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Autore: _Agrifoglio_    23/01/2019    17 recensioni
Una missione segreta, un’imboscata vicino al confine austriaco e il corso degli eventi cambia. Il senso di prostrazione dovuto al fallimento, il dubbio atroce di avere sbagliato tutto, un allontanamento che sembra, ormai, inesorabile, ma è proprio quando si tocca il fondo che nasce, prepotente, il desiderio di risorgere. Un incontro giusto, un’enorme forza di volontà e, quando tutto sembrava perduto, ci si rimette in gioco, con nuove prospettive.
Un’iniziativa poco ponderata della Regina sarà all’origine di sviluppi inaspettati da cui si dipanerà la trama di questa storia ricca di colpi di scena, che vi stupirà in più di un’occasione e vi parlerà di amore, di amicizia, di rapporti genitori-figli, di passaggio alla maturità, di lotta fra concretezza e velleitarismo, fra ragione e sogno e della difficoltà di demarcarne i confini, di avventura, di duelli, di guerra, di epos, di spirito di sacrificio, di fedeltà, di lealtà, di generosità e di senso dell’onore.
Sullo sfondo, una Francia ferita, fra sussulti e speranze.
Davanti a tutti, un’eroica, grande protagonista: la leonessa di Francia.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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13 luglio 1789 – Uno sparo al tramonto
 
Nei giorni successivi alla ripresa del servizio da parte di Oscar, la situazione, a Parigi, non si era acquietata e, anzi, era peggiorata. Il Ministro delle Finanze Jacques Necker, già inviso al Parlamento, alla Ferme Générale e ai notabili per le riforme da lui propugnate, l’11 luglio 1789, era stato destituito, con l’accusa di estrema condiscendenza nei confronti degli Stati Generali. Poiché il Ministro, da rinomato banchiere, era molto esperto di finanza e, in passato, era anche stato estremamente abile, con le sue denunce e i suoi scritti, ad assicurarsi l’ammirazione e il favore del popolo, il licenziamento di lui aveva provocato delle violente sommosse in tutta la capitale.
Erano stati assaliti vari depositi di cibo e di armi e dati alle fiamme molti punti di accesso alla città. I focolai di rivolta spuntavano in ogni dove e, sebbene ci fossero molti soldati di pattuglia, la situazione era ugualmente instabile, perché alcuni di loro avevano disertato, passando dalla parte del popolo mentre degli altri non si conosceva la lealtà. Il Re si fidava maggiormente dei mercenari da lui assoldati contro i quali, però, si scatenava l’odio della plebe, affamata da mesi di carestia e di vertiginosi aumenti del prezzo del grano ed esaltata dall’afa di luglio e dalle ancora più infuocate parole di Camille Desmoulins. Malgrado le esortazioni di Oscar e dell’Assemblea Nazionale, il Re non aveva voluto ritirare le truppe e ciò aveva esacerbato ancora di più gli animi.
In quelle torride giornate, il popolo in rivolta aveva portato in processione alcuni busti effigianti Necker e il Duca d’Orléans e ciò aveva fatto infuriare Luigi XVI, da sempre irritato dalla slealtà del cugino.
Dal giorno del suo ritorno, Oscar, fiutando il pericolo nell’aria, aveva messo sotto stretta sorveglianza tutti i componenti della famiglia reale, scegliendo personalmente, fra le Guardie Reali di cui si fidava di più, coloro che avrebbero accompagnato il Re, la Regina e i Principi nei loro spostamenti dentro e fuori la reggia.
In questa complicatissima situazione, il Re aveva deciso di seguire il consiglio di André e di recarsi, con un piccolo seguito, alle Tuileries, per affacciarsi al balcone e parlare al popolo. Ciò aveva costretto Oscar a organizzare il servizio d’ordine per il viaggio e per il soggiorno parigino di Sua Maestà. La donna era nervosissima, tossiva di frequente e a poco erano valsi i tentativi di André di calmarla. Quella visita parigina fuori programma l’aveva, infatti, messa in seria difficoltà, a causa dei grandi pericoli connessi allo spostamento e per l’esigenza di organizzare il servizio di guardia con un organico ridotto e in un palazzo che conosceva poco.
– Pare che il nostro improvviso rientro in servizio abbia scontentato qualcuno, Comandante – disse Girodel a Oscar mentre l’affiancava a cavallo nel viaggio da Versailles a Parigi.
– Posso chiedere chi è questo qualcuno o sarebbe una domanda retorica? – rispose Oscar, scrutando, contemporaneamente, attraverso i vetri della carrozza, i volti del Re e della Regina che stava scortando. Insieme ai Sovrani, su espressa richiesta di Luigi XVI, viaggiava André.
– Più che retorica, Comandante. Io sono rientrato in servizio due settimane prima del previsto e pare che anche il Vostro ritorno sia stato giudicato alquanto prematuro, in base ai resoconti di chi Vi stava sorvegliando a Lille.
– Che cosa?! – domandò Oscar al suo secondo, con un’espressione che definire stupefatta non sarebbe sufficientemente descrittivo.
– Alcuni uomini Vi tenevano d’occhio a Lille e, in considerazione della vita che Vi conducevate, si era diffuso il convincimento che sareste rientrata a Versailles soltanto dopo la fine dell’estate – spiegò meglio Girodel – e, in effetti, siete tornata all’improvviso, per un motivo del tutto contingente e imprevedibile.
Oscar non poté che dare ragione a Girodel, perché, se i soldati della Guardia Metropolitana non avessero compiuto quell’atto di insubordinazione e non fossero stati condannati a morte, lei, a quell’ora, si sarebbe trovata ancora a Lille a godersi la sua condizione di neosposa.
– Parecchi equilibri sono stati alterati mentre eravamo lontani dal servizio e Charles de Valenciennes, ammesso che si chiami davvero così, non è l’unico nuovo arrivato. C’è anche un neo valletto che risponde al nome di Hervé Huppert.
– Queste assunzioni, effettuate in un periodo in cui la Casa Reale tende a contrarre le spese anziché ad ampliarle, sono molto strane – fece notare Oscar – Non si sentiva il bisogno di una nuova recluta fra le Guardie Reali e men che meno di un nuovo valletto.
– Ho fatto, più o meno, la stessa riflessione, Comandante. Pare che qualcuno, approfittando della nostra assenza, abbia voluto piazzare a corte degli uomini di sua fiducia e, qualunque fosse il piano, il nostro ritorno improvviso lo ha mandato all’aria o, perlomeno, ostacolato.
– Dobbiamo fare sorvegliare i nuovi arrivati e mantenere la massima allerta quando saremo alle Tuileries. Per nessuna ragione, i componenti della famiglia reale dovranno essere lasciati soli.
 
********
 
L’arrivo e il soggiorno alle Tuileries furono piuttosto deprimenti per tutti, con l’unica eccezione del Re che era notevolmente infervorato all’idea di parlare davanti al suo amato popolo. Aveva scritto, insieme ad André, un discorso sentito e accorato e, in quelle ore di trepidazione, non voleva che la compagnia del neoConte di Lille, il cui consiglio ricercava su tutto, dalla gestualità da eseguire all’intonazione da assumere.
La Regina era, invece, piuttosto infastidita, perché trovava scomoda la sistemazione alle Tuileries e lugubre e malandato quel vecchio palazzo. Detestava, poi, l’idea di separarsi, anche se soltanto per pochi giorni, dai figli che le erano rimasti e dalla cara cognata, ma Oscar l’aveva convinta che quello spostamento sarebbe stato, per i Principi, un’inutile fatica. Il Conte di Mercy – Argenteau aveva, inoltre, fatto notare che, nelle situazioni di pericolo, il Re e il Delfino non dovevano mai trovarsi nello stesso luogo e ciò aveva posto fine alla questione. Avendo, poi, notato che l’idea di parlare al popolo aveva infuso nuovo slancio al Re, Maria Antonietta si era sforzata di non lasciare trasparire la sua contrarietà, per non gettare di nuovo il marito nello stato di prostrazione che tanto l’aveva afflitto.
Oscar, poco entusiasta di quella visita parigina, aveva, comunque, affrontato la situazione con la massima professionalità. Si era fatta subito portare la pianta del palazzo e delle vie circostanti e l’aveva studiata con cura, informandosi sull’esistenza di eventuali passaggi segreti. Aveva ordinato che i Reali fossero serviti, nei loro appartamenti e a tavola, soltanto da camerieri e da valletti provenienti dalla reggia di Versailles e che i loro pasti fossero preparati esclusivamente da uno dei cuochi della reggia. Il personale di servizio delle Tuileries si sarebbe potuto avvicinare loro soltanto se strettamente necessario e in presenza di una Guardia Reale. Aveva, poi, consigliato ad André di sfruttare la circostanza che il Re lo voleva sempre vicino per vigilare sull’incolumità di lui.
Mentre era intenta a perlustrare i corridoi delle Tuileries, Oscar notò, fra le Guardie Reali, Charles de Valenciennes.
– Colonnello – domandò, rivolta a Girodel – Chi ha inserito quell’uomo fra le Guardie da portare a Parigi?
– Non io, Comandante e ho notato anche la presenza di Hervé Huppert che è quell’uomo là in fondo, senza parrucca, con i capelli biondo pallido, gli occhi celesti e le lentiggini. Ha anche una cicatrice a stella sulla guancia sinistra. Adesso, si sta allontanando.
Oscar guardò attentamente l’uomo, al fine di memorizzarne i lineamenti.
Alcuni minuti dopo, dalla direzione opposta, sopraggiunse André.
– André, perché non sei in compagnia del Re?
– Abbiamo provato e riprovato il discorso finché il Sovrano ha deciso che poteva bastare. Adesso, riposa e rimarrà nei suoi appartamenti fino a questa sera.
L’uomo aveva appena finito di parlare, quando i tre videro correre verso di loro il Capitano de Valmy.
– Comandante, Colonnello, accorrete! – disse il Capitano de Valmy mentre ansimava – Il nuovo valletto, quel tale Hervé Huppert, è quasi venuto alla mani con una delle cameriere della Regina! La donna stava portando una cioccolata alla Sovrana e quello le ha sottratto il vassoio con mala grazia e, alle vibranti proteste di lei, l’ha quasi spinta via, dicendo che la cioccolata doveva portarla lui in persona, su espresso ordine del Maggior Generale Oscar François de Jarjayes!
– Io non ho ordinato un bel niente! – tuonò Oscar – Presto, andiamo negli appartamenti della Regina!
I tre militari e André iniziarono a correre col fiato in gola e l’ansia nel cuore.
 
********
 
La porta del boudoir della Regina si spalancò con un tonfo e Oscar, André, Girodel e Valmy fecero irruzione nella stanza con la veemenza di un uragano, sotto gli occhi esterrefatti della Principessa di Lamballe e della Marchesa de Tourzel.
La Regina stava reggendo, con la mano destra, una tazzina che aveva sollevato dal vassoio e accostato alle labbra e, all’udire quel brusco rumore, si girò di scatto verso la porta.
– Maestà, non lo fate! – urlò Oscar.
– Cosa? – replicò Maria Antonietta.
Oscar si precipitò come una saetta accanto alla Sovrana e le sfilò di mano la tazzina, nello stupore di lei e delle altre due dame.
– Ma!! – fece appena in tempo a mormorare Maria Antonietta.
Oscar, presa in mano la porcellana, se l’accostò alle narici.
– Odore di mandorle amare…. – mormorò la donna mentre il sangue le si gelava nelle vene.
Girodel prese la tazzina dalle mani di Oscar e ne annusò, a sua volta, il contenuto.
– Comandante, quest’odore…. Pensate anche Voi che si tratti di….
– Acido prussico…. – terminò, sgomenta, Oscar.
– Oscar, guarda – esclamò, a un tratto, André, rompendo lo sconcerto prodotto dalla scoperta del veleno – Sul vassoio d’argento, sotto il centrino, si intravede un foglietto di carta!
Oscar scansò il centrino che cadde a terra, afferrò il biglietto, lo aprì e lo lesse a voce alta: “Da parte del popolo”.
– Maestà – disse Oscar, in preda alla concitazione – Non bevete questa cioccolata e gettatela via, fuori della portata di persone e animali! Contiene del cianuro!
Maria Antonietta aggrottò la fronte e spalancò la bocca mentre del sudore iniziava a imperlarle il viso. Subito dopo, ebbe un mancamento e si accasciò sulla sedia, nello sconcerto delle due dame di compagnia che le si accostarono per soccorrerla.
– Comandante – gridò il Capitano de Valmy – Presto! Venite alla finestra! Hervé Huppert è nel cortile e si sta dirigendo fuori del palazzo!
Oscar si affacciò alla finestra e, scorgendo il fuggitivo, tuonò:
– Inseguiamolo, presto! Non deve assolutamente sfuggirci! Corriamo in cortile per la via più breve!
I quattro uscirono dal boudoir della Regina con la stessa foga con la quale vi erano entrati.
 
********
 
Gli inseguitori uscirono dal palazzo delle Tuileries, correndo allo stremo delle forze, col selciato che rimbombava sotto i loro piedi concitati e l’aria ancora afosa che si appiccicava addosso. Si fermarono alcuni istanti per guardare a destra e a sinistra, finché non scorsero Hervé Huppert che svoltava dietro un angolo. Lo seguirono in un dedalo di vie prossimo al lungo Senna, riuscendo a non perderlo di vista soltanto a costo di enormi sforzi.
Il tramonto si avvicinava e i tumulti, in città, si erano placati. Nell’aria, adesso, aleggiava una pace innaturale, carica di minacce di assalti futuri e dell’acre odore della polvere da sparo.
Stavano continuando, trafelati, il loro inseguimento, quando videro delle ombre allungarsi da una delle vie laterali e udirono il rumore di alcuni passi. Messe, d’istinto, le mani sulle pistole, si apprestarono a puntarle, ma una voce irriverente e ben nota fu più lesta nell’apostrofarli:
– Ma cosa ci fate qui e con quelle divise da damerini, poi? Se volete farvi ammazzare, disegnatevi un bersaglio addosso e fate prima!
Giratisi di scatto, videro Alain e un’altra decina di soldati della Guardia Metropolitana procedere verso di loro. Erano visibilmente stanchi e laceri, ma ancora pieni di determinazione.
– Stiamo inseguendo un individuo molto pericoloso – gli rispose Oscar – Unitevi a noi, se non avete altro da fare.
– Sì, in effetti, siamo un tantino sfaccendati…. – biascicò Alain.
– Comandante – s’inserì Girodel – Huppert sta scendendo sotto quel ponte.
– Presto, seguiamolo! – ingiunse Oscar.
Comandante e soldati, dell’uno e dell’altro corpo, si lanciarono all’inseguimento.
– Comandante – disse Alain – Le aree sottostanti i ponti non sono sicure! Possono annidarvisi dei cecchini o degli sbandati….
Oscar e gli altri, però, non demordevano ed egli, che doveva la vita al suo ex Comandante, si sentì moralmente obbligato a seguirli per vigilare sulla loro incolumità, essendo molto esperto di vicoli parigini.
Giunti sotto il ponte, si guardarono intorno, ma dell’inseguito non vi era più traccia. Il tramonto, ormai, era sopraggiunto e le ombre della sera si proiettavano, lunghe e lugubri, sulle scale e sulla riva del fiume.
– Che Hervé Huppert si sia gettato in acqua? – ipotizzò il Capitano de Valmy – Non si è, però, udito il tonfo né si vede alcuno nuotare.
– Ma chi è questo Hervé Huppert? – domandò uno dei soldati della Guardia Metropolitana.
– Uno che ha tentato di avvelenare la Regina – rispose Oscar.
– Suppongo che, oggi, questo tizio si collocherebbe nella maggioranza – osservò Alain, con un fischio.
In tutto ciò, André era inquieto, perché aveva riconosciuto in quel sottoponte il luogo dove, più di un anno prima, si era seduto accanto all’uomo con la fisarmonica, affranto e in preda ai fumi dell’alcool, a piangere sulle piaghe della sua anima spezzata e quella circostanza gli sembrava di pessimo auspicio.
Anche Oscar era agitata, ma per un altro motivo.
– Hervé Huppert ci ha fatto intenzionalmente girare a vuoto. Questo ponte si trova proprio davanti al palazzo delle Tuileries ed è ad esso vicinissimo in linea d’aria – disse la donna – Temo una trappola…. Ciò nonostante, dobbiamo andarcene da qui e alla svelta o i complici di Huppert ci uccideranno uno a uno.
– Gli uccelli volano in modo strano e siamo al tramonto – osservò Alain – Non mi piace…. E’ un cattivo presagio…. Qualcosa di terribile sta per accadere….
– Ti metti a fare l’augure? – gli domandò André, con un sorriso amaro.
– No, è che…. Comandante, André, so che non è questo il momento ma…. Qualora non dovessimo arrivare tutti vivi in cima a quel dannato ponte…. Grazie di avere salvato questa pellaccia!
– Oh, Alain, non devi ringraziarci! Gli amici si aiutano fra di loro! – rispose André.
– Ringrazia la Regina, Alain. Avanti, seguitemi – li esortò, subito dopo, Oscar, impugnando la pistola, visibilmente a disagio di fronte a una manifestazione di gratitudine che avrebbe potuto farla arrossire davanti a  tutti – Non possiamo stare qui.
La fiera soldatessa uscì dal sottoponte e, semi abbacinata dalla luce rossastra e obliqua del sole morente, si mosse in direzione della rampa di scale. André e Alain la seguivano a qualche passo di distanza, affiancati, sulla destra, da Girodel e, sulla sinistra, da Valmy mentre i restanti soldati procedevano dietro di loro.
Un mercenario del Royal Allemand, che pattugliava la parte superiore del ponte, fu richiamato dal rumore dei passi, si girò di scatto con aria impaurita e puntò contro di loro la baionetta mentre Oscar, con altrettanta celerità, lo metteva sotto tiro con la pistola.
Uno sparo sordo echeggiò nell’aria, fendendo il tramonto di quell’infuocato giorno di metà luglio.
   
 
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