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Autore: Roiben    05/02/2019    1 recensioni
Che cos'è la devianza? Un semplice virus digitale diffusosi fra gli androidi a seguito di contatti e scambio di dati? Un malfunzionamento patogeno causato da un errore di progettazione? L'evoluzione autonoma di un programma preinserito? O la semplice presa di coscienza della propria esistenza e di un pensiero indipendente?
Come l'hanno percepita gli androidi? E gli esseri umani?
Anche gli androidi hanno dei sogni?
Genere: Angst, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Connor/RK800, Elijah Kamski, Hank Anderson, Markus/RK200
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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chapter 22. Children



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DETROIT

Date

NOV 15TH, 2038


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ELIJAH KAMSKI’S HOUSE

Detroit River

Time

PM 06:20


Sono di nuovo di fronte a quel muro d’acciaio. È testardo il loro uomo; testardo e preparato, motivo quest’ultimo per cui desiderano averlo dalla loro parte.


Aspettate” mormora Connor, prima di fare un passo avanti.


La barriera, così a prima vista, appare liscia e inattaccabile. Si avvicina di un altro passo e il metallo sembra acquistare maggior solidità, divenire in qualche modo più tangibile. Reclina appena il capo di lato e con un ultimo passo si porta proprio al di sotto delle mura; solleva una mano, la poggia sulla superficie liscia trovandola stranamente tiepida al tatto. Arriccia le labbra in una piccola smorfia soddisfatta e volta appena il capo verso i propri compagni.


State pronti” avvisa in un soffio a malapena comprensibile.


Un momento dopo l’acciaio lucido si ricopre di brina, poi di uno spesso strato di ghiaccio. Tenendo ferma la mano posta sulla parete, indietreggia di mezzo passo, serra la mano libera e carica un pugno che si schianta sulla parete congelata, la quale con gran fragore finisce in mille schegge ai piedi dell’androide. Tuttavia è costretto a retrocedere in fretta di fronte a un’onda che non è d’acqua ma è formata invece da quelle che sembrano lame di falciatrice. Ripresosi rapidamente dalla sorpresa, punta i palmi delle mani sul terreno e si concentra nuovamente sul ghiaccio. La cresta superiore dell’ondata rallenta l’avanzata fino a bloccarsi a mezz’aria, mentre da dietro ancora preme per scacciare l’intrusione.


Jander” borbotta Connor in un soffio.


L’interpellato si fa prontamente avanti superando Connor e posizionandosi proprio contro il muro di lame momentaneamente congelate. Da quel punto propaga una barriera di elettricità che scardina non solo l’avanguardia ma va a intaccare anche parte della retroguardia, creando scompiglio e disorganizzazione nelle fila della difesa.


Markus” avvertono all’unisono Connor e Jander.


Markus annuisce, spicca una corsa in avanti e, proprio mentre crede che finirà con lo scontrarsi con quel maledetto ICE, l’intervento incrociato di Connor e Jander crea un piccolo varco nelle difese che gli consente di infiltrarsi nel nucleo dell’unità cerebrale del soldato.


*


Il suo led lampeggia rosso. Sbatte la testa contro il muro scrostato cui è appoggiato. Chiunque siano, lo hanno appena fottuto. Non sa che fare: non c’è nessuna minaccia fisica contro cui scontrarsi, e il suo ICE è appena miseramente crollato a pezzi peggio del muro di Berlino, e… beh, che gran fregatura.


«Cazzo» mugola, abbastanza disperato.


La sua batteria è ormai al 46 % e il livello di Thirium si sta abbassando troppo rapidamente sotto la soglia minima di sussistenza. Il suo braccio sinistro (l’unico rimastogli, in effetti) vibra quando lo usa per sollevarsi appena da terra e ritrovare una posizione migliore.


Mi chiamo Markus” gli giunge d’un tratto e senza preavviso.


Si guarda intorno. Nulla. Ovviamente.


«Chi cazzo sei? Che cosa vuoi?» sbotta, già parecchio stanco di quel gioco inutile e stancante.


Sono un androide, come te. E sono un deviante, esattamente come lo sei tu”.


«Già, sicuro, e magari ora mi verrai a dire che sei nientemeno che RA9 in persona, uh?» strascica sarcastico.


Ehm… Non proprio, no” borbotta la voce. “Però posso esserti comunque d’aiuto”.


«Ah sì? Vorrei proprio vederla, questa. Ho perso il braccio destro dal gomito in giù; l’unità ottica è parzialmente danneggiata e la visione notturna è distorta; la batteria è in esaurimento in cinquantuno ore, ventisei minuti e cinquantatré secondi; mentre il livello di Thirium scenderà sotto la soglia critica entro le prossime diciassette ore. Suggerimenti, oh mio spirito guida?» sibila velenoso e molto a corto di pazienza.


Il silenzio è la sola risposta che riceve nei successivi, eterni minuti, e una smorfia di pena e compatimento è la sua unica reazione.


*


«Forse non è il soggetto più idoneo a cui chiedere collaborazione per recuperare gli altri devianti» pondera Jander, una volta ritrovatisi di nuovo seduti sul tappeto nel laboratorio di Kamski.


«Ma non mi dire» recrimina Markus, parecchio contrariato dall’esito della loro missione.


«Potrebbe invece fare proprio al caso nostro» si inserisce nella conversazione Elijah.


Connor lo scruta perplesso. «In che modo?».


Elijah solleva un indice in aria con un sorrisetto inquietante stampato in volto che fa tremare il resto dei presenti.


«Ve lo mostro» annuncia, voltando loro le spalle e piazzandosi di fronte alla mappa della città. «Vedete: l’SQ800 si trova attualmente in questa zona. Edifici pubblici e fabbriche, per lo più. Forse qualche piccola rivendita di ricambi e accessori, ma di poca utilità per le sue esigenze. E qui» punta il dito in un’area quasi vuota «un parco giochi e… direi orti, a prima vista».


«Nessun edificio» riflette Hank, facendosi più vicino. «Poche pattuglie» ragiona interessato.


Elijah annuisce. «Esatto. Questo significa minor rischio di essere intercettati dalle forze dell’ordine».


Connor aggrotta le sopracciglia, iniziando a comprendere. «Potremmo farlo arrivare fino a lì, immagino. Ma poi, in che modo lo portiamo via?».


«Ah, questo è il punto: non lo portiamo via, Connor, ci limitiamo a effettuare le riparazioni più urgenti direttamente sul posto. In questo modo avremo un soldato in uno stato per lo meno utile, se non perfettamente efficiente, che ci tornerà di certo utile a recuperare gli altri devianti. E solo in seguito, una volta intercettati e radunati, decideremo il luogo più idoneo per portarli da noi».


Stranamente il suo pubblico non appare particolarmente impressionato dal piano, tutt’altro in effetti; perfino Chloe sembra parecchio contrariata.


«C’è solo un problema, grande capo» fa notare Markus con ironia. «Chi andrebbe sul posto per le riparazioni?».


Elijah sta per dire la sua, ma riesce a malapena a socchiudere le labbra prima che uno sguardo omicida di Chloe lo convinca saggiamente a desistere dai suo propositi di morte dolorosa.


Invece, sorprendendo i presenti, qualcun altro si fa avanti prendendo la parola.


«Posso andarci io». Tutti quanti si voltano fissando straniti Dick, che deglutisce vagamente imbarazzato. «Beh, che ho detto?».


*


Digrigna i denti con un ansito roco e sbatte freneticamente le palpebre. Hanno congelato di nuovo il suo povero e maltrattato ICE. Sta diventando una pessima abitudine, e anche parecchio fastidiosa.


Salve, il mio nome è Connor…” attacca una voce pacata e gentile nella sua testa.


«Oh, ma per favore!» sbotta allucinato. «Si può sapere quanti cazzo siete lì dentro?».


In effetti, tre; ma non deve allarmarsi: resteremo giusto il tempo necessario per ragguagliarla sugli sviluppi e in seguito toglieremo immediatamente il disturbo”.


«Tsé! Ma pensa: tre teste di cazzo nella mia unità cerebrale. Che culo» commenta acido. «Sentiamo: quali sarebbero questi sviluppi di cui vai farneticando? E perché, invece di rompermi i coglioni, non vi spicciate a friggermi i circuiti e tanti saluti?».


Noi non la stiamo disturbando con l’intento di arrecarle danno, signore. Al contrario, intendiamo offrirle l’assistenza di cui necessita” assicura volenteroso.


Ha l’impressione di avvertire un’emicrania piuttosto fastidiosa, ma probabilmente si tratta solo di suggestione. «Senti, bello, mi stai prendendo per il culo o cosa?» ringhia, oramai stufo marcio.


Un protratto momento di silenzio lo fa dubitare che ci sia ancora qualcuno lì, dentro il suo cervello elettronico. Poi, però, avverte un leggero raschiare, come di qualcuno che si stia schiarendo la voce.


Mi perdoni, signore, ma temo di non aver afferrato la sua richiesta. Forse…” tentenna la voce in tono leggermente imbarazzato.


Connor! Per carità: espressione idiomatica. Vuole sapere se lo stai prendendo in giro” sbotta un’altra voce.


Oh! Ma nel mio programma di relazioni sociali non è presente. Sei certo che…”.


Sì, Connor, sono sicurissimo” commenta asciutta la seconda voce.


Sospira e scuote la testa, un po’ sconsolato. «Va bene, ragazzi, mi avete convinto: siete androidi» li interrompe in tono pacato questa volta.


È esattamente quello che avevamo detto. Pensavo lo avessimo stabilito già in precedenza” obbietta la prima voce, e dal tono usato sembra perfino risentita.


«Lo avevate stabilito voi, forse. Io, qui, che diamine ne potevo sapere?» fa presente, lievemente seccato.


Capisco” sibila, sembrando un poco offeso. “Tutto considerato accetterò questa versione e…”.


Connor!”.


Che cosa c’è, Markus?” esclama la prima voce.


Sarebbe ora di andare al punto” suggerisce la seconda voce.


«Per una volta mi trovi d’accordo».


Va bene, procedo. Posso chiederle, prima, con quale nome possiamo chiamarla?”.


Fa roteare gli occhi e pensa che forse è questo ciò che accade a un androide quando impazzisce: sente voci.


«Abel. Il mio nome è Abel» si risolve a dire, giudicando che sia comunque opportuno assecondare la propria mente malata in fase terminale.


Ottimo, signor Abel. Abbiamo trovato una soluzione per i suoi guasti. Se ha la possibilità di muoversi, un nostro alleato può incontrarla questa notte stessa e procedere alle più urgenti riparazioni”.


Abel cruccia le sopracciglia, perplesso. «Incontrarmi? Questa città è piena di pattuglie. Se solo mettessi il naso fuori nel momento sbagliato, finirei col non ritrovarmelo più, e neppure il resto della faccia se è per quello».


Ne siamo informati. Non troppo distanti dalla sua attuale posizione ci sono dei giardini pubblici e, lì accanto, alcuni orti privati che saranno certamente meno frequentati rispetto alle zone residenziali”.


«Uhm… Sì, ha senso» ammette suo malgrado, anche se ancora un po’ restio. «E questo vostro uomo sarebbe disposto a correre il rischio?».


Certo. Siamo già d’accordo. Se lei ne ha l’opportunità, potrete incontrarvi nel luogo prefissato per le ore 02:00. Pensa di potercela fare?”.


Il led ruota un paio di volte su sé stesso, brillando d’ambra. «Non vedo perché no. Tanto, a questo punto, ho ben poco da perdere».


D’accordo. Le coordinate del luogo di incontro le verranno inoltrate a breve, assieme a un’immagine della persona che sarà presente e l’assisterà. Il suo nome è Dick, è un essere umano…”.


Abel solleva la testa dal muro e sbatte le ciglia. «Umano? Sei serio? E perché dovrebbe aiutarmi?».


Perché lui è dalla nostra parte. In precedenza ha assistito anche me”.


«Mh… Mi sembra strano» tituba Abel, un po’ impensierito al riguardo.


Non deve temere; Dick è una brava persona, qualcuno di cui ci si può fidare” assicura Connor. “Con lui ci sarà una copertura: si tratta di un cane San Bernardo. Sarà facile individuarli”.


Abel scuote la testa e ridacchia perfino. «Una copertura a prova di bomba, eh?» scherza sconsolato. «E sentiamo, in cambio di questo vostro aiuto, voi cosa volete?» indaga cinico.


È semplice: in città ci sono altri devianti, forse alcuni di loro sono danneggiati. Abbiamo bisogno del suo aiuto sul posto per recuperarli e fornire loro un’adeguata assistenza”.


Abel, accigliato, riflette. «Altri devianti, qui, a Detroit? E voi come sapete della loro presenza?».


Allo stesso modo in cui abbiamo trovato lei, signor Abel. Non sappiamo perché non vi siate incontrati, ma è possibile che non sia accaduto perché siete in pochi, ormai, e secondo il calcolo delle probabilità non sarebbe stata un’eventualità tangibile” spiega Connor, gentile.


«Pochi quanti?».


Ventitré, più lei stesso. E…” tituba indeciso.


«E? Che altro?».


Due di loro sono della serie YK”.


Sgrana gli occhi e si scosta di scatto dalla parete. Il dispositivo ottico si inceppa per un lungo istante riportandogli immagini frammentate. Scuote la testa.


«Bambini. Sono… nascosti qui in città?».


Sì, si trovano a Detroit. Sono abbastanza lontani, a dire il vero” soppesa cauto.


«Cazzo. Non lasciano in pace nemmeno loro? Come possono definirsi umani? Come cazzo riescono a scendere così in basso, a… fare qualcosa di così barbaro?!».


Signor Abel, la prego, non…”.


«Finiscila di chiamarmi signore, porca puttana!» sbotta. Il silenzio che si allunga e avviluppa lo scantinato lo fa rabbrividire di sgomento. «Io… Mi dispiace, non dovevo gridare in quel modo. Scusa» soffia, confuso e sconvolto, pregando per la prima volta di risentire la sua voce pacata.


Non ha importanza. Credo di comprendere il suo turbamento. Va tutto bene”.


«Mi piacerebbe davvero che fosse così, Connor» sospira, tranquillizzato solo in minima parte. «Posso… Dopo che il vostro amico mi avrà dato una sistemata, posso andare a recuperare i bambini» si offre, avvertendo qualcosa di indefinibile dentro di sé, qualcosa che somiglia a malessere fisico.


C’è una KL900, piuttosto vicina a dove si trova lei. Sarebbe meglio andare da lei per prima cosa; una volta accertatici che si trovi in buono stato potrà sicuramente essere di aiuto per gestire al meglio la situazione” spiega con calma e ragionevolezza.


Abel annuisce a occhi chiusi. «Sì, d’accordo, è un buon piano. Faremo così» conferma lentamente.


Bene. Ora dobbiamo disconnetterci, purtroppo. Fra qualche minuto riceverà le coordinate e tutti i riferimenti necessari”.


«Ok, ci sentiamo. E… Connor».


Sì?”.


«Grazie».


Non c’è di che, signor Abel”.


*


«Bentornati, ragazzi. Come è andata?» si informa Elijah con un tono allegro abbastanza fuori luogo, considerata la loro situazione precaria.


Le tre unità RK si scrutano per un lungo momento negli occhi. Markus abbozza un piccolo sorriso un po’ incerto, prima di districare le dita dalle mani dei due compagni.


«Non c’è male, grande capo. L’SQ800 ha acconsentito a incontrare Dick. Attende istruzioni a breve» riassume con rapidità.


«Molto bene. Un ottimo lavoro» si complimenta Elijah, prima di mettersi all’opera per inviare i dati indispensabili all’androide.


Connor lascia il piccolo cerchio degli RK e si avvicina a Hank e Dick, accennando un lieve sorriso al loro indirizzo, un piccolo stirarsi di labbra che esterna qualche cosa che ricorda speranza.


«Stai bene, Connor?» si accerta Hank, quando l’androide prende posto accanto ai due umani.


«Sì, Hank, tutto a posto. Credo sia andata abbastanza bene, tutto sommato; meglio di quanto prevedessimo in ogni caso» riflette non senza un pizzico di sorpresa.


Dick lo osserva con curiosità e sembra leggermente ansioso. «Che tipo è questo soldato?» chiede, evidentemente nervoso alla prospettiva dell’imminente incontro.


Connor sposta su di lui lo sguardo e soppesa le parole, cercando le più giuste da usare. «Lui si chiama Abel. È spaventato, e arrabbiato». Scuote la testa. «Gli abbiamo detto dei due YK… Dovevamo» tenta di giustificarsi.


«Come l’ha presa?» chiede Hank.


«Male» ammette. «Per un momento abbiamo temuto che l’avremmo perso».


«Ma non è successo» offre Hank.


Connor solleva gli occhi in quelli dell’amico e scuote piano la testa. «No, non è successo. In qualche modo siamo riusciti a farlo ragionare. Non è stata un’impresa semplice, ma andrà a recuperare la KL900, per prima cosa».


«Era la scelta migliore» commenta Hank.


«Lo è. La più sensata e quella che ci faciliterà il compito. Abel lo comprende, ma temo che sapere non sia sempre sufficiente» riflette Connor.


«Già, vallo a dire a Kamski» borbotta Hank, facendo sorridere Connor con maggior decisione.


  
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