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Autore: Dida77    31/01/2019    5 recensioni
"Doveva portare il corpo di Bucky via di lì. Si era ripromesso di portarlo a casa con sé e lo avrebbe fatto."
Post Captain America: The Winter Soldier
Personaggi: Steve, Bucky, Natasha, un po' tutti.
La storia è stata scritta come regalo di compleanno per Rossella, splendida l'amministratrice del gruppo "Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fanart".
Un grazie infinito a Enid che ha betato questa storia rendendola mooooolto migliore. Se vi piace, è sicuramente anche merito suo.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo aver depositato Bucky sul letto, Steve si fermò a guardarlo. Un misto di meraviglia e angoscia lo sommerse di nuovo alla vista dell’amico vivo sì, ma vulnerabile e alla mercé di chiunque avesse voluto fargli del male. Ma adesso lo aveva trovato. Adesso avrebbe pensato lui a difenderlo, così come Bucky lo aveva sempre difeso prima che il siero facesse di lui Captain America.

Fu solo una manciata di secondi però, poi si riscosse, dandosi dello stupido per il tempo perso a pensare e a ripescare vecchi ricordi. Non era quello il momento. Adesso doveva darsi da fare ed affrontare la situazione.

Bucky aveva la febbre altissima. Sicuramente erano giorni che non mangiava e non beveva. Era ferito e aveva perso molto sangue. Solo il siero del super soldato gli aveva permesso di essere ancora vivo, ma la situazione era comunque critica e andava affrontata il prima possibile.

Sua madre era stata infermiera, però, e a casa usava sempre parlare del suo lavoro. Steve la ringraziò silenziosamente per le conoscenze che gli aveva lasciato in tutte quelle chiacchierate serali davanti alla stufa. Conoscenze che in quella camera di albergo erano diventate più preziose del suo scudo o della sua forza da super soldato.

Alzò il riscaldamento della stanza al massimo, si tolse guanti e giacca e si sedette sul bordo del letto. Accarezzò delicatamente il volto dell’amico, scostandogli le ciocche di capelli che continuavano a cadergli sugli occhi e iniziò a chiamarlo nuovamente. “Ehi Bucky… Bucky, mi senti?” Nessuna risposta. “Ehi Bucky, dobbiamo toglierti questi vestiti. Dobbiamo far scendere subito la febbre e devo controllare la ferita.” Ancora nessuna risposta.

Allora prese l’unica decisione possibile e, senza troppo imbarazzo, si mise a spogliarlo. Si erano visti spesso nudi, da ragazzi e da commilitoni, era una cosa normale. Anche se era successo letteralmente una vita fa, non avrebbe iniziato a provare imbarazzo proprio adesso.

Lo spogliò cercando di fargli meno male possibile. Prima le scarpe, poi la giacca. Sotto aveva solo una maglietta a maniche lunghe, lurida di sangue incrostato e umida del siero fuoriuscito dalla ferita. Toglierla sarebbe stato un inferno. Servivano necessariamente asciugamani puliti e acqua tiepida.

Per gli asciugamani e l’acqua tiepida nessun problema, bastava andare in bagno. Trovare la bacinella fu un po’ più un problema, ma nel mobile del frigobar riuscì a trovare un contenitore per il ghiaccio che poteva servire allo scopo.

Prese un grosso telo e un asciugamano più piccolo, riempì la bacinella di fortuna con acqua tiepida e nel giro di un paio di minuti era di nuovo seduto sul bordo del letto accanto a Bucky. Lo spostò leggermente per far scivolare il grosso telo sotto di lui poi, con l’asciugamano bagnato nell’acqua tiepida, iniziò a bagnare maglietta intorno alla ferita.

Ad un tratto Bucky inspirò violentemente e fece istintivamente per ritrarsi, ma Steve lo bloccò subito. “Stai fermo. Ok? Devo toglierti la maglietta per vedere questa maledetta ferita. So che fa male, ma non ci sono alternative.”

Bucky annuì a denti stretti, gli occhi chiusi. “Co… continua.” Rispose e si riappoggiò ai cuscini.

Si fermò solo quando la maglietta fu completamente bagnata e sembrava ormai potersi staccare dalla ferita abbastanza agevolmente. “Sei pronto?” Chiese guardandolo negli occhi.
Bucky annuì. Steve tirò un profondo respiro e iniziò ad alzare la maglietta, procedendo con quanta più cautela possibile. La situazione che gli si parò davanti mano a mano che alzava la maglietta gli tolse il fiato. La ferita si era infettata, perdeva siero e aveva un odore nauseante che Steve non aveva più sentito dai tempi della guerra.

Mano a mano che Steve procedeva con l'operazione, Bucky aveva iniziato a iperventilare e guardava Steve terrorizzato. Anche lui era stato in guerra e aveva subito riconosciuto l’odore, sapeva cosa significasse. Praticamente una condanna a morte. Il suo petto iniziò ad alzarsi e abbassarsi sempre più velocemente. Troppo velocemente. Steve dovette fermarsi per appoggiargli una mano sul petto.

“Ehi, calma. Riprendi fiato. Piano… con calma!” ripeteva con la voce più tranquilla possibile, guardando l’amico negli occhi con un mezzo sorriso sulle labbra. Un attacco di panico era l’ultima cosa che serviva in quel momento, doveva riuscire a restar calmo per tutti e due. “Respira con me. Dai… come quando eravamo piccoli e io avevo l’asma. Insieme.”

Piano piano il respiro di Bucky si regolarizzò e il suo petto iniziò a muoversi con ritmo un po’ più normale. “Ecco. Così. Bravo.”

“È brutta, vero? Sento la puzza.” Chiese non appena gli fu possibile.

“Effettivamente ho visto di meglio. Ma per fortuna non siamo più negli anni ’30 Bucky. Abbiamo qualche arma in più dalla nostra parte.” Rispose Steve sorridendogli. Doveva farsi coraggio se voleva che l’amico non si desse per vinto e continuasse a lottare. La situazione non gli sembrava così semplice, avendo potuto avrebbe portato di corsa Bucky in ospedale, ma data la situazione quella non era una scelta percorribile.

“Adesso però devo pulirla. Non sarà una passeggiata. Vuoi qualcosa di forte da bere?” Il Bucky che conosceva non avrebbe detto di no.

“Gli alcolici non hanno più effetto da quando mi hanno iniettato il siero del super soldato.” Rispose con un filo di voce e il respiro accelerato dalla febbre e dal dolore. “Ma forse è meglio esser sicuri di non urlare. Hai un asciugamano?” Chiese alla fine, quasi vergognandosi.

Steve rimase colpito dalla richiesta. Pensò, angosciato, a quante volte l’amico dove aver sofferto in silenzio per pensare subito ad un asciugamano. A lui non sarebbe venuto in mente, ma rimaneva comunque una buona idea. Recuperò rapidamente un asciugamano pulito, insieme alla preziosissima cassetta delle emergenze che si era portato dietro da casa, e glielo passò.

Bucky mise l’asciugamano tra i denti, si girò sul fianco sinistro per permettere a Steve di lavorare nel miglior modo possibile e artigliò il cuscino con entrambe le mani.

Steve prese in mano garze sterili e disinfettante e aspettò pazientemente che l’amico trovasse una posizione comoda (come se fosse possibile trovare una posizione comoda in quella maledetta situazione…). Dopo che Bucky si fu fermato ed ebbe tirato due o tre profondi respiri, raccolse tutto il coraggio che riuscì a trovare e, guardandolo negli occhi, chiese “Pronto?”

Bucky annuì in silenzio e Steve iniziò l’impresa più difficile di tutta la sua vita.
   
 
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