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Autore: Red_Coat    06/02/2019    2 recensioni
Questa è la storia di un soldato, un rinnegato da due mondi. È la storia del viaggio ultimo del pianeta verso la sua terra promessa.
Questa è la storia di quando Cloud Strife fu sconfitto, e vennero le tenebre. E il silenzio.
Genere: Angst, Guerra, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Kadaj, Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più contesti
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- Questa storia fa parte della serie 'L'allievo di Sephiroth'
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Sephiroth concesse a Cloud Strife tutto il tempo che gli serviva per raggiungere il luogo in cui Aerith gli aveva dato appuntamento.
Tempo durante il quale la ragazza pregò per il suo Pianeta, Victor la seguì a distanza con la morte nel cuore, e il burattino si affrettò a ricopiare con precisione le mosse che il burattinaio dettò attraverso quei fili invisibili che non sapeva nemmeno di avere.
Con calma, non c'era fretta.
Tanto era già caduto nella sua rete, anche se ancora neppure lo immaginava.
Era una tecnica raffinata, ma in natura riusciva alla perfezione: Il predatore si fingeva preda, innocuo o incapace, per poi chiudere di colpo le fauci e stritolare sotto le sue mascella aguzze l'ultimo briciolo di speranza ancora in vita.

Stava scrivendo una tragedia ed era ciò che tutti si aspettavano che accadesse. Niente di più semplice.
 
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«Aerith!»

Finalmente la vide, da lontano, in ginocchio a pregare sull'altare.
Gli dava le spalle, era troppo assorta nella sua preghiera e non poteva smettere di supplicare, ma lui fu sicuro di esser stato udito.
Era felice! Era lì, era arrivato in tempo e adesso avrebbe potuto proteggerla, solo questo gli importava.
Corse da lei, saltando sul sentiero di pietre lisce poste a intervalli nell'immenso lago che circondava l'altare in rilievo, tagliando la distanza che li divideva e poi saltando sui gradini sempre in pietra che si elevavano dall'acqua limpida per raggiungere il suo podio.
Le arrivò di fronte, a pochi centimetri. Un solo salto e avrebbe potuto esserle di fianco.
Si fermò a guardarla, lei alzò la testa e aprì gli occhi, gli sorrise grata e commossa.
Sicura.
"Sono qui".
Ma proprio allora, nuovamente, Cloud Strife sentì la sua mente venirgli strappata, bruscamente, e per qualche brevissimo istante non fu più lui.
Tifa e Vincent Valentine, che lo guardavano dalla sponda, lo videro sfoderare la Buster Sword e alzarla su di lei.
Urlarono il suo nome per tentare di risvegliarlo, inutilmente.
Aerith non si mosse, gli occhi le divennero lucidi ma si mostrò coraggiosa.
Non smise di pregare nella sua testa, mentre i suoi occhi lo osservavano stringere i denti, combattere per impossessarsi di nuovo di sé stesso prima di farle del male.
E si accorse anche dell'ombra nera che se ne stava in disparte ad osservare, in fondo alla valle, poco distante dagli altri due membri di AVALANCHE.
Victor teneva la testa alta ma le mani sprofondate dentro alle tasche del soprabito, la guardava affranto e ad un certo punto, quando finalmente Cloud riuscì a riaversi e guardarla sconvolto e dispiaciuto, mentre Sephiroth rideva nella sua testa.
Osaka invece, lei lo vide abbassare il capo e voltarle le spalle, e allora seppe.
Che era ora di andare.
E sorrise, richiudendo gli occhi e preparandosi a sentire quel dolore, che alla fine arrivò, puntuale e atroce, ma mai quanto il dolore che portò con sé, nel lifestream.
Fu un attimo.
Sephiroth piombò su di lei come un falco dall'alto, la lama della Masamune la trafisse all'altezza del ventre e lei si lasciò andare, non oppose più resistenza.
Scagliò lontano la White materia, questa rimbalzò con un triste e solenne tintinnio sui gradini in pietra, quindi s'illuminò per un istante, prima di scomparire tra i flutti e scendere assieme alla sua anima nelle profondità del blu di quelle acque sacre.
Un singolo istante, e tutto svanì.
La vita sfuggì via dal suo corpo ferito e l'ultima cosa che le rimase furono i suoi ricordi: belli, puri, innocenti.
Li raggiunse piangendo le sue ultime lacrime e la luce la accolse abbracciandola, mentre al mondo le uniche persone che davvero l'avevano amata rimanevano sole a difendere ciò che restava di lei.
Un corpo, un desiderio, un sogno.
Ancora non potevano comprendere il significato di quel sacrificio volontario, era troppo presto.
Ma presto lo avrebbero fatto e lei sarebbe stata pronta a combattere con loro ancora una volta, come sempre, per difendere il Pianeta come loro unica e ultima speranza.
Tutta l'umanità apparteneva al Pianeta, e il Pianeta era il loro grande genitore, erano suo figli e apparteneva a loro, soltanto a loro.
Era la loro casa, la loro terra, e mai e poi mai nessuno sarebbe riuscito ad annientare la loro unica, grande e splendida eredità.
Bella e preziosa come una gemma verde in mezzo al nero vuoto dell'universo.

 
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Il Generale sapeva tutto.
Ogni cosa, ogni punto fisso nel tempo, ogni tappa prestabilita da quel momento fino a quello della battaglia finale nel Giorno del Giudizio erano già ben delineati nel suo piano verso l'ascesa al dominio del cosmo, con la meticolosità militaresca che era solito mostrare durante l'elaborazione dei suoi piani.
Ed oltre a questo, stavolta non aveva più paura di perdere nulla, a differenza del suo fratellino minore Victor Osaka e del suo insignificante burattino, Cloud Strife.
Se nella prima stesura di quella loro storia lo aveva tenuto nel palmo fino alla fine, ora sapeva come correggere anche gli errori che proprio nel momento della vittoria lo avevano portato ad una sconfitta clamorosa.
Era facile, ma doveva agire con astuzia per non destare sospetti.
Nessuno dei suoi avversari sapevano davvero con esattezza ciò che sarebbe successo.
I Cetra ribelli, anche loro ignari di quei pochi dettagli che avrebbero potuto fare cambiare loro idea sul da farsi, avevano lavorato affinché le immagini del futuro fossero confuse e frammentate, insufficienti a fornire un quadro completo ma più che adatte ad incutere quel terrore di cui erano vittima e per cui adesso sia lui che sua madre ridevano sadicamente.
Quei Cetra, e il Pianeta stesso.
Erano come pesci presi all'amo, si divincolavano agitandosi e lo avrebbero fatto fino a che il loro fragile autocontrollo non si sarebbe spezzato. Allora sarebbe stato troppo tardi, perché nel frattempo Sephiroth avrebbe fatto in modo di tenerli impegnati con una serie di cambi di rotta e colpi di scena improvvisi che li avrebbero illusi e destabilizzati, inducendoli a pensare di aver finalmente vinto.
Proprio allora sarebbero però finiti dritti dentro il suo mortaio, e dei loro spiriti e del loro pianeta non sarebbe rimasta che polvere.
Minuscoli frammenti abbandonati nel nero dello spazio, mentre loro  - lui, sua madre e Victor- avrebbe solcato quel vuoto verso altri pianeti da divorare, conquistare, distruggere.
Ovunque ci fosse stato traccia di esseri umani, quei vili, crudeli e subdoli insetti disgustosi che ormai infestavano il cosmo.
Razza di creature immonde, avrebbero presto risolto il problema cancellandoli per sempre da tutti i pianeti, conosciuti e non.
Tutto dipendeva da come sarebbe andata a finire quella prima battaglia, che invece per Victor Osaka era una vere e propria guerra a sé stante.
Doveva essere così.
Lui era l'esca, perciò era importante che i Cetra vedessero, che credessero di essere riusciti a sopraffarlo, annientarlo, ammutolirlo.
Ma per farlo prima di tutto doveva crederci lui stesso.
Da quel momento Sephiroth avrebbe avuto la vittoria in pugno, e sarebbe stata solo una questione di tempo. Perciò quando vide la ragazza dei fiori avvicinarsi all'altare, quando rivide quella scena, la White materia stretta nelle sue mani e una preghiera a fil di labbra, non poté fare a meno di sogghignare beffardo mentre affilando la sua fidata Masamune si apprestava a replicare il suo copione ormai consolidato.
Poveri illusi!
Poveri, miseri figli di un sogno, appesi ad un'illusione fragile come nebbia, attaccati alla propria storia senza il minimo interesse ad espandere i propri orizzonti mentali.
Lui era uscito da quel guscio già da un po’, da quando aveva scoperto come ingannare anche l'ultimo ostacolo, il tempo e lo spazio in cui le loro vite erano state confinate.
Victor era nato così, era figlio di quello strappo dimensionale che gli aveva permesso di essere parte di più mondi eppure di non appartenere veramente a nessuno.
Era libero.
Presto lo sarebbero stati tutti.
Nessuna mente umana sarebbe mai riuscito a capirlo fino in fondo, e questo contribuiva solo a confermare quanto limitati fossero quegli esseri.
Gli alieni esistevano, certo che si, ed erano molto più intelligenti e forti di loro.
Presto si sarebbero accorti di quanto in realtà non fossero mai stati troppo distanti dal loro naso.
Presto, molto presto.
Prima della totale estinzione del genere umano a favore di una razza molto più elevata nata dallo stesso medesimo crogiolo.
Lui, Sephiroth, il 1st class più potente di tutti i tempi, e Victor Osaka, il ragazzo impossibile, l'insospettabile risultato dell'unione perfetta di tutto ciò che le civiltà inferiori avessero da offrire al suo DNA già di per sé impeccabile.

 
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Così se ne andò per sempre Aerith. La ragazza dei fiori, l’ultima pedina a disposizione dei Cetra e l’ultima di loro che ne potesse preservare la memoria con rispetto e amore.
Seguendo il suo destino, percorrendo con coraggio fino in fondo la sua strada e compiendo la sua missione anche se non voluta, proprio come Victor Osaka le aveva chiesto e come sua madre le aveva detto di fare.
Seguendo il desiderio più grande del suo cuore si lasciò andare e salutò tutti lasciando ai posteri quel suo silente sacrificio, quell’omaggio immenso chiamato vita.
La sua anima raggiunse il lifestream tintinnando, scintillando di luce viva, volteggiando e roteando in aria e poi fermandosi per qualche istante, come per voltarsi a salutare, prima di sprofondare per sempre nell'azzurro puro del lago.
Il lago.
Sempre e solo lui.
Mentre Cloud Strife stringeva a sé il suo corpo ormai inerme e insanguinato, piangendo lacrime amare la implorava di non lasciarlo, proprio come tempo addietro aveva fatto col suo unico amico, colui che nonostante l'insormontabile distanza era riuscito a lasciargli il regalo più grande: La vita.
Quello stesso prezioso tesoro che adesso Sephiroth, in un attimo, le aveva strappato via dal petto con la sua solita crudele violenza.
La stessa con cui ora, la lama ancora sporca di quel sangue puro, asserì algido, allargando le braccia verso il cielo.

«Tranquillo ... Presto la ragazza sarà parte dell'energia del pianeta. Ciò che rimane da fare ora è solo andare a nord. Oltre la neve la terra promessa ci attende.»

Ogni parola era per Strife una lama tagliente, ogni sillaba una ferita e un'altra lacrima bollente per i suoi occhi già annebbiati dal dolore, atroce in testa e in petto, ma il suo nemico non smise di parlare e tormentarlo coi suoi piani di conquista del potere.

«Lì diventerò un nuovo essere unendomi al pianeta ...» proseguì infatti, incurante di ogni cosa e irrispettoso perfino del suo dolore «Così come anche la tua amica ...»

Come se non fosse accaduto niente di grave, come se averla uccisa non fosse niente di cui preoccuparsi.
Lei non c'era più, il suo corpo ancora caldo gli giaceva inerme tra le mani e il sangue grondava dalla ferita, e Sephiroth ... Lui continuava a parlare sempre e solo di sé, del proprio volere, del suo oscuro piano.
Non era nulla per lui la vita di Aerith!?
Nulla ... Solo un insignificante filo d'erba sotto la suola dei suoi anfibi.
Come le vite degli abitanti di Nibelheim ...
Come la vita di sua madre ...
Non erano nulla per lui, e Cloud all'improvviso non riuscì più a sopportare tutta quella sua sfrontata superbia.

«Zitto.» lo interruppe.

Un cupo sussurro freddo e iroso.
Si voltò a rivolgergli uno sguardo di rabbioso disprezzo, le labbra deformate dal dolore, la voce stranamente sicura e gli occhi di ghiaccio ancora lucidi di lacrime.

«Il ciclo della natura e il tuo piano non significano nulla.» aggiunse, poi come un macigno rotolò su di lui quella pesante, ferina verità «Aerith è morta. Aerith non parlerà più, non riderà, piangerà ... O si arrabbierà...»

Tornò a guardarla, a posare il suo sguardo su quella pelle liscia e diafana.
Sulla bocca morbida le labbra rosee erano ancora piegate in un ultimo sorriso sereno, come se il dolore che l'aveva uccisa non l'avesse mai nemmeno sfiorata in realtà.
Era impossibile ... crederci. Per lui ...
Lei, così piena di gioia e voglia di vivere. Così appassionata, solare.
Lei che lo aveva salutato con un arrivederci, era stata costretta ad un addio eterno.
Gli era impossibile concepire come quel suo corpo fragile sarebbe presto scomparso nell'oblio del tempo, come quel suo sorriso e il suo entusiasmo sarebbero stati risucchiati e sbiaditi dall'inevitabile corso delle ore e dei giorni.
Proprio lei.
Ora ... non parlava più ... Perché qualcuno aveva spento per sempre la sua voce.
Abbassò la testa sul suo petto, chiudendo gli occhi alle lacrime e stringendo a sé quel corpo inerme.
Era ancora caldo.

«E noi ... Cosa faremo adesso, NOI??» si chiese straziato, seguitando a piangere tutta la sua disperazione «Il dolore che provo ... Le mie mani tremano. La mia bocca è secca. Gli occhi mi bruciano!»

Tremava, accasciato sul corpo di lei che non ricambiava l'abbraccio.
Perché ... il suo cuore ... Perché non riusciva più a sentirlo?
L'unica cosa che sentì fu la bieca, disgustosa risata di Sephiroth che implacabile riprese a schernirlo.
Abbassò le braccia, tornò a guardarlo celando un ghigno dentro quella sua solita espressione glaciale.

«Cosa stai dicendo?» gli chiese, incredulo e beffardo «Vorresti dirmi che anche tu provi ... emozioni?»

A quel punto Cloud non ne poté semplicemente più. Basta! Era già abbastanza essere stato la sua marionetta per ben due volte, aver rischiato di ucciderla e poi non essere stato in grado di salvarla da lui, non essere riuscito ad arrivare in tempo e adesso vederla andarsene con il suo ultimo sorriso.
NON GLI AVREBBE PIÙ PERMESSO DI GIOCARE CON LUI!

«Ma certo!» sbottò, lasciando quel corpo ormai inerme a terra e alzandosi, affrontando di petto quegli occhi cattivi ch'erano capaci di confonderlo e di fargli così tanta paura.

Ora non più! Ora voleva solo ucciderlo! Lui, il suo inutile, fastidioso senso di superiorità e il suo disprezzo per la vita, tutta!
Aerith amava la vita! Lei la adorava! Avrebbe voluto vivere in eterno su quel pianeta con loro! Avrebbe dovuto farlo!
Ma per colpa sua, del suo disprezzo, della sua anima nera come la pece e arida come il deserto attorno a cosmo canyon, questo non sarebbe più potuto succedere.

«Con chi credi di parlare?» lo affrontò con disprezzo.

Era Sephiroth quello privo di sentimenti, non lui!
Ma questi, incurante del suo sdegno, seguitò a ridersela ancor più malevolmente, scuotendo le spalle e la testa e disprezzandolo profondamente.

«Ah, ah, ah! Non fingere di essere triste!» lo sminuì con sufficienza «E non c'è bisogno di far finta di essere arrabbiato.»

Quindi senza attendere una sua replica si alzò nuovamente in volo sopra di lui e concluse infame.

«Perché Cloud, tu sei ...»

Lasciò la frase a metà, scomparendo nel cielo immenso sopra di loro nello stesso punto in cui era apparso per planare come un falco su Aerith e il suo sogno di vita.
Tornò il mal di testa, stavolta molto, molto più forte delle altre volte.
E all'improvviso mentre si sentiva impazzire vide apparire sull'altare davanti a sé una gigantesca creatura alta e possente come un drago ma viscida e tentacolare. Poggiava a terra per mezzo di un'ampia propaggine collosa e all'apparenza sembrava lenta e innocua.
La affrontò con la morte nel cuore, confuso.
Vincent e Tifa gli diedero una mano e per fortuna riuscirono a cavarsela con pochi danni e più in fretta di quanto pensassero.
Ma quando scomparve e lui ricadde in ginocchia a terra per un istante la sua mente fu nuovamente rapita al suo controllo, e nel buio una voce di donna che non aveva mai sentito prima, sibillina come quella di una serpe ma  bieca, come un sussurro orrendo e spettrale, diede una conclusione alla sentenza di Sephiroth, facendogli tremare il cuore.

 
"Perché tu sei ... Un burattino!"

Non potè non pensarci a quella conversazione, la loro ultima, tutti insieme al Gold Saucer.
Anche Victor aveva usato spesso quei termini con lui.
"Un ... burattino?"
Come ... loro?
Non aveva importanza.
Nessunissima importanza adesso.
L'importante era ... Aerith ...
Riuscire a salutarla come si doveva.
Anche se, effettivamente, non sarebbe mai più riuscito a lasciarla andare.
Il dolore e il rimpianto sarebbero stati con lui per sempre, fino a che avrebbe avuto la possibilità di vivere lo avrebbe fatto anche per lei.
Per quel suo sogno di vita che si era infranto come fragile cristallo sotto la violenza inumana di quell'essere spietato che era diventato Sephiroth, un tempo lontano anche il suo di eroe, ma ora solo un mostro da distruggere.
Così fecero, tutti.
Barret le si avvicinò affranto, chinando per qualche attimo di silenzio il capo e chiudendo gli occhi, per poi appoggiare sulla spalla di Cloud, che non riusciva a smettere di guardarla, una pacca d'incoraggiamento.
Tifa era visibilmente scossa. Sull'orlo delle lacrime deformò le labbra e le si inginocchiò di fianco. Tenera, commossa. Sorrise, sforzandosi di farlo con tutta se stessa. Glielo doveva. Così come avrebbe voluto dirle qualcos'altro ma ... Non ce ne sarebbe stato più bisogno ormai.
Tanto non poteva risponderle, non avrebbe più potuto.
Allungò così una mano verso di lei, le fece un'ultima, commossa carezza sui dolci capelli ancora stretti in quel fiocco rosa e poi corse via, nascondendosi il viso tra le mani.
Cloud osservò tutto in silenzio, anche lo sguardo affranto e serio di Vincent e il pianto di Yuffie.
Ma quando finalmente venne il suo turno si mosse senza una lacrima, senza riuscire a versarne nemmeno una. 
La prese dolcemente tra le braccia, la strinse a se più forte mentre scendeva uno ad uno i gradini dell'altare e la conduceva in mezzo a quelle acque limpide e pure come ciò che era stata.
La adagiò sopra di esse e la lasciò andare, osservando per l'ultima volta il suo sorriso, i contorni dolci del suo viso e i suoi morbidi capelli espandersi docilmente sulla superficie a specchio del lago, che a poco a poco la prese ed iniziò a stringerla a sé, fino a farla diventare parte della propria natura.
A poco a poco, Aerith divenne il lago. E non solo quello.
L'acqua, la terra, il sole che rifulgeva oltre le guglie, la luce che rischiarava l'oscurità. Perfino i fiori, i suoi amati fiori che comunque avrebbero continuato a crescere oltre quel tempo, quel dolore, dappertutto sul pianeta ma soprattutto lì, tra le spesse mura della sua piccola chiesetta per finire poi sul piccolo tavolo da pranzo di Elmyra.
Sempre e per sempre, fino a che lei sarebbe vissuta.
Così, da adesso in poi, Aerith sarebbe rimasta con loro.
Nella terra, nell'acqua pura di un lago, nello splendore del sole e nella pace di un giorno in compagnia di qualche amico. Nella determinazione che li avrebbe accompagnati in quella loro lotta per salvare il pianeta, ora la loro unica eredità.
Ora lei era in tutto questo.
E mentre la consapevolezza si impadroniva di loro, all'improvviso le parti si invertirono.
Cloud la guardò scomparire oltre l'azzurro e seppe che adesso era lui la sua speranza, era lui a dover concludere quella missione per cui Aerith si era sacrificata, per non rendere vana la sua morte.
Victor invece la osservò sprofondare da lontano, divorata dalle acque placide, e il fiato gli mancò nei polmoni, la forza lasciò le sue gambe che comunque lottarono per rimanere in piedi.
Lei ... la migliore amica di Keiichi ... Colei che lo aveva salvato, che aveva voluto credere in lui nonostante tutto, che gli aveva permesso di poter parlare un'ultima volta col suo amore e aveva raccolto le sue lacrime e la sua rabbia nel vano tentativo di dissiparla.
Non c'era più.
Anche lei era scomparsa, cullata dai flutti di quel lago che sembrava così simile a quello che custodiva le spoglie mortali di Hikari.
Entrambi erano acque pure, anche se per diversi motivi.
Entrambi avrebbero preservato memorie che, un giorno forse, sarebbe stato in grado di affrontare.
Per ora però, non poteva vacillare.
E mentre le prime lacrime amare si affacciavano prepotenti ai suoi occhi facendoli bruciare, lui le lanciò un ultimo bacio accompagnandolo con un delicato e fugace movimento della mano destra, poi girò i tacchi e stringendo i pugni tornò sui suoi passi, facendo a pugni contro sé stesso per respingere il dolore, la rabbia e quella domanda legata ad essa, che sapeva sarebbe stata una bestemmia per la sua coscienza, se solo fosse riuscita a prendere forma nella sua mente.
Anche se poi, inevitabilmente, lo fece e contribuì a far vacillare ancor di più i suoi passi, come un pugno nello stomaco.
"Sephiroth ... Perché l'hai fatto?"
Dovette arrendersi.
Dovette cedere alle lacrime, alla sua misera fede vacillante.
Ma almeno un pensiero consolante riuscì a calmare le fitte atroci del suo cuore: "Adesso è con Zack. Sono insieme, come doveva essere. E lo saranno fino a che questo maledetto pianeta avrà vita. Parola mia ..."


 

 
(Continua ...)
   
 
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