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Autore: shilyss    02/02/2019    8 recensioni
Ecco a voi una raccolta di shot legate alla fanfiction "Tutte le tue bugie." Nonostante alcuni riferimenti alla long fic, potete leggere i vari capitoli anche considerandoli come testi scollegati rispetto alla storia madre.
Dal capitolo 1: Se Loki fosse stato meno sarcastico, se nei suoi occhi chiari Odino avesse visto l’ombra di un sincero pentimento, le cose sarebbero potute andare diversamente. Ma Lingua d’Argento era stato sprezzante e tronfio e si era presentato ammantato di tutta la sua feroce eleganza di fronte al padre adottivo che non lo aveva chiamato figlio, ma prigioniero. Un altro imperdonabile errore dovuto non alla mancanza di discernimento di Odino, ma all’amara constatazione di come Loki, il suo brillante figlio, non fosse poi così acuto come pensava e sembrava.
Dal cap. 4: Solo che Loki era un furfante travestito da principe, un cantastorie come nemmeno nelle piazze più oscure della città se ne trovava uno uguale.
Non tutto è come appare, quando di mezzo c'è il dio dell'inganno in persona.
Capitoli 3-9: Barbare usanze;
Cap. 10 - Forse era scritto nel destino.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Loki, Odino, Sigyn, Thor
Note: Lime, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La tela degli inganni'
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L’oscurità dentro di noi

 

 

Non aveva mai avuto così paura, in vita sua. Correva e tremava mentre il dolore alla guancia si faceva pulsante e un sapore metallico le invadeva la bocca. Il cunicolo buio dava accesso a una scala ripida, dagli antichi gradini di pietra. Sigyn incespicò incontrando il dislivello; solo per un caso riuscì a parare la caduta poggiando una mano sulla pietra ruvida della parete, ma la superficie di quest’ultima non era liscia e l’attrito dovette provocarle un’abrasione dolorosa sul palmo della mano. Continuò a scendere, consapevole che la gonna lunga le intralciava i movimenti e di avere Theoric alle calcagna. A mano a mano che s’inoltrava nel corridoio, avvertì sempre più distintamente un rumore di sottofondo basso e martellante, che le ricordò quello che si sentiva nelle fucine dei Nani. Gridare sarebbe servito? Se Loki fosse stato davvero in fondo a quel cunicolo, sarebbe riuscito a sentirla? La terra sotto di lei sussultò e Sigyn perse inevitabilmente l’equilibrio. Urlando, Theoric nel buio avrebbe capito esattamente dove lei fosse, se già non le era tragicamente dietro, mentre il marito, probabilmente, non l’avrebbe udita.

I Nani. Sonje era andata con loro, durante quell’ambasceria[1]; adorava viaggiare con loro e i buffi e imbronciati fabbri le mettevano addosso una curiosità esagerata. L’avevano persa di vista per non più che una manciata d’istanti e la bambina, trascinandosi dietro quell’enorme animale di pezza a forma di gatto, si era intrufolata nell’armeria, dimostrando tutta la cattiva influenza che avevano su di lei le gesta del padre e dello zio. Loki era impallidito, quando finalmente l’aveva scovata nella piccola e precaria tana in cui Sonje si era nascosta senza rimediare nemmeno un graffio. Tirarla fuori di lì senza che si ferisse, prima che il fragile castello fatto di armi affilatissime le precipitasse contro, era stata una sfida che il dio dell’inganno aveva vinto solo grazie al sangue freddo che Sigyn non possedeva. Ricordò che Thor l’aveva allontanata intimandole di non mostrarsi spaventata, di lasciar fare a Loki, che se Sonje si fosse mossa, allora tutte quelle armi avrebbero potuto crollarle addosso. Sonje. Sonje e il bambino che sarebbe nato, da un rapido calcolo, nel cuore dell’inverno.

 

Theoric la strattonò per un braccio tappandole la bocca, interrompendo il grido strozzato e disperato che le era uscito dalle labbra. “Non ti troverà. Non ti sentirà.”

Di nuovo il suo fiato acre sul collo, il corpo gonfio premuto sul suo, una mano a ghermirle la vita. Aveva paura anche lui. Lo capì dal bisogno che aveva di zittirla, dalla necessità di convincerla che sarebbe morta lì, in quel corridoio, presumibilmente a pochi passi da Loki. Non sapeva che doveva fare con lei – di lei, e Sigyn ripensò al gesto rapidissimo e deciso con cui suo marito aveva tagliato la gola alla Sacerdotessa Sublime. Lei era soffocata nel suo sangue nel giro di pochi secondi, senza rendersi nemmeno conto di cosa, realmente, le stesse succedendo. Il pensiero che la sua morte non sarebbe stata altrettanto rapida e clemente le si insinuò nella testa. Theoric l’avrebbe fatta soffrire, perché non sapeva nemmeno dove infilare il coltello per ucciderla. Ucciderli. Le salirono le lacrime agli occhi e non riuscì a fermarle. Erano calde e scivolarono sulle gote sfiorando la mano larga e robusta di Theoric.

“Piangi, piccola principessa?”

La costrinse con il viso contro la parete e la pietra ruvida le provocò un bruciore sulla guancia. Nel buio, avvertì che la presa sulla sua vita s’allentava e lo sentì armeggiare con la fibbia dei pantaloni. Tentò di divincolarsi, di graffiare, di mordere e Theoric la agguantò di nuovo per sollevarle la gonna. Era impacciato e goffo e sudato e voleva vendicarsi, ma qualcosa s’era inceppato, nel suo piano. Allentò la presa sulla sua bocca mentre tentava di risolvere l’incresciosa situazione, spostandola più in basso: cercò di infilarle una mano sotto la scollatura del vestito, le ghermì un seno. Armeggiò nel tentativo di ottenere il vigore necessario per proseguire e Sigyn ebbe un conato, al pensiero di quello che Theoric stava facendo. Di nuovo, si sforzò di richiamare alla memoria i ricordi delle imprese di Lingua d’Argento, del suo affascinante e pericoloso marito forse a pochi metri da lei che la credeva al sicuro e non sarebbe corso a salvarla.

“Se mi uccidi, Loki lo capirà, lo scoprirà e si vendicherà. Lasciami andare: non dirò niente, te lo giuro. Non hai ancora fatto niente. Non è troppo tardi.” Aveva parlato con calma, cercando di frenare l’impulso di gridare ed esasperarlo, ma le tremavano le labbra. Cos’avrebbe fatto il dio degli inganni, al posto suo?

 

 

Loki Laufeyson era davvero a pochi passi da lei. Alla fine del cunicolo, si apriva un’enorme grotta sotterranea dove, come nelle migliori e più scontate delle tradizioni, dimorava un mostro. Avrebbe scommesso qualsiasi somma sulla presenza di un grosso drago, ma quando aveva fatto il suo ingresso sotto la volta di pietra, era rimasto piacevolmente stupito e sorpreso. Una creatura di ben altra natura, lo attendeva immersa in un lago sotterraneo.

“Avanti, mostrami il tuo vero aspetto,” la blandì. In una mano stringeva uno dei pugnali con cui aveva ucciso le guardie del Tempio, nell’altra una spada rimediata quando i nobili Vanir erano entrati al seguito di Thor. La cosa mostrò i denti aguzzi e la terra vibrò, l’acqua in cui era immersa ribollì creando una spuma quasi luminosa.

Era una donna o, perlomeno, ne aveva parzialmente l’aspetto. C’era, in lei, qualcosa di mostruoso e diverso. I denti aguzzi e le labbra incredibilmente vermiglie, per esempio, come la pelle d’un biancore inumano e spettrale, svelata e nuda. Quasi riluceva nella luce fioca della caverna.

“Mago, moriresti se ti svelassi il mio vero volto,” ghignò.

Loki assottigliò le palpebre, feroce. “Mettimi alla prova,” l’incalzò. “Potrei stupirti.”

Si avvicinò alla spuma ribollente che agitava la riva con un sorriso perfido sulle labbra, indugiando con lo sguardo sul corpo assolutamente statuario e perfetto dell’essere dalle forme femminee. Su un altro uomo, con tutta probabilità, la figura avrebbe sortito un qualche tipo di fascinazione, ma l’ingannatore riusciva a intuire e quasi a vedere la natura abilmente mascherata della creatura. Era lei che mangiava le povere recluse del Tempio; era per saziare il suo ventre, solo all’apparenza piatto, che le mura robuste della sua tana erano rimaste intatte per secoli. Era lì che sarebbe finita Sigyn se, quasi cinque anni prima, Loki non avesse deciso di raccontare una lunga storia a Njord[2]. La ricordò com’era allora, con lo sguardo fiero e il labbro spaccato da uno schiaffo di Freyr, decisa a non rivelare il nome dell’uomo che l’aveva messa incinta – il suo – per ribadire il concetto fondamentale che lei era l’unica padrona del proprio corpo. Piccola, coraggiosa, indisponente Sigyn.

 

L’essere lo scrutò quasi offeso con le sue pupille biancastre, colpito dalla studiata arroganza del principe degli Asi. Lo vide avanzare nell’acqua bassa, immergere gli stivali di pelle nell’acqua, sollevare appena le lame. Buttò teatralmente il capo indietro e rise, stupito da quel mago armato di tutto punto che non dimostrava di temerlo. Ma così erano gli Jotnar e gli Asi: il mostro li ricordava dall’alba dei tempi o, forse, la sua conoscenza delle cose e del mondo traeva origine dal brodo primordiale in cui era immerso, una sorgente forse collegata persino con la fonte di Mimir.

“Tu sei pazzo, mago.”

Un ghigno. “Possibile, probabile. Mostrami la tua vera faccia, non costringermi ad avvicinarmi ancora. Sono il re straniero che attendevi, quello della profezia che vai blaterando.”

Fu allora che la terra iniziò a tremare, a sussultare. L’essere femmineo lanciò un grido acuto e mutò pelle e sembianze, tramutandosi in una creatura che non era né un drago né un grifone né nulla di conosciuto. Somigliava, piuttosto, a un enorme insetto, uno di quelli che Loki e Thor catturavano da bambini quando giocavano nella radura adiacente al bosco, colorati e terribili. Il dio degli inganni sorrise di fronte al disgustoso cambiamento e pensò al palese disappunto che avrebbe tentato invano di mascherare Thor, quando gli avrebbe raccontato come aveva ucciso l’orrendo mostro.

“A mio fratello saresti piaciuta moltissimo,” confessò leccandosi le labbra. “Invidierà il nostro appuntamento per almeno un secolo.”

La cosa rimase interdetta per una frazione di secondo, stupita dall’atteggiamento irriverente e sfrontato di quel guerriero che pareva non temerla. Lo smarrimento, tuttavia, durò meno d’un attimo. Si lanciò contro Loki decisa a farlo a pezzi, a cibarsene e a uscire incontro al destino che le era stato profetizzato prima che esistessero il Tempo e lo Spazio, forse.

Il corpo, divenuto ormai d’una orrenda grandezza, si protese nel tentativo di afferrare il dio dell’inganno e ci sarebbe riuscito, se solo l’Ase fosse stato davvero lì. Uno degli artigli affilati della creatura si abbatté con violenza sulla superficie del lago, smuovendola e creando onde e spruzzi che subito si congelarono, imprigionandola irrimediabilmente.

Loki ghignò. La sua illusione aveva decisamente funzionato. Era decisamente più spostato sulla destra rispetto a dove avrebbe dovuto essere. “Sorpresa, cara? Credevi forse che sarei rimasto a fissarti immobile mentre mi attaccavi?”

 

Cosa avrebbe fatto il dio degli inganni, al posto suo?

Sigyn non ne aveva idea ed era troppo spaventata per fermarsi a ragionare, ma pensò a una cosa che, una volta, Thor aveva detto sul fratello durante l’indimenticabile ambasceria ad Asgard[3]. “Oh, ma il suo essere insopportabilmente pedante è una strategia, mio buon Njord. Provoca i nemici per distrarli e approfittarne”. Lo aveva detto fissando Loki negli occhi e l’Ase si era limitato ad accennare un ghigno soddisfatto.

Il suo aguzzino era nervoso, incapace e il coltello non era l’unica arma che non sapeva usare, a quanto pareva. Deglutì e parlò con una voce falsamente ironica e sicura.

“Ti spavento così tanto? Non riesci nemmeno a essere uomo, Theoric? A Loki faresti una gran pena.”

“Sta’ zitta! Zitta!” La voce dell’uomo suonò esasperata. Era in una situazione incresciosa e svilente. L’ansia di doverla uccidere, lì e ora, paralizzava il resto, inibendolo, e il fatto che Sigyn scalciasse e si divincolasse, graffiasse e tentasse continuamente di liberarsi, non gli rendeva certo il compito più facile. Era a braghe calate, in un cunicolo da cui in ogni momento poteva uscire fuori qualsiasi cosa e anche toccandole il seno piccolo e morbido o i fianchi che aveva sempre considerato invitanti, non riusciva a eccitarsi al punto di riuscire a possederla. Troppa ansia, troppo rumore – quello che proveniva dal fondo lontano dello stretto corridoio e la voce di lei, che, mentre si divincolava e blaterava inutilità, lo distraeva con quel fottuto, spaventoso nome: Loki.

Insistette, ma in testa presero a risuonargli le parole aspre di suo padre, che lo accusava di essersi lasciato sfuggire il trono di Vanheim per un soffio, consegnandolo a uno straniero.

Si distrasse per quello e per il sussulto improvviso della terra sotto di loro e mollò ulteriormente la presa; Sigyn ne approfittò per assestargli una gomitata e sgusciò via, incespicando nel buio e sui gradini scoscesi, invocando aiuto. Theoric tentò di afferrarla per i capelli e per poco non riuscì a ghermirla, ma il taglio corto si rivelò provvidenziale per la donna e, impedito com’era dagli abiti in disordine, non poté inseguirla, regalandole così preziosi, ma flebili, secondi di vantaggio. Era riuscita a sfuggirgli ben due volte, ma non sarebbe sopravvissuta a una terza. Non dopo averlo provocato a quel modo. Desiderava punirla e ucciderla e, presto, ci sarebbe riuscito. Gridò ancora, nella vana speranza che Loki o qualcun altro degli Asi o dei Vanir a lei fedeli, potesse udirla.

 

 

Il dio degli inganni camminò lentamente nell’acqua bassa e spumosa, ammirando soddisfatto la statua di ghiaccio e carne che aveva creato. In pochi minuti il mostro si sarebbe liberato, riversandogli contro tutto il suo rancore folle: doveva agire in fretta. Lanciò in aria il lungo pugnale affilato riprendendo al volo: lo avrebbe colpito a un occhio, facendo ben attenzione a non rimanere ferito lui stesso a seguito degli spasmi incontrollati dell’essere. Nel mezzo di questo ragionamento, lo sorprese il grido, non troppo distante, d’una donna, forse. L’eco attutita di una violenza o di un incidente di cui l’Ase non poteva certo occuparsi, perché c’erano cose più urgenti, da risolvere. Aveva fatto, per le donne rinchiuse nel Tempio, più di quanto fosse nei suoi progetti fare: salvarle tutte non era possibile e l’unica di cui gli importasse qualcosa ormai era al sicuro, all’accampamento con Freya e Njord. Valutò scientemente che quel grido non poteva distrarlo e scagliò il pugnale, che andò a segno. Il resto, lo aveva previsto fin troppo bene: il ghiaccio si frantumò, spezzato dal dolore e dal rancore del mostro. Subito dopo, l’intero sotterraneo tremò e vibrò orrendamente. Il dio degli inganni evitò i colpi ciechi e furiosi del mostro e si diresse, rapido, sotto la sua pancia esposta, dove il carapace lucente mostrava qualche punto debole. Era da lungo tempo che non gli capitava d’affrontare un simile abominio e fu contento di non avere sempre quella piaga dell’inopportuno fratello alle calcagna. Avrebbero litigato su chi dei due avesse il merito dell’uccisione del mostro per decenni, almeno. Infilò la spada tra una delle zampe della creatura e il corpo, intuendo che il colpo avrebbe potuto debilitarla: una strategia assolutamente perfetta, solo che[4].

 

Solo che il grido lontano si fece improvvisamente vicino e aumentò in intensità e volume assumendo una nota conosciuta, familiare. Le zampe del mostro mulinavano rabbiose nel tentativo d’infilzarlo e Loki trafiggeva, parava, scansava, mormorava rune, ma non poté fare a meno spendere una frazione di secondo per voltarsi e vedere chi cazzo aveva deciso di venire a crepare in quel sotterraneo.

La terra sussultava, l’acqua ribolliva, il mostro lo cercava, accecato dalla lama del pugnale e dal rancore. Il dio degli inganni vide Sigyn incespicare sugli ultimi gradini crepati e parzialmente distrutti che congiungevano il cunicolo alla dimora della creatura, venire afferrata da uno stravolto Theoric, rotolare assieme a lui. Lo fulminò il pensiero che una simile caduta le avrebbe fatto perdere il figlio maschio che aspettava, a cui lui non aveva fatto nemmeno in tempo ad abituarsi.

Allora era lei, che gridava. Lei.

Fu raggiunto da una delle zampe del mostro che non riuscì a parare né a evitare – aveva commesso l’errore di perdere la concentrazione – e si ritrovò in acqua, quasi senza respiro. L’arto dell’abominevole creatura ruppe le protezioni robuste dell’armatura d’Ase di Loki, perforando il metallo e incuneandosi, sebbene di poco, nella carne. Tentò di sollevarsi, ma la zampa dell’essere continuava a bloccarlo in quei pochi centimetri d’acqua che gli arrivavano alle ginocchia. Affogare così era svilente, ma certo non impossibile, se non fosse riuscito a rialzarsi in fretta. E poi c’era lei, per le Norne, lei. Loro, forse.

 

“Loki!” Il grido di Sigyn fu qualcosa di terribile, straziante.

Non poteva averlo visto davvero. Doveva trattarsi di un incubo o un’allucinazione. Il dio degli inganni era un Ase addestrato da Asi – anzi, uno Jotunn. Gente fiera, forte, abile e potente, tanto da essere considerata quasi invincibile. Invece Lingua d’Argento s’era voltato giusto il tempo per riconoscerla e poi era caduto sotto il fendente, implacabile, del mostro inferocito. L’acqua si tinse di rosso. Sigyn, ancora a terra, tentò di strisciare verso il bordo dell’acqua e di liberarsi del peso di Theoric. Anche l’uomo era sconvolto. Improvvisamente, la sua vendetta nei confronti della principessa dei Vanir aveva perso parte della sua attrattiva. Urlò, cercando di fuggire nuovamente verso il cunicolo, ma l’ultimo movimento tellurico aveva parzialmente coperto l’imbocco del cunicolo. Si rese conto con orrore che era intrappolato; l’unica sua fortuna era che, con tutta probabilità, il dio degli inganni sarebbe morto.

 

 

 

Continua…

 

 

L’angolo di Shilyss

Cari Lettori che siete arrivati fin qua,

Non mi ammazzate. Ho aggiornato questa storia dopo mesi e ho fatto finire il capitolo in maniera crudelissima, lo so, ma il prossimo episodio è già mezzo scritto e a stretto giro saprete come andrà a finire la storia. Il capitolo presenta numerose scene di violenza, me ne rendo conto, ma poiché non vi è alcuna descrizione né c’è niente di gratuito, ho lasciato il rating arancione. Se lo riterrete opportuno, provvederò ad alzare il rating a rosso.

Perdonatemi per questa botta di realismo che ho voluto regalarvi col personaggio di Theoric, che è negativo (voi direte: c’è bisogno della specifica? Purtroppo, non sapete quanto). Rappresenta la banalità del male, l’uomo della porta accanto che di fronte ai nostri “no” cerca vendette, che attribuisce l’infelicità del suo destino al fatto che Sigyn ha scelto Loki. Sigyn fu, in Tutte le tue bugie, sempre estremamente chiara nei confronti di Theoric, confessandogli immediatamente di amare un’altra persona.

Voglio ringraziare tutti coloro che hanno recensito, preferito, ricordato e seguito questa storia dal primo capitolo a… ora. Grazie davvero, ogni riga è per voi. Mi commuovo ♥. Parafrasando l’infinita Melania G. Mazzucco, posso dire che “solo chi crea conosce la gioia di sapere che la freccia scoccata verso il cielo non è caduta ai nostri piedi, ma ha colpito il cuore di qualcuno.”

Se la storia vi ha colpito, utilizzate le liste: farete felice un’Autrice ♥ (Fa anche rima). La Fatina dell’Ispirazione necessita sempre delle vostre cure per poter spandere i suoi glitter! Per ulteriori info e un po’ di divertimento… c’è la mia pagina facebook ♥ https://www.facebook.com/Shilyss/

Ricordo che Vanheim, con questo ordinamento sociale, politico e culturale è una mia idea e il Tempio eccetera è una mia idea: vi pregherei di non utilizzarla o, se proprio vi sentite ispirati, di inserire un disclaimer apposito in cui dichiarate i credits . Anche il personaggio di Sigyn, tolto quello che trovate alla voce “Sigyn” su Wikipedia, è una mia personale interpretazione/reinterpretazione/riscrittura.

A prestissimo,

Shilyss



[1] Come ricorderete negli scorsi capitoli. È l’episodio delle lame visto dal PoV di Sigyn.

[2] È la storia di Tutte le tue bugie, la prima long, come sempre.

[3] Sempre in Tutte le tue bugie, Sigyn finisce per accompagnare Loki e Njord in un’ambasceria ad Asgard.

[4] Ogni volta che incontrate l’uso ridondante di Solo che/Solo che riferito a Loki e a Sigyn il pensiero va alla minilong in 2 capitoli che ha fatto di questo espediente narrativo la sua forza: è la mia “Sposami, Sigyn.”

   
 
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