Cap.34
Il ricordo di Manuel
Resta,
resta, resta, resta con me.
La
sbiadita luce di una lampada elettrica illuminava
l’ambiente, riflettendosi sui tavoli su cui era adagiate
delle falene.
Tsuyoshi
si era sfilato la pesante giacca blu del
kimono che indossava ed era piegato in avanti, a novanta, intento a
sistemare i
bento per la mattina dopo nella ghiacciaia sotto il pavimento di legno.
Alcune
assi erano spostate e si vedeva la superficie di plastica ghiacciata.
“Le
entrate sono di molte inferiori a quanto mi
aspettassi” disse Hibari.
“Perché
ti ostini a contare prima quelle qui a
Namimori. Ti posso assicurare che nella sede centrale a Tokyo stiamo
facendo
incassi d’oro” ribatté Tsuyoshi. Si
rialzò in piedi, la benda candida sulla sua
fronte era madida di sudore.
“Io
considero centrale la sede in cui ci sei tu” disse
Lee. Aveva sistemato le ciabatte di legno accanto a quelle del
proprietario in
una piccola stuoia davanti alla porta.
“Sarò
morto e sepolto, trasportato in una bara, il
giorno in cui entrerò in un covo di feccia mafiosa come
Tokyo.
Odio
la gentaglia come te, ormai. Con quel mondo non
voglio più averci a che fare” disse Tsuyoshi.
Sentì un sapore acido in bocca,
mentre rimetteva a posto le assi.
Lee
si sciolse i lunghi capelli mori, si sfilò il
cappello a falde larghe e appoggiò tutto sul tavolo di
legno, dove c’erano
degli occhiali dalla montatura ovale. Piegò le labbra in un
sorriso e appoggiò
una mano sul fianco, mentre con l’altra si sbottonava
l’impermeabile.
“Tsu-chan,
non credi di essere esagerato?” domandò.
Yamamoto
negò con il capo vigorosamente e si massaggiò
il collo.
“Io
so solo che se osi svegliare il mio Taki, a cui ho
dato il bacetto della buonanotte un’ora fa, per imporgli la
tua putrescenza
presenza mafiosa, farò un’eccezione e ti
ucciderò. Ti scaglierò addosso ogni
singola tecnica che conosco dello Shigure Shoen Ryu”
minacciò. Sfilò un pugnale
da una fascia elastica che portava al petto, con un balenare della lama
lo
nascose dietro la schiena.
“Mi
avresti risparmiato anni fa per uccidermi ora?”
chiese Lee, vedendo che l’altro aveva tirato fuori un futon
da sotto il bancone
del negozio.
“Nessuno
disturba il riposo della mia collanina di
perle” disse Tsuyoshi. Sistemò il giaciglio al
centro del negozio e nascose
l’arma sotto il cuscino.
“Pensi
che te lo lascerei fare?” domandò Lee.
<
Non ti sei mai chiesto il perché del mio cambio?
Io sono una doll alimentata ad oscurità, il vero Lee
è in Cina > pensò.
“Sei
proprio un ingenuo” gli disse.
Sulla
parete c’era la decorazione di uno schizzo
d’acqua a forma di o, con dei kanji all’interno
sopra una foglia a quattro
punte.
Tsuyoshi
iniziò a svestirsi frettolosamente e chiuse
gli occhi.
“Vòì…
Sei tu che mi sottovaluti… Eh eh”
disse in falsetto, con vocetta trillante.
Lee
rabbrividì e si sedette al suo fianco, proseguendo
a spogliarsi a sua volta.
“Comunque,
ribadisco. Cerchiamo di non svegliare Takeshi”
disse secco Yamamoto.
“D’accordo.
Mi convinci per sfinimento… Mi viene
voglia di morderti a morte…
Tutte
queste ripetizioni ledono il mio orgoglio”
borbottò
Lee.
Tsuyoshi
sentì l’eccitazione salire guardando la pelle
liscia di Lee, la sfiorò e rabbrividì,
stendendosi a faccia in giù nel futon.
Lee
si stese su di lui, i loro corpi ignudi
strusciavano tra loro. I lunghi capelli argentei di Hibari sfioravano
il viso
di Yamamoto, quest’ultimo si slacciò anche la
bandana candida, liberando i mori
capelli aguzzi, e la lasciò cadere sul pavimento.
‘
Delle
fauci immense si chiusero intorno a Tsuyoshi, la luce non
filtrò più attraverso
i denti della titanica bocca del gigante.
Il
suo corpo ignudo affondava nella saliva, adagiato sul palato, mentre la
lingua
lo accarezzava.
<
Ti prego, Manuel.
Resta…
Resta con me! Fammi restare per sempre al tuo
fianco, farò qualsiasi cosa, anche
questo… Qualsiasi cosa, se resterai con me >
pregò.
‘
Yamamoto
si tappò la bocca con la mano, soffocando i
gemiti, smozzicandoli tra gli ansiti, cercando di fare meno rumore.
Sul
davanzale della finestra erano adagiate delle
composizioni di fiori fatti di sushi in scatole, da degli spiragli
entrava del
vento gelido che andava a refrigerarli.
Lee
gli morse la spalla.
“Manuel…”
piagnucolò Tsuyoshi, con voce spezzata dal
dolore, stridula e spezzata.
<
Griderei fino a farmi esplodere il cuore, ma non
sveglierò Taki nemmeno io.
Lui
non deve sapere niente di tutto questo. Niente! >
pensò.