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Autore: ghostmaker    26/01/2019    2 recensioni
INTRODUZIONE
[fanfction partecipante al contest “sull’amicizia” indetto da eleCorti sul forum di efp]
Ci sono storie che spesso rimangono rinchiuse in eleganti diari come memorie del passato; i ricordi si accavallano uno dopo l’altro ogni volta che decidiamo di sfogliare le pagine di quel piccolo oggetto che teniamo nascosto a tutti per una sorta di auto protezione, ma quando lo riapriamo, forse per malinconia, sia le storie belle sia le storie tristi riaprono il nostro cuore a sentimenti che credevamo sopiti. Una storia è bella, sempre, se ci lascia qualcosa dentro e i ricordi, belli o brutti, la rendono unica.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SEI SEMPRE QUI CON ME





Mi siedo alla scrivania; c’è la tastiera del computer, una piccola lampada per non stancare gli occhi e davanti a me, sul monitor, c’è una pagina pulita di word che attende di essere scritta con un’ispirazione improvvisa che però non arriva. Sollevo gli occhi verso l’alto, sulla mensola ci sono una serie di fotografie che guardo ogni giorno, ma che in questo momento osservo talmente tanto da farmi venire voglia di aprire i miei vecchi album di foto. Nel cassetto c’è tutto quello che cerco eppure, come spesso mi capita, perdo interesse sull’obiettivo principale, noto quel piccolo diario che non apro più da tre anni, lo prendo e lo appoggio sul tavolo, lo apro e leggo le parti che una delle foto di prima mi ha ispirato a leggere.



Settembre 1985
Ho passato le solite vacanze estive a Bellaria con quasi tutta la mia famiglia, tenuto sotto controllo perennemente come se fossi un disadattato soltanto perché quando gioco con i soldatini io gli do fuoco simulando una vera guerra. Sono pronto per la nuova avventura scolastica dopo aver superato le elementari brillantemente (bugia), ho già incontrato tutti gli amici e abbiamo stipulato un patto: tutti nella “sezione I” perché studiare la lingua inglese è più importante che imparare la lingua francese, o almeno così crediamo tutti noi ragazzi. In questa scuola, al primo piano, ho passato i cinque anni delle elementari e ora, al secondo piano, mi aspettano i tre anni delle medie. Uno dei professori ha letto una lista e ho scoperto che non eravamo noi a scegliere la sezione, ma lo avevano deciso loro senza consultare nessuno e così, in un istante, mi sono ritrovato nella “sezione H”, quella di francese. Ho provato fastidio, inutile negarlo, anche se nella classe ci sono ragazzi e ragazze che conosco bene perché con molti di loro ho frequentato la scuola elementare. Per niente felice ho dovuto accettare questa situazione e, cercando di non far pesare agli altri la mia insoddisfazione, ho iniziato a fare ciò che mi è sempre riuscito bene, nonostante la timidezza: far sentire a casa propria tutte le persone appena conosciute. Mi sono lanciato presentandomi ai due nuovi arrivati: una ragazza carina e ripetente giunta da un’altra scuola e un ragazzino che, a prima vista, mi ha colpito soprattutto perché ha avuto delle agevolazioni nello studio che ancora non comprendo.

Novembre 1985
Con quel ragazzino c’era stato feeling fin dal primo scambio di battute ed è continuato ad aumentare giorno per giorno. Credo molto nell’amicizia, quella vera, quella in cui ti senti di essere presente senza pensare a un tuo tornaconto: dare senza chiedere, aiutare senza pensare a se stessi. E così ho rischiato grosso questa mattina perché, per difendere il mio amico ho usato la mia forza fisica contro un ragazzo più grande di età. Max, il mio amico, è anemico e diabetico, ha bisogno di mangiare quando ha cali di zuccheri, i suoi piccoli dolcetti non possono essere predate da chi crede di essere il capo del mondo. Max, dopo qualche cioccolatino, stava per bere il suo succo di frutta quando quel ragazzo glielo ha sfilato dalle mani, senza una ragione, soltanto per affermare la sua superiorità. Odio in genere le ingiustizie, figurarsi quando di mezzo ci finisce un mio amico. Sono andato da quel ragazzo e gentilmente ho richiesto che lasciasse il succo di frutta ma lui, come risposta, ha iniziato a berlo. Forse ho sbagliato, forse no, avendo fatto judo ho bloccato a terra il teppista e spinto Max a riprendersi ciò che era suo senza curarsi di qualsiasi ripercussione perché ci avrei pensato io a sistemare le cose. Poteva finire lì; invece il ragazzo, dopo che gli ho permesso di liberarsi, mi ha affrontato a muso duro chiedendomi se conoscessi chi fosse e se sapevo cosa stavo rischiando. L’ho guardato bene negli occhi rispondendogli che forse era lui a non conoscermi e che avrebbe dovuto chiedere al suo fratello minore dato che avevo frequentato con lui la scuola  elementare. Paura? Forse adesso che ci ripenso mentre scrivo sul diario, ma in quel momento non esisteva niente di più giusto che mettere a rischio la propria vita per un amico.

Gennaio 1986
Il giorno del compleanno dovrebbe essere una ricorrenza felice, ma io sono anni che non mi godo questa giornata in allegria. Questa volta, per cambiare la brutta tradizione, ho invitato i compagni di scuola a casa forzando la mano ai miei genitori, sempre restii ad avere gente per casa. Max ed io abbiamo discusso sul valore dell’amicizia, ma quando lui si è accorto che gli altri ragazzi presenti alla festa si approfittavano della mia bontà d’animo, mi ha quasi rimproverato. Il fatto che gli altri mi sottraevano le “figurine” dei calciatori dopo avermele regalate, non m’interessava; io desideravo soltanto vivere questa giornata in compagnia di persone che conosco e che frequenterò per molti anni, mentre Max, riteneva che considerare “amico” una persona che si approfitta di te, è un errore concettuale sul quale dovevo riflettere. Adesso, scrivendo il resoconto della giornata, ripenso a quelle parole perché ci ritrovo le mie stesse idee, accantonate solo per vivere un giorno di felicità che, in verità, è soltanto una farsa, creata ad arte, per non sentirmi solo.

Marzo 1986
A volte succedono cose così irreali che ti viene voglia di prendere il tuo amico e dargli un sacco di botte! Nel primo pomeriggio siamo usciti da scuola e ci siamo trovati davanti ad una ragazza stupenda; una biondina, non tanto alta, ma che emana carisma soltanto con lo sguardo. Max si era avvicinato alla ragazza ed io avevo pensato che stesse puntando troppo in alto, ma quella lo aveva baciato lasciando me senza parole. Mi ero avvicinato per capire cosa stava succedendo e Max, con un sorriso, mi ha detto che si trattava di sua zia e lei, che ha qualche anno in più di me, senza farsi problemi, mi ha baciato sulla guancia dicendomi che era contenta di conoscere l’amico di suo nipote. Io sono timido, lo so, e immagino quale faccia abbia potuto fare per quel bacio. Da perfetto idiota non ho cercato di approfondire la conoscenza di Sonia, ma mi sono dedicato a insultare Max per non avermi mai detto di avere una zia così bella. Lui rideva di gusto e mi stuzzicava così, mosso da impeto incondizionato, gli ho detto chiaramente che quando sarò suo zio, dopo aver sposato la giovane zia, non gli darò mai la mancia. Sono proprio un imbranato in queste cose e spesso finisco per sembrare il buffone di corte per poi ammutolirmi all’improvviso senza riuscire a spiccicare una parola di senso compiuto. Max ha continuato a ridere di me, ma lo faceva in modo così spontaneo che mi sono limitato a rifilargli un pugno sulla spalla (dimenticando la mia forza che per poco non gli smontava il braccio).

Maggio 1986
Oggi ho passato una giornata stupenda al compleanno di Max. Lui mi ha presentato l’intera famiglia e sono stato accolto come se fossi il figlio più grande. Ho conosciuto Teo, il fratellino di Max, la madre e un'altra delle zie del mio amico. Lui subito si è precipitato a dirmi che ne ha altre che posso sposare mettendomi in difficoltà con tutti, anche con Sonia. In un momento di relax, dopo aver mangiato come un leone affamato, Max ed io ci siamo presi il nostro tempo, quei minuti, che a volte diventano ore, nei quali ci confrontiamo su tutto esponendo le nostre opinioni senza trattenere le parole che possono fare del male all’altro perché riteniamo che il male di un’amicizia sia il silenzio. L’argomento, in questa giornata, poteva essere soltanto la “famiglia” perché lui voleva in tutti i modi farmi comprendere perché chiamava per nome quell’uomo che viveva insieme alla madre. Avevo capito che i suoi genitori fossero divorziati e non doveva preoccuparsi di giustificare la situazione così gli ho detto che non giudico nessuno e che al massimo avrei espresso le mie opinioni su di lui, non certo sulla sua famiglia. Alle mie parole sembrava più rilassato e ciò mi ha ricordato che ogni volta in cui ci buttiamo su argomenti seri, troviamo entrambi la tranquillità nel poter parlare senza temere il giudizio dell’altro, ma, anzi, esponendo le nostre preoccupazioni cerchiamo il sostegno che solo tra coetanei si può trovare nei momenti difficili. I genitori sono preziosi, ma i tempi cambiano e le situazioni, seppur simili, portano a sviluppi differenti e non sempre i loro consigli sono adeguati al momento in cui stai vivendo la tua vita. Come ci diciamo spesso Max ed io, il vero amico è proprio chi ascolta, ti sgrida, ti fa anche adirare, ma è anche quello su cui puoi sempre contare.

Agosto 1987
Nell’ultimo anno non ho scritto niente perché le cose che sono successe mi hanno ferito in modo permanente. Pur mantenendo il mio sorriso, ho mandato giù bocconi amari per la separazione dei miei genitori e per il mio trasferimento a casa dei nonni. Momenti tristi che hanno coperto le piccole gioie di ogni giorno. Oggi ho ripreso a scrivere perché sono appena tornato a casa dalle vacanze estive che sono state, forse, le più belle che abbia mai trascorso in vita mia. Dopo lunghe trattative ero riuscito a convincere la mamma di Max a lasciarlo partire con me e, volentieri, avevo accettato che ci fosse anche Teo nella nostra combriccola. Giorni di assoluta esaltazione, forse perché per la prima volta avevo la mia stanza condivisa con gli amici e non con i parenti. Sono anni che vado a Bellaria e ogni anno è sempre diverso, anche se il posto è sempre lo stesso. Max ed io abbiamo “dominato” la scena per tutti i quindici giorni: sfrontati con le ragazze, partecipi convinti e decisivi nelle peripezie di ragazzi molto più grandi di noi e spettacolari nelle feste dell’hotel (a ferragosto dovevano legarci per tenerci fermi). Ancora oggi non so se definirci, come usano alcuni ragazzi della mia età, dei “grandi” o dei “deficienti”.
 
Giugno 1988
Un giorno triste perché molti di noi non si vedranno più così spesso com’è accaduto in questi tre anni: la fine delle medie. Oggi, l’ultimo giorno di esami, ho fatto la mia dichiarazione d’amore a una mia compagna di classe (risultato negativo), ho superato l’esame brillantemente (bugia), ho promesso a tutti che un giorno, quando saremo degli adulti più sbandati di come siamo da ragazzi, organizzerò una riunione di classe così da rivederci nonostante le distanze che verosimilmente ci allontaneranno gli uni dagli altri. Max era entusiasta dall’idea del grande raduno della 3H e mi ha obbligato a giurare che farò ciò che ho detto, sapendo che per me una promessa è sempre da mantenere. Io, dopo la separazione dei miei genitori, vivo lontano dalla casa di tutti gli altri, tranne che da quella di Max e così per noi due la possibilità di incontrarci c’è sempre, anche se solo nei fine settimana, e tutte le volte che ci ritroveremo per la partita settimanale di “calcetto” tra amici.

Novembre 1989
Da un mesetto ho iniziato a lavorare in una pizzeria come “lavapiatti” e mi sto trovando bene, nonostante abbia dovuto rinunciare ad andare allo stadio perché lavoro il sabato e la domenica. Certo, quattordici ore con le mani nell’acqua per una paga da schiavo è fastidioso, ma ho deciso che devo mantenermi da solo senza pesare sulle finanze dei nonni e di mia madre. Il lavoro poteva anche limitare gli incontri con Max e gli altri amici, ma ogni sera ci ritroviamo in una strada senza uscita a giocare a calcetto perché, finito di lavorare, raggiungo la combriccola in sella del mio motorino, tanto rottamato che mi sentono arrivare appena io lo accendo. Sul muro di un centro tennistico abbiamo disegnato la porta con il gesso e si gioca a “sette”, in altre parole chi subisce sette gol è eliminato. Io gioco in porta e tiro poco quindi spesso finisco per vincere mentre Max, tira spesso, sbaglia anche di più, e finisce per essere eliminato per primo così da darmi l’opportunità di sfotterlo. Entrambi, sudati e stanchi, l’ultima cosa che vogliamo fare, dopo queste serate, è tornare a casa, così ci fermiamo a chiacchierare, organizziamo le uscite per i lunedì (in cui sono di riposo dal lavoro) continuando a girare insieme per la città divertendoci con tutte le cose che offre una grande metropoli come Milano.

Capodanno 1989
Da poche ore è il primo gennaio. La notte di capodanno è stata divertentissima a casa della nonna di Max. Donna gentile e spiritosa, con il suo accento calabrese molto marcato, cercava di parlare in milanese e tutti noi quasi ce la facevamo nei pantaloni dal ridere. Max ed io c’eravamo visti nel primo pomeriggio per l’organizzazione generale della festa; niente di straordinario ma a lui piacciono i fuochi d’artificio e quindi la sua spesa era stata tutta dedicata a questa sua passione, mentre io, ormai assuefatto da Sonia, non facevo altro che domandare dove fosse, con chi avrebbe passato il capodanno e perché non sarebbe venuta a farci un saluto. Chiaramente lui si era risentito molto del mio continuo chiacchiericcio fino a minacciarmi di lasciarmi a casa! Ogni tanto bisticciamo ma ogni volta con il sorriso sulle labbra. Abbiamo sempre risolto ogni problema parlando, non infrangiamo quelle regole non scritte tra amici ed è sempre uno spasso vederci insieme. In effetti, sono gli unici momenti in cui la mia timidezza scompare quando sono nella mia città (perché al mare tutto si può dire di me tranne che sembro timido). Lui ed io gioviamo entrambi della presenza dell’altro, perché Max nasconde tutti i suoi problemi fisici mentre con me ha sempre l’opportunità di usare un linguaggio più colorito per esprimere le sue preoccupazioni sapendo che lo ascolto, cerco di aiutarlo e, se serve, gli posso rifilare un calcio se commette qualche stupidaggine.

Settembre 1991
Negli ultimi tempi ho visto poche volte Max perché da qualche tempo abbiamo entrambi la ragazza fissa e difficilmente riusciamo a uscire a coppie poiché le due ragazze non si sopportano molto. Max ed io abbiamo pensato di essere il vero problema perché abbiamo un forte legame e ci siamo accorti che a volte, quando siamo in gruppo, tendiamo a parlare come se non ci fossero altre persone vicine. Oggi c’è anche una novità per me perché è stato deciso definitivamente il posto dove andrò a svolgere il servizio militare: Triste per il CAR e Udine o Bolzano per il servizio di leva.

Aprile 1992
Tutti ci aspettavamo una brutta notizia perché le malattie che affliggono Max sono molto gravi e, in percentuale, le persone con questi disturbi hanno una vita breve, ma ciò che non ci aspettavamo era che suo fratello Teo, anch’egli malato allo stesso modo, potesse lasciarci per primo. Ero appena rientrato a casa da una licenza quando mi hanno telefonato per comunicarmi la brutta notizia. Senza pensare un attimo sono accorso a casa di Max, ci siamo abbracciati piangendo entrambi, perché quando si perde un fratello è un dolore immenso (e per me Teo era diventato un fratello). Max si chiedeva costantemente perché era toccato al fratellino e quasi s’incolpava di essere ancora vivo, ma io ho cercato di fargli capire che il destino non sceglie in base all’età o al rapporto famigliare, ma che questo triste momento giunge per tutti quando deve accadere. Sono rimasto con lui fino a questa mattina, nessuno dei due ha dormito, abbiamo ricordato il sorriso di Teo e, seppur con afflizione, abbiamo cercato di non piangerlo.

Imprecisato 1993
Ieri e oggi sono state due giornate davvero dure per me. Nei giorni scorsi la ragazza di Max mi ha chiamato spesso dicendomi che le cose non andavano bene e che solo io potevo cercare di risolvere la situazione. Io non ho mai accennato niente a Max ma gli ho sempre chiesto se stava bene, se aveva dei problemi e se avesse voluto condividerli con me, io sarei sempre stato disponibile ad ascoltarlo, ma la sua risposta era sempre stata che non c’era nulla di strano. Ascoltando le parole di entrambi ho deciso di incontrare anche la sua ragazza temendo che fosse lei ad avere dei problemi di cui non poteva parlare ad altri, ma e quando l’ho vista, ho capito subito dove stava cercando di arrivare. Si è messa a piangere, ho cercato di consolarla e all’improvviso lei ha tentato di baciarmi. La cosa, sotto un certo punto di vista, non mi ha sorpreso, erano già capitate altre volte che i suoi atteggiamenti fossero equivoci ma avevo considerato la cosa superficialmente. Le ho chiarito subito che un amico non fa queste cose, che la mia presenza da lei era perché la considero parte delle mie amicizie e nel sentirla sofferente mi ero deciso di capire la situazione in cui si trovava dandole supporto morale; niente di più di questo e sicuramente mai ci sarebbe potuto essere tra noi oltre all’amicizia. Oggi ho chiamato Max ma non me la sono sentita di dirgli cosa era accaduto, e forse ho sbagliato proprio perché non abbiamo mai avuto dei segreti, ma lui, senza che gli facessi domande, mi ha spiegato che la situazione con la ragazza era anomala. Si erano lasciati e poi ripresi però firmando virtualmente un contratto nel quale entrambi potevano fare altre esperienze con altre persone, previa comunicazione all’altro prima di iniziare delle relazioni. Gli ho chiesto se la sua “ragazza” aveva trovato un altro e lui mi ha risposto che gli aveva detto che c’era uno che le piaceva ma che poi aveva rinunciato. Io ero ancora titubante ma alla fine sono stato zitto; l’importante era che lei avesse capito che non ero disponibile, sia per l’amicizia con Max sia perché ho la ragazza ed io non tradisco mai nessuno. Max mi è sembrato davvero tranquillo e ciò era quello che volevo.

Imprecisato 1994
La vita è così strana che ti mette con le spalle al muro e ogni scelta che devi fare diventa penalizzante per qualcuno che ti sta a cuore. Max ed io ne avevamo parlato spesso di cosa comportava amare una persona e delle rinunce, piccole o grosse, che bisognava fare per tenersi vicino la donna che si ama. Era un discorso molto duro e crudo ed entrambi non avevamo dubbi che una relazione sentimentale avrebbe preso tutto il nostro tempo, ma quando mi sono accorto di aver lasciato indietro gli amici, soprattutto Max, ho sentito delle grosse fitte al cuore. È vero che i momenti divertenti o quelli più cupi non si dimenticano ma perdere la vicinanza di una persona che ti è sempre stata di aiuto, proprio come lui con me e viceversa, diventa un peso insostenibile. Max ed io, in questi anni ci siamo visti solo al calcetto, non siamo più usciti insieme o in gruppo con gli altri ragazzi e, senza mezzi termini, la colpa è soprattutto mia.

Giugno 2013
Sono passati parecchi anni da quando ho scritto di Max sul mio diario. Nel corso del tempo io ho cambiato lavoro, ho lasciato la mia ragazza dopo sette anni e prima di un possibile matrimonio; Max ha lasciato definitivamente la sua ragazza e con la famiglia si è trasferito a Monza. Nel corso del tempo ci siamo scambiati solo poche telefonate, soprattutto per farci gli auguri, ma non ci siamo più visti anche perché lui ha dovuto smettere con il calcetto perché gli si è aggiunto un nuovo disagio fisico e la conseguente operazione al cuore per l’innesto di un pacemaker. Abbiamo ripreso a metterci in contatto più spesso solo negli ultimi giorni perché finalmente anche lui è diventato “tecnologico” e sta imparando a usare il computer, soprattutto l’applicazione per prendere contatto con amici o conoscenti. Tutto lì perché non ci vedremo per altro tempo di sicuro, con tutti i problemi che sto avendo nella mia vita privata da qualche anno non ho voglia di muovermi e lo faccio solo per la solita partitella tra amici o per andare allo stadio.

Ottobre 2014
Avevo scritto a Max per fargli auguri per il compleanno e si erano accodate moltissime persone che conosciamo entrambi, soprattutto molti nostri ex compagni ed io, memore della promessa che avevo fatto a Max, avevo colto l’occasione per preventivare l’idea di organizzare un grande raduno della “3H”, accolta da tutti con molto interesse. Dopo mesi di preparativi finalmente, gliel’ho fatta. Nella mattinata ci siamo incontrati tutti davanti alla nostra ex scuola e ritrovarci tutti è stato un salto nel passato incredibile. Alcuni di noi non sembravano tanto cambiati e ci siamo sentiti tutti così bene da voler rimanere insieme più del tempo che avevamo previsto. Incontrare Max è stato molto particolare perché si erano notati subito gli anni di “non frequentazione” nonostante il nostro legame di amicizia fosse ancora molto presente. Abbiamo parlato di tante cose e ricordando persone, luoghi, azioni e i momenti vissuti divertendoci, abbiamo rotto quella specie di scudo protettivo che entrambi stavamo indossando per non entrare in argomenti scomodi, come ad esempio tutti gli anni in cui non ci siamo più visti. Una giornata così bella che, di fatto, ha permesso a Max e me di riconciliarci anche se non c’era mai stato un litigio, tanto che lui mi ha invitato al suo compleanno ed io ho accettato, per la prima volta, di andare da lui a Monza.

Maggio 2015
Mi mancavano, più di quanto pensassi, queste giornate di allegria come quella che ho trascorso oggi a casa di Max per il suo compleanno. Oltre a rivedere quasi tutta la sua famiglia (purtroppo la nonna è deceduta da qualche tempo); incontrare Sonia dopo tanti anni, mi ha fatto un effetto stranissimo perché anche ora, da adulto, l’attrazione magnetica che mi attirava verso di lei è immutata e, forse, pure aumentata poiché i miei ormoni maschili sono di certo più in subbuglio oggi di ieri, ma soprattutto ho avuto l’opportunità di riallacciare il legame con Max parlando con lui per molte ore, nonostante fosse il festeggiato e quindi sempre chiamato in causa da tutti. È stato un ritorno al passato ancora più rilevante di quanto lo fosse stato il raduno di classe perché in questo frangente potevamo discutere tra noi di cose su cui non avevamo parlato. Io gli ho raccontato quanto mi sentissi colpevole per essermi allontanato, ma lui, facendo il suo solito sorriso, mi ha detto che con il trasferimento a Monza aveva scelto di tenersi più lontano dalle persone che conosceva perché spesso i ricordi lo disturbano non potendo più frequentare i luoghi della sua gioventù. In un certo senso mi consolava, ma capivo che lui aveva sentito forte il distacco tra noi e che, in qualche modo, lo stava giustificando soprattutto per rincuorarmi. Ora che sono a casa ripenso alla giornata e a ciò che succede intorno a me e capisco che, nonostante l’allegria di questo giorno, non potrò cambiare la mia situazione a breve e sarò ancora costretto a stare lontano dagli amici, soprattutto da Max, ancora per un tempo non quantificabile.

Gennaio 2016
Una telefonata e il mondo è crollato su se stesso. Poche informazioni, non ho chiesto, non ho chiamato chi dovevo perché non volevo disturbare. Questa mattina eravamo tutti lì presenti, con i nostri anni sulle spalle, con la mente rivolta al passato per non pensare al presente. Ho visto persone che non incontravo da almeno vent’anni, ragazzi con cui non avevo mai legato o con cui, per futili motivi, avevo anche bisticciato, oppure gente che vedevo sporadicamente per caso ma che erano parte integrante del gruppo di amici che frequentavo. Nessuno è mancato. Eravamo lì, infreddoliti e scomposti, e nel momento in cui era arrivata quella macchina scura, capimmo che non potevamo più dire che fosse solo un brutto sogno. Ho incontrato Sonia, ci siamo abbracciati, e solo in quel momento i miei occhi hanno riversato tutte le lacrime in un pianto senza fine. Sono entrato nella chiesa attendendo che gli uomini vestiti di nero portassero la bara. Prima che iniziasse la messa, mi sono avvicinato al feretro, l’ho toccato come si può accarezzare il viso di un bambino, ho continuato a piangere perché Max, l’amico su cui potevo sempre contare, era stato sconfitto dalle sue malattie, soprattutto dal cuore che aveva smesso di battere tre volte prima che si spegnesse del tutto. Toccando il legno che rinchiudeva Max, ho cercato di fargli sentire la mia voce, l’ho chiamato con tutti i soprannomi che gli avevo dato nel corso degli anni, ho continuando a piangere fino a che mi sono seduto al mio posto. Alcune persone, oggi, dicevano che era vissuto più di quanto si aspettavano i medici e sembrava che fosse un premio, ma io, silenziosamente, contestavo questo modo di pensare perché non migliora la situazione, anzi, sembrava quasi che si fossero tolti un pensiero con la sua scomparsa. Ora, sono a casa, ancora scosso, ancora triste. Il pianto si è fermato lasciando il posto alla malinconia, ma poi ricordo una nostra piccola chiacchierata nella quale Max disse: «Non ho tanto tempo, non voglio buttarlo piangendo su cose che non posso cambiare».
«Hai ragione, facciamo una pernacchia al destino avverso e ridiamo ogni giorno che invece possiamo cambiare».



Richiudo il diario, so di avere gli occhi gonfi, ma sto sorridendo riguardando sulla mensola quella foto, fatta allo zoo safari di Pombia più di trent’anni fa; noi due insieme, nelle nostre mani un panino enorme, ridiamo mentre facciamo un balzo verso la macchina fotografica. Che spettacolo!





Dedica
Questo racconto è dedicato al mio migliore amico che proprio il 26 di gennaio di tre anni fa è mancato ai suoi cari e alle persone che gli hanno voluto bene. Ciao Max, sei sempre qui con me.


N.d.A
La forma verbale del racconto rispecchia le parole scritte su un diario quindi frasi descritte di getto e senza prevedere una correzione. I racconti così passano dal presente, mentre l’autore sta scrivendo, al passato, mentre l’autore ricorda. Forse è sbagliato ma ho scelto questa forma che ne rispecchia l’idea di base.

  
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