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Autore: LysandraBlack    30/01/2019    5 recensioni
Marian è scampata al massacro di Ostagar. Garrett ha assistito alla distruzione di Lothering, mettendo in salvo la loro famiglia appena in tempo. Senza più nulla, gli Hawke partono per Kirkwall alla ricerca di un luogo dove mettere nuove radici. Ma la città delle catene non è un posto ospitale e i fratelli se ne renderanno conto appena arrivati.
Tra complotti, nuovi incontri e bevute all'Impiccato, Garrett e Marian si faranno ben presto un nome che Kirkwall e il Thedas intero non dimenticheranno facilmente.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Anders, Hawke, Isabela, Varric Tethras
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The unlikely heroes of Thedas'
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CAPITOLO 8
Blessed are the peacekeepers, the champions of the just


 

 

Immobile di fronte alla porta di legno, presidiata da due Templari con l'elmo calato a coprire loro il volto, si rese conto di starsi mordicchiando il labbro inferiore. Smise immediatamente, cercando di darsi un contegno prima di bussare tre volte.

Le aprì il Capitano Cullen, facendosi da parte per lasciarla entrare. «Comandante Meredith, Marian Hawke, la recluta di cui vi ho parlato.»

Meredith Stannard, Comandante dell'Ordine Templare di Kirkwall, dava loro le spalle, lo sguardo puntato sul cortile, la luce che entrava dalla grande finestra che proiettava l'ombra della donna sul resto della stanza, i capelli biondi e l'armatura lucida che sembravano brillare di luce propria. Si girò lentamente, squadrandola in silenzio per alcuni secondi, poi, finalmente, parlò. «Marian. Ho sentito parecchie cose su di te, da quando sei arrivata dal Ferelden.» La voce era dura, di chi era abituato a farsi rispettare ed obbedire al minimo comando.

«Spero positive, Comandante.» Deglutì Marian, cercando di non dare a vedere il suo nervosismo. Quando Ruvena le aveva riferito dell'ordine del Capitano Cullen di raggiungerlo nell'ufficio della Comandante, le era quasi preso un colpo. Ora, pregava Andraste e il Creatore con tutte le sue forze che non si trattasse del piccolo segreto di famiglia.

«La maggior parte.» Ribattè fredda la donna, assottigliando gli occhi azzurri. «Il Capitano Cullen ha menzionato quanto hai fatto per l'Ordine scoprendo il piano dei maghi del sangue per corrompere i Templari dall'interno coi loro demoni. E non sono state le uniche lodi che ho sentito sul tuo conto, sia Ser Agatha che Ser Thrask sembrano rimasti colpiti. Non parlo solo del tuo addestramento, anche se ho avuto modo di vederti allenare nel cortile e devo ammettere che è ad un livello superiore alla maggior parte dei tuoi compagni.»

«Grazie, Comandante.»

«Uno stile versatile, il vostro. Maneggiate decentemente sia armi e scudi pesanti che arco e daghe corte, e la vostra tecnica di duello a due spade è notevole. Chi vi ha addestrato?»

«Ser Remille Artigue, era di origini orlesiane ma di stanza a Lothering, Comandante.»

«Un ottimo maestro, ad Orlais i duelli sono una vera e propria arte.» Commentò lei annuendo leggermente. Si chinò su una pergamena posata sulla scrivania, che sembrava essere stata scritta in tutta fretta. «Dimmi, Marian, ho sentito che sei sopravvissuta alla battaglia di Ostagar, all'inizio del Flagello che ha quasi distrutto il Ferelden. Non molti sono stati così bravi, o fortunati. Come hai fatto?» Puntò gli occhi nei suoi, inquisitoria.

Marian sostenne lo sguardo, il senso di colpa di quel giorno che tornava a strisciarle addosso, facendole contorcere lo stomaco. Le urla dei suoi compagni mentre venivano fatti a pezzi dai Prole Oscura. Ser Remille, le orbite bianche sul volto terreo e sporco di sangue, uno Shriek sopra di lui a lacerargli la gola con le zanne affilate, il Capitano Rods sollevato in aria da un Ogre e lanciato lontano come una bambola di pezza, le altre reclute che scappavano terrorizzate, massacrate come bestie al macello. Il Re a poche decine di metri da lei maciullato come un giunco, i maghi accanto a loro fatti a pezzi... Deglutì a vuoto. «Ero...» Scosse la testa, fermandosi. Non aveva senso mentire, aveva la sensazione che la Comandante sapesse già la verità. «Sono stata fortunata, sono riuscita a scappare. La battaglia era ormai persa, i miei superiori e compagni uccisi o peggio, ho giudicato la fuga l'unica via possibile, per combatterli un altro giorno.»

«Eppure sei fuggita a Kirkwall, non sei rimasta nel Ferelden.»

Fu peggio di una stilettata in pieno petto. Essere giudicata per la codarda che era. Ma aveva protetto la sua famiglia, mantenuto fede alla promessa fatta a loro padre. “No, non è vero. Non sono riuscita a fare nemmeno quello”, pensò, il corpo senza vita di Bethany impresso nella mente.

«Dimmi, ritieni di esserti comportata da Templare, allora?»

Abbassò lo sguardo, non potendo più sopportare quelle iridi azzurre e fredde come il ghiaccio puntate su di sé. «No Comandante. È stato disonorevole per una recluta dell'Ordine scappare in quel modo e abbandonare il mio paese. Ma dovevo salvare la mia famiglia, i miei fratelli e mia madre. Non mi pento di quello che ho fatto, anche se me ne vergogno.»

La sentì fare qualche passo. Sollevò lo sguardo quel tanto che bastava a vedere la donna di nuovo accanto alla finestra, tra le mani la pergamena stropicciata e lo sguardo diretto al cortile sotto di loro. «E dimmi, la tua famiglia ora è al sicuro?»

“No, vogliono cacciarsi nelle Vie Profonde perché sono due stupidi idioti, non contenti vanno pure in giro con eretici ricercati dall'intero Ordine.” «Sì Comandante. Siamo grati dell'ospitalità che ci ha dato questa città.»

«Ospitalità che ti sei guadagnata, recluta.» Ribattè fredda l'altra. «Non ti ho chiamata qui per accusarti delle tue azioni passate, Marian, bensì per darti una possibilità di redimerti e fare di meglio.» Si voltò nuovamente verso di lei. «Non sei la sola ad essere scappata da quella battaglia, lo so bene, i racconti dei sopravvissuti avrebbero fatto impallidire anche soldati con molto più anni di esperienza. Spero che la vergogna che ti porti dietro da quel giorno ti spinga adesso a dare tutto per l'Ordine Templare, qualsiasi cosa ti venga chiesta.»

«Sì Comandante. Ho giurato a me stessa di non allontanarmi mai più dal mio dovere.»

«Mi fa piacere sentirlo.» Per un attimo, l'espressione dura di Meredith sembrò alleviarsi un poco. Fu solo un barlume, però. «Hai una possibilità di guadagnarti il rango di Cavaliere Templare a tutti gli effetti, recluta.»

Le porse la pergamena, che Marian fece appena in tempo a sbirciare.

«Un pericoloso gruppo di maghi è scappato dalla custodia dei Templari a cui erano stati affidati durante il trasferimento dal Circolo di Starkhaven, che come sai è andato in fiamme qualche settimana fa. Hanno ucciso la maggior parte dei nostri e ferito gravemente gli altri, fortunatamente hanno fatto in tempo ad avvertirci che i maghi si sono rifugiati da qualche parte sulla Costa Ferita.» Proseguì la Comandante, una rabbia profonda celata sotto il tono freddo. «Ho incaricato Ser Karras di occuparsi personalmente di questi eretici e voglio che tu vada con lui.»

Il nome di Karras le era disgustosamente noto. Giravano voci su come provasse piacere a maltrattare ogni mago posto sotto la sua cura e persino qualche recluta ne aveva paura.

«Ser Karras giudicherà le tue azioni e le riferirà a me. Se avrete successo, potrai affrontare la tua veglia alla prossima luna nuova.»

Sgranò gli occhi. Era finalmente giunto il momento di diventare un Cavaliere, eppure quale sarebbe stato il costo di quella promozione? Ser Karras non era certo famoso per il suo approccio delicato, e oltretutto gli eretici di cui parlava Meredith dovevano essere molto pericolosi. Probabilmente maghi del sangue, per essere riusciti a liberarsi della loro scorta. Forse, in fin dei conti, avere dalla sua un Templare esperto e spietato come Karras poteva fare la differenza per uscire viva dallo scontro.

“Eppure...”

No, non poteva comunque rifiutare, pensò affrontando lo sguardo della Comandante Meredith.

«Vi ringrazio dell'opportunità, Comandante.»

«Non ringraziarmi ancora, sarà il tuo primo incarico così pericoloso, ma mi aspetto un successo. Dopotutto, non sono i primi maghi del sangue che affronti.» Le fece un cenno col capo, congedandola. «È tutto, recluta. Capitano.»

I due chinarono il capo, salutandola rispettosamente prima di uscire dalla stanza.

«Non preoccuparti, Karras è un ottimo guerriero e ha già ucciso parecchi maghi maghi del sangue e abomini nei suoi anni di servizio,» cercò di rassicurarla Cullen mentre percorrevano il corridoio diretti al cortile sottostante «e tutti gli uomini e donne con lui possono dire lo stesso. Metti in pratica il tuo addestramento e non riusciranno a sopraffarti.»

«Lo terrò a mente, Capitano.»

«Ti meriti di essere Cavaliere, Marian, lo sanno tutti qui dentro. Era solo una questione di tempo.»

«Grazie, Capitano.» Aveva la gola secca mentre scendevano le scale.

Karras, i capelli biondi e la barba curata quanto la sua armatura lucida, si girò a salutarli. «Ah, Capitano Cullen. E Marian, immagino, la recluta che la Comandante ci ha affidato.» La squadrò dall'alto in basso, il labbro leggermente arricciato in segno di scherno. «Spero tu sia più capace di quello che sembri, recluta, non vorrei dovermi accollare l'onere di riportare i tuoi pezzi fino alla Forca.»

Marian dovette trattenersi dal ribattere a tono. Aprì la bocca, ma Cullen la precedette.

«Marian è la recluta più promettente che abbia visto fin'ora qui a Kirkwall, e se la Comandante ha pensato di mandarla in una missione del genere immagino lo pensi anche lei.» Disse, sfidando l'altro a contraddirlo.

Karras assottigliò lo sguardo ma evitò altri commenti. «Vedremo. Muoviti, recluta, non c'è tempo da perdere: abbiamo dei fuggitivi da uccidere.» Fece segno ai suoi uomini, quattro arcieri e cinque guerrieri armati di spade e scudi in armatura pesante, di mettersi in marcia. Quelli si mossero come un sol uomo, seguendolo fuori dal cortile a passo sostenuto.

Marian fece appena in tempo a salutare Cullen con un cenno che dovette affrettarsi a mantenere il passo degli altri.



 

Trovarono un cadavere di un uomo in armatura poco oltre una collinetta, circondato da altri due in evidente stato di putrefazione.

«Magia del sangue.» Commentò Ser Karras, sputando per terra. Indicò delle tracce di sangue che portavano su un ripido sentiero sulla cresta della parete rocciosa, un ghigno feroce sulle labbra. «Se si sono rifugiati lì dentro, significa che hanno paura di noi. Sanno che stiamo arrivando, e saranno pronti. Ma li trucideremo lo stesso, che il Creatore e Andraste Benedetta ci diano la forza di vendicare i nostri compagni e liberare il mondo da questa feccia.»

Seguirono la pista fino all'ingresso di una caverna.

Tuttavia, non erano soli.

«Ser Thrask?» Si stupì Marian, riconoscendolo al volo. «Cosa ci fate qui?»

Ser Karras proruppe in una risata sprezzante. «Se pensate di poter esserci di aiuto, levatevi di torno, sareste solo di intralcio.» Gli disse. «Non abbiamo tempo per i vostri discorsi sulla dignità dei maghi, siamo stati incaricati dalla Comandante di sterminarli tutti.»

L'altro Templare resse il confronto, aggrottando la fronte con disappunto. «Conosco i vostri metodi, Ser Karras, e sapete bene che non li condivido. Tuttavia, sono anche consapevole che non ho speranza di chiedervi di usare clemenza e di risparmiare gli eventuali innocenti.»

«“Innocenti”?» Ripetè l'altro a denti stretti. «Stiamo parlando di eretici che hanno assassinato dei nostri compagni, Thrask. Ma forse vi sentite più vicino a loro che all'Ordine...»

Thrask lo ignorò, puntando lo sguardo dritto su Marian. «Sono stupito di vederti con loro. Condividi l'opinione secondo la quale ogni mago posto sotto le nostre cure debba essere ucciso, sottoposto al Rituale della Calma o seviziato in ogni modo possibile per rompere il suo spirito e punirlo di una colpa non sua?»

La ragazza deglutì. «Sono criminali e assassini, là dentro. Non maghi innocenti da proteggere, l'hanno dimostrato uccidendo i Templari che dovevano portarli alla Forca.»

La delusione dell'altro la ferì molto più di quanto avesse pensato. «Allora andate e fate quello che dovete. Non avete bisogno del mio aiuto, vedo, quindi non c'è necessità che io vi accompagni.»

«Codardo.» Sentì commentare uno degli arcieri, che rise di gusto passandogli accanto.

Marian, gli occhi puntati sul terreno sotto di sé, potè sentire lo sguardo di Thrask puntato sulla sua schiena finchè non si furono addentrati nella grotta buia abbastanza da non essere più raggiunti dalla luce che proveniva dall'ingresso.

Come dal nulla, una freccia sibilò verso di loro, rimbalzando sullo spallaccio di uno degli uomini in prima fila.

«Scudi!» Urlò Ser Karras, sollevando il proprio appena in tempo per deviare una seconda e terza freccia indirizzati alla sua testa.

Marian obbedì prontamente, la spada stretta in pugno. Dall'oscurità, emersero alcune ombre che corsero verso di loro, schiantandosi contro la loro difesa.

La puzza di carne in decomposizione li colpì con una zaffata nauseabonda, mentre i cadaveri rianimati li attaccavano senza pietà. Parò un colpo al fianco con lo scudo, facendo cozzare la lama della spada contro la sciabola arrugginita. Uno degli uomini gli staccò il braccio con cui reggeva l'arma, dandole la possibilità di abbatterlo con un fendente alla testa.

Dopo pochi secondi, l'aria sembrò farsi più pura. La barriera del mago si dissolse nel nulla, permettendo loro di colpire i cadaveri più facilmente.

Un urlo di rabbia si alzò alla loro destra, mentre Karras e un altro circondavano il mago del sangue che li aveva attaccati, ora impotente. Venne silenziato dal Templare, che lo buttò a terra per poi sollevare lo scudo e calarlo con forza.

Il rumore del cranio spaccato rimbombò sinistramente per tutta la galleria.

Gli altri eliminarono in fretta i cadaveri ancora in piedi.

«Ce ne saranno altri. Hanno i minuti contati.» Ringhiò feroce lui, lo scudo sporco di sangue e cervella sollevato innanzi a sé mentre li guidava senza paura verso il fondo della grotta.

Marian si concentrò sul proprio respiro, cercando di tenere a bada il cuore che batteva all'impazzata. Doveva in qualche modo dimostrare il proprio valore, in modo da convincere quel sadico a riferire a Meredith che sì, era pronta per la sua Veglia. Tremare come una foglia alla vista di qualche mago del sangue non rientrava nel piano.



 

Altri corpi rianimati li attaccarono più volte, ma dei maghi nessuna traccia. Ad un certo punto, la galleria si fece più stretta, costringendoli a procedere quasi in fila per uno.

La puzza di carne in decomposizione era sempre più forte, segno che dovevano esserci parecchi cadaveri nelle vicinanze.

Lentamente, avanzarono nell'oscurità, la galleria che si apriva in una grande caverna dal soffitto alto, stalattiti che pendevano da esso fin quasi a sfiorare le loro teste e stalagmiti che si innalzavano maestose, unendosi le une alle altre in massicce colonne calcaree. Le gocce d'acqua picchettavano al suolo rimbombando, l'eco che ne ripeteva il suono all'infinito.

Sarebbe stato uno spettacolo, senza il rumore sordo di denti che battevano freneticamente.

Una trentina di scheletri erano schierati attorno a loro, circondandoli a semicerchio, mentre tre maghi fuori dalla loro portata sopra una sporgenza rocciosa tenevano alti i loro bastoni illuminando di luce fredda la grotta.

«Sciocchi, siete caduti nella nostra trappola. Non uscirete più da qui!» Gridò uno di quelli, trionfante, facendo segno ai cadaveri di attaccare.

I corpi si mossero all'unisono, scagliandosi su di loro come furie impazzite.

Marian e gli altri mantennero la posizione, fermando la carica con gli scudi pesanti e dando la possibilità agli arcieri di stare alle loro spalle e bersagliarli di frecce, riuscendo a rallentarne alcuni.

«Non indietreggiate!» Ringhiò Ser Karras, decapitando con un sol colpo uno dei cadaveri e usando lo scudo per buttarne a terra un altro.

Uno degli uomini accanto a Marian si accasciò con un urlo di dolore, una freccia conficcata nel collo poco sopra l'armatura. Rimasta per un attimo scoperta, voltò lo scudo in quella direzione, ruotando verso destra e spostando il peso per tranciare di netto uno dei corpi rianimati che aveva approfittato del varco nella loro difesa. Quello crollò a terra, dandole tempo per riprendere terreno.

Una scarica elettrica li colse di sorpresa, e solo grazie alla prontezza di Ser Karras e di un altro riuscirono a contenere i danni.

Poteva sentire i capelli rizzarsi sulla testa per l'energia elettrostatica sprigionatasi, ma rimase illesa. Il templare accanto a lei falciò via tre cadaveri, creando un vuoto nella linea nemica.

Approfittandone, scattò in avanti correndo quanto glielo permettevano le ferite leggere e l'equipaggiamento pesante, fino a sgusciare in una delle strette gallerie laterali. Si morse il labbro, maledicendo il grosso scudo che le rallentava i movimenti incastrandosi di continuo tra la roccia.

Quando una freccia le sibilò accanto, rimbalzando sulla pietra, si accorse di essere stata seguita. Si voltò indietro, notando due cadaveri che strisciavano verso di lei, incuranti dei brandelli di carne e ossa che si lasciavano dietro, strappati via dagli spunzoni che sporgevano.

Sbuffò, alzando lo scudo dietro di sé e incastrandolo con forza in una fessura, chinandosi a carponi e infilandosi in un cunicolo. Si ritrovò a salire a tentoni, sperando di non incappare in altri mostri così vulnerabile.

Quando si ritrovò di fronte ad un bivio, girò a sinistra, poi proseguì diritto per qualche metro.

Finalmente, le pareti si fecero più alte, permettendole di ritornare comodamente in piedi: una parete di roccia si alzava davanti a lei, un fascio di luce ad illuminare debolmente la camera. Con un brivido, si sporse verso il pozzo alla propria destra, non riuscendone ad intravedere il fondo.

Strinse i denti, spostandosi il più a sinistra possibile e iniziando la scalata della parete, procedendo quasi a tentoni e pregando il Creatore che non franasse nulla.

Arrivata in cima, si issò faticosamente su una grossa roccia piatta.

Il corridoio alla propria sinistra era illuminato di una innaturale luce azzurra, tremolante, così simile a quella delle scintille che aveva visto evocare innumerevoli volte da suo fratello.

Ghignò, vittoriosa.

Percorse a passo felpato gli ultimi metri, sporgendosi oltre il varco.

I tre maghi le davano le spalle, concentrati sulla battaglia sotto di loro, lanciando incantesimi ogni tanto. Erano due uomini e una donna, i cappucci sulla testa e le vesti da mago strappate e polverose. Notò come quelle della donna fossero le uniche a non essere sporche di sangue.

Calcolò di avere sì e no una manciata di secondi, prima che l'aura antimagia si spezzasse e la facessero a pezzi.

Smise di mordicchiarsi il labbro inferiore, chiudendo gli occhi e concentrandosi, svuotando la mente, il battito del cuore regolare mentre avanzava lentamente.

Quando si accorsero che la loro magia veniva annullata, era ormai troppo tardi.

La lama trapassò il petto del primo uomo come se fosse burro, la silverite che brillava di sangue scarlatto quando la ritrasse, scontrandosi con il successivo, che alzò il bastone magico per proteggersi, cercando di evocare una barriera invisibile, inutilmente.

Il metallo del bastone cozzò contro quello della spada corta, incastrandosi nella guardia. Roteò il polso e il braccio, disarmandolo con uno strattone nel frattempo che si spostava di lato e affondava la lama più lunga nel ventre del mago.

Quello urlò di dolore, all'unisono con la maga rimasta.

Estrasse la spada con un gesto fluido, caricando il braccio e mozzando la testa dell'uomo in ginocchio, il corpo che si afflosciava come un sacco.

«Decimus!»

La donna cadde a terra al suo fianco, singhiozzando, una serie di scintille che si alzavano tutt'attorno a loro.

Marian indietreggiò di scatto, spaventata, sapendo di non riuscire ad annullare nuovamente un attacco magico, sentendosi vulnerabile senza il suo scudo, entrambe le lame alzate verso di lei.

Lo scontro sotto di loro continuava, ma senza l'assistenza magica i Templari avevano ormai la meglio.

Avanzò verso la maga, ancora a terra, portando la lama a contatto con la sua gola. «Non ti muovere.»

L'altra la degnò a malapena di uno sguardo. «Gli avevo detto di non ricorrere alla magia proibita, che lo avrebbero ucciso! Oh, Decimus...» Scosse il capo, asciugandosi la guancia con la manica della veste. «Fate quello che dovete fare, Templare. So bene che non ho speranza di uscirne viva.»

Marian esitò. Karras le avrebbe sicuramente tagliato la gola, per evitare che qualsiasi possibile mago del sangue entrasse nella Forca. Però non c'erano prove che la donna avesse fatto uso della magia proibita.

«Marian, no!»

Si voltò di soprassalto, la spada puntata verso una galleria secondaria che si snodava alla loro destra. Quando incrociò gli occhi del fratello e dell'eretico ex Custode Grigio, sentì montarle la rabbia. Dietro di loro, poteva vedere altri due maghi, seminascosti nell'oscurità. «Voi.»

Vide Garrett socchiudere la bocca, certa che stesse cercando un modo per convincerla a lasciare andare quegli eretici a suon di chiacchiere.

«Recluta, sei ancora viva?!» Urlò Ser Karras dalla sala sotto di loro. «Dennis, Gilia, Gerwin, salite a vedere cosa è successo.»

Con orrore, Marian li sentì iniziare a scalare la ventina di metri di parete che li separavano.

«Garrett. Lascia quei maghi e sparisci.» Sibilò furiosa, avvicinandosi minacciosamente al fratello.

«Lascia che li porti al sicuro!» Ribattè quello, stando attento a non alzare la voce. «Non sono maghi del sangue, questi, soltanto-»

«Marian!» Gridò di nuovo Karras, lanciando un paio di imprecazioni. «Rispondi maledizione, recluta!» Si sentì un rumore metallico, come se avesse gettato lo scudo per terra in un impeto di rabbia. «Non ho intenzione di sprecare il mio tempo a riportare i pezzi di quella fereldiana incosciente fino alla città...»

«Sto bene, tenente!» Gracchiò lei in preda al panico.

«Digli che non c'è nessun altro-»

«Sta' zitto Garrett! Fai come ti ho detto oppure qui ci ammazzano tutti!»

«Perchè non li lasci andare via-»

Sentiva i tre templari ormai vicinissimi.

Qualcosa le scattò dentro.

Lanciò una seconda aura antimagia, scagliandola in direzione del fratello e del suo scomodo alleato. Poi, afferrò la maga coperta di sangue per il colletto del vestito, trascinandosela dietro verso gli altri, gettandola a terra e puntandole nuovamente la spada alla gola. «Voi due, andatevene immediatamente o giuro su Andraste che ve ne faccio pentire, imbecilli!»

Con sua grande sorpresa, uno dei maghi schizzò in avanti, lasciando cadere il proprio bastone e gettandosi inerme ai suoi piedi. «Vi prego, signora, non uccidetemi! Portatemi solo al Circolo, non ho mai voluto scappare-»

«Alain, traditore-!»

«Marian!»

Terrorizzata, vide con la coda dell'occhio i tre templari spuntare dietro di sé.

Fece un cenno col capo a Garrett e gli altri due maghi di fianco a lui, che non se lo fecero ripetere due volte e fuggirono in uno dei cunicoli laterali.

«Recluta, tutto bene?!» Le chiese allarmata l'altra templare, raggiungendola con le armi sguainate, in allarme, lo sguardo puntato sulla donna e l'uomo a terra. Il mago chiamato Alain tremò di paura, e Marian per un momento temette che se la stesse per fare addosso.

«Vi prego, voglio soltanto tornare al Circolo...» Piagnucolò patetico, rannicchiandosi su se stesso.

«Come se-»

«Ser Dennis, si sono arresi.» Si affrettò ad interromperlo Marian, parandosi davanti ai due maghi. «Non hanno usato magia del sangue di fronte a me, quindi c'è una possibilità che siano innocenti.»

Gli altri tre apparivano molto poco convinti. «Non possiamo esserne sicuri.»

«La missione era di uccidere i maghi del sangue. L'abbiamo fatto. Siamo in troppi perché portare questi due alla Forca ci si ritorca contro, non corriamo più pericolo.» Cercò di convincerli lei.

Ser Gerwin annuì, abbassando anche se di poco l'arco. «Forse hai ragione. Almeno avremo qualcuno da interrogare.» Indietreggiò di qualche passo, sporgendosi dalla terrazza e chiamando Ser Karras e gli altri. «La recluta sta bene e abbiamo due prigionieri!»

«Prigionieri?» Lo sbeffeggiò il tenente dal basso, divertito. «E va bene, Gerwin, ma mica ti starai rammollendo?»

«No Signore!»

«Ci rivediamo all'uscita allora. Voialtri, perquisite questo posto da cima a fondo, potrebbero essercene altri nascosti. Sono come i ratti, questi maledetti...»

Marian pregò che il fratello fosse già lontano.

Legarono le mani dietro la schiena ai due prigionieri, usando manette di ferro intarsiate di rune che gli impedivano di lanciare altri incantesimi. La donna le rivolse uno sguardo carico d'odio.

Chinandosi su di lei, Marian le sfiorò l'orecchio. «Una parola di quello che è successo qui, e vi faccio sottoporre entrambi al Rituale della Calma in un attimo. Mi dovete la vita, entrambi.» Sussurrò, sperando che la minaccia avesse abbastanza effetto. Se avessero rivelato di come aveva fatto scappare gli altri tre... rabbrividì, mentre percorrevano lentamente i meandri bui della grotta fino a sbucare all'esterno, sotto l'abbagliante luce del sole.



 

Quasi sfondò la porta della clinica.

Vide il fratello indietreggiare sulla difensiva, mentre l'altro eretico stringeva tra le mani il proprio bastone magico, in allerta. Scoccò al secondo un'occhiata furiosa, non degnandosi nemmeno di estrarre l'arma. «Non ci provare nemmeno, pezzo di merda.»

«Marian, stai esagerando-»

«Io starei esagerando?!» Urlò fuori di sé dalla rabbia, colmando la distanza fra di loro e quasi buttandolo a terra. «Sei un deficiente! Un cretino, un coglione, un demente che crede di passarla sempre liscia immischiandosi in affari che non lo riguardano!»

«Non è successo nient-»

Lo spintonò con forza, facendolo barcollare anche se era più alto di lei di mezza testa. «Sono stufa di pararti il culo! Vuoi continuare a rischiare la morte, fa' come credi, ma se mi metti in una posizione del genere un'altra cazzo di volta giuro che ti lascio nella merda!»

Garrett si massaggiò una spalla, dolorante. «Non ti ho chiesto di proteggermi. Se ci avessi lasciato portare via i maghi ce ne saremmo andati subito senza-»

«Ah, quindi avrei dovuto lasciarti portare via un intero gruppo di possibili maghi del sangue, accusati di aver contribuito a distruggere il Circolo di Starkhaven?! Ma ti ascolti quanto parli?»

«Decimus e gli altri maghi del sangue erano già morti, potevi tranquillamente lasciare andare gli altri.» Ribattè il fratello, incrociando le braccia.

Marian stentava a credere alle proprie orecchie. «E chi mi garantisce che non lo siano pure loro?» Gli chiese, tagliente. «Tu? O il tuo amico eretico e disertore?»

«Non tirare in mezzo Anders, questa cosa è tra me e te.»

«No che non lo è!» Ringhiò lei, voltandosi verso il biondo. «Tu l'hai trascinato là dentro, ne sono certa. Vi avevo avvertiti di non invischiarvi ulteriormente negli affari dei Templari, ma no, avete quasi mandato a monte l'intera operazione e rischiato di farvi catturare.»

«L'unica colpa di quei maghi era aver cercato la libertà!» Ribattè Anders, furente a sua volta. «Non mi scuserò con una Templare per aver agito in nome della Giustizia!»

Marian indietreggiò d'istinto, mentre il Velo si faceva improvvisamente più sottile, l'energia magica che riempiva la stanza...

«Anders!» Gridò Garrett, sul volto un'espressione spaventata mentre afferrava l'altro per le spalle, stringendo con forza. «Non ci provare!»

Marian li guardò, disgustata. Scosse la testa. «Vuoi davvero attaccarmi, Anders? Fallo. Probabilmente riusciresti a farmi a pezzi senza sudare una goccia, non sono così scema. Hai fatto fuori templari molto più anziani di me. Attaccami, coraggio.»

«Sei impazzita?!» Le chiese il fratello, allarmato, senza mollare la presa sul mago. «Non farlo.»

Anders parve sussultare, serrando le palpebre per un attimo. Quando riaprì gli occhi, la sua espressione era forzatamente calma, come se gli costasse ogni fibra del suo essere per non ridurla in cenere in quello stesso istante. «Non istigarmi, Templare.»

«Non osare minacciarla, è mia sorella.»

«Hai visto cos'ha fatto a quei maghi!» Ringhiò il biondo, rivoltandoglisi contro. «Solo perché ti permette di vivere libero, non significa che non vedrebbe volentieri tutti noialtri rinchiusi in una gabbia! Sei così accecato dall'affetto da-»

Con un tonfo, Anders cadde a terra, Garrett che troneggiava sopra di lui, il braccio ancora alzato e una fredda furia negli occhi chiari. «Sta' zitto.»

Prima che potessero attaccarsi a vicenda, le loro abilità magiche vennero annullate. Si voltarono di scatto verso di lei, rabbia nell'espressione dell'ex Custode e confusione in quella del fratello.

Marian rispose loro con una calma glaciale. «Non ho intenzione di sopportarvi oltre. Garrett, ti ho avvertito più volte, ma sei evidentemente sordo o stupido. Quello che è successo oggi poteva rovinarci tutti: se avessero scoperto che ho un fratello eretico, avrei perso il posto, tu saresti stato rinchiuso o sottoposto al Rituale della Calma, Carver e nostra madre sarebbero finiti in cella o ad Aeonar. E tutto per salvare un paio di maledetti maghi del sangue aiutando quest'altro.» Scosse la testa, le spalle rigide. «Ho promesso a nostro padre che ti avrei tenuto d'occhio. Che ti avrei tenuto fuori dal Circolo, lontano dai Templari. Negli ultimi tempi mi chiedo se sia stata la decisione giusta.»

Garrett non rispose, limitandosi ad aggrottare le sopracciglia.

«Su una cosa hai ragione. Sei grande abbastanza da essere responsabile per le tue azioni.» “Mi dispiace, padre. Non ce la faccio più.” «Vuoi metterti in pericolo per niente? Fai pure. Vuoi passare il tuo tempo a gozzovigliare, buttando la tua vita nella spazzatura? Fallo. Ritieni di dover aiutare ogni singolo mago mettendoti contro l'intero Ordine Templare, seguendo un eretico ricercato e disertore dei Custodi Grigi?» Allargò le braccia, sconfitta. «Sono stufa. È la mia vita, non la voglio sprecare dietro a te. Se vuoi morire, scegli il modo che preferisci, ma non mi trascinerai con te. Tu e Carver siete la mia famiglia, e ho fatto cose di cui mi vergogno ogni singolo giorno per proteggervi, ma ora basta. Settimana prossima diventerò una Cavaliere Templare di Kirkwall, e il mio compitò sarà proteggere l'intera città, non solo voi due a dispetto del mondo intero.»

«Marian...»

«Vuoi andare nelle Vie Profonde? Vacci. Se Carver ritiene di dover seguire il tuo esempio invece del mio, faccia pure quello che crede, non mi interessa. Mi spiace solo per nostra madre che perderà altri due figli, ma non ho intenzione di sprecare altro tempo urlando al vento. Se mai uscirai da lì, prega di non incrociarmi più mentre sono in servizio.»

Garrett ricambiò il suo sguardo, ferito. «Mi stai davvero minacciando? Tuo fratello?»

«Hai finito di nasconderti dietro il nostro sangue in comune pur di farla franca. Dopo Bethany e papà, non ne hai più il diritto.»

Si sentì l'amaro in bocca subito dopo aver pronunciato quelle parole. Si voltò di scatto, quasi fuggendo verso la porta, mordendosi il labbro inferiore finchè non sentì il sapore metallico del sangue sulla lingua, l'armatura che cigolava mentre quasi correva su per le scale della città oscura.



 

Cinque giorni dopo, una lettera giaceva intatta sul suo letto, le firme dei fratelli chiare sulla pergamena giallognola.

«Tua madre è ancora fuori dai cancelli, Marian.»

Guardò Ruvena, sperando che non intravedesse l'angoscia dietro la maschera di indifferenza che aveva indossato da quando aveva litigato col fratello. «Mandatela a casa. È ora che se ne faccia una ragione, non può passare tutta la sua vita a lamentarsi con me.»

«Non potresti soltanto...»

Sbattè la mano sul materasso, con forza, facendo sobbalzare l'amica e altre due reclute lì vicino. «Solo per farti stare zitta, maledizione.» Si alzò di scatto, infilandosi la lettera in tasca e scendendo rigidamente le scale che portavano al cortile. Due templari più anziani la guardarono di sottecchi, divertiti. Poteva sentire fin lì la voce della madre chiamarla.

Quando la vide, i capelli grigi scarmigliati e il volto rigato di lacrime, l'unica cosa che provò fu un sommo fastidio, aumentato anche dall'imbarazzo che le stava procurando di fronte all'intera Forca.

«Cosa vuoi, madre?» Chiese fredda, le braccia conserte al petto. «Stai facendo una scenata.»

«Se solo tu fossi andata a parlarci, Marian! Sono i tuoi fratelli, potrebbero non tornare più, e io rimarrei sola, come fai a non interessarti-»

«Sono grandi abbastanza da prendere le proprie decisioni, madre. Non sono la loro balia.»

«Come puoi dire una cosa del genere?!» La sgridò la donna, alzando ancora la voce. «Non dopo quello che è successo a Bethany...»

Serrò la mascella. «Nominare mia sorella ogni volta che vuoi che venga fatto qualcosa a modo tuo è un colpo basso, madre, ma sta perdendo il suo effetto.»

«Marian!»

«Se non hai altro da dire, puoi tornartene a casa.»

L'espressione ferita e delusa sul volto di Leandra la fece per un attimo fermare, ma le diede comunque le spalle, allontanandosi a passi larghi dalla madre e tornando all'interno della Forca.

Salì le ripide scale che portavano alla terrazza superiore, arrampicandosi sulla balaustra e issandosi con le braccia sul tetto. Si sedette coi piedi a penzoloni sullo strapiombo, ancora furente.

Da lassù, poteva vedere tutta la città sotto di loro, un brulicare di formiche che si affaccendavano inutilmente nelle loro frenetiche vite.

Una delle due lune era appena visibile, mentre Satina era sparita.

La sua veglia sarebbe cominciata nel giro di un paio d'ore.

Strinse tra le mani la lettera ancora chiusa, ripensando alle parole di elogio della Comandante Meredith. Era rimasta contenta di come aveva gestito i maghi del sangue, e sorpresa da come fossero tornati con due prigionieri.

Nonostante l'iniziale scetticismo di Ser Karras, gli interrogatori della donna, Grace, e dell'altro mago, Alain, si erano rivelati utili: entrambi sostenevano che era stato proprio Decimus, il mago del sangue a capo della loro banda, ad aver appiccato l'incendio al Circolo di Starkhaven e ideato il piano di fuga, probabilmente con l'aiuto di qualche demone.

Entrambi erano ora sotto osservazione per scoprire se avessero usato o meno la magia proibita.

Marian inspirò profondamente, chiudendo gli occhi.

Doveva liberare la mente, sgombrarla da pensieri e preoccupazioni. Non poteva permettersi di distrarsi coi problemi della sua famiglia.

Si infilò nuovamente la lettera in tasca, accartocciandola nel pugno con foga.

Rimase fino all'ultimo sul tetto, ignorando la fame, cercando di calmarsi.

Quando fu il momento di scendere e andare nel salone con le altre Reclute, incrociò Ruvena, un'aria interrogativa sul volto.

«Problema risolto.»

«Lo vedo.» Rispose sarcastica l'altra, ma l'ingresso della Comandante Meredith troncò qualsiasi conversazione in atto.

Le quattro Reclute si irrigidirono, salutando la Comandante all'unisono. Quella li guardò uno per uno dall'alto della pedana da cui lei e gli ufficiali di alto grado appellavano di solito il resto dell'Ordine. «Questa notte, siete chiamati a riflettere sul significato dell'Ordine. Su cosa sia per ciascuno di voi essere un Templare. All'alba, sarete Cavalieri Templari, le spade del Creatore contro i Suoi nemici, lo scudo di Andraste a protezione dei Suoi fedeli.»

«Queste Verità ci ha rivelato il Creatore: esiste un solo mondo, una sola vita, una sola morte, un solo Dio, ed Egli è il nostro Creatore. Peccatori sono coloro che danno il loro amore ai falsi dei.» Le Reclute recitarono le parole del Cantico delle Trasfigurazioni a memoria, perfettamente in sincronia con la Comandante. «La magia esiste per servire l'uomo, mai per governarlo. Turpi e corrotti sono coloro che hanno ricevuto il Suo Dono per rivoltarlo contro le Sue creature. Verranno chiamati Maleficar, i maledetti. Non troveranno pace in questo mondo o nel prossimo.»

Vennero condotti fino alla Chiesa, dove presero posto distanti gli uni dagli altri, immersi nel silenzio e nella preghiera.

I pensieri di Marian finirono per vagare inesorabilmente alla sua famiglia, la lettera di Garrett e Carver ancora in tasca. Si dovette costringere a tenere le mani giunte, serrando le dita intrecciate.

Nel pieno della notte, un uomo si inginocchiò poco distante da lei, assorto in preghiera. Aveva i capelli color ruggine pettinati indietro poco sopra le spalle, l'armatura bianca che brillava alla luce delle torce.

Incrociò per un attimo gli occhi azzurri dell'altro, quando quello si alzò nuovamente per andarsene, trovandovi un tormento simile al proprio.

Il resto della notte passò tra i morsi della fame e lo sforzo per restare sveglia.

Le candele scarlatte ai piedi della statua di Hessarian si erano consumate quasi completamente quando le prime luci dell'alba entrarono attraverso la grande vetrata colorata sopra di lei, illuminando la sala in un caleidoscopio di luci.

Quando si ritrovarono sotto la grande statua dorata di Andraste al centro della Chiesa, Ruvena le fece appena un rigido saluto col capo, prima di voltarsi verso la Comandante Meredith e il Capitano Cullen. Quest'ultimo, ad un cenno della Comandante, si avvicinò loro con un piccolo scrigno di legno, aprendolo: all'interno, quattro boccette di vetro sigillate con un tappo di ceralacca contenenti un brillante liquido azzurro.
Marian ne afferrò una, stringendola delicatamente tra le dita mentre la apriva.
Notò Ruvena esitare, il vetro a pochi millimetri dalle labbra. Con un gesto deciso, Marian vuotò l'intero contenuto.
Il suo primo sorso di Liryum scese fresco giù per la gola, morbido al gusto, la mente che le si annebbiava per un attimo, come se venisse immersa in una pozza di schiuma frizzante. La testa le girava, il campo visivo che si riempiva di puntini azzurri e luminosi.

«Benedetti siano coloro che resistono di fronte ai corrotti e ai malvagi, senza vacillare.» Intonò la Comandante Meredith, e ben presto le altre voci si unirono alla sua. Marian strinse la boccetta ormai vuota nel pugno. «Benedetti siano coloro che mantengono la pace, campioni dei giusti. Benedetti siano i virtuosi, luce nell'oscurità. Nel loro sangue è scritto il volere del Creatore.»






















Note dell'Autrice: Eccomi di ritorno! Sono settimane un po' frenetiche e gli aggiornamenti saranno meno frequenti... Il divario tra i due fratelli si allarga sempre di più, e vedremo come le cose cambieranno ora che Marian è diventata una Cavaliere Templare a tutti gli effetti. Al prossimo capitolo! 

  
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