Anime & Manga > Boku no Hero Academia
Segui la storia  |       
Autore: _thantophobia    03/02/2019    3 recensioni
Izumi si era immaginata molteplici facce, mentre percorreva in macchina i chilometri che separano casa sua dalla prigione - si era immaginata un ragazzone tutto muscoli come Bane oppure un anonimo ragazzino insospettabile ma pericoloso e mortale come John Doe, di certo non un ragazzo che, prima di finire lì, doveva essere davvero solare e pieno di vita.
Davvero non capisce come ci sia arrivato.
[OC | Kaminari Denki | Bakusquad | un po' tutti] [KamiJirou | hint ad altre ship] [rating giallo per il linguaggio e i temi(?) | angst | maliconico | introspettivo] [what if?/AU/idk/something in between?]
[il secondo capitolo partecipa al Writober2018 con la lista di prompt di Fanwriter.it | prompt: segreti]
[capitolo 11 - Finale Alternativo: Acido Lisergico]
[capitolo 12 - X (+1): Dimmi che posso entrare]
[capitolo 13 - ]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Kaminari Denki, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Of Monsters and Men

 

 

 

 

 

 

 

 

VII: Nutrirsi di caos

 

 

 

 

 

 

Niente cambia,

tutto resta,

si mangia la tua forza

e alimenta la vergogna.

Kate Tempest, “Let them eat Chaos”

 

 

In other faces the eyes twitch and switch back and forth.

King falls, queen falls, silence shouts.

[…]

…the light is leaving us all.

Current 93, “Bright Dead Star”

 

 

 

I giornalisti, fuori dal tribunale, la assalgono come un branco di lupi su una carcassa, sperando forse in qualche ritrattazione. Ma Izumi non cede e non arretra di un solo passo, continuando a scendere le scale velocemente ma senza troppo fretta, cercando di non dare a vedere il suo tormento interiore.

-Il mio assistito è innocente, e farò di tutto per evitare che lo condannino a morte.- sentenzia. –Per il resto non ho altro da aggiungere.-

-Come pensa di rispondere all’avvocato dell’accusa?- chiede un giornalista, quasi conficcandole il microfono in un occhio. Poco distante, l’avvocato in questione è a sua volta circondato dai giornalisti, e ha un atteggiamento spavaldo e sicuro. E come dargli torto?

-Ho ancora qualche testimone da chiamare a deporre, non mi do per vinta.-

Ecco. L’ha appena fatto. Ha imparato a mentire.

Non si sfoga fino a quando non rimane da sola con Hiroshi: scaglia la propria borsa contro la libreria del soggiorno, iniziando poi a camminare avanti e indietro.

-Se ti agiti è ancora peggio.- sbotta Hiroshi, osservandola fare avanti e indietro per la stanza. –Cerca di calmarti… -

-Calmarmi?!- strilla lei. –Non so se te ne sei accorto, ma la situazione è precipitata! Se non trovo una soluzione in fretta il processo si chiuderà qui!-

-Abbiamo ancora la testimonianza di Todoroki e Bakugou… - cerca di farla ragionare, ma Izumi scuote la testa: non basterà la loro testimonianza a salvare Denki, serve un vero e proprio miracolo a questo punto.

-Non bastano. Mi serve una testimonianza più solida e più… più attendibile... – inizia a vedere tutto sfocato e le manca improvvisamente il fiato.

-Oddio, no.- Hiroshi la abbraccia forte, cullandola, mentre lei inizia a piangere. –Lo sapevo che sarebbe finita così… -

Lo sapeva che sarebbe crollata, prima o poi. Lui le aveva detto di lasciar perdere e di accettare la sconfitta, ma ovviamente non gli ha dato retta.

-Io… - singhiozza disperata. –Io non so più che cosa fare… -

-Troveremo una soluzione, vedrai.- cerca di consolarla, ma lei scuote la testa: non hanno più tempo, ormai potrebbero condannarlo da un momento all’altro e lei non potrebbe fare altro che stare lì a guardare.

 

-Cosa ti piacerebbe fare, una volta uscito da qui?- gli chiede, mentre poggia le carte sul tavolo di fianco al sacchetto con l’hamburger.

Denki solleva le spalle e inizia a mangiare. –Non lo so… Di sicuro riuscire a trovare un lavoro.-

-Potresti iniziare la carriera da Eroe, no?-

Lui la guarda come se le fosse spuntata una seconda testa. –Izumi, anche se dovessi riuscire a dimostrare che sono innocente sono pur sempre un criminale. Nessuno mi vorrebbe. Per di più non ho neanche finito gli studi.-

-Ti scoraggi molto in fretta, giovanotto.- scuote la testa.

-Non tutti sono testardi come te, lo sai?- sbuffa Denki, finendo il panino. –Ora vuoi rispondere a quella domanda?-

-Quale domanda?-

-Perché ti sei intestardita così tanto con me?- domanda il ragazzo. –Perché hai voluto aiutarmi anche quando continuavo a dirti che non volevo l’aiuto di nessuno? Ero colpevole, agli occhi della gente lo sono ancora… Quindi perché?-

Izumi resta in silenzio qualche secondo, prima di prendere un profondo respiro. –Il mio ex era un psichiatra. Lavorava per la polizia, era specializzato nei profili psicologici di tipo maniacale e nel trattamento del delirio di onnipotenza.-

-E questo che c’entra?-

-Adesso ci arrivo.- Izumi incrocia le braccia al petto. –È successo… tre anni fa, più o meno. Era stato arrestato il figlio quarantenne di un vecchio ingegnere in pensione con l’accusa di aver rapito e ucciso quattro ragazze in dodici anni. Il mio ex mi ha praticamente pregata di farmi affidare il caso, perché lui era sicuro dell’innocenza di quell’uomo. Almeno, per quanto riguardava tre delle quattro poverine.-

-Non capisco… -

-Mi spiego meglio.- Izumi appoggia i gomiti sul tavolo. –Il mio ex ripeteva sempre che, in media, un assassino commette venti errori durante l’esecuzione di un omicidio. Di questi venti, diciannove sono errori di cui nemmeno lui si accorge. Sono errori dettati… dalla fretta, dall’inesperienza, dall’ansia. Ma ce n’è uno, uno solo, che è volontario.-

-Come puoi commettere volontariamente un errore?- Denki ridacchia. –Cioè, è da idioti.-

-Vero, ma è qualcosa che anche inconsciamente l’assassino fa. Lascia una firma, come un pittore alla fine del quadro, come per dire: “Guardatemi, ehy, sono stato io!”. Non ti puoi vantare con nessuno di aver ucciso una persona, così lasci un piccolo indizio di te sulla scena del crimine.-

-La vanità è il peccato del diavolo… - mormora il ragazzo.

-Il mio ex era arrivato alla conclusione che le firme tra i primi tre omicidi e il quarto erano diverse e quindi non poteva essere lui.- Izumi annuisce. –Tutto questo discorso per dirti che mi sono così tanto intestardita con te perché mi sono accorta che da tutti i reperti che ho avuto dalla polizia non riuscivo a ricavare una firma. Un qualcosa che mi facesse pensare: “Sì, è vero, è stato Denki.”-

-Per questo non mi hai mai creduto.-

Izumi sorride. –Per questo non ti ho mai creduto.-

 

 

Ritornato in cella, Denki fissa il muro di fronte a sé senza davvero vederlo. In fondo ci aveva davvero creduto, alle promesse del suo avvocato, ma non aveva messo in conto della realtà dei fatti – nessuno gli crede, nessuno gli crederà mai, perché hanno tutti bisogno di un capro espiatorio da sacrificare per avere la coscienza pulita. È triste, ma purtroppo è così.

Si tira lentamente in piedi, avvicinandosi alle sbarre per attirare l’attenzione del secondino di guardia. –Senti, posso fare una telefonata?-

Questi lo scruta, avvicinandosi di un passo. –Non puoi chiamare il tuo avvocato, lo sai.-

-Non voglio chiamare lei.- scuote la testa. –Volevo chiamare un’altra persona… -

La guardia soppesa per qualche istante la richiesta, prima di sbuffare e cercare tra le chiavi quella che apre la sua cella. –Va bene, hai cinque minuti. Non di più.-

Denki sorride. Saranno sufficienti.

Viene scortato in silenzio fino al telefono più vicino. Il secondino si ferma qualche passo più indietro, abbastanza vicino da impedire qualsiasi tentativo di fuga ma abbastanza lontano da lasciargli un po’ di privacy. Compone lentamente quel numero che conosce a memoria e lascia che suoni a vuoto, paziente.

«Ciao, al momento non posso rispondere. Lascia un messaggio e vedrò di richiamarti al più presto e poi il segnale acustico e a Denki si bloccano le parole in gola. Prende un profondo respiro.

-Ciao, sono io.- esordisce, e non riesce a non sorridere nell’immaginarsi la sua espressione. –Sai, è un po’ strano chiamarti così, in questo momento… Forse sto diventando ancora più stupido di quanto non fossi prima.-

Ridacchia, e quasi riesce a immaginarsi la sua voce che gli risponde. Sente le lacrime salirgli agli occhi. –In fondo ci ho creduto, sai, che Izumi sarebbe riuscita a dimostrare che sono innocente. E invece eccomi qui, a sbattere di faccia con la realtà dei fatti… E fa male. Fa davvero, davvero male.-

È costretto ad appoggiarsi al muro perché sente le gambe cedere, e mentre si passa la manica della tuta sugli occhi la guardia alza tre dita: sono già passati tre minuti? Sono passati così in fretta? –Non ho molto tempo, tra poco devo tornare indietro, ma volevo che sapessi che non mi pento di quello che ho fatto. Lo rifarei ancora, altre mille volte, se necessario… E mi dispiace che sia finita così… Avrei voluto almeno dirti che ti amo, Kyouka.-

Le lacrime gli rigano il viso e non prova nemmeno a contrastarle o ad asciugarle, lasciandole scorrere lente fino al mento. –Ti amo, Kyouka. Volevo solo che lo sapessi.-

-Tempo scaduto.- il tono della guardia è distaccato ma nasconde una certa sofferenza, forse anche lui ha una ragazza che ama.

Denki annuisce, riagganciando la cornetta. –Ho finito. Tanto non avrebbe potuto rispondermi.-

 

-C’è qualcosa che devi dirmi, Pikachu?-

-Mh? No, perché?-

-…sei distratto. E pensieroso.-

-Ah, no, tranquilla! Sono solo un po’ stanco.- “Sto pensando che ho appena sprecato un’altra occasione per dirti che ti amo, come sono idiota.”

-…mh, okay. Buonanotte, Pikachu.-

-‘Notte... -

 

 

Di solito odia lasciarsi prendere dalle emozioni e agire senza pensare, ma in questo caso Shouto non si pente di essere salito sul primo volo per Sapporo per andare da lei – e ora sta procedendo a passo di marcia, dopo tutti i chilometri in macchina dall’aeroporto a lì, lungo il vialetto della villa. Non si scomoda nemmeno di usare il citofono, preferendo prendere a pugni il legno blindato del portone.

-Ma che modi sono, insomma!- bercia una voce che non è quella di Momo, mentre la porta viene aperta e accostata. Non dà nemmeno il tempo a Recovery Girl di chiedergli chi sia: spalanca la porta e si precipita all’interno, lanciando le scarpe da qualche parte nell’ingresso. –Ma insomma! Almeno chiedere permesso!-

Ma Shouto nemmeno la ascolta, camminando a passo di carica verso il salone. C’è una luce accesa, magari Momo è ancora alzata a leggere con la sua amata tazza di tè alla lavanda. –Sappi che non me ne vado finché non mi dai una spiegazio… -

Non è Momo, la persona seduta su quella poltrona, e Shouto passa in breve tempo dalla rabbia allo stupore alla preoccupazione e poi di nuovo alla rabbia: stringe così forte i pugni e i denti che si fa male da solo, imponendosi di stare calmo e non sfogarsi con la persona sbagliata.

-…ehm. Ciao?-

-Recovery! Che succede?- Momo si precipita giù dalle scale in vestaglia e pantofole, forse stava andando a dormire, e con la coda dell’occhio Shouto la vede sbiancare e iniziare ad agitarsi. –Aspetta, aspetta. Lasciami spiegare… -

Shouto non dice una sola parola, limitandosi a osservarla con uno sguardo affilato - Momo può contare sulle punte delle dita di una mano sola, la volte in cui l’ha visto davvero arrabbiato.

Questa è una di quelle.

 

 

La mattina dopo, quando la guardia gli annuncia di avere una visita, di certo non si aspetta loro.

È quasi tentato di chiedere al secondino di riportarlo in cella, perché non crede di essere pronto abbastanza per affrontare i genitori di Kyouka. Aizawa lo guarda dall’altro lato della stanza, in silenzio, e gli mette i brividi.

-Io… - balbetta, pensando a cosa può dire, ma Jirou Kyoutoku lo ferma immediatamente.

-Non serve che tu dica niente, sono qui perché ti devo delle scuse.- sentenzia. –Mi dispiace averti accusato di qualcosa che non hai fatto, non solo della morte di Kyouka.-

Denki è senza parole. Boccheggia, il cervello chiuso in una bolla d’aria rarefatta che non riesce a formulare un pensiero coerente, mentre fissa la coppia con gli occhi sgranati. –Voi… -

-Ti crediamo, Denki.- mormora Mika, togliendosi gli occhiali per asciugarsi le lacrime. –Non avresti mai fatto del male a nostra figlia. Se sei stato disposto ad accusarti ingiustamente, non puoi averla uccisa.-

-Ma non capisco perché mentire.- si intromette il professore. –Perché farti questo, Kaminari?-

-Perché non mi è venuto in mente nient’altro.- riesce a rispondere. –E perché non avevo più niente da perdere.-

Kyoutoku fa un passo verso di lui, posandogli le mani sulle spalle. –Avevi la tua vita. Perché hai rinunciato a tutto per Kyouka?-

-…lei non avrebbe fatto lo stesso per proteggere sua moglie?-

Quella risposta lascia i tre adulti senza parole. A rompere il silenzio è Mika. –Proteggerla da cosa?-

Denki apre la bocca per rispondere, ma viene interrotto dall’ingresso di un gruppo di secondini.

-Scusami, ragazzo.- è lo stesso della sera prima, che lo costringe ad allontanarsi da Kyoutoku con una spinta leggera alla spalla. –Dobbiamo andare.-

-Ma cosa..?- riesce a mormorare, spaventato. –Che sta succedendo?-

L’uomo punta gli occhi nei suoi, sorprendendolo con uno sguardo triste e rassegnato. –Dobbiamo eseguire la condanna.-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

D.P.L.: Deliri Pre Linciaggio

Okay, me lo merito, anche solo per il fatto che vi farò aspettare un mese per il prossimo capitolo e per non aver mantenuto la parola e non aver postato ieri sera.

È tutta colpa di Kingdom Hearts e di Sora, lo giuro, quel tappetto molto cheeky e sassy mi era mancato da morire.

Detto questo *indossa elmetto* Procedete pure. Solo, se potete, evitate di bruciarmi/affogarmi viva, mi sanno di morte molto dolorosa. Per il resto, bazooka, bombe a mano, veleni, padelle, keybladebring it on.

Maki

 

 

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Boku no Hero Academia / Vai alla pagina dell'autore: _thantophobia