Stai impazzendo, Stefan, e lo sta facendo anche Colin.
Lo capisci dalle stronzate che dice.
Ti offre un cartoncino di LSD.
«Che cos'è?», chiedi mentre guardi quel quadrato dai colori olografici immobile sul suo indice. C'è disegnato su un leone.
«Ti mostrerà il quadro generale, ti aiuterà a capire».
«No, grazie».
«Volevo solo darti una scelta», dice, e non capisci quanto le sue parole sono reali. Non sai ancora quanto è importante scegliere e farlo bene. Non ancora, almeno.
Non volevi prenderlo, quel cartoncino, e non volevi fumare da quella canna dal sapore troppo forte. Con Colin è tutto inaspettato e confuso. Pensavi di aver rifiutato, eppure è comunque scivolato nel tuo bicchiere di tè, rendendolo un po' più amaro. E rendendo il mondo un po' più divertente.
Le parole di Colin suonano confuse, le senti e non comprendi.
Ridete entrambi, guardi il viso di Colin sfumare, trasformarsi.
Le immagini sulle riviste non sono mai state così divertenti.
È un complottista nato, lui. Continua a parlare di morte. Continua a ripetere che la realtà non è davvero la realtà, perché esistono milioni di universi in cui lui è morto, o tu lo sei.
Ti dice che se adesso tu lo buttassi giù dalla terrazza su cui vi trovate, lui non morirebbe davvero. La sua vita finirebbe, ma solo in quell'universo. In altri infiniti lui c'è ancora, tu ci sei ancora.
«Si pensa che ci sia una sola realtà. Ma sono tante, serpeggiano come radici, quello che si fa su un percorso influenza quello che succede su un altro. Il tempo è un concetto. Si pensa che non si possa tornare indietro e cambiare le cose ma si può. Ecco cosa sono i flashback. Sono inviti a tornare indietro e fare scelte diverse. Prendi una decisione e pensi di essere tu a farlo, ma non è così. È lo spirito lì fuori connesso con il nostro mondo che decide cosa facciamo e noi dobbiamo soltanto assecondarlo. Gli specchi ti fanno viaggiare nel tempo, il governo controlla le persone, le paga perché fingano che siano tuoi parenti. E mette la droga nel tuo cibo, e ti riprende. Ci sono messaggi in ogni gioco».
Troppe informazioni. Colin parla veloce, ti spiega il segreto del mondo, e tu lo guardi con ammirazione e con l'espressione di chi ha preso il primo – e ultimo – cartoncino della sua vita. L'espressione di chi vede il mondo sotto un'altra prospettiva, ne osserva lo schifo e il marciume. Su quella terrazza, in alto su un palazzo di cui non sai nulla, s'incontrano troppe vite, si scontrano troppe scelte. Il mondo è confuso, è un casino, è un fottuto buco nero pieno zeppo di dolore e veleno.
«È tutto un codice, se ascolti bene riesci a sentire i numeri. Un diagramma cosmico che detta dove puoi e dove non puoi andare. Ti ho dato la coscienza. Ti ho liberato. Lo capisci?».
«Può darsi. Più o meno», dici, la verità è che non ci capisci un cazzo. Hai Colin davanti, insieme a tutti i tuoi sogni. Aspiri a essere come lui, a creare videogiochi geniali quanto i suoi, quelli che ti hanno tenuto incollato allo schermo del computer, prima che iniziassi a programmare il tuo, di videogioco, e iniziassi a impazzire, a caricarti il cervello di opzioni e scelte che possono portarti solo alla morte, o alla follia.
«Ti mostro cosa voglio dire».
Tu sai cosa vuol dire, Stefan, e non vuoi. Non vuoi che vada così, sai che presto sarai costretto a tornare indietro.
«Siamo su un percorso, proprio adesso. Tu e io. E come un percorso finisca è irrilevante, è come le decisioni lungo quel percorso influenzino il tutto l'importante. Mi credi?»
«Non lo so.»
«Te lo dimostro. Uno di noi si butterà laggiù», conclude, indica con la punta dell'indice il suolo lontano diversi metri.
«Ma moriremmo...», provi a replicare, con convinzione.
«Non avrebbe importanza, ci sono altre linee temporali, Stefan. Uno di noi salterà, chi si butterà?».
Sai già cosa fare, ormai, eppure continui a sbagliare. Come se qualcuno prendesse le decisioni al tuo posto. Sai che è la verità: ci sono troppi universi, troppe scelte, troppi mondi terribili. Va male sempre, in qualunque pianeta. La vita fa schifo in ogni caso.
Sai che in alcuni universi vi amate, in altri no. Alcuni sono così bizzarri che nemmeno lo conosci, quel ragazzo biondo e dal sorriso storto. In altri finirete per sposarvi e in altri ancora vi siete soltanto visti di sfuggita, avete sentito di conoscervi, di essere legati in modo indissolubile dal destino delle altre realtà, ma non siete riusciti a dar voce a questi pensieri. Sareste considerati folli. Non potete sapere di essere i player di un videogioco. Non potete sapere di essere soltanto un insieme di pixel sullo schermo che non ha nemmeno la capacità di scegliere.
Siete controllati. Colin lo sa. Tu lo sai. Qualcuno fa le scelte al posto tuo, Stefan, ma chi? Netflix, ti dirà; lo sai già. Sai già che il tuo computer presto impazzirà, sai già che cercherai di distruggerlo e poi tornerai indietro, perché Bandersnatch deve esistere. Bandersnatch non può morire.
Si illuminano le luci dei palazzi, nelle case, s'irradiano i cuori della gente che è fuori da quella storia, che è solo una comparsa nel complesso schema di scelte che si nasconde dietro di voi.
Le luci cambiano colore, continui a guardare la pelle di Colin mutare dal rosa al blu, eppure il suo sorriso rimane storto, lui continua a parlare di realtà parallele e altre stronzate senza senso, e tu lo ascolti perché avevi una scelta da fare, e hai preferito seguire lui. Hai scelto di rimanere lì, pur non potendo decidere se assumere strane sostanze oppure no. Su quello senti di non aver avuto il controllo. E non hai il controllo nemmeno mentre Colin ti dice che può dimostrarti quanto le sue teorie siano reali.
Colin ti ripete che uno dei due deve saltare giù dal palazzo, fare un volo troppo profondo, morire. Perché in realtà non finirebbe davvero quel tormento, Colin lo sa.
Tu decidi di crederci.
Scegli di buttarti, perché Colin è folle e non c'è nessuna vita, dopo la morte. Non c'è alternativa, né speranza.
Ma tutto continua a tornare indietro, come se fosse soltanto un sogno lontano, e devi per forza scegliere Colin. È lui che deve saltare, soltanto lui; tu non puoi davvero scegliere. Tutte le strade sono sbagliate, tutte ti porteranno alla follia, Stefan.
Colin salta, lo senti urlare, vedi il suo corpo morto a terra, le interiora che fuoriescono dal suo stomaco.
In un'altra realtà, però, sai bene che Colin non è mai morto.
Ricordi di averlo visto morto, ma sai che non è morto.
Allora sei costretto a ucciderlo. Non vorresti farlo, Colin ti è sempre stato simpatico, ma ha trovato il cadavere di tuo padre e l'alternativa sarebbe il carcere.
Così la sua vita finisce di nuovo, anche se in quell'universo l'hai ritrovato, anche se potevi fare scelte diverse, cambiare il ritmo del mondo in cui sei finito catapultato. Un mondo che ha perso il controllo.
Ormai l'hai capito: non è con il sangue che arriverai ad avere una recensione da cinque stelle. Devi continuare a cambiare le tue scelte, Stefan, e devi iniziare a scegliere per davvero.
Con il sangue continui a disegnare lo stesso simbolo che ha ossessionato lo scrittore di Bandersnatch. Continui a disegnare lo stesso disegno che, in poche linee, riesce a racchiudere il segreto di ogni scelta. Il fatto che non è mai davvero una scelta.
Continui a riprodurlo sulle pareti della tua cella, quella in cui dovrai passare un'eternità di tempo. Quella in cui ogni istante è sprecato. Quella che è una gabbia invisibile, perché altrove sei libero e non sei arrivato alla follia.
Senti che non hai più il controllo del tuo mondo, del tuo cervello, delle tue fottute braccia. Non vorresti rompere il computer, eppure senti di doverlo fare. Senti che qualcuno ti osserva dall'alto e si diverte delle tue disgrazie. Ti sembra di ascoltarne le sue risate sonore.
Stai delirando, Stefan, forse avresti dovuto prendere quelle pillole e non buttarle. Forse avresti dovuto raccontare alla tua psicoterapeuta di tua madre, del tuo coniglietto.
Hai fatto altre scelte, eppure sentivi che erano sbagliate, e così continui a impazzire, continui a sentirti una marionetta.
Non hai più il controllo, Stefan. L'hai perso.
Dall'alto della sua televisione il giocatore ride, si diverte nel vederti impazzire, sa che è tutta colpa sua. Sa che ti sta controllando, che ti sta portando all'inferno. Sa che sta rovinando la tua vita e sadicamente continua a giocare, e tu non puoi fare niente, se non arrenderti.
Arrenderti all'idea che le scelte sono troppe, e sono tutte schifosamente sbagliate.
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