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Autore: G RAFFA uwetta    04/02/2019    1 recensioni
Un’antica maledizione bussa alla vita del giovane Auror Harry Potter sfiorandolo, quasi derisoria. Ma il Fato è capriccioso e ha in serbo per lui ben altro. Attraverso i chiaroscuri dei suoi ricordi, torneranno a galla verità nascoste e faranno male, quasi quanto pronunciare: Avada Kedrava.
‘L’eternità giace in chi ha memoria.’ – uwetta.
Dal testo: “— Ho l’impressione che ci sia qualcuno che non dovrebbe essere qui, — aveva risposto all’amico, senza smettere un secondo di guardarsi in giro preoccupato. — Quanto sei paranoico, Harry! Vabbè che hai vinto il premio come miglio Auror dell’anno, ma adesso esageri! Chi vuoi che sia così pazzo da pensare di potersi mettere contro di loro, — aveva indicato la sala gremita di gente, mentre gli poggiava il braccio intorno al collo in un goffo abbraccio. — Goditi il momento, — poi l’aveva trascinato con sé.
— Imperio! — aveva sibilato sottovoce qualcuno: gli occhi di Ron divennero vacui mentre con estrema lentezza estraeva la propria bacchetta.”
Tutte le riflessioni sulla psiche sono mie personali considerazioni.
Presenza accennata di Bondage e di violenza. Pre-slash.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Narcissa Malfoy, Ron Weasley | Coppie: Draco/Astoria, Draco/Harry, Harry/Ginny
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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I giorni di ieri e quelli di domani sono separati da un imperativo: vivi!


Cit. – “Il cuore umano è indistruttibile. Tu immagini soltanto che si sia spezzato. In realtà è lo spirito che subisce il vero colpo. Ma anche lo spirito è forte, e se lo desideri, si può sempre riprendere” – H. Miller



Cap. 3 – Richiesta d’aiuto non autorizzata

Chiuse gli occhi, abbeverandosi della forza vitale emanata dal suo Patronus, e l’ultimo ricordo con Ron, quello visionato più e più volte nel pensatoio, immerso nel buio della sua stanza al Manor, lo avvolse come un venticello aspro che scompiglia fastidiosamente i capelli nelle sere autunnali.







Ron, disgustato, aveva storto il naso al forte odore di medicinali che gli stava appestando la gola, mentre percorreva a passo di carica il corridoio dell’ospedale dedicato alle vittime di abusi magici. Davanti a una porta uguale a tante altre, stavano stazionando due cadetti Auror nelle loro scintillanti divise rosse.

Buon giorno signor Weasley, l’avevano salutato con rispetto, aggiungendo professionali: Siamo spiacenti, ma abbiamo l’ordine di non fare entrare nessuno. In risposta, il rosso aveva estratto dalla tasca una pergamena con il sigillo del Primo Ministro che lo autorizzava ad assistere all’interrogatorio di Potter, che si sarebbe svolto di lì a pochi minuti. Perfetto, si erano sbrigati a dire, spostandosi di lato per farlo passare.

Ragazzi, perché non fate una pausa? si era arrischiato a domandare Ron, approfittando del fatto che i due giovani non avessero il minimo sentore del vero motivo per cui stavano davanti alla porta di Harry. Tanto qui ci sono io, non c’è nulla da temere, no? I due cadetti avevano assentito grati, erano lì dalla notte prima, ed erano spariti lungo il corridoio, mentre il rosso impugnava la maniglia della porta.

Come hai potuto farlo? Harry, con grande scorno dell’amico, non aveva abbassato il capo quando era entrato tutto fiamme e sproloqui inveendo contro di lui. Anzi, l’aveva fissato con quei suoi occhi verdi come un prato baciato dalla prima brina stagionale: sorpreso e al contempo diffidente. Dovresti marcire ad Azkaban! aveva gesticolato sempre più infervorato, ma tu sei il grande Harry Potter, l’impunito! Quello che ha posto fine alla vita di sua moglie e la passa liscia! Era mia sorella! Dove trovi il coraggio per guardarmi in faccia!? aveva gridato ancora più forte, così sconvolto che le vene del collo fremevano.

Due figure, attirate dalle urla che provenivano dalla stanza, vi si erano precipitate.

Sarebbe opportuno, visto il luogo in cui ci troviamo, che abbassasse i toni, signor Weasley, l’aveva interrotto una voce femminile, sottilmente derisoria e al contempo irritata; l’uomo accanto a lei lo stava scrutando con rimprovero. Ron si era girato di scatto scoprendo che, nel vano della porta, l’elegante figura della signora Malfoy, avvolta in un pesante mantello bordò, era intenta a squadralo con freddezza. Cosa ci fa lei qui? Dovrebbe essere vietato ai Mangiamorte frequentare questo luogo! l’aveva aggredita sgarbato.

Ho altro da fare che star qui a farmi insultare da lei, aveva risposto altera, raggelando ulteriormente il tono. In ogni caso, come mi stava appunto comunicando poc’anzi l’illustre Medimago Pollux Hitchens1, il signor Potter, non solo non è in grado di rispondere, ma nemmeno di sentirla. Dopo averlo squadrato con sufficienza, gli aveva voltato le spalle rivolgendosi al dottore: Sarebbe il caso di chiamare qualcuno. È evidente che il signor Potter non può rimanere da solo con quest’uomo. Il Medimago si era ritrovato immediatamente d’accordo e, mentre si apprestava a uscire, aveva intravvisto arrivare dal corridoio il Capo Auror.

Non è necessario, Narcissa cara, ci sta raggiungendo il signor Barkey. Vieni, ti accompagno, così continueremo la nostra conversazione. Aveva aspettato che l’affiancasse prima di proseguire verso le scale in fondo al corridoio.

Miseriaccia, aveva esclamato Ron, soggiogato dall’aura di potere emanata dalla signora Malfoy, quella donna è inquietante.

In quell’istante, dalla porta rimasta aperta, era entrato il Capo Auror col volto affilato e ingrigito dalla stanchezza. Perfetto, proprio la persona che stavo cercando, Ron si era avvicinato all’uomo gesticolando verso il malato. Voglio che lo accusi formalmente di omicidio, Barkey! Pretendo che riceva il Bacio! Ha ucciso mia sorella, per le mutande di Merlino! Barkey, una mano a lisciarsi nervosamente i capelli ispidi, aveva superato il rosso raggiungendo i piedi del letto. Ben svegliato, aveva sillabato a Harry, sfoderando un piccolo sorriso incoraggiante, poi, dopo aver litigato con un voluminoso plico che teneva sotto il braccio, si era deciso ad affrontare Ron che, oltremodo impaziente, stava stringendo così forte i pugni che le braccia tremavano per lo sforzo. Non credo di poterti accontentare, gli aveva detto perentorio, sporcato da una lieve sfumatura irrisoria, alzando un braccio per zittirlo. Ho passato l’intera mattinata tra un ufficio e l’altro di questo immenso nosocomio e sono davvero stanco. Quindi, ti prego, stai zitto, per una volta nella tua vita, e ascolta fino in fondo ciò che ho da dire, l’aveva apostrofato rudemente. Harry non ha colpa: lui è una vittima di Ginny. Ron, scioccato, era retrocesso pian piano fino a sbattere contro la parete azzurra. Come è possibile? aveva balbettato incredulo. Non può essere! Non mia sorella, lei era una creatura dolce, generosa, speciale… la voce gli era morta in gola, annegata in un pianto convulso.

Barkey non si era mosso, aveva appoggiato una mano sulla spalla di Harry, quasi a trattenerlo, sebbene non ce ne fosse bisogno, visto che nel corpo del moro erano rimaste intatte ben poche ossa. Vorrei dire che mi dispiace, e in parte dovrei anche farlo, ma tua sorella ha meritato di morire, Ron.

Come osi! il rosso aveva impugnato la bacchetta e, furibondo, l’aveva diretta contro il Capo Auror che, rassegnato, lo stava guardando senza battere ciglio.

Non faccia sciocchezze, signor Weasley! Metta via quell’arma prima di commettere qualcosa di cui poi si pentirebbe. Nella stanza era entrato un mago esile, fasciato in una elegante tunica grigia. E lei chi è? aveva chiesto aspramente Ron all’uomo che, con decisione, lo stava costringendo ad abbassare il braccio. Chi sono non ha importanza. Ha rilevanza il motivo per cui sono qui, aveva sorriso affilato, gli occhi scuri immobili come lastre di pietra. Barkey, confermo la mia prima impressione, si era rivolto al Capo Auror, è morta colpita dall’anatema e, si era dovuto interrompere un attimo per gelare sul posto il rosso, come supponevo, non presenta nessun altro segno di violenza. Barkey aveva scosso la testa pensieroso, grattandosi distratto il collo taurino. Quindi, c’è qualcosa che può supportare, se così vogliamo dire, il comportamento della signora Potter? aveva chiesto all’altro mago. È stata maledetta, aveva risposto pratico il nuovo venuto. Abbiamo isolato i residui dell’incanto ma ci vorrà del tempo per la valutazione finale. Sono venuto sin qui perché devo esplorare la mente del paziente per trovare eventuali indizi e, come ben sappiamo, il signor Potter non può muoversi. Sulla tua scrivania troverai le autorizzazioni a procedere già firmate dal Primo Ministro verso chiunque conosca la donna. Sarà un’operazione lunga e tediosa ma dobbiamo trovare il responsabile: è da considerarsi un criminale al pari di Tu-sai-chi.

Nella piccola stanza era calato il gelo.

Miseriaccia! aveva esclamato all’improvviso Ron, guardando Harry con rinnovato odio. Se è stata maledetta, prima che venisse uccisa si poteva trovare un modo per fermare tutto ciò! Hermione è brava in queste cose, aveva balbettato grondando dagli occhi cerulei dolorosa speranza. No, l’aveva interrotto deciso l’uomo del Ministero, la maledizione che ha malauguratamente colpito sua sorella non può, in nessuna maniera, venire sciolta. Per cui, il processo, una volta avviato, non prevede interruzioni di nessun tipo fino al suo compimento. Spero che questo le sia chiaro, signor Weasley. E ora, se permette, il signor Barkey e io abbiamo un’indagine in corso; saluti il suo amico e si tenga a nostra disposizione, l’aveva liquidato impaziente, spingendolo verso la porta. Lui non è più mio amico, aveva ribattuto immusonito il rosso, poi rivolto a Harry, che se ne stava placido sul letto con un’espressione interrogativa stampata sul volto pallido: In quanto a te farò tutto quello che è in mio potere per farti finire ad Azkaban. Che tu possa marcire all’inferno! Dopodiché, aveva inforcato la porta senza guardare in faccia nessuno.





Sai, Ramoso, non posso dare torto a Ron se non mi considera più suo amico, anche io per lungo tempo ho fatto fatica a riconoscermi allo specchio: mi vedevo come un assassino. Cioè, lo sono ancora, però ora so che non ho colpa.





No! No! No! Ginny! Cosa hai fatto?! Maledetto di un Troll, cosa hai fatto?! — Il verde dell’anatema non aveva ancora abbandonato la stanza che il quadro aveva cominciato a inveire contro Harry. Il moro, dal canto suo, stava inebetito a fissare il punto lasciato vuoto dalla moglie. — Oh, Merlino, — aveva singhiozzato, — Ginny. — Se avesse potuto, avrebbe portato le mani a stringersi i capelli. Invece la sua totale disperazione si era avvinghiata alla propria magia facendola sfolgorare in scintille gialle e rosse qua e là.

In un batter d’occhio la stanza aveva preso fuoco.

L’ultima cosa che gli era rimasta impressa, prima che l’agognato buio l’avvolgesse, era stato il pianto inconsolabile della donna del quadro: sembrava il lamento di un animale sgozzato. O forse, era stato solo l’eco delle sue dolorose grida ad accompagnarlo nell’oblio.





Harry sospirò piano mentre la sua pelle si increspava fino a sfiorare il dolore. Non voleva alzarsi, non voleva lasciare quella casa. Avrebbe tanto voluto morire lì, in quell’istante, ma sapeva che fuori, e in un punto non precisato del cuore, c’era qualcuno che lo attendeva. Qualcuno che si aspettava che lui ritornasse a casa, quella sera.







Quel lontano giorno, era stato un caso fortuito che la giovane recluta Synclair, approfittando della consueta visita ai parenti nel Kent, avesse deciso di spingersi un po’ più a nord e portare personalmente una serie di documenti da far visionare al suo superiore, invece che spedirli via gufo, come da prassi. ‘Un evento divino’, avrebbero detto in molti; per Harry semplicemente era stata la ‘sua condanna’; per quel ragazzo biondo e schivo invece aveva rappresentato ‘una benedizione’.

Come suo solito, era arrivato con un certo anticipo a casa dei Potter, posta su una collinetta in fondo alla via, illuminata dai colori arancio del tramonto. Si stava apprestando a bussare all’uscio quando un forte odore di legno bruciato, inusuale per quella stagione, l’aveva investito facendogli battere forte il cuore e allertare i sensi. Si era messo in ascolto, girando cauto intorno alla casa, finché, dalla finestra aperta della cucina, gli erano arrivate nitide delle urla strazianti e i primi sibili delle fiamme. Non si capacitava tuttora di cosa lo avesse spinto a entrare, lui, dal carattere troppo acido per poter essere un buon Grifondoro. Eppure, era corso dentro, seguendo fino al piano superiore la voce dolorosamente spezzata del suo capo. Una volta giunto in cima alle scale, era stato costretto a spegnere i primi focolai prima di poter entrare nella camera da cui provenivano forti i lamenti.

Ciò che aveva trovato su quel letto l’aveva sconvolto a tal punto che da allora qualcosa in lui era irrimediabilmente cambiato.

Aveva agito d’impulso, dimentico di qualsiasi regola accademica, sollevando il corpo martoriato di Harry. L’aveva portato fuori, all’aria, adagiandolo con estrema deferenza su un divano evocato dalla casa. Quasi distaccato, con estrema efficienza, aveva arginato il resto dell’incendio e, con mano ferma, aveva evocato il suo Patronus per chiamare i soccorsi. Non si era perso d’animo nemmeno quando aveva dovuto lanciare gli Oblivion sui Babbani accorsi. Era rimasto pazientemente in attesa del Capo Auror seduto sugli scalini in marmo, il mento appoggiato sulle ginocchia, lo sguardo fisso su Harry, con il crescente timore che per lui non ci fosse più nulla da fare. Solo per un istante, di quella lunghissima giornata, aveva perso il controllo, quando, esausto, era crollato piangente sul divano degli Zabini, amici di lunga data.





Non mi capacito di essere vivo, di essere sopravvissuto ancora una volta a un piano di Voldemort, — sussurrò Harry. Quasi temesse che, esprimendo a voce troppo alta i propri pensieri, un Mangiamorte si intrufolasse in casa. — Avevo vinto un viaggio di sola andata per l’inferno e mi sono ritrovato a vegetare nella mia miseria, comunque certo di non meritarmi più niente. — Il moro grattò nervosamente i palmi delle mani sopra i pantaloni. — Eppure, nonostante la mia anima fosse a brandelli, ci teneva a rimanere ancorata a questa terra. Nonostante ciò, non riuscivo a rimarginare le ferite del cuore. Non da solo, perlomeno. — Harry sorrise a Ramoso che si era accoccolato accanto a lui, il muso appoggiato sul suo petto.



Note dell’autrice: grazie a chiunque legge e leggerà, a chiunque apprezzi la mia storia e soprattutto a chi commenta.

Buona lettura.

1Personaggio inventato. Per il nome ho preso spunto da una ipotetica discendenza del ramo Black

   
 
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