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Autore: ONLYKORINE    28/01/2019    1 recensioni
Storia vincitrice del Contest 'The world in a Book' il prompt era questo:
Jasmine, dopo aver trovato il coraggio di lasciarsi tutto alle spalle, compreso il suo orrendo padre, si ritrova a dover accettare tre ragazzi, di cui una femmina, nello sesso appartamento dove dovrà rimanerci per un bel po'. Lei, una ragazza così solitaria, riuscirà ad aprirsi con qualcuno? Racconterà la sua storia o innalzerà un muro? Proverà a fidarsi o rimarrà nella sua bolla personale? E se non è la sola ad aver passato le pene dell'inferno?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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05. Jasmine

Jasmine

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Un altro sabato mattina con il primo turno al Blue Market. Una Jasmine insonnolita si avventurò verso la cucina. Due giorni dopo l’incidente di Lucy non pensava proprio di trovare Will in casa, così fu sorpresa di vederlo, attraverso la porta della sala, ai fornelli a cuocere le uova in una padella. Oh, le uova di Will! Splendido!

Ma quando entrò in cucina, si bloccò di colpo nel vedere Will abbracciare e baciare… Connor! Ma Connor? E lei che pensava che Lucy… Oh, Dannazione! Le uova sul fornello stavano sfrigolando! “No!” gridò facendo un passo in avanti.

I ragazzi si staccarono e si voltarono verso di lei. Ma lei non li aveva in nota. Non vide neanche il viso di Connor incupirsi. “Will! Le uova stanno bruciando!”

Il ragazzo rise e tornò davanti alla padella. “Ma no, lo fa sempre, è giusto così, guarda” E così dicendo, sistemò in un piatto ciò che era in padella e lo mise a tavola. “Prego.”

Lei lo guardò alzando un sopracciglio. “Per me?”

“Non hai fame?” Oh, sì che Jasmine aveva fame! Si sedette al tavolo e iniziò a mangiare. “Grazie. Sono buonissime!” disse, con la bocca piena.

Connor prese altre uova dal frigorifero e poi si sedette davanti a lei. Il suo sguardo non era del tutto rilassato. “Mi avevi fregato. Pensavo che Will stesse con Lucy” disse ancora, indicandolo con la forchetta mentre lo sgridava bonariamente.

Connor sorrise. “Sei di nuovo saltata alle conclusioni facili”.

Jasmine rise. “Già. Sembra che mi capiti spesso!” Jasmine ridacchiò.

Lui sospirò pesantemente e guardò verso Will che gli fece un cenno con il capo e ritornò a guardare la ragazza. “È un problema per te? Will dice che devo chiedervelo. Se fosse per me non vi chiederei un accidente, ma lui…”

“Cucina meglio di te. Ed è meno scontroso. Se vi lasciate, teniamo lui. Per il resto, va bene tutto. Grazie, Will erano buonissime”. Si alzò, mise il piatto nel lavello e uscì dalla cucina. Quando si infilò il cappotto, Connor le andò dietro.

“Sicura che non sia un problema?” Stavolta la sua voce tremava un pochino ed era molto meno spavalda di prima.

“Sicura. Però è vero, potevi dirlo. Non ci sarebbero stati problemi neanche prima.”

Connor si grattò il collo con un dito e quando se ne rese conto mise le mani nelle tasche dei Jeans e sospirò. “Non è una cosa che racconti quando entri in una casa famiglia, o in una famiglia in affido. Sai cosa succede al piccoletto che annuncia di essere gay?” Il suo sguardo vagò, senza volere, in tondo e Jasmine fu sicura di leggergli dentro lo stesso dolore che aveva provato lei quando i suoi vecchi amici si erano dileguati velocemente subito dopo la morte della madre. Sospirò silenziosamente e sorrise. “In questa famiglia non ci sono problemi” disse e, senza averlo premeditato, l’abbracciò.

Quando uscì di casa, sorridente e soddisfatta, il sole brillava nel cielo. Le giornate si stavano facendo più lunghe e la vita sembrava migliore.

 

***

 

“Così uscirai con Gabe, sabato?” Lucy era eccitatissima, neanche avesse dovuto lei uscire per un primo appuntamento.

“Non gli ho ancora detto di sì” rispose Jasmine, come se parlasse con un bambino iperattivo.

Lucy saltellò sistemando le confezioni di cereali. “Secondo me dovresti. Potresti dargli una risposta quando verrà a prenderci”. Jasmine sbuffò sorridendo da davanti il bancone della cassa. Voleva uscire con Gabe. Davvero. Ma il pensiero di come era finita con Lenny la lasciava ancora titubante.

“Io non sono mai uscita con nessuno…” La piccola biondina si chinò a sistemare delle scatole cadute.

“Spencer che fa chimica con noi ti guarda sempre. Secondo me gli piaci.”

Jasmine le sorrise mentre sistemava i dolci. Lucy era una brava ragazza e lei ci teneva davvero alla loro amicizia.

“Forse…” Lucy si bloccò quando entrò un cliente. Jasmine alzò lo sguardo dal dispenser delle caramelle, per vedere perché avesse reagito così, quando vide l’uomo che era entrato. Il tipo aveva i jeans logori e deformi e una a giacca vento, nonostante fosse quasi maggio. Poi il suo sguardo vagò verso il viso e lo riconobbe. ”Bill…”

Suo padre sorrise e Jasmine notò che gli mancava un dente. Oddio. Ma avrebbe dovuto essere in prigione, cosa ci faceva lì al Blue Market?

“Ciao, tesoro. Come stai?” La sua voce era ancora melliflua come la ricordava.

“Cosa ci fai qui? Perché non sei in prigione?” Jasmine sperò che la sua voce non tremasse veramente come la sentiva tremare lei.

Lui rise. “Sono uscito”.

Jasmine non riuscì più a pensare a cosa dire. L’uomo che l’aveva quasi uccisa e che all’anagrafe risultava suo padre, era lì davanti a lei, a pochissima distanza. Tremò.

“Non puoi essere fuori. Mi hai sparato!”

Lui scosse le spalle. “Ti ha sparato lo spacciatore…”

NO! “Non è vero. Mi hai sparato tu!”

Lui ghignò. “Sì. Ma nessuno ha creduto a lui. Sai, era uno spacciatore e io sono tuo padre. Era strano a tutti. Hanno creduto a me. E poi, dai, non l’ho fatto apposta!” Jasmine sentì il sangue colargli via dal viso. Non poteva essere vero.

“Fuori di qui!” Lucy aveva fatto qualche passo verso di loro, ma non era troppo vicina.

Bill si voltò verso di lei e ghignò. “So chi sei. Sei la puttanella tossica che vive con mia figlia. Senti, fatti un giro”.

Se Lucy fu colpita dal suo linguaggio, non lo diede a vedere e Jasmine pensò che doveva averne passate anche di peggio, per farsi scivolare addosso un insulto così. “Io non vado da nessuna parte, mentre tu ora vai fuori”. Jasmine non aveva mai sentito Lucy parlare così. Sembrava… Forte, forte come aveva sostenuto Connor.

Bill però sorrise ancora sprezzante e tirò fuori un coltello dalla tasca della giacca. Jasmine fece cadere una scatola di caramelle e rimase immobile. Bill… Suo padre… voleva ancora farle del male? Tremò alla vista della lama. Quella cosa sporca avrebbe fatto male? E dove l’avrebbe colpita questa volta?

Ma l’uomo era ancora rivolto verso Lucy. “Senti, perché non ci lasci soli? Io e mia figlia dobbiamo parlare di questioni importanti”. Lucy sparì dietro uno scaffale, fuori dalla vista di Jasmine. Oddio. Era sola. Di nuovo.

Poi Bill tornò a guardarla e fece di nuovo quello spaventoso sorriso. “Bene. Pensavo di doverle dare qualche spicciolo, e invece…” Ridacchiò avvicinandosi, tenendo sempre il coltello davanti a sé.

“Cosa vuoi da me?” chiese Jasmine a bassa voce, mentre faceva un passo indietro.

“Ho bisogno di soldi.”

Jasmine si bloccò e si passò una mano fra i capelli per il nervosismo. “Io non ho soldi. Hai rubato tu tutti i miei soldi!”

Lui scosse le spalle. “Ora ne hai”.

Eh no! Jasmine sentì un po’ di rabbia ravvivarle l’organismo. Aveva messo via poche centinaia di dollari. Ma le servivano per il futuro. “Sono miei. Stavolta non te li lascerò!”

L’uomo allungò il coltello verso di lei e disse indicando il bancone: “Dammi i soldi della cassa. Quelli non sono tuoi”.

La ragazza strabuzzò gli occhi. Aveva dei limiti quell’uomo? “No!” Lui fece un altro passo verso di lei e Jasmine, meccanicamente, ne fece un altro indietro. Dannazione! Non doveva avere paura di lui.

Poi, fu tutto velocissimo. Bill che allungava il braccio verso di lei, la ragazza che si portava le braccia al viso per proteggersi e poi un rumore forte e grintoso seguito da un urlo.

Jasmine tolse le mani dal viso e riaprì gli occhi: una Lucy affannata e sorridente aveva in mano la mazza da baseball che Mike teneva sotto il frigorifero e Bill era piegato in due per terra, il suo coltello sul pavimento. Lucy ci mise sopra il piede e lo spostò più lontano. Sorrise mentre diceva: “L’ho visto fare in film”.

“Cosa hai fatto?” chiese Jasmine, incredula, all’amica.

“Ho chiamato la polizia. Ho detto che ci stavano rapinando.”

Ma Jasmine scosse la testa. “No... Intendevo… L’hai colpito?”

Lei sorrise. “Già. Non sai che soddisfazione!” La ragazzina continuò a sorridere. Jasmine era un po’ sotto shock, forse.

Dopo poco si sentirono le sirene della polizia. Entrarono due poliziotti e Bill venne portato via, sotto gli occhi di Lucy e di Mike, che era arrivato da poco, avvisato da una Lucy particolarmente attiva. Jasmine non riuscì a seguire bene tutto quello che stava succedendo, ma stava parlando con una donna poliziotto, che le aveva dato una tazza di tè caldo e una coperta, quando vide entrare Gabe.

Il ragazzo la vide con gli occhi spalancati e il volto pallido e si affrettò ad andarle vicino.

“Ehi, ho sentito quello che è successo, come stai?” Lei annuì inconsapevolmente e lui l’abbracciò. “Ok, non preoccuparti. Ci sono qua io”. Il calore del ragazzo l’avvolse e lei si tranquillizzò. Di nuovo, si sentì meno sola e appoggiò la testa sul braccio di Gabe.

“Mio padre mi ha sparato, l’anno scorso…”

Lui la cullò un pochino. “Non c’è bisogno che me lo racconti, se non vuoi”.

Lei alzò la testa e lo guardò. “No, voglio davvero raccontartelo”.

Lui annuì. “Va bene”. Non aveva detto a nessuno com’era finita in ospedale.

“Quando sono andata a vivere da mio padre, lui ha speso tutta la mia eredità in droga e quando l’ha finita ha detto al suo spacciatore di prendersi me…”, Gabe la strinse un po’ di più e lei continuò “Ma lui non voleva. Disse qualcosa sui servizi sociali e discusse con Bill sul fatto di voler essere pagato. Poi mio padre tirò fuori una pistola e la puntò su di me, mi ordinò di andarmene con lui e disse allo spacciatore che erano pari. È stato bruttissimo. Quando il tipo cercò di disarmare Bill ci fu uno sparo e io svenni. Non so cosa è successo dopo. Io ero ancora minorenne e nessuno voleva prendersi la responsabilità di informarmi. So solo che mi sono trovata in ospedale, circondata da dottori e da assistenti sociali. Quando sono stata dimessa, dopo sei mesi, sono stata data in affido. Non è stato bruttissimo, ma neanche bello. E l’unica cosa che mi faceva andare avanti era il fatto che lui fosse in prigione. Credevo davvero che ci sarebbe rimasto per un bel po’. E invece…”

Gabe le posò un bacio sui capelli e le accarezzò la testa. “Adesso andrà tutto bene. Ti aiuterò io”. Jasmine sentì le lacrime bruciarle gli occhi. O cavolo, stava piangendo! Stava piangendo sì, ma si sentiva bene.

“Uscirò con te, sabato” disse tutto d’un fiato. Gabe rise. Lei sentì il rimbombo della sua risata attraverso la gabbia toracica. Che sensazione strana. E bellissima. Sorrise e chiuse gli occhi.
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