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Autore: ONLYKORINE    26/01/2019    1 recensioni
Storia vincitrice del Contest 'The world in a Book' il prompt era questo:
Jasmine, dopo aver trovato il coraggio di lasciarsi tutto alle spalle, compreso il suo orrendo padre, si ritrova a dover accettare tre ragazzi, di cui una femmina, nello sesso appartamento dove dovrà rimanerci per un bel po'. Lei, una ragazza così solitaria, riuscirà ad aprirsi con qualcuno? Racconterà la sua storia o innalzerà un muro? Proverà a fidarsi o rimarrà nella sua bolla personale? E se non è la sola ad aver passato le pene dell'inferno?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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03. Confidenze

Confidenze

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Quando Jasmine vide Connor lavare i piatti, quella sera, si bloccò di colpo.

Entrò in cucina e chiese, vicino al lavello: “Non è il turno di Lucy?”

Il ragazzo si voltò verso di lei e rispose: “Abbiamo fatto cambio. Lei lava il bagno al posto mio e io lavo i piatti”.

Oh. Non aveva mai pensato che si potesse fare. Guardò il ragazzo insaponare un piatto e appoggiarlo di fianco. Si avvicinò e prese uno strofinaccio. “Ti piace lavare i piatti?” gli chiese.

Lui rise mentre iniziava a sciacquarli sotto l’acqua. “È l’ultimo ricordo che ho di mia madre. Non mi dispiace…” Appoggiò un piatto bagnato e Jasmine lo prese per asciugarlo.

“È… è molto che… sei…” Non sapeva come si chiedesse una cosa del genere con educazione. Come poteva chiedergli la sua storia?

“Che sono nel sistema?” Connor le venne incontro. Jasmine annuì senza dire niente. “Un po’. Molto più di te e Gabe, di sicuro”.

La ragazza voltò il viso di scatto verso di lui. “Come fai a dirlo?” Connor alzò le spalle.

“Sono andato in affido la prima volta a sette anni. Ho visto un po’ di cose.”

Oh. Il suo sguardo era serio. “Non sai niente di me” disse lei dopo un po’.

“No. Ma mi sono sbagliato?” Lei scosse la testa. “Posso indovinare?” Jasmine lo guardò di sottecchi.

“Prova.”

Connor finì di sciacquare tutti i piatti e la osservò con uno sguardo strano.

“Eri benestante. Vivevi bene. Studiavi. Andavi bene a scuola. Forse eri anche popolare. Magari una cheerleader, eh? Forse avevi un ragazzo. Uno bravo. Uno sportivo. O uno popolare. Uno sportivo popolare, forse? Poi è successo ciò che ti ha fatto entrare nella grande macchina burocratica dello Stato. Forse un anno fa. Non più di due, comunque. Hai perso tutto e hai perso tutti.”

Jasmine rimase colpita dalle sue parole, anche se solo in parte giuste. “Perché dici che ero popolare?” Lui sorrise. Un dente sbeccato sul lato destro fece venire in mente a Jasmine una rissa.

“Mi davi quest’idea. Ci ho preso?”

Dovette ricredersi. Connor sembrava in gamba.  Jasmine sospirò annuendo. “Mia mamma è morta due anni fa…” Connor non le disse niente. Non disse ‘mi dispiace’ o ‘condoglianze’, come facevano tutti. Lui annuì guardandola serio. Ma il suo sguardo le sembrò molto più sincero di tutte le parole che aveva sentito in quei due anni. “Poi sono andata a vivere da mio padre ma non è stata una bella storia. E ora sono qui”.

Connor non le chiese niente. Jasmine ne fu contenta perché era ancora difficile parlarne. “Non ci crederai” iniziò il ragazzo, ironico, “ma quando si tratta del sistema, nessuna storia è bella”. Divenne serio.

“Posso solo immaginare. E Lucy e Gabe? Sai anche la loro storia?” Lui si irrigidì. “Dovrai chiedere a loro, principessa”

“Giusto. Ma non avevamo detto che non mi avresti più chiamato principessa?”

Lui ridacchiò e l’orecchino con la croce dondolò mentre le sue spalle si scuotevano.

“Va bene. Ma solo perché mi hai aiutato a lavare i piatti.”

Jasmine sorrise. L’aveva giudicato male. Non era una brutta persona. Nonostante i tatuaggi e gli orecchini. Chissà cos’altro nascondeva.

 

***

 

Quella sera avevano mangiato la pizza e Jasmine si era svegliata di notte con una sete micidiale. Fuori c’era un temporale devastante. Tuoni e fulmini.

Il rumore di un tuono la colpì e, inconsciamente, iniziò a contare. Glielo aveva insegnato sua madre: più era alto il numero a cui arrivava più il temporale era lontano. Il fulmine fece tremare la casa appena arrivò a tre e lei si trovò in corridoio, davanti alla camera di Lucy. Si bloccò colpita dal frastuono e quando la porta della stanza si sganciò dalla maniglia, guardò dentro con curiosità. A parte la volta che l’aveva aiutata con il turno al Blue Market, non avevano più parlato, lei e Lucy. Effettivamente aveva parlato più con gli altri ragazzi.

Un altro lampo illuminò la stanza, probabilmente Lucy non aveva tirato giù la tapparella, prima di andare a letto, e Jasmine riuscì a vedere chiaramente il letto di Lucy. Solo che non era sola. Oddio, c’era Will? E quando era entrato? La sera prima non c’era. Appoggiò la mano alla porta e l’aprì un altro po’. Non era Will il ragazzo nel letto di Lucy: era Connor. Cavolo. E questa era una cosa buona o no? Avrebbe… mandato all’aria il progetto?

Vide Gabe uscire dalla sua stanza e velocemente afferrò la maniglia e richiuse la porta. Forse era il caso di scambiare due chiacchiere con Lucy. Stavolta davvero. Insomma, cos’era, un bordello?

“Anche tu in piedi?” chiese Gabe, sorridendole e dirigendosi in cucina.

 Jasmine lo seguì. “Sì. Ho sete. E tu?”

Gabe prese due bicchieri dalla credenza e si girò sorridendo. “Anch’io”. Riempì un bicchiere e glielo porse, poi se ne riempì uno per lui.

“Grazie” sussurrò, sorpresa. Guardò il ragazzo mentre beveva a piccoli sorsi. Aveva una maglietta e dei pantaloncini, probabilmente era il suo pigiama. Le spalle erano larghe e muscolose. Sapeva che era nella squadra di pallacanestro della scuola, perché l’aveva visto due o tre volte allenarsi con gli altri. Umm, effettivamente ultimamente, lo aveva guardato spesso, a scuola.

Gabe le sorrise e lei sentì le guance arrossarsi, così continuò a bere guardando verso la finestra. Le gocce di pioggia formavano righe artistiche lungo il vetro, era ipnotizzante. Senza rendersene conto disse: “Connor dice che io e te siamo nel sistema da meno tempo di loro”.

Si voltò lentamente verso il ragazzo, per vedere la sua reazione. “Connor è in gamba. Vede tante cose”.

Jasmine sorrise, girandosi verso di lui. “Già. Mi ha squadrato in un secondo…”

Gabe fece una smorfia strana. “Anche a me”.

“Che ti è successo?” chiese ancora lei. Lui la guardò e per la prima volta non sorrise. I suoi occhi erano seri. E scuri, scurissimi. Dannazione, aveva osato troppo? “Scusa, non sei obbligato a…”

“Ho avuto un incidente in macchina con i miei. Sono sopravvissuto solo io.”

Oh. “E… non avevi nessuno che…”

Lui scosse le spalle. “Sono figlio di figli unici. I miei nonni sono morti…” Che sfortuna.

“E come hai perso l’anno?” Jasmine non riuscì a non domandarlo. Una delle poche cose che avevano in comune loro quattro era il fatto di aver perso l’ultimo anno di liceo.

“Sono stato in ospedale per quattro mesi. Non ho potuto fare gli esami” mormorò lui. Già.

“Sì, anche a me è successa una cosa simile.”

Lui la guardò. “Davvero?” Annuì.

 

Trascorsero il resto della notte sul divano, sotto una coperta di pile a parlare. Gabe le raccontò della sua vita prima dell’incidente. Un po’ ci aveva preso. Lui era come lei e gli altri della sua compagnia. Un ragazzo popolare. Uno sportivo. Per un attimo pensò a Lenny, il suo ex, ma poi capì che lui non avrebbe mai retto il confronto con questo gentilissimo moro sorridente.

Gabe le raccontò di come si sentisse spaesato quando si era ritrovato solo e come aveva cercato di affrontare tutto, l’incidente, l’ospedale e la scuola, pensando di essere migliore di tutti, e si era dovuto scontrare con la realtà. Sorrise mestamente mentre lo diceva. Jasmine sapeva quanto fosse difficile ammettere una cosa simile. E rimanere da soli, senza nessuno, era devastante e poteva essere micidiale.

Jasmine gli raccontò della sua vita prima della morte della madre, e poi di quello che aveva passato con il padre. Fino a quando suo padre aveva tentato di venderla al suo pusher in cambio di una dose. Faceva così male raccontarlo, ma la signora Phillips le aveva detto che se fosse riuscita ad aprirsi con qualcuno, un’amica o un amico, si sarebbe sentita meglio. Non ci aveva creduto prima, e invece, quando la mano di Gabe si posò delicatamente sulla sua, si ricredette.

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