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Autore: fearlesslouis    06/02/2019    0 recensioni
Harry non resta mai nello stesso posto per più di nove mesi e Louis è esattamente il tipo di persona da cui sta tentando di scappare.
Niall cerca di capire e Liam e Zayn sembrano appena usciti dalla pubblicità di un profumo.

16!Harry; 20!Louis
Conteggio prime quattro parti: 21mila parole circa.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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E' da dieci mesi che non aggiorno questa storia.
Non so quale sia il motivo, ma mi sono ritrovata completamente bloccata. Forse perché è una storia che in qualche modo riguarda anche me, e perché non mi è mai capitato di mettere così tanto di me e di ciò che sento in qualcosa che ho scritto.
In ogni caso, questo è un capitolo corto.
Avrebbe dovuto essere corto sin dall'inizio, già da quando ho plottato la storia, perché sotto tanti punti di vista è il capitolo di svolta, e succedono cose molto importanti. Volevo dedicare agli eventi che ho descritto la giusta importanza e considerazione, e per questo non mi sembrava giusto allungarlo ulteriormente.
Spero che chiunque seguisse lo scorso anno questa storia possa perdonarmi per il clamoroso ritardo.
E spero apprezziate il capitolo.
Lila.




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Sono l'elefante
che posso fare
inchiodato al suolo
e a questo amore.




-Se questo è un modo per chiedermi scusa, sappi che sei ben lontano dal mio perdono- ridacchia Gemma, voltandosi di poco verso di lui.
Harry sa che sta scherzando, lo sente dal tono leggero della sua voce e lo vede dal calore che i suoi occhi emanano. Per questo le prende la mano e le lascia un bacio sulla guancia, e si gode il sorriso che nasce sulle labbra di sua sorella con un peso in meno sul cuore.
-Sono tutti molto simpatici, vedrai che ti divertirai.-
Gemma sospira teatralmente e annuisce. -Prima o poi dovrai spiegarmelo, però.-
-Cosa?- domanda Harry con confusione.
-Per quale motivo passi più tempo dagli Horan che a casa, per esempio- spiega, sporgendo leggermente il labbro inferiore, sul volto la solita espressione che sfodera quando è già arrivata alle sue –affrettatissime– conclusioni. -O anche chi era quel ragazzo che ti ha riportato la giacca, l'altra volta.-
Il fatto è che Harry aveva davvero sperato che se ne fosse dimenticata, perché lo sa come diventa sua sorella quando crede di aver intuito qualcosa – insistente ed insopportabile.

Il riccio scrolla le spalle e piega le labbra con aria noncurante. -Nessuno- accenna quindi. -Solo il cugino di Niall.-

-Non ti credo per niente, ma farò finta di non avervi visti uscire di casa mano per mano l'altra mattina, se questo ti fa stare meglio.-

Harry decide di ignorarla, e non tanto per il fatto che non saprebbe spiegare ciò che lo lega a Louis —dato che, fondamentalmente, è lui stesso il primo a non aver capito cosa sia, questa attrazione che lo spinge verso il ragazzo. Decide di ignorarla solo ed esclusivamente perché sono arrivati alla porta di casa Horan, e preferisce salutare il suo amico piuttosto che parlare di suo cugino con Gemma. Non c’è niente da dire, in ogni caso.

-Gem, ci sei anche tu!- saluta Niall, un sorriso gioviale sul volto e le mani che vanno a circondare la vita di sua sorella.

-Ciao biondino.-

Harry è quasi sicuro di averla vista arrossire e promette a se stesso che dopo, quando torneranno a casa, approfondirà l’argomento.

Si lascia alle spalle i due ragazzi, ancora abbracciati, e si dirige in salone. Sorride alla scena che gli si para davanti agli occhi: Phoebe è seduta a cavalcioni sulle gambe del fratello, e lui le stringe le mani cantando una canzoncina che Harry conosce bene.

-I’m a little teapot short and stout- pronuncia Louis, portando le mani a solleticare la pancia scoperta di Phoebe.

La bimba ride, mentre Harry entra nella stanza e canta il verso successivo. -Here’s my handle, here’s my spout!-

Phoebe gli rivolge un saluto allegro, ancora scossa dalle risate che il solletico le provoca, e Louis sembra sorpreso ma anche felice. Gli lancia un sorriso quasi abbagliante e gli fa segno di sedersi al loro fianco, per poi riprendere la canzoncina.

-When I see the tea cups, hear me shout- canta, portando il naso a scontrarsi con quello della sorella. Si volta verso di lui, poi, e gli fa segno di continuare.

-Lift me up, and pour me out!- lo accontenta Harry.

Phoebe ha un sorriso che non le ha mai visto addosso, una felicità contagiosa da cui Harry si lascia invadere a sua volta. La guarda quindi scuotere la testa verso il fratello con aria quasi sconsolata, per poi scendere dalle sue gambe e correre verso Niall.

Solo nel momento in cui rimangono soli, Harry ricorda perché ha accettato di cenare a casa Horan nonostante i tre capitoli di storia da studiare — con l’obbligo di cucinare, oltretutto.

Ha bisogno di chiudere il circolo vizioso in cui si è trovato incastrato, ed ha l’impressione di poterlo fare solo con l’aiuto di Louis. Ha bisogno di farlo con l’aiuto di Louis. Non sa quale sia il motivo, e se deve essere sincero ha paura della risposta che potrebbe darsi se solo si soffermasse a pensarci per un po’.

Quindi scrolla le spalle, sospira e sposta l’attenzione su quel pezzo di carta infilato malamente nella tasca posteriore dei suoi jeans. Lo tira fuori esitante ma non lo spiega. Se lo poggia sulle ginocchia, invece, e lo guarda come se ne fosse terrorizzato.

-Che cos’è?- domanda piano Louis, il tono di voce dolce e attento.

Harry sente il rumore della porta che si chiude, segno che Niall e Gemma devono essere usciti a giocare con la neve insieme a Phoebe. Qualcun altro passa velocemente accanto al divano senza prestar loro troppa attenzione, e dal colore dei capelli si direbbe sia Lottie. Harry si chiede, in un attimo di distrazione, dove si trovi Fizzy.

-È una lettera- spiega infine, deglutendo rumorosamente. Lascia uscire un sospiro tremante e punta gli occhi in quelli di Louis, che lo stanno già guardando.

-Okay- annuisce quindi il liscio. -L’hai letta?-

Harry scuote la testa e la abbassa quasi in segno di sconfitta. Ci vuole meno di un secondo, però, perché Louis gli poggi un dito sotto il mento e lo costringa a rialzarla. I suoi occhi oggi sono un po’ più scuri del solito, nota Harry.

È in un bisbiglio appena udibile che confessa, qualche secondo dopo: -È da parte di mio padre.-

Louis annuisce e inspira profondamente, per poi intrecciare una mano tra i suoi capelli e sorridergli con fare incoraggiante. -Hai intenzione di leggerla?-

-Io, beh, vorrei che...- esita il riccio, gli occhi chiusi e le sopracciglia aggrottate. Quando li riapre, Louis sembra già sapere ciò che sta per chiedergli. -Vorrei che restassi con me mentre la leggo, se ne hai voglia.-

Il liscio sorride rassicurante mentre le sue dita continuano a massaggiargli lo scalpo. -Resto per tutto il tempo che vuoi.-

Harry esala un respiro tremante, a quel punto, e deglutisce rumorosamente nel tentativo di ingoiare il nodo che gli si è formato all’altezza della gola.

-Solo se e quando sei pronto, Haz- soffia Louis a pochi centimetri dal suo orecchio. -Lo so che ti ho detto di dargli una possibilità e tutto il resto, ma non devi sforzarti di fare niente che tu non voglia, okay?-

Il riccio annuisce, le dita a sfiorare i bordi del foglio rovinato ancora poggiato sulle sue cosce, la spalla a contatto col petto di Louis. È estremamente consapevole della vicinanza tra i loro corpi, nonostante la sua attenzione sia focalizzata su quella maledetta lettera. Vorrebbe solo lasciarsi andare contro la pelle calda dell’altro, nascondersi nell’incavo del suo collo e aspettare di racimolare quel po’ di coraggio che gli è rimasto. Sa che Louis glielo lascerebbe fare. Sa che lo abbraccerebbe e gli accarezzerebbe i capelli, e forse gli poggerebbe addirittura le labbra sulla tempia in un bacio leggero.

Si limita a guardarlo, però, perché al momento ha come l’impressione che non ci sia altro modo di prendere coraggio, se non rubarne un po’ dagli occhi di Louis. Lui gli sorride un’ultima volta e ad Harry basta, perché poi schiude il foglio piegato in due e comincia a leggere.

 

Caro Harry,

ti scrivo in uno dei tanti momenti liberi della giornata, sperando che quando su questa lettera troverai solo il tuo nome, deciderai di aprirla.

Non mi dilungherò troppo, perché so che non servirebbe. Volevo solo dirti che mi dispiace. Mi dispiace di non essere stato il padre che avresti voluto e meritato, mi dispiace di aver lasciato che i tuoi occhi bambini vedessero cose tanto brutte, e mi dispiace anche per tutto il resto. Sinceramente, ho perso il conto di tutte le cose per cui dovrei chiederti scusa. La lista è troppo lunga.

Non voglio mentirti, e non posso farti promesse che non riuscirò a mantenere. Lo so io e purtroppo lo sai anche tu, che per uscire da una dipendenza deve esserci la volontà. Che l'aiuto esterno serve a poco, se non ci si aiuta da soli.

Volevo solo dirti, figliolo, che non devi mai pensare di non essere stato abbastanza. Amo te e tua sorella, così come ho amato tua madre, sinceramente e profondamente.

Ciò che mi manca, Harry, è l'amore che nessuno mi ha insegnato a coltivare, quello che mi è stato portato via ancor prima che potessi assaporarlo: l'amore per la vita.

L'attaccamento viscerale a questo tempo bastardo e limitato che dà e toglie senza preavviso.

Non ho saputo sfruttarlo, non gli ho dato il giusto valore, ho stupidamente pensato che perdere una figura guida equivalesse a perdere la vita stessa.

Ma si perde solo la strada, piccolo mio. Si perde di vista l'obbiettivo, si cade e ci si rialza, si costruiscono nuovi sogni.

Io mi sono lasciato andare. Non ho avuto la forza di rialzarmi, e neanche il coraggio di imboccare un nuovo sentiero.

L'ignoto mi spaventava, e ho preferito lasciarmi avvolgere da quel senso di malessere, mi sono crogiolato nel mio dolore e l'ho utilizzato come giustificazione.

So che non lo è. So che per colpa mia sei cresciuto covando il mio stesso rancore, so che ti porti dentro la stessa rabbia, lo stesso disamore verso questa vita un po' stronza e disonesta.

Per questo, Harry, ti chiedo di seguire il consiglio di un moribondo pentito, e di fingere per qualche minuto che a scriverti sia il padre che ti ha portato allo stadio per la prima volta, e non quello che è stato in carcere per la maggior parte delle tua adolescenza.

Amati, Harry. Ama te stesso prima di ogni altra cosa, perché solo così riuscirai a perdonarti.

Ama il tempo che ti è stato dato, attaccati a questa vita bastarda e urlale in faccia che tu non sei come l'uomo debole e inutile che è stato tuo padre.

Dille che sei capace di rialzarti, dimostrale che l'ignoto non ti spaventa, prendi quanti più sentieri possibili e se ti fai male, figliolo, rimboccati le maniche a va' avanti.

Sii forte ma permettiti di essere fragile.

Perdona gli sbagli che commetterai e, se puoi, perdona anche i miei.

Ti voglio bene sempre,

Papà.

 

 

È a causa di una lacrima che bagna il foglio proprio all’altezza della parola ‘papà’, se Harry si accorge di aver finito di leggere. Non si era reso conto di star piangendo, ma le sue guance sono già completamente bagnate, e le mani tremano attorno al pezzo di carta.

-Hey- sente Louis sussurrare, ma non si volta verso di lui.

-Harry, guardami- insiste.

Harry alza gli occhi pieni di lacrime e vergogna, e non è compassione ciò che trova in quelli del liscio, bensì comprensione ed empatia. Louis è l’emblema di tutto quello che gli fa male eppure Harry si sente al posto giusto, quando lo guarda. Non gli è mai successo prima.

Piega le labbra in un sorriso debole che non riesce a scacciare le lacrime, e i suoi occhi sono ancora troppo appannati perché possa vedere la mano di Louis raggiungere la sua guancia. Si lascia cullare da quel contatto, però, e si accascia contro la consistenza morbida ma leggermente ruvida della sua pelle. Le dita vanno ad intrecciarsi di nuovo ai suoi capelli, ed Harry le asseconda quando lo spingono a nascondersi nell’antro caldo e accogliente che è il collo di Louis.

-Sei stato tanto coraggioso, Haz- soffia contro il suo orecchio, per poi lasciargli un bacio appena accennato sulla tempia.

-Non sono pronto- confessa a quel punto Harry, la voce rotta e quasi impercettibile. -Ho bisogno di altro tempo, Lou.-

Lo avverte annuire lentamente, il collo che si muove dolcemente contro la punta del suo naso.

-Un po’ alla volta- lo rassicura. -Un po’ alla volta e andrà tutto bene, vedrai.-

Il riccio permette a quelle parole di rassicurarlo, si crogiola nell’illusione che non sia ormai troppo tardi. C’è una cosa che deve fare adesso, però. Perché non c’è più tempo per suo padre, ma ce n’è ancora tanto per Louis. Ci sono cose da vedere, posti da visitare, emozioni da provare.

C’è un universo intero ad aspettarlo, e Harry deve dirglielo.

-Louis- bisbiglia quindi sollevando il capo. -La tua vita è importante. Ti prego, non scordarlo mai.-

Non riesce a capire cosa sia esattamente quella scintilla che attraversa lo sguardo del più grande. Stupore, forse, e se lo è davvero, Harry si chiede perché nessuno gli abbia mai detto una cosa del genere. Perché nessuno gli abbia mai fatto presente che il mondo sarebbe un posto molto più triste, senza il suo sorriso.

Louis sospira e annuisce, gli lascia un bacio sulla fronte e -Non lo farò-, sussurra.


ƸӜƷ


Quando tornano a casa sono ormai le undici di sera, Harry ha la maglia sporca di sugo e Gemma deve essersi accorta, durante la cena, del suo atteggiamento pensieroso e distaccato, perché non fa domande e non intavola il discorso Louis. Il riccio lo apprezza, e la tiene stretta a sé per qualche lungo secondo, prima di dirigersi verso la sua stanza, cambiarsi e mettersi a letto. Poggia la lettera di suo padre sul comodino e la guarda. Lo immagina scrivere con mani tremanti, mentre qualche lacrima bagna il foglio e il senso di colpa gli appanna la vista, e sente una fitta stringergli il cuore.

Harry li conserva come fossero un segreto, quei piccoli e pochi ricordi che ha di suo padre. E se per tanti anni ha sperato che potessero tornare ad essere quotidianità, adesso non sa se riuscirebbe ad accettarlo. Non è convinto di poterlo guardare negli occhi senza pensare alle urla, i pezzi di vetro sul pavimento e la droga sparsa per casa.

Ha imparato con il tempo, Harry, a scindere le due personalità di Desmond Styles, i due tipi di persona che ha conosciuto nel corso degli anni: il suo papà, quello che lo abbracciava come se volesse proteggerlo dal mondo intero, e lo sconosciuto che è diventato dopo, la fonte principale di tutte le sue insicurezze e paure.

Non sa in quale momento abbia smesso di fare male. Si è svegliato, una mattina, e il pensiero di suo padre non lo rendeva triste, né tantomeno arrabbiato; indifferenza era tutto ciò che riusciva a sentire. Un vuoto totale all'altezza dello stomaco, il labile ricordo di un sentimento di nostalgia.

Si è svegliato, una mattina, e di suo padre non era rimasto più niente.

Ha bisogno di tempo, adesso, solo un altro po' di tempo, per ricordarsi di quando tutto era diverso.
 

ƸӜƷ
 

Caro papà,
è da tanto che non pronuncio questa parola.
Sono passati anni dall'ultima volta che ho chiamato il tuo nome certo che avrei ricevuto risposta. Non la ricordo neanche più, quell'ultima volta.
Forse è stato quando avevo sei anni e mi hai portato allo stadio. O magari è successo durante il nostro ultimo Natale, quello in cui mi hai regalato la pista di macchinine che desideravo da tanto. O ancora, forse è stato quando mi hai accompagnato a scuola per l'ultima volta.
Sono stato tutta la mattina sulle tue spalle quel giorno, questo me lo ricordo. Mi sembravi indistruttibile. Pensavo che se fossi rimasto per sempre insieme me, con quelle spalle avresti potuto proteggermi da qualsiasi cosa.
Non mi aspettavo che avresti fatto tutto il contrario. Che sarei cresciuto senza capire niente di calcio, per esempio. O che avrei tenuto quella pista di macchinine per ricordarmi di quando sniffavi cocaina proprio accanto a dove l'avevi sistemata: un promemoria per l'uomo che sarei voluto diventare, e che era il completo opposto di quello che eri diventato tu. Forse è stato proprio accanto a quella pista di macchinine, mentre ti pregavo di smetterla, che ho pronunciato per l'ultima volta il tuo nome.
E hai ragione, papà, a questa vita voglio dimostrare che non sono come te. 
Gemma mi aveva raccomandato di essere cauto, e mi dispiace se non lo sono stato. Ma voglio cercare di ricominciare, e non ho alcuna intenzione di farlo con una bugia.
Quindi questa è la verità: hai ragione. Sono pieno di rancore, e non so quanto tempo ci vorrà prima che la parola 'papà' smetta di suonarmi così estranea. Non lo so, perché non ricordo l'ultima volta che l'ho pronunciata.
Ma ricordo com'era averti al mio fianco, e nonostante tutto non ho mai smesso di volerti bene.
Credo che questo sia un buon punto da cui ricominciare.
Ci vediamo presto, forse.
Harry.

 

   
 
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