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Autore: AdhoMu    30/01/2019    7 recensioni
["Principenny" Clearwater / Charlie Weasley (et Percy Weasley)]
"Weasley.
Patronimico riferito ad antichissima famiglia magica inglese, appartenente al rinomato gruppo delle Sacre Ventotto. I suoi membri sono tradizionalmente affiliati alla Casa di Grifondoro e presentano un biotipo ben preciso, costituito da capelli rossi, pelle chiara e lentigginosa ed occhi di colore variabile fra il celeste e il nocciola."
Ah: e sono anche maledettamente numerosi, aggiungerei io.
E pure fascinosi, accidenti a loro.

Dodici caselle. Dodici draghi.
Riusciranno Penny e Charlie a recuperarli tutti prima della Battaglia Finale?
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Antonin Dolohov, Charlie Weasley, Filius Vitious, Penelope Clearwater, Percy Weasley
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
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5. Cammino di fuoco.
 
- Uno... di ogni tipo?
La mia voce, attutita dal morbido rivestimento di terra delle pareti del grottino, risuonò pregna di esitazione.
Ci eravamo svegliati alle prime luci dell’alba, disturbati dal canto degli uccelli e dalle imprecazioni basse – ma perfettamente udibili – di quel Jarvey insolente.
Già. Il Jarvey.
La notte precedente, dopo che ci eravamo addormentati strizzandoci alla bell’e meglio all’interno dei nostri sacchi a pelo, la grossa donnola sboccata, nonché legittima proprietaria della buca, aveva visto bene di rientrare alla base ad un orario impossibile; tuttavia, una volta appurato che la sua tana (in natura i casi di convivenza fra Tassi e Jarveys sono tutt’altro che infrequenti) era stata occupata da due estranei inattesi e ingombranti, l’animale aveva dato sfogo ad un turpiloquio talmente volgare da far potenzialmente impallidire gli avventori più smaliziati della Testa di Porco.
Io ci ero rimasta veramente di sasso ("bella fiffi", mi aveva apostrofata il Jarvey) ma Charlie, che di bestie scurrili sembrava averne frequentate a bizzeffe negli anni trascorsi alla Riserva, si era limitato ad aprire un occhio e cercare a tentoni uno zuccotto di zucca nella tasca anteriore dello zaino, per poi lanciarlo alla creatura ed intimarle, con voce impastata, di piantarla di sbraitare e di chiudere il becco.
Alla fine il Jarvey, dopo aver sbocconcellato avidamente la merendina, si era acciambellato placidamente fra i nostri due sacchi a pelo e aveva preso a russare fragorosamente.
- Proprio così, Penny – mi rispose Charlie, stendendo il braccio per passarmi una bella tazza di Caffelatte Corroborante appena bollita su un fornelletto a fiamma-portatile. Io afferrai il vecchio manico di ceramica e mi misi in ascolto, sforzandomi di ignorare la donnola svergognata che, ancora immersa nel sonno, si prodigava in trivialità oniriche altamente fastidiose.
- Dodici caselle, dodici draghi – continuò lui, additando la scatola di legno nella quale, ridotto ad una miniatura dormiente Konsti, il Lungocorno Rumeno, sonnecchiava indisturbato. – Come avrai capito, ci aspetta un bel viaggetto.
E, sfilata velocemente una cartina dell’Europa dalla tasca laterale dello zaino, Charlie mi mostrò l’itinerario, materializzato in una serie di segmenti di linea tracciati con inchiostro di seppia, incantato in modo da mostrare in modo dinamico la sequenza delle tappe da compiere.
I miei occhi seguivano il filo d’Arianna che andava via via componendosi sulla carta, mentre Charlie enumerava i Paesi in cui ci saremmo dovuti recare.
- Ungheria, Bulgaria, Ucraina...
Fin qui tutto bene; subito dopo, però, le linee prendevano una piega decisamente più disordinata:
- ...poi Alpi Svizzere, Pirenei, Azzorre...
In corrispondenza delle Azzorre, osservai io, la linea s’interrompeva; troppo remoto, quell’arcipelago, per rientrare nella cartina.
- ...poi a ritroso: Svezia, Norvegia, Islanda...
- ...e per finire...
- Proprio così – annuì lui stringendo appena gli occhi, che gli brillavano per l’eccitazione. – Termineremo in bellezza, con Galles e Scozia.
 
Quel giorno camminammo quasi ininterrottamente, stando bene attenti a non farci fagocitare dal Sottobosco Dissuasivo che proteggeva la Seconda Cerchia. Procedevamo in silenzio, schivando gli agguati dei Tranelli del Diavolo e dei Virgulti Morditori che ci insidiavano i calcagni, imprecando ogni tanto quando un tralcio particolarmente infido ci faceva lo sgambetto.
Durante quelle lunghe ore di traversata, io ebbi modo di riflettere parecchio.
Dodici caselle da riempire.
Dodici Paesi.
Dodoci draghi.
Cominciando proprio da una delle specie dotate di peggiore reputazione, il famigerato Ungaro Spinato (“così ci togliamo subito il pensiero” aveva commentato allegramente Charlie, osservando divertito la mia espressione terrorizzata), per poi passare al Codaferrata Bulgaro e al Forteventre Ucraino; la tappa “latina” ci avrebbe poi messi di fronte ai Grigiofumo Alpini, ai Crestaguzza dei Pirenei e ai misteriosi Azzurri delle Azzorre. In Scandinavia ci aspettavano invece il Dorsorugoso Norvegese, il Grugnocorto Svedese e la Furia Buia d’Islanda, mentre sul patrio suolo avremmo dovuto affrontare i Verdi Gallesi e i Neri delle Ebridi.
- La guerra è cominciata – mi disse Charlie quella sera, dopo avermi raccontato per sommi capi quello che era successo in Inghilterra, dal trasferimento di Harry Potter (con relativa morte di Moody e ferimento di George, uno dei suoi fratelli) alla Caduta del Ministero ed avermi spiegato che cosa fosse l’Ordine della Fenice e in che cosa consistessero le sue azioni.
Io, bacchetta alla mano, lo ascoltavo attentamente; nel frattempo, mormorando incantesimi a mezza voce, lo aiutavo ad erigere una speciale cupoletta geodesica estremamente leggera e flessibile il cui esterno, una volta montato, si rivelò essere simile a quello di un igloo, solo che non composto da blocchi di neve ma da triangoli che formavano figure geometriche protette da proprietà cabalistiche.
- Ognuno deve fare quel che può per supportare la Causa e a me, anzi a noi – seguitò Charlie, riponendo la bacchetta nella tasca dei jeans – è stata affidata quella che, al Quartier Generale, viene chiamata “La Questione Squamosa”. Seguimi.
Dentro, il rifugio aveva l’aspetto di uno scarno alloggiamento razionalista, di quelli in voga nell’Europa dell’Est ai tempi della Guerra Fredda.
Dopo avermi fatto cenno di sedere al tavolo, rivestito da uno strato di deprimente formica verdina, Charlie si passò una mano sulla fronte per sistemarsi i riccioli ribelli, prese in mano la scatola contenente il drago in miniatura e continuò:
- Probabilmente il Nemico disporrà di aiuti considerevoli da parte di alleati magici forti e pericolosi: ad esempio, sappiamo che il reclutamento dei Giganti è già cominciato da un pezzo. Noi non possiamo essere da meno; ma i Rettilofoni Dragoparlanti sono molto, molto rari. Ed è qui che entri in gioco tu.
Non ci fu bisogno che mi spiegasse tutto per filo e per segno: ci ero già arrivata da sola.
- Addestrare un drago per poi convincerlo a servirci, avvalendoci solo di metodi tradizionali, richiederebbe troppo tempo – gli dissi, cercando conferma nell'espressione dei suoi occhi.
- Esattamente – annuì lui. – Anche se, personalmente, preferirei usare il termine “aiutarci” al posto di “servirci”.
- Giusto. E quindi – proseguii io, sollevando delicatamente il coperchio della Scatola Contienidraghi – spetterà a me persuadere i simpatici lucertoloni.
- Bingo – esclamò lui, con la consueta verve. – Sei proprio acuta, lo sai?
- Grazie a Priscilla – replicai io, chinando il capo con modestia. – Però mi chiedo: avremo comunque il tempo di raccoglierli tutti?
- Non sappiamo di quanto tempo disporremo – ammise Charlie, mordicchiandosi l’interno della guancia. – Per questo motivo, dovremo tentare di agire il più in fretta possibile.
Io lo fissai in silenzio per una manciata di secondi, leggermente incerta.
- Credi... – mi domandò allora lui, allungando la mano sopra il tavolo per posarla sulla mia. – Credi di potercela fare?
- Beh, se il Batacchio-Aquila della Sala Comune mi rivolgesse questa stessa domanda – replicai io, rivolgendogli un sorriso un po’ tirato – io gli risponderei: se non giochi, non vinci.
- Ah – commentò Charlie, un po' stranito. – E lui, che cosa direbbe?
- Che si tratta di un ottimo ragionamento, of course.
 
Avremmo agito avvalendoci dei contatti che Charlie dalla Romania e Sturgis dal Quartier Generale avevano stabilito durante i mesi precedenti con i responsabili delle diverse Riserve. Si era trattato di un lavoro certosino e altamente top-secret che li aveva tenuti impegnati in mesi e mesi di trattative perché, nella maggior parte dei casi, era loro toccato vincere uno spesso strato di diffidenza.
Gli allevatori erano preoccupati: nei mesi che avevano anticipato lo scoppio della Guerra i tentativi di bracconaggio, probabilmente messi in atto da Mangiamorte o simpatizzanti, si erano moltiplicati, cosicché le Riserve, una dopo l'altra, stavano sistematicamente aumentando i loro sistemi di difesa, respingimento, disillusione e indisegnabilità: il che rischiava, alla fin fine, di tagliare fuori anche noi.
Come spiegatomi da Charlie, i draghi costituivano una risorsa inestimabile in tempi di guerra: le loro ossa, zanne, corna e unghie erano ingredienti ambitissimi dai pozionisti oscuri; le loro pelli squamose, invece, potevano essere impiegate per cucire speciali giubbetti anti-incantesimo. Per non parlare del potenziale distruttivo di un drago vivo nelle mani sbagliate:
- Un Ungaro Spinato addestrato al combattimento - mi disse Charlie a quel proposito - possiede una pericolosità paragonabile a quella di un panzer in un asilo nido.
- Ah. E... che cosa diavolo è, un panzer?
- Un aggeggio che i babbani usano per farsi la guerra. Una volta papà ne ha parcheggiato uno in giardino... per studiarlo, sai.
- Oh.
- Beh, sì. Mamma non l'ha presa... molto bene, ecco.
Insomma: vista la situazione, di tempo per amoreggiamenti e romanticherie, ahimè, zero al quoto.
Nei mesi che seguirono la nostra fuga la Missione ci avrebbe completamente assorbiti, spingendoci ad accantonare, seppure a malincuore, le nostre velleità di amanti clandestini e l’attrazione cocente che provavamo l’uno per l’altra. Preferimmo lasciarla lì, a covare sotto le ceneri; eppure, più il tempo passava, più io mi accorgevo che le cose veramente importanti erano altre.
Certo: sarebbe più che opportuno affermare che ai tempi del mio arrivo in Riserva, quando avevo conosciuto Charlie, io avevo subito perso la testa per lui, incantata dalla sua vitalità, dal suo buon cuore e, perché negarlo?, dal suo bell’aspetto. Man mano che il tempo passava, però, io mi sorprendevo ad osservarlo con altri occhi, perché avere la possibilità di convivere ventiquattr’ore su ventiquattro con lui, poterne apprezzare non solo il senso di giustizia, la dedizione, la bravura; ma anche i piccoli cedimenti, i momenti di sconforto e le indecisioni, lo stavano rivelando detentore di una personalità ancor più amabile e interessante di quanto non l’avessi reputato all’inizio.
Charlie era davvero una brava persona, un Weasley a tutto tondo, tenace, determinato, talvolta un po’ troppo esuberante e incauto forse, ma, alla fin fine, semplicemente perfetto nella sua imperfezione (cit. Bri).
Ed io ogni tanto, tutte quelle belle cose che pensavo di lui, gliele avrei volute dire.
Ma non gliele dicevo, consapevole del fatto che troppe cose erano cambiate, letteralmente dalla notte al giorno, e che in ballo c’erano questioni molto più grandi ed urgenti di uno sciocco filarino. Eppure sì: mi sarebbe piaciuto, una sera, prenderlo per mano e dirgli che ero felice di essere al suo fianco; che, per la prima volta da quando ero nata, riconoscevo un senso in ciò che stavo facendo e che, nonostante tutti i pericoli, gli inconvenienti e i disagi che avevamo affrontato e che avremmo dovuto affrontare, la nostra vita avventurosa mi piaceva, e che non l’avrei mai cambiata con quella precedente.
Vivevamo costantemente sul filo del rasoio, sballottandoci da una parte all’altra e intrattenendoci regolarmente con guardiani irriducibili e alcune delle creature più letali che avessero mai camminato sulla faccia della Terra. Per spostarci usavamo un vecchio innaffiatoio di latta trasformato in Passaporta a Chilometraggio Ricaricabile (100% clandestina), preparataci personalmente da Minerva McGranitt e Filius Vitious; il non plus ultra della magia inglese contemporanea, insomma.
E fra una tappa e l'altra, avevamo modo di parlare molto. Una volta Charlie mi chiese di raccontargli il perché della mia scelta di studiare Rettilofonia ed io, che in genere non amavo rivangare quell'episodio, finii col narrargli del mio incontro ravvicinato con il Basilisco al sesto anno.
- Una sorta di catarsi, dunque - osservò lui, pensoso.
- Sì, possiamo chiamarla così - annuii io con un'alzata di spalle, tentando poi di insegnargli come si diceva "Buongiorno, come va?" in draghese Ucraino.
Un'altra volta, invece - stavamo parlando di Percy e del suo comportamento nei confronti della famiglia - Charlie decise di lasciarsi andare ad una rara sessione di confidenze sentimentali.
- Anch'io, una volta, mi sono preso una gran scuffia.
Io gli rivolsi un'occhiata incuriosita.
- Beh - rettificò lui, facendo rimestare un lungo cucchiaio nel pentolino con lievi movimenti di bacchetta. - Una scuffia che è durata anni, per dire il vero, e che mi ha lasciato parecchio... scottato.
- Perché, com'è finita? - domandai io, ostentando noncuranza ma sentendomi divorare dalla curiosità.
- Ci siamo frequentati per un po', ma non funzionava. Alla fine, lei ha sposato un altro!...
- Oh. Mi... mi dispiace - gli dissi, leggermente a disagio. - E... che tipo era? - aggiunsi poi, per cercare di dissipare l'imbarazzo. - Raffinata? Elegante?
Charlie scoppiò a ridere di gusto.
- Tutto il contrario, semmai!... Pasticciona e stordita come pochi, in realtà, ma nel contempo era... anzi è, una combattente eccezionale; una delle migliori Auror che io abbia mai conosciuto.
Io ero curiosissima di saperne di più, ma un intenso aroma di bruciato ed una sua esclamazione di disappunto mi distolsero dai miei arrovellamenti.
Merda! La zuppa!...
 
E nel frattempo, il nostro piccolo serraglio portatile cresceva.
Subito alla prima tappa del nostro viaggio, uno degli incontri più temuti: l'Ungaro Spinato, proprio come previsto, ci aveva dato del bel filo da torcere. Ricordo ancora il senso di paralisi che provai quando me lo trovai davanti, ruggente e furibondo, le lunghe spine velenose aperte a raggiera intorno al capo.
- Ci avete chiesto il più aggressivo, giusto? - ci disse Gábor, uno dei guardiani del Parco, prima di dileguarsi di corsa. - Bene: vi presento László... Ah, una cosa: oggi è d'umore particolarmente cattivo, purtroppo. In bocca al Gramo, stolti.
Proprio come da copione, László ci accolse con una fiammata così potente che avrebbe potuto carbonizzare all'istante una trireme greca con tutto il suo equipaggio. Io e Charlie, però, ci eravamo già messi d'accordo sul da farsi e così, non appena lo vedemmo che riprendeva a carburare, agimmo in perfetta sincronia:
- Trr, due, uno... vai, Penny!
Protego Horribilis! - urlammo all'unisono; lo Scudo prodotto dalle nostre bacchette evitò il peggio, ma il calore era talmente intenso che io, per un istante, fui tentata di lasciare andare la mia povera bacchetta arroventata. 
László ruggiva, strempiava, vomitava fiamme e cercava di bucare la bolla protettiva a colpi di spine, di morsi e di artigliate.
- Fai presto, Penny!
- Sì, sì... sonorus! László!...
Quello si fermò, sorpreso di sentirsi chiamare per nome da quella pulce bipede quale ero. Io allora, facendo appello a tutta la mia diplomazia, mi rivolsi al drago infuriato e fra uno sbuffo, un urlaccio e una supplica, riuscii a spiegargli chi eravamo e che cosa volevamo.
- Proteggere altri draghi? - ripetè lui, stringendo gli occhi minaccioso.
"Assolutamente sì" gli risposi io e, provvedendo poi a caldeggiare le fantastiche doti di allevatore di Charlie ("Presentati, Charles..." "Oh, ehm...wrrauggh, László..." “Ma no! Si dice wraaagh! Così lo stai mandando a quel paese!...” “Oh, cielo!!”), riuscii infine a convincerlo a farsi ridurre e addormentare.
- Ma se scopro che mi state raccontando cazzate - sibilò lui prima di alzare le membranette traslucide che gli fungevano da palpebre - giuro che ve la faccio pagare.
Quella sera, all'interno dalla nostra cupoletta geodesica, Charlie mi venne vicino e sedette accanto a me sul divano di pelle consunta.
- Dai, non è poi andata malaccio - esordì, slacciandosi in fretta uno dei suoi braccialetti di cuoio spesso.
- Mi brucia ancora la mano - mi lagnai io, dopo avere spennellato l'ennesima applicazione di Vegetallumagica Lenitiva sul palmo semibruciacchiato. - E per fortuna che si trattava di un esemplare addomesticato!...
- A questo proposito - disse allora Charlie, fissando la polsiera attorno al mio polso destro, quello della mano con cui reggevo la bacchetta - credo sia il caso che, da oggi in poi, tu faccia uso di questo.
Io osservai il braccialetto che, nel frattempo, mi si era stretto intorno al polso, adattandosi perfettamente alla circonferenza del mio avambraccio, molto più sottile di quello di lui.
- È una polsiera protettiva - spiegò Charlie, massaggiandosi la pelle segnata da tanti anni di attrito col cuoio. - Serve a smorzare gli effetti dell'Irraggiamento da Rinculo.
- Oh, Charlie. Grazie mille... - lo ringraziai io, guardandolo con gratitudine.
Lui si chinò leggermente in avanti, spostandomi indietro una ciocca di capelli.
- Ma ci mancherebbe - mi rispose sorridendo. - Non sia mai che...
Lo guardai negli occhi. Lui sostenne il mio sguardo e strisciò verso di me.
Rooooaaaaar.
Un trambusto improvviso proveniente dall'interno della Scatola Portadraghi ci fece scattare in piedi.
- Ma per Helena la Bella!... - gemetti io, col cuore che mi saltava fuori dal petto.
- Mi... mi sa che è meglio lasciarli separati da un paio di caselle vuote, se vogliamo evitare zuffe - sospirò Charlie, apprestandosi a trasferire l'irascibile Ungaro a un paio di scomparti di distanza dal burbero Lungocorno.
Ebbene no: portarsi dietro draghi intransigenti e incazzosi, per quanto ridotti, non era per niente un incentivo al romanticismo. Come volevasi dimostrare.
 
La puntata in Bulgaria fu di gran lunga meno stressante di quella ungherese, per lo meno dal punto di vista del rapporto umano-rettile.
Certo: durante le operazioni di avvicinamento rischiammo seriamente di farci polverizzare da un colpo della coda rinforzata che Suzy, la Codaferrata prescelta, agitava qua e là alla stregua di una mazza che avrei visto bene al servizio di un'impresa edile specializzata in demolizioni. Almeno, però, la draghessa si astenne dal tentare di cucinarci con uno starnuto.
Di una cosa, però, ci eravamo resi conto quasi subito.
A complicare ulteriormente una situazione già di per sé delicata ci stava pensando Antonìn Dolohov, costantemente impegnato a darci la caccia. In Ungheria, ci avrebbe poi avvisati un sospettosissimo Gábor via gufo espresso, ci aveva mancati di poche ore; in Bulgaria, addirittura, giunse perfino a precederci ma noi, messi in guardia dalla lettera del nostro corrispondente ungherese, riuscimmo ad accedere alla Riserva dei Codaferrata passando da un'entrata secondaria.
In Ucraina, purtroppo, ce la vedemmo assai brutta.
Pavlo, il Forteventre che la Riserva locale ci aveva destinato, si rivelò un tipino polemico e sospettoso, facile al diverbio e sommamente intrattabile. Mi ci volle un'eternità per riuscire a farlo ragionare e credo, in tutta onestà, che non ce l'avrei mai fatta se ad un certo punto Charlie, esasperato, non si fosse messo in mezzo e gli avesse sparato su per le frogie una sequenza filmata di quello che solevano combinare i Pozionisti Oscuri con le iridi rosso fuoco dei suoi simili. Dopo quella visione raccapricciante Pavlo, indignato, accettò di unirsi alla nostra crociata e, una volta rimpicciolito, prese a sua volta posto nella Scatola.
Il tempo che perdemmo, però, ci fu quasi fatale.
Uscimmo dalla Riserva che era ormai tarda notte, ulteriormente rallentati dalle procedure di sicurezza; e quale non fu la nostra sorpresa quando, a poche centinaia di metri dal cancello principale, ci imbattemmo in un manipolo di loschi figuri vestiti di nero.
La strada che collegava il Santuario dei Forteventre alla città di Odessa, dove avevamo deciso di pernottare, era contornata da pareti ripide, simili a quelle di un canyon, che non consentivano grandi possibilità di fuga.
Ce li ritrovanno intorno all’improvviso: numerosi, nerovestoti e con le bacchette sguainate.
- Fermo dove sei, Weasley – ci intimò uno di loro (quello che, in seguito, Charlie mi rivelò essere Antonìn Dolohov), avanzando di qualche passo. Si trattava di un individuo non troppo alto, con i capelli nerissimi impomatati di brillantina, il naso affilato e uno sguardo di pietra nelle iridi scure.
Mi guardai nervosamente intorno, sentendomi sopraffare dal panico: non avevamo scampo e dalle loro espressioni vagamente divertite, evidentemente, ne erano più che consci anche loro.
Evidentemente, però, nessuno aveva fatto i conti con la prontezza di riflessi di Charlie. Il quale, senza perdere tempo a scagliare incantesimi o a tentare una trattativa, mi prese per mano e si smaterializzò sotto il loro naso.
Ovviamente toppò alla grande le coordinate del punto d’arrivo cosicché, per grande sorpresa nostra e dell’equipaggio, quando ricomparimmo ci ritrovammo a bordo di una nave mercantile nel bel mezzo del Mar Nero. Almeno, però, eravamo in salvo.
- Mi sa che dovremo rivedere un po’ i nostri piani – mi disse Charlie riprendendo fiato, dopo che io ebbi provveduto a rimaterializzare entrambi sulla terraferma.
E aveva ragione: ormai ci avevano visti in faccia tutti e due e tutto indicava che, per chissà quale oscura ragione, i Mangiamorte fossero al corrente della nostra Missione.
Insomma: dopo l’agguato tesoci da Dolohov nei pressi di Odessa nel quale rischiammo seriamente di farci acciuffare, io e Charlie, nel tentativo di far perdere le nostre tracce, decidemmo di scombinare deliberatamente i programmi di viaggio ed iniziammo a spostarci a random, in un itinerario contorto che oramai non presentava più la minima logica e che fece letteralmente impazzire le linee d'inchiostro magico tracciate sulla cartina.
 
Post-Scriptum:
In Gli animali fantastici, la Rowling ci dice che gli Jarveys sono grosse donnole dotate di parola, abituate ad esprimersi con un liguaggio per lo più volgare.
I seguenti draghi li ho inventati io: Codaferrata Bulgaro, Grigiofumo Alpino, Crestaguzza dei Pirenei e Azzurri delle Azzorre. Mi piacerebbe tantissimo avere il tempo di descriverli in dettaglio uno per uno, ma sarà per un’altra volta; se v’interessa, però, esiste un ritratto piuttosto completo degli Azzurri nella raccolta Cavillo Geographics alla voce Caeruleus Atlantici. Le altre, eccezion fatta per la Furia Buia (che appartiene all’universo di  Dragon Trainer della Pixar), sono tutte specie citate dalla Rowling in Gli animali fantastici.
   
 
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