Fanfic su artisti musicali > Guns N'Roses
Segui la storia  |       
Autore: slashsriffs    06/02/2019    1 recensioni
° Seguito di Rocket Queen °
"[...] Qualcosa nel suo di cuore era cambiato: aveva trovato la persona con cui stare veramente insieme fino alla fine. Aveva pronunciato il fatidico sì, e in quel periodo forse avrebbe tanto voluto tornare indietro nel tempo. Per evitare il rimorso, mentre sfrecciava a tutta velocità nella sua Cadillac Seville sulla Sunset Boulevard alle quattro del mattino."
Slash è sposato, Lisa non l'ha mai dimenticato. Sono passati cinque anni, sembrava che per entrambi la felicità avesse un prezzo troppo alto. Si rincontrano per puro caso, nessuno dei due è da solo però questa volta. Cosa volete che sia un po' di nostalgia? Cosa volete che sia scoprire che si sono aspettati tanto?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti, Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Lisa se ne stava lì, rannicchiata sul suo letto con una sigaretta in una mano e una rivista nell'altra, sfogliando di tanto in tanto e distrattamente le pagine che discorrevano troppo di moda e tendenze, gossip e pettegolezzi, ma poco di quello che stava accadendo nel mondo. Era il 1994, l'inverno freddo e le strade di Los Angeles affollate. Kurt Cobain era morto, suicidio o omicidio nel mondo del rock le persone si dividevano ora per l'una ora per l'altra fine. I suoi 27 di anni quasi tremavano al pensiero che alla medesima età uno dei più grandi rappresentanti del grunge, forse per una fucilata forse per una dose di troppo, riposava beato sulle nuvole, magari al fianco dei grandi della musica mentre si passano tra loro una canna. Sorrise all'idea, chissà se dopo la morte cosa ci aspetta. Sperava di non dover rivivere quello che aveva visto e sentito, tutte la gioia che portava con sé sempre dolore. Tra qualche ora sarebbe dovuta essere al Roxy, quel giorno toccava a lei lavorare sino al mattino dopo e sbuffó pensando che non aveva trascorso la giornata come voleva: dormendo. 
Inoltre quel posto le ricordava sempre i bei tempi. 
Erano trascorsi sei anni e l'ultima volta che l'aveva visto era stato per sbaglio, mentre era in centro per una passaggiata con l'amica Meredith e una folla accerchiava una limousine nera, e tra i flash dei paparazzi e le urla stridule delle ragazze riuscì comunque a riconoscere una chioma vaporosa e riccia, scura come la pece, svanire dietro la porta girevole. Lo avrebbe riconosciuto tra mille a chilometri di distanza perché per lei lui era stato l'unico. Nessun altro aveva 'fatto breccia nel suo cuore', nessuno aveva conquistato la sua fiducia, nessuno aveva dormito nel suo stesso letto. Tutto quel tempo si era concentrata su se stessa, il lavoro, la casa, mettendo da parte i ricordi, le foto, le promesse non mantenute e gli addii troppo dolorosi. Aveva letto del suo matrimonio, due anni fa. Fu una notte di pianto e amarezza, gelosia e malinconia. Ma il giorno dopo speró che fosse felice, che almeno lui nella vita riuscisse a realizzare tutti i suoi sogni, nonostante tutto. La loro era stata una storia passeggera, forse neanche si amavano, forse si amavano fin troppo da non ammatterlo a loro stessi. Lo capì quando sulla spiaggia si erano guardati per l'ultima volta, quando lui non si voltó al richiamo della ragazza che lo accompagnava, non dopo averle parlato con gli occhi.  Occhi che ammettevano paura e mancanza, risentimento e rimpianti. Lei infondo non aveva mai voluto lasciarlo. Avrebbe vissuto il resto della sua vita al suo fianco, non le importava della droga, se sarebbe morta dopo anni, mesi o giorni, ma l'avrebbe fatto. Pazza, le avrebbe detto Meredith preoccupata. Se solo non avesse pensato a lei, se solo non fosse stata così egoista.
Rimosse quei pensieri dalla mente, si alzò, versandosi un bicchiere di rum e portando la sigaretta alla labbra per aspirare profondamente. Il cielo pian piano stava oscurandosi, lasciando spazio alla notte, la finestra rifletteva debolmente il viso chiaro e tondo che fissava la strada, la bocca rossa da cui pendeva una Lucky Strike e i capelli corti e spettinati, erano tornati biondi dopo l'ennesima tinta. Si diresse verso il bagno, infilando tra un passo e l'altro una canotta bianca, tralasciando di indossare il reggiseno. Si aggiustó i capelli alla meglio, specchiandosi velocemente per poi tornare in stanza per indossare un paio di pantaloni larghi. Guardó la sigaretta spegnersi lentamente nel posacenere poggiato sul suo comodino, spense la luce e diede le spalle alla porta della sua camera per dirigersi a lavoro. Quella sarebbe stata l'ennesima lunga notte trascorsa tra ragazzine troppo ubriache e frenetiche e uomini approfittatori. Scosse la testa, prese un sorso d'acqua dalla piccola bottiglia che portava con sé da giorni nel suo zaino, a pochi metri da lei l'insegna del Roxy già illuminava l'asfalto. Entro, con passo lento ma veloce nello sfilarsi il cappotto, in quel posto il caldo era soffocante.
Lo sguardo era audace e sicuro, ormai tutti la conoscevano lì dentro. Non l'aveva più volte salvata, assicurando sempre un posto anche quando era stata lei stessa ad andarsene. Era quasi un padre per lei, riusciva a cacciarla dalle peggiori situazioni che potevano pararsi dinanzi ai suoi occhi. Era una donna ormai, i suoi 27 anni erano stati temprato da sofferenze e delusioni e non ci sarebbe cascata più così facilmente.

 

 

 

 

 

 

Lisa se ne stava lì, rannicchiata sul suo letto con una sigaretta in una mano e una rivista nell'altra, sfogliando di tanto in tanto e distrattamente le pagine che discorrevano troppo di moda e tendenze, gossip e pettegolezzi, ma poco di quello che stava accadendo nel mondo.

 Era il 1994, l'inverno freddo e le strade di Los Angeles affollate. Kurt Cobain era morto, suicidio o omicidio nel mondo del rock le persone si dividevano ora per l'una ora per l'altra fine. I suoi 27 di anni quasi tremavano al pensiero che alla medesima età uno dei più grandi rappresentanti del grunge, forse per una fucilata forse per una dose di troppo, riposava beato sulle nuvole. Sorrise all'idea.

Sperava di non dover rivivere, in un'altra vita, quello che aveva visto e sentito, tutte la gioia che portava con sé sempre dolore. Quell'anno, l'evitato schianto contro la Casa Bianca, la peste polmonare in India e le sparatorie a Brooklyn avevano surclassato i mondiali e la fine della costruzione del Tunnel della Manica. Il mondo stava andando a rotoli, come diceva Tyler, e infondo non gli si poteva dare torto. E loro altro non erano che spettatori impassibili davanti a quello che la vita gli riservava.

Tra qualche ora sarebbe dovuta essere al Roxy, quel giorno toccava a lei lavorare sino al mattino dopo e sbuffó pensando che non aveva trascorso la giornata come voleva: dormendo. Inoltre quel posto le ricordava sempre i bei tempi. Le notti trascorse a ballare, restare sino a tardi per aspettare l'alba, ascoltare musica sino a farsi venire la nausea, dimenticare quello che l'avrebbe attesa il giorno successivo. Uscire dalla porta sul retro, per evitare di ascoltare canzoni che le erano state dedicate, per poi ritrovarsi a spegnere sotto le scarpe la cicca della sigaretta mentre le lacrime solcavano le sue guance rosse. 

 

Ti ho vista in piedi,

da sola questo posto

è così vuoto per te

ma se hai bisogno di una spalla su cui piangere

o se hai bisogno di un amico

starò con te

fino all’amara fine.

Nessuno ha bisogno della malinconia,

nessuno ha bisogno del dolore,

odio vederti

camminare là fuori

sotto la pioggia,

quindi non punirmi e non

pensare che voglia fare del male a te

bensi a quelli che ti prendono

e poi ti abbandonano lontano

in attesa.

 

 

Erano trascorsi cinque anni e l'ultima volta che l'aveva visto era stato per sbaglio, mentre era in centro per una passaggiata con l'amica Meredith. Una folla accerchiava una limousine nera, e tra i flash dei paparazzi e le urla stridule delle ragazze riuscì comunque a riconoscere una chioma vaporosa e riccia, scura come la pece, svanire dietro la porta girevole. Lo avrebbe riconosciuto tra mille a chilometri di distanza perché per lei lui era stato l'unico. Nessun altro aveva 'fatto breccia nel suo cuore', nessuno aveva conquistato la sua fiducia, nessuno aveva dormito nel suo stesso letto.

Tutto quel tempo si era concentrata su se stessa, il lavoro, la casa, mettendo da parte i ricordi, le foto, le promesse non mantenute e gli addii troppo dolorosi. Aveva letto del suo matrimonio, due anni fa. Fu una notte di pianto e amarezza, gelosia e malinconia. Ma il giorno dopo speró che fosse felice, che almeno lui nella vita riuscisse a realizzare i suoi sogni, nonostante tutto. Lei ci teneva ancora, dopo tutti quegli anni che erano trascorsi.

La loro era stata una storia passeggera, forse neanche si amavano, forse si amavano fin troppo da non ammatterlo a loro stessi. Lo capì quando sulla spiaggia si erano guardati per l'ultima volta, quando lui non si voltó al richiamo della ragazza che lo accompagnava, non dopo averle parlato con gli occhi.  Occhi che ammettevano paure e mancanze, risentimento e rimpianti. Lei infondo non aveva mai voluto lasciarlo. Avrebbe vissuto il resto della sua vita al suo fianco, non le importava della droga, se sarebbe morta dopo anni, mesi o giorni, ma l'avrebbe fatto. Pazza, le avrebbe detto Meredith preoccupata. Se solo non avesse pensato a lei, se solo non fosse stata così egoista.

 

 

Rimosse quei pensieri dalla mente, si alzò, versandosi un bicchiere di rum e portando la sigaretta alla labbra per aspirare profondamente. Il cielo pian piano stava oscurandosi, lasciando spazio alla notte, la finestra rifletteva debolmente il viso chiaro e tondo che fissava la strada, la bocca rossa da cui pendeva una Lucky Strike e i capelli corti e spettinati, erano tornati biondi dopo l'ennesima tinta. Si diresse verso il bagno, infilando tra un passo e l'altro una canotta bianca, tralasciando di indossare il reggiseno. Si aggiustó i capelli alla meglio, specchiandosi velocemente, per poi tornare in stanza per indossare un paio di pantaloni larghi.

Guardó la sigaretta spegnersi lentamente nel posacenere poggiato sul suo comodino, spense la luce e diede le spalle alla porta della sua camera per dirigersi a lavoro. Quella sarebbe stata l'ennesima lunga notte trascorsa tra ragazzine troppo ubriache e frenetiche e uomini approfittatori. Scosse la testa, prese un sorso d'acqua dalla piccola bottiglia che portava con sé da giorni nel suo zaino, a pochi metri da lei l'insegna del Roxy già illuminava l'asfalto. Entrò, con passo lento ma veloce nello sfilarsi il cappotto, in quel posto il caldo era soffocante. Lo sguardo era audace e sicuro, ormai tutti la conoscevano lì dentro. Bob l'aveva più volte salvata, assicurandole sempre un posto anche quando era stata lei stessa ad andarsene. Era quasi un padre per lei, riusciva a cacciarla dalle peggiori situazioni che potevano pararsi dinanzi ai suoi occhi.

Era una donna ormai, i suoi 27 anni erano stati temprati da sofferenze e delusioni e non ci sarebbe cascata più così facilmente.

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Guns N'Roses / Vai alla pagina dell'autore: slashsriffs