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Autore: Shainareth    31/01/2019    2 recensioni
Quando tieni la mano di un uomo che ti fa battere forte il cuore e ti fa sentire frastornata ed eccitata, allontanati da lui. Non è l'uomo per te.
Se tieni la mano di un uomo che ti fa sentire confortata e sicura, tienti stretta a lui. È l'uomo che dovresti sposare.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO QUINDICESIMO




Ladybug rimase immobile per diversi minuti, il cuore che batteva all’impazzata, rimbombando nelle orecchie, la mente sgombra. Avvertiva a malapena la brezza fresca della sera che le scompigliava i capelli scuri, ma i suoi occhi azzurri erano fissi sul crisantemo bianco che Chat Noir le aveva donato prima di scappare via.
   Era un messaggio. Doveva esserlo. Marinette non conosceva il significato di quel fiore in particolare, ma già temeva di averlo intuito.
   «Conservalo come hai fatto con gli altri, per favore», le aveva detto il giovane. Come se avesse saputo della rosa e della margherita immerse nella cera. Come se avesse saputo che le teneva vicino al letto. Come se avesse saputo. Tutto.
   Un brivido la percorse da capo a piedi, scombussolandola nel profondo. Chat Noir sapeva. Doveva aver visto quei fiori quando era stato da lei, quando l’aveva stretta a sé per confortarla, quando era tornato per sapere come stava. Chat Noir sapeva e continuava ad amarla. Nonostante tutto.
   Le venne da piangere. Doveva scoprire la verità. Mosse un passo, come se volesse seguire il giovane, ormai scomparso da diversi minuti oltre i tetti vicini. Si bloccò. Si mosse per tornare indietro, verso casa, ma si fermò di nuovo. Si sentiva in trappola. Non sapeva cosa dire, cosa fare o anche solo cosa pensare.
   Passò un pezzo prima che riuscisse a trovare dentro di sé la forza per tornare a casa. Quando fu al sicuro in camera sua, prima ancora di sciogliere la trasformazione, si precipitò a recuperare il cellulare. Avviò il browser per la navigazione, fece la sua ricerca, il fiore ancora fra le dita e gli occhi che di tanto in tanto continuavano a sbirciare quei petali candidi, e infine trovò ciò che cercava. La verità.
   E tale era anche il significato di quel crisantemo bianco: verità.
   Chat Noir sapeva.
   Chat Noir l’amava a prescindere da quella stupida maschera. Disperatamente, appassionatamente, onestamente.
    «Tikki…» mormorò Ladybug con voce malferma. «Trasformami…»
   Tornò a prendere le proprie sembianze, lasciò da parte il cellulare e strinse con entrambe le mani il fiore al petto. «Marinette…?» bisbigliò il piccolo kwami, preoccupato per il suo stato emotivo e psicologico.
   Lei neanche l’ascoltò, la mente che continuava a ruotare attorno ad un unico pensiero: Chat Noir l’amava davvero. E, pur di saperla felice, aveva deciso di lasciarla andare.

«Sei fiero di te stesso, ora?»
   Non proprio, pensò fra sé Adrien, lo sguardo fisso sullo spicchio di luna che, al di là dei vetri della grande finestra, splendeva nel cielo scuro della sera. Aveva lasciato il suo dono tra le mani di Ladybug, senza neanche guardarla in viso, ed era fuggito. Voleva darle il tempo per assimilare quell’informazione, sì, ma in realtà quella scelta gli era costata parecchio. Avrebbe voluto rimanere lì, a vedere la sua reazione. Avrebbe voluto ammirare la sorpresa e il fremito della paura nei suoi meravigliosi occhi azzurri, avrebbe voluto sorriderle e rincuorarla, abbracciarla e… «…baciarla», mormorò a fior di labbra, rivivendo intensamente la medesima sensazione che per ben due volte lo aveva quasi spinto a ghermire la bocca di Marinette con la propria – prima nei panni di Adrien e poi in quelli di Chat Noir.
   Accoccolato sulla sua spalla, Plagg scosse le piccole orecchie a punta, credendo di aver capito male. «Tutta questa storia ti sta dando alla testa.»
   «Forse», gli concesse il giovane in un sospiro sofferto. «Ma non hai idea di cosa non darei per…»
   «Sì, sì, lo hai appena detto, risparmiami i dettagli», borbottò l’altro. «Piuttosto, non me lo merito un bel premio? Ti ho fatto da ambasciatore e ti ho concesso una trasformazione per un fine personale», gli ricordò prosaicamente.
   Dovendogliene dare atto, Adrien si scostò dalla finestra e fece cenno verso la scrivania. «C’è una confezione nuova di zecca nel cassetto.» Plagg ci si tuffò a capofitto e quando riemerse dalla sua caccia al tesoro, la scatolina stretta al petto, guardò il suo amico con due occhi pieni di commossa gratitudine. Lui sorrise. «Sì, ti ho preso quello speciale che mi avevi richiesto tempo fa.» Un attimo dopo il piccolo kwami fu di nuovo da lui, svolazzandogli attorno alla testa senza riuscire a contenere l’emozione prima di andare ad accomodarsi sul tavolo della camera per aprire il suo amatissimo premio. Anche Adrien avrebbe voluto averlo, un tesoro prezioso come quello… e in verità lo aveva, ne era consapevole; il suo tesoro aveva gli occhi azzurri e si trovava ad una manciata di metri di distanza da casa sua. Sospirò, tornando a volgere lo sguardo oltre la finestra e sperando di tutto cuore che Marinette non fosse rimasta eccessivamente scossa per quella rivelazione.
   L’indomani, a scuola, ebbe conferma del fatto che il suo pio e utopico desiderio di non aver scombussolato troppo la ragazza dei suoi sogni era andato a farsi benedire. Marinette si presentò in classe con due occhiaie da manuale, gli occhi lucidi e la testa fra le nuvole, facendolo sentire mortalmente in colpa. Ma che altro avrebbe dovuto fare, lui? Tenere per sé quel segreto e giocare sporco? No, affatto. Al di là del suo bisogno di avere conferme circa l’identità di Ladybug, Adrien voleva essere il più onesto possibile e informare la propria partner della cosa.
   Non fu l’unico, comunque, a notare l’aria assente e preoccupata di Marinette, specie perché nell’ultimo periodo Chloé continuava a tenerla d’occhio per via di quella foto diventata virale sui social network. A dirla tutta, si era sorpresa non poco nel leggere la smentita della compagna di classe riguardo ad una possibile relazione di tipo romantico fra lei e Adrien. Questo però, se da un lato l’aveva tranquillizzata, dall’altro non era bastato a farle abbassare del tutto la guardia – visto anche il modo in cui lo stesso Adrien continuava a guardarla e a rivolgersi a lei. Quel giorno, poi, il giovane sembrava altrettanto preoccupato per qualcosa. Avevano forse litigato? No, si erano persino sorrisi quando si erano scambiati il buongiorno, perciò il problema doveva essere un altro. E Chloé avrebbe davvero voluto indagare al riguardo. Si portò alle labbra l’apice superiore della penna che stringeva in mano e iniziò a rimuginare su tutta quella faccenda.
   Frattanto, anche Alya non poteva rimanere indifferente allo stato umorale della propria migliore amica. Alla quale, sul finire della prima ora di lezione, chiese senza preamboli se avesse voluto andare a casa sua per giocare insieme ai videogiochi. Marinette non era appunto dell’umore adatto, ma rendendosi conto che le avrebbe fatto bene distrarsi, fece uno sforzo con se stessa per sorridere e accettare l’invito. «Saremo solo noi due, oggi», le disse Alya quando terminarono le lezioni della mattina. «Mio padre è al lavoro, mentre mia madre ha la giornata libera e porterà quelle pesti delle mie sorelle a La Fête Foraine du Jardin des Tuileries. Adorano quel posto.»
   A quelle parole, a Marinette venne spontaneo farsi più di uno scrupolo. «E non preferiresti invitare Nino, piuttosto?»
   «Non oggi», le garantì l’altra, strizzandole l’occhio. «Ho voglia di passare il pomeriggio da sola con la mia migliore amica.» Quella dichiarazione le fece guadagnare un abbraccio di cuore da parte di Marinette che, in effetti, sentendosi stretta a sua volta, comprese di aver davvero bisogno di sfogarsi con qualcuno. Conoscendola, di certo Alya doveva aver intuito quella sua necessità e subito aveva colto la palla al balzo. Poteva davvero esserci amica migliore di lei?

«Ricapitolando…» iniziò Alya quando, ormai a casa dopo le lezioni del pomeriggio, Marinette ebbe finito di raccontarle ogni cosa. «Per tutto questo tempo Adrien è stato innamorato di un’altra ragazza e, pur dichiarandosi, lei gli ha dato picche. Nel frattempo, si è avvicinato molto a te, sentendosi talmente a suo agio da comportarsi in modo spontaneo in tua presenza, senza inibizioni che riguardino il lato più vivace del suo carattere, arrivando persino a comportarsi come un… ehm…»
   «Idiota», le suggerì Marinette senza troppe remore. Mai le sarebbe saltato in testa di definire Adrien in quel modo a cuor leggero, ma tant’è… «Diciamo le cose come stanno. Si diverte così», si arrese ad ammettere, facendo stancamente spallucce e lasciandosi andare contro lo schienale del divano del salotto di casa Césaire. Come previsto, al loro arrivo non avevano trovato nessuno e, prima ancora di accendere la console per i videogiochi, si erano accomodate sul grande sofà per bere del succo di frutta fresco e scambiarsi confidenze di una certa importanza.
   «Chi lo avrebbe mai sospettato…» Alya si lasciò scappare una risatina divertita. «E in tutto questo, ieri mattina ti ha confessato di esserci rimasto male per la tua smentita ufficiale circa una vostra eventuale relazione e ha rincarato la dose lasciando intendere che non gli dispiacerebbe se un domani fra voi dovesse nascere qualcosa che andasse oltre la semplice amicizia. Ho capito bene?» L’altra annuì e lei corrucciò le sopracciglia castane e strinse le labbra. «Esattamente… dov’è il problema?» non si trattenne dal chiedere. «A me sembra che le cose fra voi stiano andando alla grande», si complimentò, regalando all’amica un sorriso sincero. «Adrien si sta finalmente rendendo conto che la ragazza perfetta per lui sei tu, non l’altra. Dovresti esserne felice.»
   «E lo sono, davvero», le assicurò Marinette, manifestando tuttavia il proprio nervosismo nel gesticolare in modo frenetico. «Però…» Si morse il labbro inferiore e tacque. Non poteva parlare ad Alya anche del resto. Non poteva farlo con nessuno che non fosse Tikki, che pure aveva già cercato di rincuorarla durante la notte – che lei aveva passato quasi in bianco o facendo sogni inquieti.
   Dietro alle grandi lenti dei suoi occhiali, Alya socchiuse le palpebre, fissando la sua amica come se volesse violare i suoi più reconditi segreti. «Cosa mi stai nascondendo?»
   L’altra evitò il suo sguardo. «Niente…» mormorò con voce malferma.
   «Ah-ah», la prese in giro lei. «Questo niente non ha a che fare con quella dannata citazione che hai letto mesi fa su internet?»
   Marinette si voltò di nuovo a guardarla, quasi oltraggiata. «Ho passato da un pezzo quella fase», le giurò con orgoglio.
   «Hai rivisto Luka.»
   «Ch…?» Si ricordò di colpo chi fosse Luka e s’interruppe. «Ma no…» borbottò, agitando una mano fra loro quasi con fastidio. «Fidati, in questo momento è l’ultima persona a cui sto pensando.»
   Stupita dalla sicurezza con cui aveva affermato quelle parole, Alya s’incuriosì ancora di più. «Non ti piace più, questo nuovo Adrien?»
   «Certo che mi piace», rispose Marinette, senza bisogno di mentire. «Ormai l’ho capito, che non è perfetto come credevo inizialmente. E mi sta bene, non è cambiato nulla. Anzi… forse mi piace persino di più.» Se ne rese conto in quel momento e sorrise fra sé, trovandolo buffo.
   «Sai», riprese allora l’altra, guardandola con tenerezza e poggiando un gomito sullo schienale del divano, la guancia affondata contro la mano chiusa a pugno. «È proprio così che funziona l’amore: non importa quanti difetti abbia la persona a cui vuoi bene, perché senza di quelli non sarebbe più la stessa», spiegò con voce calma, addolcendosi al pensiero di quanto fosse bello che anche i suoi migliori amici stessero scoprendo quelle sensazioni meravigliose.
   «Allora perché continuo a sognare di baciare un altro?»
   Quella domanda, posta così a bruciapelo e pronunciata a grande velocità, le fece strabuzzare gli occhi, mandandola in tilt per qualche attimo. Vide Marinette portarsi le mani davanti al volto, di certo per celare il proprio imbarazzo, e la sentì lamentarsi come una bambina. «Mi sento così stupida!»
   «Un momento! Calma!» esclamò Alya, ancora intontita per quella rivelazione. Afferrò l’amica per i polsi e la costrinse a mostrarsi a lei, senza riuscire però ad incrociarne lo sguardo – che Marinette continuava a tenere basso per la vergogna. «Mi… Mi stai dicendo che ti piace qualcun altro?»
   Lei arrossì più di prima. «N-Non è quello che ho detto», ci tenne anzitutto a precisare. «È che… che lui è innamorato di me. Già da un po’. E… anche se me lo ha detto e ridetto… e anche se io gli ho già spiegato che sono interessata ad un altro…» Prese fiato e cercò di calmarsi. «Mi ha persino incoraggiata a dichiararmi. Mi ha confortata quando ho saputo che Adrien non era innamorato di me. Eppure… lui continua a starmi accanto… e… e… io gli voglio bene», concluse, alzando su Alya due occhi lucidi e pieni di tante emozioni che lei ancora non riusciva a sbrogliare. Suscitò tenerezza nella sua amica, che le sorrise e le passò una carezza sul viso, scostandole una ciocca di capelli scuri dietro ad un orecchio. «E hai sognato di baciarlo?» le domandò con dolcezza.
   Marinette annuì più volte. «In tutti i miei sogni, però, finisco per sovrapporre la sua figura a quella di Adrien e viceversa», spiegò con voce mogia, osservando l’altra che si sporgeva verso il tavolino per prendere un bicchiere di succo di frutta per darlo a lei. La ringraziò con un sorriso stentato e bevve un piccolo sorso, sentendosi subito meglio. «Credo che si tratti solo del mio bisogno di sentirmi amata da Adrien proprio come mi ama… lui
   «Questo fantomatico lui ha un nome?» si interessò di sapere Alya, più per cercare di capire meglio la situazione che per curiosità fine a se stessa.
   «Perdonami, non posso dirtelo», rispose l’altra, quasi mortificata.
   «È per questo che finora avevi tenuto tutto per te?»
   «Per questo e anche perché… me ne vergognavo», mormorò, tornando ad abbassare lo sguardo.
   «Di cosa?» le chiese Alya, stringendole una mano con affetto. «Di aver fatto dei sogni che possono voler dire tutto e niente, o di essere interessata seriamente ad un secondo ragazzo?» Gli occhi di Marinette saettarono di nuovo verso l’alto, allarmati, spaesati, cercando spasmodico aiuto in quelli di lei. «Tu e Adrien non state insieme», le ricordò Alya. «Non c’è nulla di male se ti piacciono due persone contemporaneamente. Tanto più se, come dici, si tratta solo del tuo desiderio di essere amata da Adrien nello stesso modo in cui lo fa questo fantomatico lui.» L’altra non rispose, limitandosi a riflettere in silenzio su quelle parole che non facevano altro che confermare quanto le aveva già detto Tikki una manciata di ore prima, quando, al risveglio, l’aveva trovata quasi in lacrime. «Non pensarci, ora, o non farai altro che confonderti ancora di più le idee», disse Alya, decisa a risollevare l’umore della sua migliore amica. «Vedrai che il tempo ti aiuterà a far chiarezza sulla situazione.» Marinette sorrise, pur senza troppa convinzione, e lei per ripicca le tolse di mano il bicchiere per sostituirlo con il controller della console. «Abbiamo una sfida in sospeso, noi due», dichiarò con allegria, accendendo i dispositivi elettronici. «Non credere che me ne sia dimenticata.» La vide finalmente ridere e ciò la inorgoglì. «Pronta a sfidare la campionessa in carica?»

Uscendo dal portone d’ingresso del palazzo di Alya, Marinette alzò gli occhi al cielo uggioso e ormai volto al crepuscolo. Passare due ore in compagnia della sua migliore amica le aveva fatto più che bene, ma ora che era di nuovo sola la sua mente aveva ripreso subito a vorticare attorno a quei pensieri che continuavano a stordirla da oltre ventiquattro ore. Se da una parte era sinceramente felice delle parole che Adrien le aveva rivolto il giorno addietro, dall’altra provava un non indifferente stato confusionale riguardo alla rivelazione fattale tacitamente da Chat Noir. Era davvero interessata ad entrambi allo stesso modo? Impossibile. Lei era ancora ferma nella sua convinzione di amare solo e soltanto Adrien. Eppure ancora un volta il sogno di quella notte aveva fatto vacillare quella certezza: davvero quei baci che il suo subconscio le faceva vivere durante il sonno non avevano alcun significato? L’ultimo, poi, era stato persino più travolgente del solito…
   «Sai, Tikki…» mormorò mentre finalmente si avviava per imboccare la via di casa. «Sarebbe tutto più semplice se sotto la maschera di Chat Noir ci fosse il mio Adrien.»
   La creaturina magica fece capolino dall’apertura a scatto della sua borsetta e la fissò sorniona da sotto in su. «Dici?»
   «Ragiona», cominciò allora a spiegare Marinette, non sapendo bene come interpretare quel suo improvviso desiderio. «Se Adrien fosse Chat Noir, significherebbe che è già innamorato di me.»
   «E che tu lo hai già respinto diverse volte», le fece notare l’altra, rigirando il coltello nella piaga.
   La ragazza uggiolò come un cane bastonato, portandosi le mani fra i capelli con fare teatrale. «Sarebbe imperdonabile!» Sentì Tikki ridacchiare divertita. «Non c’è da scherzare», la redarguì lei. «Mi prenderei a schiaffi da sola, se così fosse.»
   «Dimentichi che, nonostante tutto, Chat Noir ha continuato a provare sentimenti molto profondi per te.»
   Questo era vero, rifletté Marinette, quasi sperando che davvero quei due fossero la medesima persona. Tuttavia, se così fosse stato, avrebbe significato anche che lei aveva pianto inutilmente per lui e che, soprattutto, forse Adrien stava per dichiararsi a Ladybug dopo che insieme avevano salvato il povero Joël dalle grinfie di Papillon. E subito dopo, si era trasformato di nuovo in Chat Noir per correre da lei, tornata ad essere semplicemente Marinette, e consolarla per il suo amore non corrisposto? «Che assurdità…» borbottò a quel punto, scacciando quell’idea balzana dalla mente.
   «Non ne sei più convinta?» s’incuriosì Tikki.
   «Non lo sono mai stata», ci tenne a precisare Marinette, quasi ridendo rassegnata. «Ho solo buttato giù un’ipotesi, benché insensata.»
   «In passato, anche Alya ha azzardato la stessa teoria per ben due volte, ricordi?»
   «Sì», confermò, storcendo di nuovo il naso al riguardo. «L’ultima volta è stato durante i provini per il videocl…» Arrestò il passo e tacque, impallidendo di colpo.
   I provini per il videoclip di Clara Nightingale.
   Quel giorno Adrien era vestito da Chat Noir e la somiglianza con l’eroe era stata notevole. Marinette aveva sempre scartato quell’ipotesi per via della grande differenza caratteriale fra i due; adesso, però, conosceva Adrien abbastanza a fondo da poter affermare, suo malgrado, che il suo compagno di classe e il suo partner in battaglia non erano poi così dissimili l’uno dall’altro anche da quel punto di vista.
   Un brivido la percorse da capo a piedi e lei non seppe dire di che natura fosse.
   Non ebbe tempo di indagare al riguardo, poiché un improvviso vociare la costrinse ad accantonare quelle conturbanti riflessioni e a voltarsi giusto in tempo per scorgere dei ragazzini che correvano come dei forsennati in fondo alla strada. Qualcuno li stava inseguendo. Anzi, qualcosa. Marinette aguzzò la vista e si rese orribilmente conto che si trattava di un essere dalle buffe ed inquietanti sembianze animalesche, che ricordavano in modo vago quelle di una giraffa… solo che… sembrava al tempo stesso uno di quei palloncini a cui i clown danno le forme più disparate. E stava galoppando e rincorrendo quei ragazzini con fare minaccioso.
   «Credo che sia opera di uno degli akumizzati di Papillon», affermò Tikki, ripresasi da quella visione più in fretta della sua amica. «Devi trasformarti subito, Marinette!»
   Lei non ci pensò due volte e si affrettò a cercare un riparo sicuro per ricorrere ai propri poteri magici. Non sapeva cosa stesse accadendo, ma era certa che di lì a poco ne sarebbe venuta a capo. Quando iniziò a sorvolare i tetti degli edifici vicini, iniziò infatti ad avere un quadro più generale della situazione: le vie della città erano piene di enormi palloncini modellati in vari modi, non soltanto a forma di animale, che si erano messi alle calcagna di intere folle di persone e ne minacciavano l’incolumità.
   Era assai probabile che da sola Ladybug non ce l’avrebbe fatta, a salvare i fuggiaschi, forse neanche con l’aiuto di Chat Noir – qualora fosse riuscito a raggiungerla nel minor tempo possibile. Marinette decise perciò di tentare la fortuna e subito richiamò il Lucky Charm. Un attimo dopo, un oggetto enorme ricadde dall’alto e l’eroina lo afferrò al volo con entrambe le mani non senza difficoltà. Quando riuscì a capire di cosa si trattava – un paravento di foggia cinese – comprese anche quale fosse la sua prossima mossa. Non c’era tempo da perdere.
   Direzione: casa del maestro Fu.












Immagino che molti di voi si saranno chiesti il perché della scelta del crisantemo, visto che qui in Italia è associato ai defunti... beh, nel resto del mondo, invece, questo fiore ha dei significati molto più positivi e poetici. Quello bianco, in particolare, è sinonimo di verità. Pertanto, quale modo migliore, per Chat Noir, per comunicare tacitamente alla sua bella di aver scoperto la sua vera identità?
Marinette ne è uscita stordita. Doppiamente, per di più, perché nel giro di ventiquattr'ore (anche meno) ha avuto una mezza dichiarazione da parte di Adrien (la mattina) e poi una confessione di tale portata da parte di Chat Noir (la sera). Il minimo è che non ci abbia dormito la notte.
Ad ogni modo, come avrete notato, è passata solo una manciata di giorni dal precedente aggiornamento. Questo perché, dal momento che ho concluso la stesura della storia, ho deciso di postare i rimanenti capitoli una volta a settimana (ne rimangono altri quattro, più l'epilogo). Spero di riuscire a scrivere al più presto anche una shot spin-off, giusto per riprendere un sassolino che ho lanciato in uno dei prossimi capitoli e che mi sta particolarmente a cuore (ma che non potevo approfondire qui perché sarei uscita troppo fuori tema e avrei finito per allungare ulteriormente il brodo).
E questo è quanto, per questa settimana. Grazie a tutti per essere ancora qui!
A giovedì prossimo! ❤️
Shainareth





  
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