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Autore: Dida77    03/02/2019    3 recensioni
"Doveva portare il corpo di Bucky via di lì. Si era ripromesso di portarlo a casa con sé e lo avrebbe fatto."
Post Captain America: The Winter Soldier
Personaggi: Steve, Bucky, Natasha, un po' tutti.
La storia è stata scritta come regalo di compleanno per Rossella, splendida l'amministratrice del gruppo "Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fanart".
Un grazie infinito a Enid che ha betato questa storia rendendola mooooolto migliore. Se vi piace, è sicuramente anche merito suo.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Steve fece il numero di Natasha e aspettò impaziente che l’altra rispondesse. Non riusciva a star fermo, camminava avanti e indietro per la stanza, seguito dallo sguardo attento di Bucky semisdraiato sul letto. Natasha rispondeva sempre al telefono, non poteva non rispondere proprio adesso, continuava a ripetersi sempre più impaziente… Poi, finalmente, sentì la voce dell’amica.

“Pronto?”

“Pronto Nat? Sono Steve. Puoi parlare?”

“Ehi Steve… Certo, sono sola. Come va?”

“Tutto ok, Bucky sta un po’ meglio. La febbre è scesa e la ferita sta migliorando. Lì com’è la situazione?”

“La pista sta per venire fuori Steve, credo sia questione di massimo dodici ore… Non posso fare di più. Mi dispiace.”

“Tranquilla Nat. Sei stata bravissima. Adesso ascolta… abbiamo un piano. Ma mi serve il tuo aiuto.”

“Spara.”

“Dovresti venire qui a Bucarest e andare nel vecchio appartamento di Bucky. Nascosto sotto un’asse del pavimento dovrebbe esserci il fascicolo dell’Hydra su di lui. Una settimana fa era ancora lì… Spero che non lo abbiano ancora trovato…”

“E una volta recuperato?”

“Dovresti portarlo allo S.H.I.E.L.D. per farlo analizzare. Se su quel fascicolo c’è anche solo un quarto delle cose che Bucky mi ha raccontato, lui verrà riabilitato immediatamente e noi potremmo tornare a casa. È la nostra unica possibilità. Altrimenti…”

“Altrimenti non tornerai più, vero?” Sempre dritta al punto, sempre pronta a fare le domande scomode, senza guardare in faccia a nessuno.

“No, Nat. Altrimenti non tornerò.” Rispose Steve con una nota di tristezza nella voce, ma con la serenità di chi che aveva già preso la sua decisione tempo prima e non intendeva metterla in discussione in alcun modo.

“È l’unico piano che abbiamo?” Chiese Nat riprendendo immediatamente un tono pratico.

“Sì. O almeno è l’unico che ci sia venuto in mente fino ad ora.”

“Allora funzionerà. Deve funzionare per forza Steve. Ormai mi sono abituata ad avere un vecchietto tra i piedi che brontola quando dico le parolacce. Mi dispiacerebbe se non tornasse più a casa…”

“Funzionerà Nat.”

“Ok. Mandami le coordinate della casa. Prendo il quinjet, recupero il fascicolo e torno a Washington. Avete bisogno di qualcosa? Preferirei non passare da voi, così sono sicura di non compromettere il vostro nascondiglio. E poi… e poi non sono brava con gli addii…”

“Non è un addio Nat. Ti dico che funzionerà.”

“Ok, Cap. Allora procedo. Mandami le coordinate. Ti richiamo per farti sapere come è andata.”

“Nat, è gente pericolosa, non si ferma davanti a niente. Fai attenzione. Ok?”

“Anche voi.”

Steve chiuse la conversazione. Il piano doveva funzionare, doveva funzionare per forza. Lei era sua amica, non avrebbe voluto chiederle quel favore, ma era l’unica strada percorribile. Se c’era qualcuno che poteva cavarsela in ogni situazione, era lei.

Mentre era perso nei suoi pensieri, la voce di Bucky lo riportò alla realtà. “Ti fidi di lei?”

“Ciecamente.” Rispose, senza nemmeno pensare. “È lei che mi ha detto dove trovarti e fino ad ora ha insabbiato la pista in modo da rallentare lo S.H.I.E.L.D. È una buona amica.”

Una scossa di gelosia percorse la schiena del moro. Non tanto perché temesse il rapporto tra Steve e Natasha, quanto perché esistevano persone che avevano condiviso parti della vita di Steve che lui aveva perso per sempre. Persone che erano state con lui, che avevano mangiato, scherzato con lui, combattuto al suo fianco, che gli avevano coperto le spalle in battaglia. Persone che Steve considerava amici. Persone che avrebbero voluto riaverlo a casa, con loro. Persone a cui Steve avrebbe rinunciato per lui. Non credeva di meritarsi tutto questo. Non capiva come potesse meritarselo dopo tutto ciò che aveva fatto.

Steve fu rapido a cogliere il repentino cambio di umore.

“Sono amici, Bucky. Mi hanno aiutato quando mi sono svegliato dal ghiaccio, in un mondo che non era più il mio. Mi sono stati vicino. Mi fido di loro, ma tu sei più importante, capito? Tu sei più importante di tutto.” Disse convinto. “Vieni qua, fatti abbracciare, cretino. E non farmi scenate di gelosia, chiaro?”

Finirono a ridere tutti e due, un po’ imbarazzati.

Passarono le ore successive in attesa, sempre più tesi e silenziosi mano a mano che le ore passavano. Mangiarono un po’, provarono a dormire un po’ ma senza successo. Steve medicò la ferita e fece l’iniezione di antibiotico. La febbre se ne era andata quasi del tutto, ma aveva lasciato Bucky debole come un gattino. Non era ancora in grado di alzarsi dal letto da solo e Steve dovette accompagnarlo in bagno sorreggendolo quasi completamente.

Dopo quindici ore non avevano ancora avuto nessuna notizia di Natasha.

“Non posso chiamarla.” Sbottò Steve, cercando di convincere soprattutto sé stesso. “Potrebbe essere pericoloso in missione.” Non gli piaceva aver chiesto il favore a Nat. La cosa non gli piaceva proprio per niente, ma l’idea di andare lui stesso, lasciando Bucky da solo senza protezione in quella camera di albergo gli piaceva ancora meno. No, aveva preso l’unica decisione possibile, pensò per l’ennesima volta, quando il telefono, che aveva ormai in mano da ore, squillò.

Guardò il cellulare per un paio di secondi. Si sedette sul bordo del letto e prese la mano di Bucky, per far coraggio più a sé stesso che all’altro, e aprì la conversazione in vivavoce.

“Pronto, Nat?”

“Ehi Steve, sono in vivavoce dal quinjet!” La voce di Nat era forte e chiara. “Ci sono anche Sam e Clint con me…”

I due amici salutarono in coro. “Ciao vecchietto, la prossima volta che vorrai fare l’eroe sei pregato di avvertire, ok?” Disse Sam con aria fintamente offesa.

“Poteva essere pericoloso ragazzi…” Rispose Steve imbarazzato e impaziente. Ma il fatto che dal quinjet avessero voglia di scherzare era già un buon segno sull’esito della missione.

“Se non fosse pericoloso non si direbbe fare l’eroe, genio.” Rispose Clint.

“Non sono stata abbastanza brava Steve, mi hanno scoperto e non volevano lasciarmi venire da sola. A quel punto o li uccidevo o li portavo con me. Credo che approverai la mia scelta. Comunque… tanto per tornare seri… abbiamo il fascicolo, era dove mi avevi detto. Lo abbiamo recuperato senza problemi.”

A quelle parole i due amici si resero conto che avevano praticamente smesso di respirare dal momento in cui era suonato il cellulare. Poi Nat continuò con voce seria. “Ehi Cap, gli abbiamo dato un’occhiata. Quello che c’è dentro è… è spaventoso. Cose da togliere il sonno, Steve. Non avevo mai visto cose così… e io ne ho viste tante di cose nella mia vita.” Poi continuò con tono pratico. “Lo portiamo subito allo S.H.I.E.L.D. per farlo analizzare e per verificare che sia autentico. Fury lo sta già aspettando. Se le cose andranno come penso, nel giro di ventiquattro ore saremo da voi con una squadra per prelevarvi in sicurezza.”

“Grazie Nat.” Rispose Steve con le guance di nuovo umide e un immenso nodo in gola. Non ricordava di aver mai pianto tanto come in quegli ultimi giorni.

“Non c’è di che Steve. Ricordati che mi devi ancora quel caffè.”

“Non credo basti per ripagarti di tutto.”

“Allora vorrà dire che alla prossima festa di Tony mi presterai il Sergente per fare un ballo come si deve. Se non mi sbaglio era un ottimo ballerino, no?”

“Sì Nat, è un ottimo ballerino.” Rispose sorridendo, un po’ imbarazzato.

“Perfetto Steve! Serviva un ballerino in squadra. Dai allora, ci sentiamo non appena ci saranno novità.”

“Ok Nat. Ah, un’altra cosa. Se poi verrete a recuperarci, considerate che Bucky non riesce ancora a stare in piedi e non può camminare.”

“Arriviamo con una barella amico. Stai tranquillo, ci penso io. Servono altre attrezzature mediche?” Sam si intromise risoluto nella conversazione.

“La ferita si è infettata Sam, adesso va meglio, ma serve una medicazione come si deve. Considera poi che ha perso parecchio sangue ed è stato quattro giorni con la febbre alta, senza mai bere. È ancora disidratato.”

“Consideralo fatto amico. Ho capito la situazione. Verremo a prendervi con una squadra di paramedici e l’attrezzatura necessaria. A presto.”

“A presto ragazzi e grazie ancora.” Rispose sollevato, come se gli avessero tolto un gran peso dalle spalle. Adesso riportare Bucky a casa non era più un’impresa solitaria, era diventato un lavoro di squadra.

Una volta chiusa la conversazione si guardarono per un po’ in silenzio senza dire niente. Steve piangeva silenziosamente di sollievo senza nemmeno rendersene conto. Bucky lo guardava con un sorriso triste ed incredulo sulle labbra. Fu lui il primo a parlare.

“Gli hai parlato di me? Ai tuoi amici dico. Hai parlato loro di me?” Chiese con una punta di orgoglio nella voce. Sapere che Steve lo aveva pensato in quegli anni in qualche modo portava via il freddo più delle coperte che aveva addosso.

“Mi sentivo solo Bucky. Condividere il ricordo di te con qualcuno mi faceva stare meglio, almeno per un po’. Era come averti per un attimo ancora accanto. Sono tutti bravi ragazzi, vedrai. Non solo Nat, Clint e Sam. Anche gli altri.”

Bucky annuì. Se piacevano a Steve dovevano essere sicuramente brave persone. Questo era certo. Questo bastava. La prospettiva di smettere di scappare e di tornare ad una vita normale gli era sempre sembrato un miraggio, ma adesso con Steve a fianco, quel miraggio sembrava un po’ meno lontano.
Poi un attacco di nausea improvviso lo riportò alla realtà e lo costrinse a chiudere gli occhi. Si era seduto sul letto per ascoltare la telefonata, ma adesso la testa aveva iniziato a girare di nuovo e la nausea si era impossessata di lui.

“Forza adesso sdraiati, hai bisogno di riposare.” Gli disse Steve sorreggendogli la schiena per aiutarlo a distendersi, sistemandogli i cuscini in modo che stesse comodo e rimboccandogli per l’ennesima volta le coperte. “Vediamo se adesso riesci a dormire un po’. Mi faccio una doccia veloce e arrivo anche io.”

Aveva veramente bisogno di una doccia. Adesso che il fascicolo era stato recuperato e che la tensione stava iniziando ad andarsene, una stanchezza infinita si stava impossessando di lui. Decise di concedersi una lunga doccia bollente per cercare di sciogliere i muscoli, soprattutto quelli delle spalle e del collo. Gli mancava la doccia di casa sua, il suo bagnoschiuma, il suo accappatoio con i colori di Captain America, regalo dei ragazzi per il suo compleanno. Gli mancava casa.
Adesso che sapeva che molto probabilmente sarebbero tornati gli permise di abbassare la guardia. Fino ad ora si era costretto a non pensare a ciò che si lasciava alle spalle, i suoi amici, il suo lavoro, la sua casa. Non che si pentisse della scelta presa, Bucky era troppo importante per decidere diversamente… Ma adesso che sapeva che sarebbero ritornati poteva tornare a pensare a tutto ciò che lo aspettava, e tutto acquistava un gusto particolarmente dolce, persino quella doccia di albergo.

Se la prese con calma e ci mise un po’ ad uscire. Quando tornò in camera vide che, a differenza di quanto sperato, Bucky era ancora sveglio.

“Non riesci a dormire?”

“Aspettavo te.” Una nota di imbarazzo nella voce.

“Dai forza… allora fammi un po’ di spazio.” Disse mettendosi anche lui sotto le coperte. “Menomale che a casa c’è un letto matrimoniale…” L’idea di loro due a casa nel loro letto gli sembrò l’immagine più bella che avesse mai visto. Sistemò i cuscini nel miglior modo possibile e allargò le braccia in modo che l’altro potesse appoggiare la testa sul suo petto.

“Adesso cerca davvero di dormire... Buonanotte.” Gli soffiò sulla fronte una volta che Bucky si fu accomodato tra le sue braccia.

“Buonanotte.” Rispose Bucky contro il suo petto, lì dove aveva appoggiato la testa.

Si addormentarono abbracciati nel giro di pochi minuti, entrambi con il sorriso sulle labbra.
   
 
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