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Autore: Carme93    19/01/2019    1 recensioni
Avete presente Conan, il piccolo e geniale detective?
Avete presente il film Seventeen again con Zac Efron?
Avete mai immaginato che cosa potrebbe accadere se anche il grande Harry Potter, il Salvatore del Mondo Magico, si ritrovasse un giorno a ritornare un ragazzino di dodici anni e calcare nuovamente i corridoi di Hogwarts in compagnia dei figli? E se questo li permettesse di conoscerli ancora meglio?
James e Albus sono pronti ad aiutare il padre a risolvere il nuovo caso e a farlo tornare adulto. Voi siete pronti a seguire le loro avventure?
(Storia ispirata proprio dal cartone e dal film sopracitati).
Genere: Fluff, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Ginny Weasley, Harry Potter, James Sirius Potter, Un po' tutti | Coppie: Arthur/Molly, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo dodici
 
«Che stai facendo?» la voce di James risuonò nella Sala Comune di Grifondoro.
Harry, intento fino a quel momento ad andare avanti e indietro davanti al caminetto, si fermò e sollevò gli occhi sul figlio. «Che fai sveglio a quest’ora? Domani hai lezione».
«Non ricordavo che vi fosse l’orario per andare a letto a Hogwarts» ribatté il ragazzino con un ghigno.
«James, è tardissimo. Dovresti essere a letto! Non fare lo spiritoso, non tira aria».
«Sono giorni che non tira aria e sei nervoso. Comunque non è buona educazione rispondere a una domanda con un’altra domanda» replicò James non perdendo il suo ghigno.
Harry gli lanciò un’occhiataccia e sospirò: «Sono in alto mare e non so più che pesci prendere».
James divenne serio di colpo e gli chiese: «Come posso aiutarti?».
«Non so come comportarmi, Jamie. Non puoi aiutarmi».
«O dai, non è possibile che tu non abbia fatto alcun passo avanti» sbuffò il ragazzino.
«Gentile da parte tua infierire» borbottò Harry. L’ultima cosa che gli serviva in quel momento era suo figlio che lo accusasse di averlo deluso.
«Rifletti! Zio Neville, Vitious e Hagrid non possono essere stati, giusto? A meno che qualcuno non abbia preso il loro aspetto!» strillò James colto da quell’illuminazione improvvisa.
«Abbassa la voce» sibilò Harry, fissandolo con tanto d’occhi.
«Ho ragione!» si esaltò il ragazzino. «Loro sanno la verità. Sanno chi sei veramente e che cosa stai facendo! Conoscono le tue mosse e quindi ti fregano!».
Era sensato! Fin troppo sensato! Come aveva potuto non pensarci prima? Harry iniziò a percorrere nervosamente la stanza avanti e indietro, riflettendo. «Forse hai ragione tu» gli disse.
«Sarei un grande Auror, vero?».
«Sì, certo. E dimmi, grande Auror, tu come ti muoveresti a questo punto?».
«Seguirei tutti e tre e li osserverei per vedere se bevono qualcosa di diverso dagli altri di nascosto; infine li coglierei in fragrante».
«Lo, semmai, fino a prova contraria è una sola la persona che stiamo cercando» lo corresse Harry.
«È uguale» ribatté James.
«E se il colpevole continuasse a non tradirsi?».
Il ragazzino ci pensò su per un bel po’, tanto che Harry decise che era meglio chiudere e ad andare a letto. «Dormici su, se trovi una soluzione ti ascolterò».
Il figlio apparve felice probabilmente perché stava dando importanza alle sue idee.
 
E così andarono a letto, sebbene Harry sapesse che fosse inutile: era dalla partita di Quidditch che dormiva poco e male. Quell’indagine lo stava stressando terribilmente, per quanto gli stesse insegnando anche parecchio e non solo sui suoi figli, no: il lavoro di squadra vale sempre molto di più di quello individuale. Quando era stato nominato Capitano, si era ripromesso di ascoltare sempre i suoi uomini, persino le reclute. E il desiderio dei figli di rendersi utili, specialmente di James che adorava giocare agli Auror –Ginny gliel’avrebbe fatta pagare – dimostrava che aveva ragione. D’ora in avanti non avrebbe più aggiornato Neville, Vitious o la McGranitt delle indagini: non sapeva con chi aveva a che fare e fino a che punto era riuscito a insinuarsi a Hogwarts.
I giorni successivi furono stressanti – non trovò nemmeno un minuscolo e insignificante indizio – e noiose –ma c’era veramente gente che amava la storia, a parte Hermione s’intende? -. Lezioni, compiti – che faceva solo per dare il buono esempio a James – e ancora lezioni. Sarebbe impazzito. Non riusciva neanche a godersi quel ‘ritorno all’infanzia’, come l’aveva chiamato sua moglie.
Ebbe, però, da rallegrarsi perché Al aveva appreso perfettamente l’incantesimo di Disarmo e si mostrava volenteroso di apprendere. Nelle prime settimane si era spaventato e un po’ arrabbiato, perché l’idea di Difesa contro le Arti Oscure di McBridge era imparare a memoria definizioni insensate e inutili –in questo purtroppo gli ricordava terribilmente Dolores Umbridge – e inculcare ai ragazzi quanto fosse sbagliato lasciarsi corrompere dalla magia oscura – e questo, naturalmente, era giustissimo –ma tendeva a raggiungere livelli parossistici: Scorpius Malfoy per lui incarnava letteralmente le arti oscure e quindi non mancava di aggredirlo verbalmente. Harry aveva chiesto al Serpeverde perché non reagisse e il ragazzino gli aveva risposto che non sarebbe cambiato nulla: se avesse raccontato ogni cosa ai genitori, i suoi compagni l’avrebbero accusato di nascondersi dietro al padre – Draco stava facendo carriera al Ministero – e non aveva alcuna voglia di farli preoccupare né aveva intenzione di rivolgersi alla Macklin – e su questo Harry non gli dava torto.
Harry si concedeva di abbassare la guardia e rilassarsi solo quando assisteva agli allenamenti di Quidditch e forse in quei momenti riusciva veramente a tornare un po’ bambino.
Una sera di fine gennaio James lo raggiunse nuovamente in Sala Comune di notte. Ormai la sua insonnia stava peggiorando, forse avrebbe dovuto chiedere qualche pozione soporifera a Madama Chips.
«Papà!».
Harry alzò gli occhi su di lui. «Stiamo prendendo il brutto vizio di fare le ore piccole?» chiese retoricamente.
«Ti devo dire due cose importanti».
«Sentiamo» sospirò Harry.
«Uno, sono sicuro che Madama Chips è Madama Chips. Tu non l’avevi mai controllata e allora io…».
«James!» sbottò Harry. «Chi ti ha detto di fare di testa tua? Potrebbe essere pericoloso!».
«Non ho fatto niente di che. Le ho solo chiesto una cosa che poteva sapere solo lei» disse arrossendo.
«Che cosa?» indagò Harry sorpreso.
James divenne rosso come un peperone. «Niente di importante».
«No, ora tu me lo dici!». Iniziarono a rincorrersi per la stanza circolare, tentando di non svegliare tutta la Torre. Harry si sentì veramente infantile quando lo atterrò su un divano scarlatto dopo averlo colpito con un incantesimo del solletico.
«Non vale, hai usato la magia» borbottò James. «Lo dico alla mamma».
Harry si accigliò. «Hai dimenticato tutto quello che vedo ogni giorno? Non sei nella posizione di minacciarmi».
«Uffa, sei prepotente!» si lamentò James.
Harry si sentì in colpa e lo liberò. «Ok, scusa, non so che cosa mi sia preso. Non me lo devi dire per forza».
«È che se te lo dico, ti arrabbi».
«Che hai combinato?».
«È successo l’anno scorso. Ed è partito tutto con una scommessa».
«Tra chi?».
«Tra me e Tylor».
Harry sbuffò. «Ok, è successo l’anno scorso, allora prometto di non arrabbiarmi».
«Tylor mi ha sfidato ad andare da Madama Chips e chiederle una pozione…». Qui James si fermò e divenne ancora più rosso s’è possibile.
«Che pozione?».
«Non penso che i nonni l’abbiano mai usata» bofonchiò James in risposta.
Harry ebbe bisogno di rifletterci qualche secondo per comprendere, poi arrossì anche lui. «James! A undici anni!». Gli diede uno scappellotto.
«Ma era per mettere in imbarazzo Madama Chips, era uno scherzo!».
«E com’è finita?» sbuffò Harry pensando che fosse il caso di fare due chiacchiere con Lee Jordan: Tylor non era un ragazzino affidabile.
«Lei ha messo in imbarazzo me» ammise James. «Si è arrabbiata proprio perché avevo undici anni, voleva sapere che cosa avessi in testa. Allora, nel panico e per la vergogna, ho confessato che era solo uno scherzo. Ha voluto tutti i dettagli. Le ho chiesto scusa e l’ho pregata di non mettermi in imbarazzo davanti a tutti. Ti immagini se Tylor lo sapesse?».
«Quindi Madama Chips ha accettato?» ribatté Harry sorpreso.
«Sì, ha lasciato che mi vantassi dello scherzo con gli altri, in cambio per due settimane sono dovuto andare a darle una mano dopo le lezioni».
«Così impari a fare scherzi stupidi» dichiarò Harry.
«Non vuoi conoscere la mia idea brillante?» decise di cambiare argomento James.
«Dopo quello che ho sentito, tremo».
«Dai! Era uno scherzo!» disse ancora rosso in volto. «Dovremmo rubare del Veritaserum dalle scorte di Mcmillan. Ce l’ha di sicuro perché lo mostra ai ragazzi del settimo anno, me l’ha detto Vic».
«È illegale. E non dovresti parlare così facilmente di un furto».
«Sei un Auror, puoi usare il Veritaserum su chi vuoi».
«No, James. Discorso chiuso» disse Harry con fermezza ignorando il disappunto nato sul viso del figlio. «Va’ a letto ora, ho bisogno di riflettere».
«Come vuoi» bofonchiò James, palesemente contrariato. «Ti devo dire la seconda cosa, però».
«Non me l’hai già detta? Madama Chips e il Veritaserum. Sono due».
«No, quella è una sola perché riguarda l’indagine». Harry alzò gli occhi al cielo. «Domani Al compie gli anni e abbiamo pensato di fargli una festa a sorpresa da Hagrid. Ah, Hagrid non può essere stato, Al e Rose mi hanno fatto notare che queste pozioni non hanno effetto sui mezzogigante».
«Il compleanno di Al!». Harry si diede una manata in fronte: se n’era proprio dimenticato!
«Eh, no, no, così non va» finse di rimproverarlo James scuotendo l’indice davanti ai suoi occhi.
«Fila a letto, James» sibilò Harry in risposta.
 
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Harry si passò una mano sulla fronte sudata: l’aula di pozioni era piena di vapori e, nonostante fosse una giornata fredda e si trovassero nei sotterranei, si era già tolto la sciarpa, messa a protezione della gola che pungeva, e il colletto della divisa improvvisamente appariva troppo accollato.
«Stai bene?» gli chiese Rose, alla quale era stato raccontato ogni cosa dalla madre. Hermione aveva pensato che la presenza di Harry le sarebbe valso da deterrente a comportarsi bene, ma, seriamente, che cosa l’era passato per la testa?
«Sì, sì. Ho solo caldo».
«I miei capelli sono diventati tutti crespi» sbuffò la ragazzina contrariata.
«Decisamente dei problemi gravi!» sibilò Albus con una punta di isterismo nella voce. Harry si voltò verso di lui e notò come mescolava nervosamente la pozione, che, fra parentesi, era di un colore molto strano. «Che ho fatto di male perché il giorno del mio compleanno ci fosse Pozioni!?» insisté.
«Ehi, Potter» lo chiamò Jaiden Brooks. Quel ragazzo non aveva spirito di conservazione. Harry si torse le mani impedendosi di compiere uno sproposito: era un ragazzino, non poteva mica alzare le mani su di lui! «Lo sai che con quella potresti compiere una strage? Altro che Pozione Risvegliante!».
Albus divenne rosso, non si girò e non replicò in alcun modo, quasi non l’avesse sentito. Ma non era sordo. E Harry non voleva che quel cretino umiliasse il figlio in generale, ma meno che mai il giorno del suo compleanno! Ora stava esagerando.
«Fate silenzio!» li rimproverò il professor Mcmillan passando tra i banchi. «Potter, stai bene?». Aveva colto il rossore del ragazzino e si era fermato accanto al loro banco. Harry, che ormai la controllava anche durante le lezioni, con disinvoltura fece scivolare la Mappa del Malandrino nello zaino di Al, che era il più vicino.
«Nulla, professore! Ha solo realizzato che la sua pozione potrebbe essere etichettata come veleno letale!» trillò Brooks. I Serpeverde, a parte Scorpius e una ragazzina, risero sguaiatamente.
«Brooks, il tuo parere non è stato richiesto. E voi tacete!» sibilò Mcmillan. «In più Brooks dovresti fare attenzione alla tua pozione».
«La mia? Mi pare semplicemente perfetta» ribatté Jaiden Brooks. «O ritiene che non lo sia?».
Gli altri ragazzini alternavano lo sguardo dal professore al compagno.
«Signore. Ti ricordo che stai parlando con un tuo insegnante, non con un compagno di classe» lo rimproverò Mcmillan. «La tua bravura non ti privilegia in alcun modo, è bene che tu lo sappia perché mi sembra che ultimamente tu stia alzando troppo la cresta». Un lieve brusio si levò, ma fu immediatamente zittito da un’occhiataccia dell’insegnante. «Meno che mai ti autorizza a dar fastidio ai tuoi compagni, al contrario dovresti aiutare chi ha più difficoltà».
«Ognuno per sé è il mio motto, signore».
«Lascia stare i tuoi compagni. Quindici punti in meno a Serpeverde».
Rose gli rivolse un ghigno, di cui Ron sarebbe stato molto fiero, ma Jaiden Brooks scelse di non insistere e si rimise a lavoro in silenzio. Naturalmente non tentò neanche di scusarsi con il professore e con Albus.
«Potter, non ho la minima idea di che cosa tu abbia combinato, ma non ha senso che continui così. Evanesco» con un colpo di bacchetta il lavoro di un’ora e mezza di Albus sparì sotto i loro occhi. «La prossima volta fai più attenzione» lo ammonì Mcmillan.
Quando suonò la campanella e il ragazzino uscì mogio dall’aula, Harry si disse che avrebbe faticato a tirargli su il morale. Nella Sala d’Ingresso, però, trovarono un sorridente James che evidentemente stava aspettando solamente loro, con le mani dietro la schiena.
«Fratellino! Che cos’è quel muso lungo?».
«Ho fatto un disastro a Pozioni» borbottò Albus.
Harry per conto proprio non avrebbe mai risposto a un James che sorrideva in quel modo: aveva in mente qualcosa.
«Oh, mi dispiace! Vedrai recupererai» trillò James, abbracciando il più piccolo. A quel punto anche Al comprese che qualcosa non andava, ma era troppo tardi.
«Aah, Jaamie!» sbottò Albus, che per qualche secondo era rimasto senza fiato.
«Ma che…?» borbottò Rose, vedendo il cugino mettersi le mani nelle spalle e chiederle aiuto.
«Ti ammazzo, James!» sbottò allora Albus, dopo aver tirato fuori qualcosa di biancastro.
«Prendimi, se ci riesci».
Albus gli tirò addosso quella che, con occhio più attento, si rivelò neve e gli corse dietro.
«Battaglia! Battaglia!» gridò Rose seguendoli, come tutti gli altri Grifondoro, Scorpius e due ragazzine di Serpeverde.
Harry non si prese neanche la briga di rimproverare James, perché effettivamente quella trovata riuscì a rallegrare Albus. Giocarono a pelle di neve, finché non andò a chiamarli Hagrid insieme a Neville.
La capanna, di cui Harry una volta era stato visitatore abituale, era stata decorata con dei palloncino rosso-oro e la scritta ‘Buon compleanno’. Albus ne fu contento e si divertirono tutti insieme, ridendo e scherzando. Per qualche ora Harry di dimenticò tutti i suoi problemi e il nervosismo per l’indagine che non stava portando a nulla.
«È ora di andare» annunciò a un certo punto Neville, suscitando un coro di proteste. «Non voglio sentire lamentele. È quasi ora di cena ed è buio. Inoltre non avete ancora fatto i compiti per domani».
Fu un attimo, mentre i ragazzi riprendevano a protestare, Harry ebbe un capogiro e percepì una pressione sul petto.
«Harry, stai bene?» chiese Hagrid preoccupato. Gli altri si voltarono verso di lui.
«Sì chiama Barney, Hagrid» intervenne prontamente Rose e Harry l’avrebbe baciata, perché Scorpius, Alastor e Cassy avevano assunto un’espressione stranita. «Non sei ancora così vecchio!».
«Barney, stai bene?» domandò Neville, toccandogli la spalla. Evidentemente doveva essere sbiancato. Harry aprì la bocca per rispondere, ma ebbe un conato di vomito. «Ti accompagno in infermeria» decise allora l’amico.
Harry si lasciò trascinare, completamente stordito. Nella Sala d’Ingresso vi fu una piccola discussione tra i ragazzi e Neville, alla fine vinsero James e Albus e li seguirono. In un corridoio, fortunatamente deserto – gli studenti erano a cena – Harry percepì un forte dolore agli arti e si accorse che si stavano allungando. Divenne leggermente più alto di James e poi il dolore scomparve, così come ogni altro malessere.
«Non era stabile la pozione?!» sbottò James sgranando gli occhi.
«Devo parlare con Anthony Goldstain» soffiò Harry, che si sentiva improvvisamente stanco e svuotato.
«Andiamo in infermeria» lo sollecitò Neville preoccupato.
In realtà, come Madama Chips decretò prima dell’arrivo del guaritore, c’era ben poco da preoccuparsi, quanto meno non per la sua salute. La donna gli ordinò di bere una pozione ricostituente, spiegandogli che crescere richiede sempre energia –da qui l’importanza di una giusta nutrizione durante l’infanzia – ed egli aveva avuto uno bello scatto improvviso.
All’arrivo di Anthony, Harry chiese di rimanere solo con lui e Neville dovette trascinarsi James di peso.
«Quel ragazzino è davvero testardo, per Merlino!» borbottò il medimago.
«È mio figlio, che ti aspettavi?».
«Allora che succede?» domandò Anthony andando subito al punto.
Harry gli raccontò quanto accaduto poco più di mezz’ora prima e attese il suo parere.
«Accidenti!» sbottò l’altro. «La pozione non è veramente stabile! Questo cambia la situazione!».
«Ma com’è possibile? I delinquenti, che i miei uomini hanno interrogato, hanno detto chiaramente che lo era».
«Evidentemente si sbagliavano. Ti ricordo che l’arte di distillare pozioni è molto complessa».
«Mmm non parlare così, ti prego: mi ricordi Piton».
Goldstain sorrise leggermente. «Adesso hai un bel problema: potrebbe capitarti davanti a un pubblico molto più vasto… magari davanti al colpevole stesso…».
«Grazie mille» commentò Harry ironico, «non ci avevo ancora pensato».
«In realtà, questo mi costringe a rivedere l’antidoto al quale sto lavorando» sbuffò Anthony.
Gli occhi di Harry brillarono. «Ci stai riuscendo? Merlino sia lodato! Quindi potrò tornare normale anche senza trovare il colpevole».
«Sono a buon punto, ma non ti prometto nulla» rispose il guaritore. «E comunque il colpevole lo devi trovare per forza! Vuoi che un tipo del genere stia a contatto con i nostri figli?».
«Certo che non voglio!» ribatté offeso Harry. «Ci sto lavorando, ma è molto più difficile di quanto avessi previsto».
«Allora non mi resta che augurarti buona fortuna».
Harry annuì. «Anche a te».
 
   
 
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