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Autore: MorganaMF    06/02/2019    1 recensioni
«Quando Duncan è arrivato al nostro accampamento, non avrei mai potuto immaginare tutto ciò che ne sarebbe conseguito. Voleva reclutare un solo elfo Dalish, e invece se ne è ritrovati due: i gemelli Mahariel, fratello e sorella. Gli ultimi rimasti della nostra famiglia, dopo che nostro fratello Tamlen era sparito nelle rovine.
Il Quinto Flagello mi ha portato via quasi tutto: ho dovuto abbandonare il mio clan, ho perso la mia famiglia... ho perso perfino una parte della mia vita, strappatami via dall'Unione. Ma, per assurdo, questo Flagello mi ha portato alcune delle cose più belle: ho trovato l'amore, ho incontrato le persone più strane... ho stretto rapporti profondi con molti umani, cosa che un tempo non avrei mai creduto possibile. Una di loro, in particolare, mi resterà sempre nel cuore: sarebbe diventata parte della mia famiglia, se le cose fossero andate diversamente. La cara, indimenticabile Hawke. È stata con noi fino alla fine, ci ha aiutati a sconfiggere il Flagello e sarebbe dovuta diventare un Custode Grigio; ma alla fine è andata per la sua strada, come tutti gli altri.
Non dimenticherò mai questo Flagello: nel bene e nel male, ha cambiato per sempre la mia vita.»
[M. Mahariel]
Genere: Drammatico, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alistair Therin, Altri, Custode, Hawke
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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«Com’è potuto accadere?» quasi gridò Anora, camminando nervosamente su e giù per la sala da guerra del palazzo di Denerim. «La prole oscura non è intelligente, come possono aver pianificato un attacco a sorpresa su Denerim?»
«La prole oscura non sarà intelligente, ma l’arcidemone che guida l’orda sì» rispose il Custode Riordan. «Se i Custodi Grigi del Ferelden non fossero stati annientati e quelli dell’Orlais banditi, avremmo potuto monitorare l’attività dell’orda e prevedere l’attacco.»
Anora tirò la mascella, cogliendo l’allusione all’operato di suo padre che tornava a perseguitarla. Posò le mani sul tavolo da guerra, gli occhi che viaggiavano sulla grande mappa del Ferelden spiegata sulla superficie lignea. «Custode Melinor, avete detto che i dalish hanno inviato messaggeri al Circolo, a Redcliffe e a Orzammar. Quanto tempo ci vorrà affinché gli alleati ricevano l’allarme?»
«La Guardiana Lanaya ha detto di averli inviati prima di lasciare la foresta, circa una settimana fa. Il messaggio dovrebbe essere arrivato tre giorni fa al Circolo e a Redcliffe, e dovrebbe essere in arrivo a Orzammar in questi giorni.»
«Così in fretta?» si meravigliò Anora.
«I messaggeri erano maghi mutaforma. Tramutandosi in uccelli veloci possono viaggiare molto più rapidamente di quanto non farebbero a cavallo» spiegò l’elfa.
«Se il messaggio è arrivato al Circolo giorni fa, allora i miei maghi saranno già in marcia. Arriveranno in tempo per l’attacco» intervenne il Primo Incantatore Irving.
«Lo stesso vale per i miei uomini rimasti a Redcliffe. La distanza è pressoché la stessa» si accodò Arle Eamon.
«Il problema è Orzammar. Sono i più lontani, e anche ricevendo il messaggio uno di questi giorni non arriveranno prima di altri dieci giorni» intervenne Freya Cousland, mordendosi un labbro per il nervosismo.
«Non potremo quindi fare affidamento sui nani» sospirò Eamon. «Fortunatamente molti dei Bann sono venuti qui scortati dai loro soldati, e molti possono far arrivare le loro legioni in pochi giorni… ma sarà sufficiente? I nani erano il grosso del nostro esercito.»
«C’è una sola soluzione: stare sulla difensiva» li guardò gravemente Freya. «Dobbiamo cercare di resistere e non far cadere Denerim finché Orzammar non giungerà in nostro aiuto.»
«Siete impazzita? Vorreste mettere a ferro e fuoco l’intera città?» sbottò Anora.
«Faremo evacuare i cittadini, naturalmente» non si perse d’animo Freya. «Li manderemo a nord. L’arlea di Amaranthine non potrà rifiutarsi di accoglierli, visto ciò che ha combinato il loro governatore» rimarcò con disprezzo al ricordo di Howe.
«Anche Altura Perenne potrebbe ospitare i cittadini, se lo spazio ad Amaranthine non bastasse» propose Fergus.
«Comunque sia, volete davvero usare la città come una trincea?» non cambiò idea la regina.
«Le mura di Denerim sono le più massicce in tutto il Ferelden, vostra altezza. Con una buona strategia riusciremo a mantenerla inespugnata per tre o quattro giorni, così i nani avranno il tempo di arrivare e sorprendere il nemico alle spalle» propose Freya, armeggiando con le mani sulla mappa e tracciando ipotetiche traiettorie.
«E abbiamo gli arcieri dalish» ricordò a tutti Merevar. «La nostra fama di migliori cecchini del Thedas è ben meritata. Potremmo istruire i vostri soldati in questi giorni, per quanto possibile. Se dobbiamo difendere la città, gli arcieri saranno la nostra prima linea; dobbiamo puntare tutto su di loro.»
«Vi ricordo che ci sarà un drago sopra alle nostre teste. Un arcidemone! Cosa possono fare le nostre mura e le nostre frecce, contro un mostro del genere?» fece notare Anora.
«Questa è un’ottima osservazione» intervenne Alistair, la preoccupazione che incrinava la sua voce. «Custode Riordan, come uccideremo l’arcidemone?»
Il Custode rimase a fissare i tre Custodi più giovani per qualche istante, come se stesse cercando di capire qualcosa. «Di questo vi parlerò in privato. Ci sono alcune cose che l’Ordine deve mantenere segrete» si scusò con lo sguardo con tutti gli altri nobili presenti. «Comunque sia, abbiamo appreso dai Flagelli precedenti che non tutti gli arcidemoni agiscono allo stesso modo. Alcuni emergono subito da sottoterra e combattono con la prole oscura sin dall’inizio in testa all’orda, altri temporeggiano e compaiono solo alla fine, quando l’orda ha già straziato e devastato le terre. Sembra che questo arcidemone sia del secondo tipo. Potrebbe anche non mostrarsi subito, lasciando il lavoro sporco alla prole oscura per venire a reclamare il suo bottino in un secondo momento… e se fosse così sarebbe un bene.»
«Non possiamo fare affidamento sui forse e sui ma. Rischiamo di far radere al suolo la capitale del Ferelden!» ribadì Anora.
«I miei maghi potrebbero erigere una grande barriera protettiva», propose Irving, «per limitare i danni che l’arcidemone potrebbe arrecarci. Ma non so quanto durerebbe.»
«E i maghi dalish potrebbero aiutare» si unì a lui Melinor. «La nostra magia antica sarà un rinforzo notevole. Non terrà l’arcidemone lontano per molto, ma è pur meglio di niente.»
«Sono d’accordo. Vale la pena tentare» annuì Riordan. Freya guardò Anora.
«Se siete d’accordo, vostra altezza, procederei oggi stesso con l’evacuazione della città. Fergus, ci penserai tu: guiderai i cittadini fino ad Amaranthine e ad Altura Perenne.»
«Cosa? Ma io devo restare qui, a combattere!» protestò Fergus.
«Ci serve qualcuno con abbastanza influenza da obbligare le guardie di Amaranthine a lasciar entrare in città gli sfollati. Dopo la famiglia reale, solo i Cousland hanno il potere di farlo.»
«Perché non inviare la regina? Così sarà al sicuro!» propose Fergus.
«Vi ringrazio del pensiero, ma io resterò qui. Non potrò combattere, ma non lascerò che i miei uomini combattano la mia guerra mentre io fuggo al sicuro. Se mi sapranno qui, avranno un’ulteriore ragione per difendere al meglio la città» non ammise discussioni Anora.
«Allora procederemo così» tirò le somme Freya. «Arle Eamon, noi ci occuperemo di organizzare i Bann e le loro legioni in arrivo. Primo Incantatore Irving, voi occupatevi di istruire i vostri maghi non appena arriveranno; lavorate con i dalish, la Custode potrà fare da mediatrice se sarà necessario. Lo stesso vale per gli arcieri: Custode Merevar, se poteste coordinare gli arcieri dalish e umani ve ne sarei immensamente grata» concluse. Trattenne il respiro per un istante, la preoccupazione che affiorava sul suo viso. «Che il Creatore ci assista.»
 
 
Dopo la riunione, Riordan chiamò in disparte i tre giovani Custodi. S’infilarono nella stanza dell’orlesiano per avere la riservatezza necessaria.
«Dobbiamo parlare di una faccenda molto seria, ragazzi. Voi tre siete poco più che reclute, nonostante le difficoltà che avete affrontato in questi mesi; Duncan, che il Creatore vegli sulla sua anima, non ha fatto in tempo a rivelarvi i segreti dell’Ordine. Ma con l’arcidemone che bussa ai nostri cancelli, è tempo di dirvi come stanno le cose. Ditemi, vi siete mai chiesti perché sia necessario un Custode Grigio per uccidere l’arcidemone?»
«Sì», ammise l’elfa. «Ha forse a che fare con la corruzione che abbiamo nel sangue?»
«Sei davvero arguta, sorella» sorrise appena Riordan, tornando subito serio. «Eviterò i giri di parole e andrò dritto al punto: l’arcidemone, se ucciso da una comune lama, ha la capacità di trasferire la sua anima nella creatura corrotta più vicina. Può così rinascere all’infinito, se pensate a quanti prole oscura ha sempre attorno. Ma se è un Custode Grigio a ucciderlo, la faccenda è diversa: l’anima dell’arcidemone entra nel Custode, che ha il sangue corrotto come la prole oscura; ma contrariamente alla prole oscura, i Custodi hanno un’anima.»
Alistair sussultò. «E quindi il Custode si ritrova ad avere in corpo la propria anima e anche quella dell’arcidemone?»
«Questo… è impossibile» sbiancò Melinor, realizzando ciò che Riordan stava cercando di dir loro. Questi la guardò, e annuì.
«Hai capito bene, Melinor. Nessuno può vivere con due anime, è contro le leggi della natura: entrambe le anime, incapaci di coesistere, vengono distrutte.»
Silenzio. Nessuno ebbe il coraggio di proferire parola dopo aver appreso quella terribile verità: un Custode Grigio doveva morire per porre fine al Flagello. Non c’era altro modo.
«È consuetudine che, fra i membri dell’Ordine, sia il Custode più anziano a prendersi questa responsabilità» continuò Riordan, in un pallido tentativo di risollevare il tetro morale. «Dunque sarò io a sferrare il colpo finale. Ma se dovessi fallire, che il Creatore non voglia… toccherà a uno di voi.»
«No, non ci credo» sbottò finalmente Merevar, iniziando a camminare nervosamente su e giù per la stanza. «I Custodi Grigi, un Ordine di valorosi eroi, dicono tutti… siete un manipolo di bugiardi!» si adirò. «Non ci dite che si rischia di morire unendosi all’Ordine, non ci dite che abbiamo poco più di trent’anni da vivere, non ci dite come si uccide un arcidemone… prendete la gente ignara, ci raggirate facendoci credere chissà che, per poi sputarci in faccia dicendoci che dobbiamo morire!»
«Credimi, capisco bene come ti senti. È successo anche a me, cosa credi? Ma quando ti sarai calmato, capirai che è necessario. Nessuno vorrebbe più unirsi all’Ordine se conoscesse tutto questo, e allora chi salverebbe il mondo dai Flagelli?»
«Non me ne importa niente!» Merevar diede un calcio a una sedia, facendo sobbalzare gli altri; si portò davanti a una finestra, e rimase a guardare fuori in silenzio, le mai conficcate nei fianchi.
«Credo sia meglio lasciarvi il tempo di digerire la cosa» mormorò Riordan, comprensivo. «Restate pure nella mia stanza, se volete. Io non rientrerò prima di sera.»
Si congedò, uscendo dalla porta. Alistair e Melinor si guardarono, la stessa paura riflessa nelle loro iridi.
«Se Riordan fallirà, lo farò io.»
La coppia si voltò verso Merevar, ancora fermo di spalle; Melinor scattò verso di lui. «Cosa? No!»
«Invece sì!» gridò lui, voltandosi. L’elfa si sorprese trovando i suoi occhi lucidi. «Sei in questa situazione a causa mia, e io non ti permetterò di…»
«E pensi che vederti morire mi aiuterebbe a stare meglio?» gridò di rimando lei.
«Io non ti lascerò morire, Melinor! E non lascerò morire nemmeno Alistair, perché tu lo ami!»
«E che mi dici di Hawke?»
«Ragazzi...» attirò la loro attenzione Alistair. «Possiamo discuterne finché vogliamo, ma non ne verremo mai fuori. Qui nessuno è disposto a lasciare che qualcun altro si sacrifichi.»
I due gemelli restarono a guardarlo atterriti. Sapevano che aveva ragione.
«Possiamo solo sperare che Riordan riesca ad abbattere l’arcidemone» sospirò Alistair, cercando l’unico barlume positivo in tutta quella storia.
«Certo, come no. Abbiamo avuto una gran fortuna finora, di sicuro ne avremo ancora» commentò acido Merevar, dirigendosi verso la porta. Alistair e Melinor lo seguirono fuori dalla stanza, incamminandosi con lui per i corridoi del palazzo. «Non una parola con gli altri. Non voglio che Hawke lo sappia» li ammonì.
«Dovresti dirle la verità, invece» lo contraddisse la gemella.
Neanche a farlo apposta, svoltato l’angolo videro Hawke e Morrigan in piedi davanti alla camera di Melinor e Alistair. Merevar lanciò ai due una seconda occhiata di ammonimento, intimando loro di non dire niente.
«Ehi, che ci fate qui?» esordì Merevar come se nulla fosse. Hawke gli restituì un’occhiata severa.
«So come si uccide l’arcidemone. So che un Custode deve morire.»
Rimasero tutti spiazzati dalle parole della rossa. Lì per lì il dalish non seppe cosa rispondere, ma una volta ripresosi corrucciò le sopracciglia. «Avete origliato?!»
«No, me l’ha detto lei» Hawke indicò con un cenno del capo la strega delle Selve.
«Tu lo sapevi?!» esclamò Alistair. «Perché non ce l’hai detto?»
«Ed ecco perché ti avevo chiesto un po’ di discrezione» rimbrottò la strega guardando malamente Hawke.
«Morrigan, cos’è questa storia? Come potevi saperlo?» s’imbronciò Melinor.
«Sarebbe meglio non discuterne qui nel corridoio» suggerì Morrigan, aprendo la porta della camera di Melinor e Alistair. Invitò tutti a entrare, restando a guardarli uno per uno prima di entrare a sua volta e richiudersi la porta alle spalle.
«Allora?» non attese un istante Melinor, le braccia incrociate e un cipiglio degno della più anziana Guardiana dalish.
«Mia madre lo sapeva, e me l’ha riferito.»
«E non hai mai pensato di condividere la tua sapienza, brutta megera?» sbottò Alistair.
«No, biondino dei miei stivali. A che pro? All’inizio non vi fidavate di me, dubito che mi avreste creduto. E poi…» indugiò su Melinor, che ancora la guardava torva. «Poi ho considerato l’idea, ma penso sappiate benissimo che effetto avrebbe fatto. Ce n’è successa una per colore, eravate via via sempre più esausti… credete davvero che una simile notizia vi avrebbe aiutati ad affrontare tutte quelle peripezie? Io dico che vi avrebbe fatto calare il morale sotto ai tacchi, e non avreste risolto nemmeno la metà dei problemi che abbiamo incontrato. E per finire, siamo realisti: sarebbe cambiato qualcosa, se lo aveste saputo?»
«Di sicuro sarebbe stato meglio che venirlo a sapere pochi giorni prima della battaglia» borbottò Merevar.
«No invece, perché ci avreste rimuginato su per mesi. Comunque sono qui per dirvi che c’è una scappatoia… non è necessario che uno di voi muoia». Tutti rimasero a guardare Morrigan con sgomento, fatta eccezione per Hawke che era già stata informata. La strega delle Selve sorrise in maniera sinistra. «Conosco un rituale, insegnatomi da mia madre, grazie al quale potrete restare in vita anche se dovesse toccare a voi uccidere l’arcidemone.»
«Non mi dire… sarà magia del sangue, di sicuro» disse Alistair con disprezzo.
«Si tratta di un rituale molto più antico della Chiesa stessa, e pertanto esente dalle definizioni affibbiate alla magia da voi moralisti ipocriti.»
«In cosa consiste?» andò dritta al sodo Melinor.
«Consiste nel creare un ricettacolo per l’anima dell’arcidemone, in modo che venga attirata a esso anziché al Custode che sferrerà il colpo mortale.»
«E come dovremmo creare un ricettacolo per l’anima di un antico Dio?» s’insospettì Melinor.
«Ecco, questa è la parte che non vi piacerà» sospirò Morrigan. Rivolse la sua attenzione a Merevar e Alistair, mentre Hawke si stringeva nelle spalle, a disagio. «Uno di voi due dovrà giacere con me durante il rituale. Verrà concepito un bambino dal sangue corrotto come il vostro, e sarà dunque compatibile con l’arcidemone. Allo stadio iniziale della sua esistenza avrà in sé un gran potenziale, sarà pura essenza vitale; l’anima dell’arcidemone verrà attratta da questo embrione, che ancora non possederà un’anima, seppur destinato ad averne una. Pertanto il bambino sopravvivrà all’unione.»
I due ragazzi restarono scioccati; persino Melinor rimase a bocca aperta. Mosse qualche passo verso Morrigan, guardandola dritta negli occhi. «Morrigan… vuoi mettere al mondo un bambino con l’anima di un antico Dio? Ti rendi conto di ciò che chiedi?»
«Perfettamente. Tu sei una maga, Melinor; sai come funzionano certe cose. Sei anche una dalish, perciò sai quanto sia importante preservare la magia antica. Il male non nasce, viene creato: l’anima dell’arcidemone non era malvagia prima di venire corrotta dalla prole oscura. Rinascendo in forma umana, questo antico potere avrà la possibilità di riacquistare la sua antica purezza.»
«Ma è una cosa folle!» esclamò Alistair, sopraffatto. «E cosa vorresti fare con il potere di questo bambino? Sentiamo!»
Morrigan non si degnò nemmeno di rispondergli, liquidandolo con un gesto della mano. Rivolse invece la sua attenzione a Melinor, che la scrutava con grande attenzione. «Dimmi la verità, Morrigan: è per questo che tua madre ti ha mandata con noi?»
La strega annuì.
«Quindi era il suo piano fin dall’inizio» riprese la parola Alistair. «Ma tu ci hai fatto uccidere tua madre. Perché vuoi comunque seguire il suo piano?»
«Prima di tutto, perché non voglio che moriate inutilmente. Di te m’importa poco, ma importa a Melinor quindi…» ammise con grande schiettezza, mentre il ragazzo roteava gli occhi. «Secondo, perché mia madre aveva ragione a voler preservare ciò che di buono è rimasto del passato. Vi ripeto che l’anima dell’arcidemone non è malvagia.»
«Lo farò io.»
Tutti gli occhi si puntarono su Merevar. Persino Morrigan parve sorpresa.
«Qualcuno deve farlo, o uno di noi morirà. E io non sono disposto a correre questo rischio, quindi lo farò io.»
Nessuno parlò più. Tutti continuavano a scambiarsi sguardi apprensivi.
«Vi lascio qualche minuto per parlarne fra voi» disse Morrigan, avviandosi verso la porta. «Aspetterò qui fuori.»
Quando fu uscita, Alistair prese Merevar per le spalle. «Merevar… apprezzo il tuo eroismo, ma sei davvero sicuro di quello che fai? Concepirai un… un bambino arcidemone con Morrigan! Non possiamo fidarci di lei, chissà cosa ne farebbe!»
«Sì che possiamo fidarci» sospirò Melinor, apparentemente esausta mentre si lasciava cadere sul letto. Puntò gli occhi in quelli del gemello. «Merevar… sei sicuro di volerlo fare?»
L’elfo annuì. «Asha’bellanar mi ha detto di fare qualunque cosa, pur di proteggerti. Credo parlasse di questo». I suoi occhi andarono a posarsi su Hawke, colmi di tristezza. «Certo, sempre se… se per te non è un problema.»
Hawke scosse la testa, nonostante la sua palese tristezza. «Sapevo cosa vi avrebbe proposto Morrigan, e sapevo che sarebbe toccato a te. Alistair la detesta troppo, non ce la farebbe mai a concepire un bambino con lei. Non credo riuscirebbe nemmeno a iniziare l’atto.»
«Ehi!» si offese Alistair lì per lì, ma subito tornò in sé. «Beh… hai ragione. Che schifo, non ce la farei mai» ammise, tornando subito a guardare Merevar con aria seria. L’elfo continuava a guardare Hawke con aria mortificata.
«Non guardarmi così, mi rendi le cose più difficili» disse lei, andando a prendergli entrambe le mani. «So che non significa niente per te. E non voglio rischiare di perderti, non quando abbiamo un’alternativa. Quindi non preoccuparti per me, e fai ciò che devi.»
«Mi dispiace tanto, io… non vorrei» sospirò Merevar, abbracciandola.
«Sono insistente, lo so… ma siamo davvero sicuri che questo rituale sia una buona idea?» disse ancora Alistair.
«Era un’idea di Asha’bellanar. Perciò mi fido» rispose Melinor senza esitare. Alistair guardò lei e Merevar.
«Siete sempre pronti a seguire ciò che quella vecchia strega vi dice di fare… possibile che abbia tanta influenza su voi dalish? Chi è per voi?»
I gemelli si guardarono fra loro; avrebbero voluto confessarlo alle due persone che amavano, ma non potevano.
«Mi dispiace, ma non possiamo dirlo. Nemmeno a voi due» disse lei, abbassando lo sguardo. Alistair e Hawke si guardarono fra loro.
«Se vi fidate voi, allora lo faremo anche noi» parlò per entrambi la maga. «Chiamiamo Morrigan, forza.»
La strega rientrò nella stanza appena chiamata, e venne informata sulla decisione finale.
«Oh, meno male che non sarà Alistair» si portò una mano al petto per il sollievo. «Bene, allora inizierò a fare i preparativi necessari. Il rituale andrà fatto la notte prima della battaglia: non sappiamo se l’arcidemone si mostrerà subito, ma più “fresco” sarà l’embrione, meglio sarà.»
 
 
La settimana fu a dir poco frenetica: rientrarono i messaggeri dalish, arrivarono le truppe del Circolo dei Maghi e quelle di Redcliffe. I piccoli schieramenti armati dei Bann provenienti dalle terre più vicine risposero subito alla chiamata, e per tutta la settimana il nuovo comandante Freya fu impegnata a elaborare una strategia e a istruire le truppe. Merevar convinse i dalish a lavorare fianco a fianco coi gli arcieri umani, aiutato anche da Leliana; Melinor, Morrigan, Hawke e Wynne lavorarono con i maghi dalish e con quelli del Circolo, non appena gli ultimi fecero il loro ingresso in città. E mentre gli alleati entravano in città, la gente comune ne usciva: guidati da Fergus, i residenti abbandonarono malvolentieri le loro case per trovare rifugio nelle arlee vicine. Una volta partiti tutti, la città rimase deserta: era quasi spettrale, senza lo schiamazzare dei mercanti e il vociare dei passanti. Solo i soldati e il suono metallico delle loro armature animavano le vie deserte.
Finché, al settimo giorno, una sentinella tornò con la notizia che tutti aspettavano e temevano: ancora un giorno, e l’orda sarebbe arrivata ai cancelli di Denerim.
Quella notte, Hawke accompagnò Merevar alla stanza di Morrigan; Alistair e Melinor li seguivano in silenzio.
«Bene… è ora» disse Hawke una volta raggiunta la porta. Merevar non riuscì a dire nulla: le accarezzò una guancia. «Lo so» rispose lei al suo muto messaggio.
Morrigan aprì la porta e fece segno a Merevar di entrare; quando richiuse la porta, Hawke e gli altri due rimasero imbambolati a fissare il legno.
«Andate» disse ai due Hawke. «Dovete riposare. Domani sarà dura.»
«Possiamo restare con te, se vuoi» disse l’elfa timidamente. Poteva capire come dovesse sentirsi Hawke, sapendo ciò che stava per accadere dentro a quella stanza.
«Non preoccuparti. Andate.»
Non insistettero oltre. Girarono i tacchi e tornarono alla loro camera.
 
 
Restarono abbracciati sotto alle lenzuola, gli sguardi persi sul baldacchino del letto.
«Mi sento in colpa. Povero Merevar…» mormorò Alistair.
«Ha scelto da solo di farlo. Vuole proteggerci.»
«Sì, lo so… ma… mi dispiace comunque. Io e te siamo qui, la nostra ultima notte insieme… invece lui e Hawke devono passarla in modo così balordo.»
«Non sarà l’ultima notte di nessuno» subito saltò su l’elfa, fulminandolo con lo sguardo.
«Intendevo l’ultima prima della battaglia» si affrettò a specificare lui.
«Non ti azzardare a morire» lo costrinse a guardarlo lei. Lui vide subito quanto lei fosse spaventata; almeno quanto lo era lui. La zittì con un bacio.
«Non ti azzardare nemmeno tu» le sussurrò.
 
 
Un’ora dopo, Merevar uscì dalla stanza di Morrigan. Si trovò davanti Hawke, seduta a terra con la schiena poggiata contro la parete. Non avrebbe mai potuto immaginare quanto gli sarebbe stato difficile guardarla nuovamente negli occhi, prima di quel momento. Se ne stava lì, impalato con lo sguardo a terra, quando una mano iniziò a tirare la sua. Alzò gli occhi sul viso di Hawke: aveva pianto, ma ciononostante ora gli stava rivolgendo uno dei suoi migliori sorrisi. La cosa, se possibile, lo fece sentire ancora più male.
«Andiamo a dormire» disse la ragazza, come se nulla fosse successo. Filarono via silenziosi come gatti lungo il corridoio.
 
 
Vennero svegliati tutti dal suono dei corni da guerra: la sveglia che tutti attendevano. Maghi, elfi e soldati iniziarono a uscire dai loro alloggi; nessuno parlava. Andarono dritti alle postazioni assegnate, accolti all’esterno dal rosa dell’alba. Attesero.
Un rumore assordante iniziò a raggiungere i loro orecchi un paio d’ore più tardi: il suono di migliaia di piedi sulla terra, il clangore di armature, spade e scudi che sbatacchiavano gli uni contro gli altri. I soldati sulle mura deglutirono vedendo comparire all’orizzonte le prime figurine informi e lontane.
L’orda era pronta a travolgerli.
   
 
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