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Autore: AntoGoesToLondon    04/02/2019    3 recensioni
"Cecilia, ventottenne alle prese con il suo primo lavoro in una multinazionale, trascorre un'esistenza particolarmente piatta, in cui tutti i giorni cominciava a somigliarsi.
Perennemente alla ricerca dell'amore a prima volta, finisce sempre per fantasticare sulla persona sbagliata, rimanendo inevitabilmente.
Sembra ormai che nessuna novità si prospetti per lei quando all'improvviso un'occasione la porterà nella grigia Londra"
PS: per questioni pratiche, ogni tanto qualche dialogo della storia sarà riportato in inglese!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Quando meno te l’aspetti

 

Prologo

***Avvertenze***
Questa è una storia più che convenzionale.
London, 02/08/2018


Quando si inizia una storia si deve sempre incominciare da qualche parte, con qualche piccolo gesto che cambia le carte in tavola, e loro hanno iniziato da qui.
Sarebbe bello che ogni storia sia chiara e lineare, senza bisogno di interpretazioni o di inutili paranoie. Una storia in cui entrambi si guardano e capiscono tutto perché non appena lo/a vedi, è semplicemente evidente: finalmente il/la tuo/a anima gemella, “the one” come direbbero gli inglesi, quella persona che aspetti più o meno da sempre, anche se n’eri inconsapevole, è lì, lì di fronte, e tu vorresti correrle incontro per stringerla e non lasciarla andare mai più. Ma non puoi. Non puoi se non vuoi prenderti un’ordinanza restrittiva almeno.
 
In quel momento comunque faticheresti a muoverti perché in tutta onestà, il colpo di fulmine paralizza.
I francesi amano parlare di coup de foudre. Noi per semplicità  lo chiameremo colpo di fulmine.
Il crash del cervello umano, quando le sinapsi smettono di connettere fra di loro, andando in fumo e mettendo la razionalità in fuga. Lei non lo aveva mai provato.
 
Non lo aveva mai provato fino a quel momento, quando sotto quel cielo carico di nuvole grigie da cui non faceva che sgorgare una fitta pioggia estiva, lo provò seduta al bancone del pub in cui si era riparata.
Non appena il suo sguardo si era posato sulla figura di lui, quella consapevolezza si scagliò, come una bestia indomita, contro di lei.
Ci si può invaghire così di un perfetto sconosciuto? Tuttora lei lo domanda a sé stessa.
Man mano che il tempo trascorreva, che lo conosceva meglio, la sua infatuazione peggiorava.
Voleva che fosse suo, carpire il suo vero essere e fare delle abitudini con le sue stranezze.
Ma per un po’, non ottenne altro che nuove insicurezze e altri treni persi.
Lui, d’altra parte, non si sforzava di mandare dei segnali per farla dissuadere, si compiaceva troppo nel vederla sforzarsi per averlo, nonostante non ci fosse affatto bisogno: lei aveva già vinto. Eppure quell’insistere lo faceva sorridere ed implicitamente aumentare il suo ego, già eccessivo.
Ed infine, anche lui cedette. D’altronde, al cuor non si comanda.

 
 

Capitolo I

 
 
Roma, 05/02/2018
 
“Scusa che ore sono?”
Una voce maschile scosse Cecilia dal lieve torpore pomeridiano che sempre colpiva la giovane nei post-pranzo.
Era abituata a pranzare da sola nel parco vicino all’ufficio, intorno alle ore 13,15, tutti i giorni. Talmente scontato ormai che quando il suo capo voleva rovinarle la pausa pranzo non si limitava a scriverle su WhatsApp ma si presentava lì con tanto di portatile.
I suoi colleghi erano più tipi di take away o ristoranti, lei invece restava ancora fedele al suo pranzo da casa, come ai tempi dell’università. 
Cecilia restò un attimo in silenzio riformulando la frase nella sua testa e il ragazzo che continuava a fissarla incredulo si schiarì la gola per richiamare la sua attenzione. Probabilmente l’aveva scambiata per una stonata, pensò.
“Oh, certo, sì..” sbiascicò premendo il bottone laterale del suo smartphone per illuminare il display. “Sono le 13,36. Anzi, le 13:37” rispose tentando di essere il più precisa possibile. Il ragazzo annuì dopo averla ringraziata ed iniziò ad armeggiare con il suo cellulare rimanendo nei pressi.
In quel momento un’idea si fece varco nella mente della ragazza: forse è un tentativo di approccio? Per capire perché avesse un simile dubbio invece di pensare che si trattasse semplicemente di una banalissima richiesta, bisogna introdurre un po’ meglio la nostra protagonista.
​Cecilia era una un po’ fantasiosa, di quelle che credono ancora nel colpo del fulmine, che ogni volta che vanno in un nuovo posto sono convinte che troveranno l’amore della vita o che puntualmente ed erroneamente identificano nell’ultima persona che incontrano la loro anima gemella scambiando normalissime domande per interesse.
In quel momento, invece, a dimostrazione che la fantasia di Cecilia spesso si scontrava con la realtà, lo sconosciuto rimise il cellullare in tasca, e si avviò ringraziandola nuovamente senza molte cerimonie, lasciandola sbattere contro la consapevolezza che le aveva semplicemente chiesto l’orario. Già.
Un po’ amareggiata per l’accaduto e per la convinzione che era ormai senza speranze, decise di avviarsi verso l’ufficio ponendo fine a quella “penosa”, si fa per dire, pausa pranzo.

 
***

“Sei già di ritorno?” le domandò il suo collega Luca mangiucchiando una focaccia.
Lavoravano nello stesso team da circa un anno e mezzo ed era il suo diretto responsabile, al dire il vero. Cosa che Cecilia non si rassegnava ad accettare avendo lei sì e no due anni in meno rispetto a lui. “Ehm…sì! Tu non sei uscito proprio?” rispose mentre attendeva che il suo PC si riavviasse.
Luca annuì. “Qualcuno deve portare avanti la baracca e dato che tu devi fare il tuo riposino quotidiano, eccomi qui!” si lodò da solo nonostante fosse perfettamente cosciente che di certo, il team media non avesse tutto quest’impatto sul profitto aziendale totale.
Cecilia e Luca si occupavano, in sostanza, dell’acquisto diretto ed indiretto degli spazi pubblicitari per Softender, azienda leader nella produzione di carta per uso igienico e domestico.
Capite, insomma, che uno spazio in meno o uno in più non cambia di certo le sorti dei prodotti del portfolio aziendale, composto soprattutto da marche di rotoli di carta igienica e rotoloni assorbenti da cucina.
Cecilia roteò gli occhi facendo una smorfia e si concentrò sulle ultime e-mail in arrivo. Continuava a pensare al tizio. Ma possibile che non fosse un tentativo di approccio? Ma chi è che nel 2018 ha bisogno di reimpostare l’orario?
“Lù, senti ma tu tipo per rimorchiarti una, le chiederesti l’ora?” domandò all’improvviso.
Essendo ormai abituato alle sue domande strampalate e voli pindarici di vario genere, il ragazzo non si sorprese anche se non riuscì ad evitare di ridere. “Ti vuoi rimorchiare uno chiedendo l’orario? Ma prova con le sigarette!” esclamò divertito.
“No!” ribadì contrariata. “Ti pare che mi rimorchio uno.. prima nel parco uno l’ha chiesto a me” provò a spiegarsi.
“Ah, ok! E poi che è successo?” chiese mentre continuava a sbattere le dita contro la tastiera scrivendo l’ennesima mail della giornata.
“Nulla” confessò Cecilia mordicchiandosi il labbro inferiore. Si era resa conto di aver fatto una domanda stupida. Molto stupida.
A quel punto, Luca alzò lo sguardo e rimase a fissarla cercando le parole più carine che conosceva. “Cè, quello non era assolutamente un tentativo di approccio! Il tipo ha chiesto solo l’ora, tutto qua”
La ragazza sospirò e appoggiò il mento sul palmo della propria mano. “Già, non mi caga nessuno!” si lamentò, incrociando le braccia al petto.
“Rieccoci.. senti, so’ due anni che te lo dico: smettila di aspettare di incontrare in ogni angolo quello giusto. Quando meno te lo aspetti, arriva..”
“Un anno e mezzo, semmai” precisò la ragazza. Luca scosse la testa. “Ok, un anno e mezzo. Comunque la cosa non cambia”
“Ora controlla le mail. Te ne ho mandata una, così la smetti di dire che nessuno ti caga!” affermò sornione e tornò alle mail lasciando Cecilia con l’amaro in bocca.
 
***


Tornando da lavoro quella sera, Cecilia non riusciva a darsi pace.
Continuava a specchiarsi sui vetri della metro B osservando il suo aspetto. Ad ogni riflesso si convinceva di non essere così male. Aveva forse qualche chilo di troppo, magari avrebbe potuto curarsi di più però nel complesso non era da buttare.
Sospirò a lungo e rumorosamente attirando su di sé le attenzioni di mezzo vagone: l’ultima cosa di cui aveva bisogno, insomma.
Sentendosi in tremendo imbarazzo per tutti quegli occhi puntati addosso, decise di scendere a Garbatella, la fermata precedente a Piramide dove era solita prendere la metro, e di fare una passeggiata. Sicuramente mi farà bene camminare un po’, pensò, mentre s’incamminava verso casa lungo l’Ostiense.
Non vedeva l’ora di stendersi sul divano, guardando le repliche della sua sit-com preferita in TV in pigiama, davanti ad una cena a base di pizza surgelata.
Sicuramente a casa non avrebbe trovato nessuno: Giusy, la sua amata coinquilina da tempi dell’università, era dal suo ragazzo Carlo a Fregene, una cittadina sul mare fuori Roma, e non sarebbe tornata prima di domenica e Fabio solitamente era a casa di qualche ragazza quindi era difficile trovarlo.
Si stava già pregustando mentalmente la sua serata di solitudine e silenzio mentre infilava le chiavi nel portone quando si trovò una sorpresa.
“Buonasera, coinquilina adorata!” le aprì Fabio lasciandola con la chiave a mezz’aria.
“Hey! Che ci fai a casa?” gli domandò mentre si toglieva le scarpe come al suo solito. Non amava tenere le scarpe dentro casa, preferiva di gran lunga camminare scalza anche se il pavimento non era sempre pulitissimo.
In quel momento i suoi occhi si posarono sul tavolo apparecchiato per due in soggiorno. Capì subito che la sua serata si era appena sfumata nel nulla; di certo, Fabio non le aveva preparato una cena. Nemmeno un caffè le aveva mai fatto, figuriamoci un’intera cena.
“Abbiamo ospiti?” gli chiese senza riuscire a nascondere una leggera nota di acidità. Nonostante fossero ormai passati diversi anni da quando lo aveva conosciuto e fossero addirittura al terzo anno di convivenza, non riusciva mai a restare indifferente al via vai di ragazze di Fabio. Probabilmente la sua reazione era dovuta a quella vecchia cotta, non del tutto passata. Anzi, ammettiamolo: per niente passata.
Fabio si abbandonò ad una leggera risata. “Eh, sì” ammise sfoderando un sorriso. Era perfettamente consapevole che ad Cecilia non piacessero le sue “ragazze”, del motivo invece non ne aveva la minima idea. Additava, infatti, tale atteggiamento a questioni di moralità.
“Ma non puoi andare a casa sua?” si lamentò con tono infantile arricciando le labbra.
“Cecilia, senti, questa sta in doppia..” tagliò corto l’altro dirigendosi in una cucina per girare le zucchine. Vedendo il pacco di riso aperto e la scatola di gamberetti pronta all’uso, dedusse che stava preparando la sua specialità: risotto alle zucchine e gamberetti più ingrediente segreto. Così segreto che dopo anni Giusy ed Cecilia non erano ancora riuscite a farglielo dire.
“Ma è un affare importante?”. Solitamente non cucinava per nessuna, troppo sforzo e fatica inutili. Che si fosse trovato la ragazza?
“Ah, no, figuriamoci! È la prima volta che la vedo e quindi..”
Fabio aveva una strana incapacità o incredibile abilità, a seconda di come si volessero vedere le cose, di far sentire chiunque importante con gesti e parole che facevano presagire tutt’altro quando invece nella sua testa le cose erano chiare: “stiamo insieme oggi e poi domani si vede”.
Cecilia sospirò rassegnata. “Addio, sit-com!” farfugliò e afferrando un pacco di grissini dalla dispensa, decise di andare a chiudersi in camera dopo aver minacciato per bene il suo coinquilino di non fare troppo rumore.
“E portami un po’ di risotto!” aggiunse urlando dal corridoio mentre apriva la porta della sua stanza.
“Sarà fatto!” rispose l’altro e riprese a cucinare mentre canticchiava qualche canzone che la nostra protagonista non riuscì a riconoscere.



 
   
 
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