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Autore: blackjessamine    31/01/2019    4 recensioni
Ufficio Misteri, 31 dicembre 1998: mentre l'anno della guerra e della pace vive i suo ultimi minuti, un gruppo di Indicibili scopre che una Soglia altro non è che un passaggio, e che dove si può andare avanti, si può tornare indietro.
Un grosso cane nero – apparentemente molto debole, ma innegabilmente vivo – viene estratto dalle macerie di un arco di pietra.
E mentre l'anno della morte e della rinascita volge al termine, i rimpianti si fanno leggeri, pronti ad essere spazzati via dalla speranza di una seconda possibilità.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Black, Harry Potter, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Pas de Deux '
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Capitolo 7
I fought the Law (and the Law won)






Trasparente.
Ecco come si sentiva Sirius, seduto a quel tavolo troppo affollato.
Non che qualcuno lo stesse ignorando: era fin troppo consapevole delle occhiate attente che i vari membri della famiglia Weasley gli lanciavano, ma era come se niente potesse sfiorarlo.
Chiacchierando, Arthur si rivolgeva spesso a lui, cercando di coinvolgerlo nella conversazione, ma senza mai fargli domande troppo dirette o richiedere una sua partecipazione troppo attiva, e di questo Sirius era grato.
Eppure, era lì, a quel tavolo, a spostare l'ottimo cibo di Molly da una parte all'altra del piatto, ma avrebbe potuto tranquillamente trovarsi altrove.
Si sentiva lontanissimo, un ospite impalpabile che tutti vedevano ma che nessuno riusciva a raggiungere.
C'era un'intimità attorno a quella tavola che lo faceva sentire fuori posto. Le conversazioni leggere, le piccole abitudini, gli sguardi di chi si conosce e sa di essere parte della famiglia... vedendo Harry interagire con tanta naturalezza con i Weasley, Sirius non poteva che sentirsi grato: era grato ad Arthur e a Molly, perché lo avevano accolto alla loro tavola come si fa con un parente, non un ospite più o meno gradito.
Anche Andromeda, nonostante fosse molto silenziosa, sembrava essere piuttosto a suo agio. E a giudicare da come Teddy si lasciava prendere in braccio da George Weasley, era evidente che non era la prima volta che il piccolo si trovava in compagnia di quella grande famiglia.
L'unica nota stonata di quella tavolata fatta di sorrisi e piccoli riti familiari era il silenzio di Alhena.
Lei sedeva tutta impettita fra Bill e George, dritta come un fuso, la schiena eretta e le spalle rigide. Non parlava, teneva gli occhi fissi sul piatto quasi intonso che aveva davanti, e sembrava che il suo unico desiderio, in quel momento, fosse di trovarsi ad almeno trecento chilometri da lì.
Ma come diamine aveva fatto, Sirius, a credere che accettare di sedersi ad una tavola piena di gente che conosceva appena potesse essere una buona idea? Davvero credeva che gli sarebbe bastato sedersi accanto a Harry, chiacchierare del nuovo direttore dell'Ufficio per il Trasporto Magico, annuire soddisfatto all'offerta di Molly di prendere una seconda porzione di pasticcio di agnello, perché tutto tornasse normale? C'era mai stato qualcosa di normale, poi, nella sua sciocca vita?

Il cibo di Molly era delizioso, ma troppo pesante, dopo settimane di dieta composta da pozioni iniettate in vena e e brodini insipidi. Faceva caldo, in quella stanza affollata, e il chiacchiericcio sommesso e costante sommergeva Sirius, lo spingeva in profondità, si parava attorno a lui come un muro compatto, impossibile da scalfire. Non riusciva più a distinguere una parola dall'altra, tutto si accalcava e premeva contro di lui, quei visi sorridenti erano troppo chiari, troppo luminosi, e i loro contorni sembravano appiattirsi l'uno sull'altro in un unico, abbagliante ritratto.
Sirius si alzò di scatto, senza badare al tonfo sordo della sua sedia che cadeva a terra.
Sentì qualcuno chiamare il suo nome, ma a lui non importava.
Voleva solo riuscire a respirare.
Respirare a pieni polmoni, e ignorare il dolore elettrico che gli attraversava la spina dorsale, irradiandosi in ogni terminazione nervosa.
Respirare, mentre la sua carne mutava, e gli odori si facevano più intensi, facili da categorizzare e dividere.
Respirare, mentre i colori perdevano intensità, e i movimenti diventavano scie continue, prevedibili, inseguibili.
Bastarono un paio di balzi delle sue lunghe zampe per abbandonare gli odori opprimenti della cucina, e fu con sollievo che il suo grosso corpo canino si accucciò sul morbido tappeto del salotto.
Ignorando del tutto l'uggiolare terrorizzato di Marmellata, che non appena lo vide si precipitò fuori dalla stanza, Sirius rimase immobile.
Com'era facile, in quelle condizioni, relegare le sue emozioni umane ad un grumo di palpiti nascosti in un angolo del suo essere, affidandosi solo ai sensi e all'istinto.
Le voci concitate che provenivano dalla cucina non cessarono, ma presto vennero sopraffatte dal lento suono di passi di qualcuno che si avvicinava. Per un attimo, Sirius fu tentato di balzare in piedi e lasciare la stanza, ma poi qualcosa, quella voce tesa e chiarissima che suggeriva a Felpato cosa fosse meglio fare, lo convinse a restare. Non correva pericoli, con quella visita.
Non fu il viso preoccupato di Harry, infatti, a fare capolino nel piccolo salotto, ma quello serio e pallido di Andromeda. Quello di Andromeda, e quello roseo e altrettanto serio di Teddy. Quando gli occhi del bambino si posarono sulla forma di Sirius acciambellato sul tappeto, le sue labbra si aprirono in un sorriso entusiasta, e Teddy emise un buffo verso di gioia.
Andromeda avanzò con passi lenti e decisi verso Sirius, ignorando Teddy che si agitava fra le sue braccia, tendendo le manine paffute verso Sirius.
Quando i due furono a pochi passi da lui, Andromeda domandò:
“Non mordi, vero?”
Sirius, per tutta risposta, si limitò ad agitare la sua lunga coda nell'aria, posando il capo sulle zampe anteriori.
Andromeda, lentamente, si sedette accanto a lui, lasciando finalmente Teddy libero di esplorare il tappeto e lo strano essere che ospitava. Il bimbo, con una gattonata goffa e stentata, arrivò fino al grosso cane nero, e senza la minima esitazione la sua mano calò sul muso di Sirius, rischiando di ficcargli un delizioso ditino nell'occhio destro.
Teddy sembrava a suo agio in quell'incontro, ma Sirius, spaventato all'idea di spaventarlo, cercò di restare immobile, subendo stoicamente ogni vigorosa esplorazione delle mani del bimbo.
“Con questo, l'hai definitivamente conquistato.”
La voce di Andromeda era poco più che un sussurro, mentre carezzava pigramente i riccioli turchesi di Teddy.
“Quando Teddy vede degli animali, impazzisce. E più sono grossi e minacciosi, più faccio fatica a tenerlo fermo... fosse per lui, credo che cercherebbe di coccolare anche una tigre.”
Teddy, nel frattempo, aveva affondato le sue dita nel pelo di Sirius, facendo presa, e si era precariamente sollevato sulle sue gambe. Ben presto però il suo traballante equilibrio lo tradì, facendolo ricadere a terra, e strappandogli un'adorabile espressione abbattuta, con tanto di labbro tremulo e mento all'ingiù. Cercando di isolare la dolorosa malinconia che aveva riportato Sirius all'estate di sedici anni prima, quando il bambino che cercava di muovere i suoi primi passi aggrappandosi al pelo di Felpato aveva una zazzera incolta di capelli neri e un padre apprensivo pronto a frenare ogni sua caduta, Sirius si limitò ad avvicinare piano la sua testa alla guancia di Teddy, dandogli un leggero buffetto che fece tornare il sorriso sul viso del bimbo.
Nella stanza calò un lungo silenzio, interrotto solamente dalla cantilena di sillabe sparse di Teddy.
Sirius restava immobile sul tappeto, limitandosi ad accettare le goffe carezze del bambino. Una parte di lui gli gridava che restare fermo così non sarebbe servito a niente: doveva alzarsi, riprendere le sue sembianze umane e andarsene. Magari avrebbe potuto chiedere ad Andromeda di andare per favore a chiamare Harry, se non voleva affrontare la famiglia Weasley al gran completo. Sarebbe stato un po' come tagliare la corda, ma, che diamine, non aveva la forza di dare spiegazioni o affrontare sorrisi compassionevoli.
Eppure, restarsene su quel tappeto a godere del calore del fuoco, ad annusare il profumo di bimbo di Teddy, respirando piano, senza dover parlare, senza dover dare spiegazioni, era così facile...

“Sirius? Perdonami, ma è arrivato il Ministro... Kingsley, e vorrebbe parlarti.”
Molly era comparsa in salotto senza fare troppo rumore.
“Adesso? Non può aspettare qualche giorno?”
Molly sorrise some se volesse scusarsi, davanti all'esclamazione stizzita di Andromeda.
“Temo sia una questione piuttosto urgente.”
Oh, maledizione.
Allontanandosi di qualche passo da Teddy, Sirius lasciò che la sua mente si aggrappasse a tutti gli istinti più umani che ancora gli agitavano il corpo. Di nuovo quella scarica elettrica, e poi la sensazione, straniante e benedetta allo stesso tempo, di essere tornato a casa.
Sirius si sollevò sulle sue gambe, e, rivolgendo un mezzo sorriso colpevole a Teddy, che a giudicare dal suo urletto e dagli occhi pieni di lacrime non doveva avere particolarmente apprezzato quella trasformazione, si avviò senza una parola verso la cucina da cui era appena fuggito.

C'era un nuovo silenzio, un silenzio pesante e carico di imbarazzo, in quella stanza. Sirius rimpianse immediatamente il sottile caos da cui era fuggito poco prima.
Kinglsey Shaklebolt, il neo-confermato Ministro della Magia Inglese, se ne stava immobile di fronte al camino, intento a ripulire le pieghe del suo mantello dai residui di cenere. Fu con una lentezza estrema che alzò lo sguardo su Sirius, e separò la distanza che li separava per stringergli la mano con una stretta calorosa.
“Bentornato, Sirius.”
Il sorriso sul viso serio di Kinglsey non raggiunse i suoi occhi, e Sirius, improvvisamente, avvertì la morsa fredda della paura. C'era qualcosa che non andava, in quella visita.
“Arrivi giusto in tempo per il dolce... vuoi una fetta di torta, Kingsley?”
La voce di Molly era esitante e fin troppo acuta.
“No, ti ringrazio, Molly, per questa volta no. Sono... sono qui per ragioni ufficiali, purtroppo.”
Sirius serrò i pugni, ignorando il dolore acuto delle unghie che premevano nella sua carne. Non aveva idea di che cosa stesse per dire Kingsley, ma se c'era una cosa che aveva imparato in quegli anni, era a non fidarsi del Ministero. Kingsley era una brava persona, ma il potere logora, e richiede sacrifici che inevitabilmente cambiano la gente.
Harry, urtando la sua sedia, si alzò di scatto, andandosi a sistemare accanto a Sirius.
“Che cosa succede?”
Il Ministro si passò una grande mano sul viso stanco, sospirando, prima di lanciare uno sguardo di scuse a Sirius:
“Sono davvero desolato per questa... questa seccatura, ecco, ma purtroppo c'è un problema con la situazione giuridica di Sirius.”
Il suono acuto di un bicchiere che si infrangeva al suolo sottolineò le parole di Kingsley, e Sirius vide gli occhi di Alhena saettare verso il Ministro due lame gelide.
“Come, un problema? Ma è stato tutto chiarito, ci sono stati i processi, e anche l'Ordine di Merlino alla Memoria!”
Kingsley annuì lentamente, prima di interrompere Harry e proseguire:
“Certo, tutte le vecchie accuse nei suoi confronti sono cadute, e da quel punto di vista Sirius è a tutti gli effetti stato dichiarato innocente.”
Sirius si sentì di nuovo sprofondare in un mondo fatto di ovatta e suoni attutiti. Niente di quello che Kingsley diceva aveva senso, niente lo poteva sfiorare, perché niente aveva importanza. Non riusciva a capire dove volesse arrivare il discorso di Kingsley, ma non gli importava. Quel breve angolo di felicità, quella luminosa, spaventosa prospettiva di una vita serena e libera era stata soltanto un'illusione. Un'illusione dolorosa, un'illusione che lo aveva tratto in inganno, ma, in fondo, non ci aveva creduto, non fino in fondo.
“Il problema è che Sirius è un Animagus non registrato. E se i processi di guerra lo hanno scagionato da ogni altra accusa, nessuno si è preoccupato di quella questione, dal momento che non ritenevamo sensato accusare un morto...”
Oh, Merlino.
Aimagus non registrato, un biglietto di sola andata per Azkaban.
Sirius chiuse gli occhi, cercando disperatamente di aggrapparsi all'immagine di Harry, in piedi accanto a lui. Ma era così difficile non sprofondare in quella cieca disperazione, era così difficile lasciare fuori dalla sua testa i rantoli spezzati dei Dissennatori, e quel vuoto, quel vuoto immenso che lo attirava con la forza inesorabile del destino...
“Che cazzo stai dicendo?”
Attraverso le grida soffocate dei corridoi umidi di Azkaban, l'urlo di Alhena risuonò chiaro e forte, una bandiera di luce in mezzo a quel buio.
“Cosa cazzo vuole dire che non vi siete preoccupati della questione? Che cosa volete fare adesso, arrestarlo per una cosa che ha fatto quando era un ragazzino?”
Kinglsey alzò una mano, cercando di calmare Alhena, che ora era in piedi, guance rosse e occhi ardenti.
“Nessuno vuole arrestare nessuno, Alhena, io meno che mai. Però stiamo cercando di ricostruire la nostra comunità basandoci sul principio dell'equità e della giustizia, sempre e comunque. Io sono il Ministro, sono il primo a dover difendere questa equità, anche davanti ai miei amici. Come potrei essere credibile, se ora insabbiassi la cosa?”
La testa di Sirius vorticava a velocità folle, e per lui riuscire a distinguere quello che stava succedendo in cucina dalle immagini che glia affollavano la testa era quasi impossibile. Stava piangendo il corpo esanime di James, e stava ascoltando Alhena urlare. Pregava di morire, mentre i Dissennatori gli passavano accanto, e sentiva le mani calde di Molly Weasley guidarlo delicatamente verso una poltrona.
“Puoi anche ficcartela nel culo, la tua credibilità! Per quanto mi riguarda, te n'è rimasta ben poca, se osi parlare di equità e giustizia a Sirius!”
L'indignazione di Alhena era una piccola fiammella calda, un legame flebile ma innegabile che teneva Sirius ancorato al presente.
Kingsley abbassò il capo, come pronto ad accogliere ogni ulteriore colpo.
“Kingsley, seriamente, che cosa hai intenzione di fare?”
La pacata domanda di Arthur Weasley sembrò riportare un minimo di calma nella cucina, e gli occhi di tutti si spostarono sul viso abbattuto del Ministro.
“Un processo. Si tratterà di un gesto dovuto, una pura formalità... Nessuno vuole condannarti, Sirius. Io non lo voglio fare, il Wizengamot non lo vuole fare, l'opinione pubblica è dalla tua parte. Come Kingsley, sai bene che mi batterei in ogni modo per ridarti la libertà e ripagarti di ciò che hai dovuto subire. Ma come Ministro ho degli obblighi, tra cui dimostrare che il mio governo è basato sulla legalità e la trasparenza. Ma ti giuro, te lo giuro, questo processo servirà solo a riabilitarti definitivamente.”
Qualcosa, nell'urgenza della voce di Kingsley, convinse Sirius che l'uomo era sincero. Non che questo facesse molta differenza: il baratro dei ricordi stava comunque erodendo lentamente tutto il terreno sotto i piedi di Sirius, e anche solo mantenere salda la presa sul presente richiedeva tutta la sua concentrazione.
“Siete tutti uguali... appena vi sedete su una poltrona di quel Ministero di merda smettete di ragionare. Non vuoi fare favoritismi, e parli di processi come pure formalità?”
La voce di Alhena era incrinata dall'amarezza, e Sirius la vide asciugarsi rabbiosamente una lacrima.
“Ho già parlato con degli esperti Magigiuristi, e abbiamo un piano. Innanzitutto, le ragioni che ti hanno portato a diventare un Animagus non registrato sono nobili, e oltretutto all'epoca eri minorenne, dunque il reato non può essere preso in considerazione.”
Kinglsey fece una pausa, lanciò un'occhiata esitante ad Alhena, che se ne stava a braccia conserte, il viso una maschera di gelida rabbia, e proseguì:
“Una volta diventato maggiorenne avresti dovuto costituirti e registrarti, ma abbiamo numerose testimonianze – tra le quali la mia, che grazie al cielo in quel Ministero di merda ha ancora una certa credibilità – in grado di dimostrare che la sua capacità è stata sfruttata dall'Ordine della Fenice per agire a favore della resistenza. Costituirti avrebbe significato perdere un aiuto prezioso, per la nostra causa. Gli anni successivi alla tua evasione ovviamente non contano, perché la giustizia ti si era rivoltata contro: insistendo particolarmente su questo punto, dovremmo fare leva sull'emotività della giuria, assicurandoci una piena assoluzione.”
Sirius era confuso. Era pur vero che, durante il primo Ordine della Fenice, in qualche missione era risultato utile poter assumere un aspetto relativamente innocuo e infiltrarsi fra le fila nemiche sotto forma di cane, ma questo era successo sporadicamente, e senza ottenere risultati eclatanti. Insomma, le sorti delle battaglie non erano mai dipese dal suo essere un Animagus non registrato. E di certo il motivo per cui, finita la scuola, non si era costituito era ben lontano da quel nobile disegno abbozzato da Kingsley.
Harry, pallido e adirato, sibilò:
“Tutto questo è ridicolo.”
Sirius fece appena in tempo a vedere Alhena alzarsi di scatto, e lasciare la cucina a passi rapidi, subito seguita da Bill Weasley.
“È increscioso, lo so, ma necessario. Vi do la mia parola che andrà tutto per il meglio, però. E se anche le cose non dovessero andare bene, di certo non finirai in prigione. Voglio dire, la Skeeter, dopo lo stesso reato, è ancora in giro, e lei ha anche l'aggravante di aver usato la sua capacità per scopi immorali. Alla peggio, dovremo revocarti l'Ordine di Merlino alla Memoria.”
Come se a Sirius importasse qualcosa, di quel maledetto Ordine di Merlino.
“Quando ci sarà il processo?” domandò Molly, dolcemente.
“Fra un mese, il ventotto di febbraio. Nel frattempo, Sirius, ti devo chiedere di non lasciare il Paese...” – come se quel damerino di Landmann glielo avrebbe mai concesso, poi – “... e di essere sempre reperibile per i nostri Auror. Date le circostanze, posso fidarmi anche di una giovane recluta, visto che ha ampiamente dimostrato il suo valore.”
Harry alzò lo sguardo di scatto, sorpreso.
“Ti chiedo solo di avere giornalmente sue notizie, Harry. E di accompagnarlo domani da Olivander, così da poter registrare la sua nuova bacchetta.”
Niente aveva più senso.
Sirius sedeva fissando la stoffa scolorita della tovaglia davanti a sé, ignorando completamente tutte le voci che lo circondavano. Non gli interessava ascoltare Harry discutere con Kingsley, non gli importavano le argomentazioni sensate e pacate di Arthur, né gli importava ringraziare Molly per la tazza di tè forte e caldo che si ritrovò in mano.
Quando il suo sguardo si posò sulla sedia ancora vuota di Alhena, Sirius si alzò di scatto.
Al diavolo gli occhi preoccupati di Harry, la mano sulla bocca di Molly, i mormorii contriti di Kingsley.
“Ho bisogno d'aria”, si limitò a borbottare, prima di abbandonare la cucina.

L'aria fredda della sera lo colpì in viso con uno schiaffo tagliente, invadendogli i polmoni di botto.
Fu come uscire da una stanza piena di fumo e tornare finalmente a respirare.
Era la prima volta, dopo mesi, che Sirius poteva sentire la neve scricchiolare sotto la suola delle sue scarpe.
Alzando il capo, poté scorgere un cielo cupo trapuntato di lontanissimi bagliori argentati.
Non voleva nemmeno pensare a quando fosse stata l'ultima volta che aveva alzato il capo e visto il cielo.
Il giardino era buio, ma in lontananza, accanto a quello che sembrava un capanno, Sirius scorse dei globi di luce fluttuare attorno alla testa di Bill Weasley. Accanto a lui, il viso chiaro di Alhena spiccava come una delicata luna piena. Lei stava parlando a raffica, sibilando parole su parole che Sirius non riusciva a udire, e che Bill sembrava accogliere con stoica pazienza.
Quando Bill si accorse della presenza di Sirius, si fece avanti con passo deciso.
“Sirius, forse è meglio se aspetti un attimo...”
Alla luce fioca e tremula dei globi di luce magica, le cicatrici che deturpavano il viso di Bill sembravano ancora più profonde ed evidenti.
“Non le faccio niente!” ribatté Sirius, piccato.
“Lo so, ma... è un momento difficile anche per lei, sai?”
“Se non la smettete di parlare di me come se io non fossi qui, vi rompo il naso.”
La voce di Alhena, nonostante tutto, era salda e decisa.
Lei e Bill si scambiarono una lunga occhiata, e alla fine l'uomo scosse la testa, e si allontanò imprecando.
Sirius si voltò verso Alhena, e trovò i suoi grandi occhi chiari accesi di una luce vagamente febbricitante fissi nei suoi.
Rimasero a lungo in silenzio, a scrutarsi, a sfiorarsi piano con un solo sguardo. Alhena guardinga, come se l'uomo che aveva davanti fosse un animale pericoloso che avrebbe potuto attaccarla, Sirius combattendo l'istinto di cercare conforto fra le sue braccia.
Alla fine, fu Alhena a spezzare il silenzio.
Incrociando le braccia al petto tremante – faceva freddo, quella sera, ed entrambi erano usciti senza mantello – si fece serissima, lo sguardo duro e la voce determinata:
“Devi dirmi una cosa, ora. Che cosa hai intenzione di fare?”
Sirius distolse lo sguardo, incapace di sostenere oltre quell'inquisizione.
“Non... non lo so. Parlerò anche io con dei Magigiuristi, immagino, e vedremo che cosa è meglio fare...”
L'unica cosa che voleva fare, il realtà, era sdraiarsi sotto le coperte del suo letto e passare dormendo il mese che lo separava da quel maledetto processo.
“E se le cose dovessero andare male? Hai intenzione di reagire?”
Sirius tornò a cercare il suo sguardo, l'ondeggiare ritmico e implacabile delle sue ciglia chiarissime.
“In che senso?”
“Non lo so. Ci penseremo. Troveremo un modo... qualcosa. Protesteremo, o ti faremo scappare, qualsiasi cosa. Ma se tu hai intenzione di restare immobile mentre il mondo ti crolla addosso di nuovo, dimmelo subito. Sono ancora in tempo per tornare a Budapest... non posso buttare via tutto per restare qui a guardarti scivolare via... non di nuovo.”
Sirius si riscosse appena.
Respirò a fondo, osservò il suo respiro condensarsi in una nuvoletta fragile, e poi, in un sussurro, disse:
“Io in prigione non ci torno. A costo di fingermi un monaco babbano in un tempio in Tibet.”
Per la prima volta, sul viso di Alhena comparve l'ombra di un vero sorriso, mentre i suoi occhi si illuminavano di leggera malizia.
“Troveremo una soluzione che non implichi la vita monastica, ne sono sicura.”
Dopo un'attimo di esitazione, Alhena aggiunse:
“Dunque starai nel Dorset, ora?”
Sirius fece un cenno d'assenso, pensando con immenso rammarico al letto che lo attendeva, al riposo, al silenzio.
“Ti andrebbe se... ti darebbe fastidio, se uno dei prossimi giorni facessi un salto a trovarti?”
“Mi piacerebbe. Mi piacerebbe moltissimo. Però” e Sirius chiuse gli occhi, costringendosi a dire quello che non avrebbe mai voluto dire, “però devi sapere una cosa. Per me, è passato soltanto un istante da quel giorno all'Ufficio Misteri. Non è cambiato niente. E se per voi sono passati degli anni, per me è rimasto tutto com'era... e tu... noi...”
Sirius si interruppe. Non lo sapeva due anni prima, che cos'era il loro rapporto, e non lo sapeva nemmeno ora. Era stato un rapporto doloroso, fatto di incomprensioni e ferite, un rapporto estenuante, nel quale si erano vissuti giorno per giorno, senza farsi domande, senza chiedersi che cosa avrebbero provato, l'indomani mattina. Ed era stato un rapporto totalizzante, nel quale si erano trovati a viversi ogni minuto, costantemente. Era la guerra, era Grimmauld Place a tenerli uniti, e nessuno di loro aveva mai avuto il coraggio di pensare al futuro.
Ed ora erano passati due anni.
“Non adesso, Sirius, ti prego...”
Alhena aveva distolto lo sguardo, stringendosi disperatamente nelle spalle.
“No, non adesso. Mai, se non vorrai. Non ne parlerò più, io... lo so che è un casino, questa situazione. Non ti voglio mettere fretta. Ma se vuoi continuare ad avere a che fare con me, dovevo dirtelo. Non potevo fare finta di niente.”
Alhena annuì, lo sguardo basso.
Be', questo era quanto di meglio Sirius potesse fare per rispettare la promessa fatta a Emerenc Szeredàs.
Rimasero ancora vicini, senza guardarsi, senza parlarsi.
Fu Alhena, di nuovo, a rompere il silenzio:
“Non mi sento più le dita... è meglio se torno dentro.”
Sirius annuì, cercando di ignorare il gelo pungente che lo assaliva. Quello dato dall'aria gelida di gennaio, e quello che gli aveva raffreddato il cuore. Dopo un attimo di esitazione, si voltò, e si accorse che Alhena era ancora accanto a lui, e lo fissava.
“Vieni con me?” chiese, con un minuscolo sorriso timido a incresparle le labbra.
E Sirius decise che sì, l'avrebbe seguita.
E camminarono assieme, attraverso il buio e verso la luce, passi lenti nella neve, occhi bassi e mani che quasi si sfioravano.




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Note:
Ah, che fatica.
Queste sono giornate in cui un Incanto Patronus mi servirebbe proprio, e la scrittura è la cosa che più gli si avvicina, per una povera babbana come me. Ma ho l'impressione che si tratti di un Patronus più incorporeo che mai, maledizione, e questa storia mi si sta sfaldando tra le mani.
Kingsley: non odiatelo, vi prego. Questa scena doveva andare molto diversamente, dovevo insistere molto di più sul dilemma etico che contrappone il rispetto delle leggi alla giustizia morale, ma alla fine è venuta fuori questa schifezza qui.
La scena con Teddy doveva servire solo come pretesto per mostrarvi il lutto di Sirius per la perdita di Remus, ma alla fine anche quello mi è uscito tutto storto, e ho cancellato tutto.
E ho fatto casino con i calcoli: chissà come, mi ero convinta che Teddy qui avesse circa dieci mesi, mentre in realtà, essendo noi a fine gennaio, dovrebbe essere un po' più piccolo. Fate finta che i fantastici geni del suo papà lo abbiano reso un bimbo precoce e molto sveglio, dai.
Il titolo è una canzone dei The Clash, una delle band babbane preferite di Alhena. E tutta la scena con Kingsley doveva essere raccontata dal punto di vista di Alhena, ma anche qui ho fatto un pasticcio con i punti di vista, e non riesco più a districarmi. Oltretutto, dopo aver scritto quaranta e passa capitoli nella testa di Sirius, ora sto facendo molta fatica a staccarmene (tant'è che spesso, se mi lascio coinvolgere troppo dal filo narrativo, mi ritrovo a scrivere in prima persona). È un incubo.
   
 
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