
Quell'uomo.
Forse aveva ragione, come sempre. Forse ciò che provava per lui era soltanto gratitudine, mista al ricordo di quei baci rubati dati senza nessun particolare trasporto ma che erano riusciti a legarla a lui per sempre, come una sorta di incantesimo imprescindibile.
Gli doveva tutto, l'Aerith che era diventata.
Perciò mentre lo osservava scomparire da solo oltre l'orizzonte fatato, con la solita andatura decisa e marziale e l'atteggiamento determinato di chi sa quale sia il proprio posto nella vita, una lacrima scese a bagnarle di nuovo le guance, e un ultimo sospiro le sfuggì, come una preghiera che ormai non avrebbe più potuto raggiungerlo.

«Scusami ... e grazie di tutto.»

Infine si voltò anche lei, tirò fuori la vera White materia dalla tasca interna dei suoi stivaletti e portandosela al petto iniziò a pregare, trattenendo a stento le lacrime e avviandosi verso l'altare.

 

(Continua ...)
   
 
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