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Autore: Marra Superwholocked    11/02/2019    2 recensioni
Ultimo capitolo della Trilogia delle impavide cacciatrici milanesi.
Durante il loro anno sabbatico, Catherine e Silvia avranno modo di capire se la caccia ai mostri fa realmente per loro. Tuttavia, da semplici cacciatrici in prova, si ritroveranno a dover escogitare un piano per eliminare la minaccia di Arimane, creatura malvagia scappata dalla sua Gabbia ai confini dell'Universo. Il Dottore le aiuterà anche questa volta? E Storybrooke da che parte starà?
Dal testo:
«Ed ecco a voi» disse Amnesha girando la scatolina bianca per mostrare alle cacciatrici il suo contenuto, «l'ultimo Fagiolo Magico.»
Genere: Angst, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Belle, Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills
Note: Cross-over, Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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CAPITOLO III

My songs know what you did in the dark*

 

Il mattino seguente, il vento correva veloce tra i rami quasi del tutto spogli degli alberi dell'allegra città di Lucca. Il periodo fine ottobre – inizio novembre era quello più strano e spensierato di tutto l'anno, per gli abitanti della città ed i suoi visitatori. Diventava, per circa una settimana, un'isola felice in mezzo ad un mare di disperazione ed angoscia italiana. Si poteva assistere ad un'amichevole chiacchierata tra un Mangiamorte e Jon Snow; Deadpool che magari correva di qua e di là mettendo in atto i suoi scherzi più bastardi; personaggi di manga potevano prendere un caffé assieme a fate e cavalieri di qualche videogioco... Nessuno prendeva per matti tutti quei ragazzi e tutti si divertivano. Anche Catherine e Silvia.
«Uh, guarda!» continuava ad esclamare Silvia, come se non fosse mai stata ad un evento simile a quello. «C'è Harley Quinn! E quello è Ash Williams! Ommioddio, lo Stregatto!»
«Calmati, sis» sorrise Catherine. «Ricorda che siamo qui per comprare code di rospi e cuori di conigli!»
Ecco, ora... Dire una cosa del genere in mezzo ad un gruppo di gente che ama autodefinirsi normale porta ad occhiatacce e pregiudizi; tuttavia, le due cacciatrici erano contornate da cosplayer da tutta Italia, matti tanto quanto loro due: non correvano alcun rischio.
«Non dobbiamo prendere quelle schifezze» rise Silvia, ammirando un magnifico trio composto da Loki, Thor e Nick Fury.
«Non è che cambi molto, lo sai? È comunque roba da streghe.» Improvvisamente, Catherine tornò seria e diversa, strana e Silvia, per questo, si fermò.
Attorno a loro, la gente rideva e continuava per la sua strada come se nulla fosse perché, ovviamente, non poteva sapere cosa stesse succedendo alle due ragazze.
«Si può sapere cos'hai?» chiese Silvia. Catherine fissava il cielo con occhi assenti. Amava sempre studiare i luoghi attorno a sé, ma ora lo stava facendo in modo inquietante. «È da quando siamo partite che hai dei momenti da... Da doppia personalità. Mi metti paura.»
Catherine sospirò. «Lo so.» Continuò a fissare le candide nuvole finché una folata di vento gelido non la fece rabbrividire. Gli occhi le guizzarono dunque verso il basso; vide gli alberi e le persone che, felici, si dirigevano verso il centro della città. Si voltò ed incontrò gli occhi preoccupati di Silvia. «Scusami» sussurrò senza far trasparire alcuna emozione. «A volte, non so che mi prende.»
Silvia non esitò un attimo di più. Pose la sua mano destra sul cuore dell'amica e pronunciò un incantesimo. Parole in latino che ella stessa, mesi prima, faticò a memorizzare poiché non pensava le sarebbero tornate utili.
«Ehi, ma che fai?» cercò di divincolarsi Catherine, ma non fece in tempo: l'incantesimo di Silvia riuscì ad anticipare le sue mosse: gli occhi di Catherine sembrarono risvegliarsi da un incubo, si ingigantirono e ritornarono a splendere. D'istinto, abbracciò la cacciatrice wiccan. «Sis!» Quel nomignolo uscì con voce fievole dalla sua bocca increspata. «Cosa mi sta succedendo?!» chiese, stringendo ancora di più Silvia a sé, come se avesse paura di perdersi.
«Nulla, Cathy! Nulla...» la rassicurò l'altra. «Finché ci sarò io, non ti accadrà nulla.»
Catherine si umettò le labbra e fece un lungo respiro prima di lasciare l'amica. Bugiarda, avebbe voluto dirle: ogni giorno correvano innumerevoli rischi; tuttavia le chiese quale incantesimo avesse lanciato.
«L'exorcizo malum» rispose Silvia. «Sembrava che qualcosa di malefico fosse penetrato nel tuo cuore» spiegò meglio. «Così l'ho esorcizzato.»
«Tornerà?»
Silvia si guardò prima attorno e poi, mordendosi il labbro inferiore, gettò gli occhi sui suoi anfibi neri e scricchiolanti. «Non so nemmeno cosa fosse, a dire il vero.»
All'improvviso, Silvia avvertì un fischio all'orecchio, acuto e penetrante, esattamente come quello sentito da Dean quando Castiel cercò di parlargli per la prima volta dopo averlo salvato dall'Inferno. Pensò che stesse diventando sorda, se l'aspettava da un momento all'altro, mentre tentava di tenere tappate le orecchie con entrambe le mani. Pronunciò anche qualche incantesimo, sottovoce, ma fu inutile: il fischio non si fermava, anzi: sembrava aumentare d'intensità. Silvia desiderò di svenire, almeno avrebbe smesso di sentire quel fischio assordante e di soffrire nel vedere Catherine andare nel panico. Aveva le lacrime agli occhi dal dolore alla testa, ma riuscì ad intravedere Catherine. Qualcosa in lei la incuriosì: aveva dei movimenti lentissimi, tanto da sembrare quasi immobile, ad un certo punto. Fu lì che il fischio cessò di tormentarla e tutto riprese a scorrere normalmente.
«Silvia!» esclamò Catherine disperata.
La wiccan tremava per lo spavento, si sentiva ondeggiare come in balia delle onde e fissava un negozio alla sue destra. «Lì!» disse indicando il negozio. «È lì che dobbiamo entrare!»
«Sì, ma cosa diamine ti è successo?!»
Silvia ansimava ancora. Nessuno, stranamente, si era accorto di nulla, forse perché troppo presi dall'immedesimarsi col personaggio che intendevano interpretare per un giorno. «La magia è cambiata...» sussurrò. «È cambiata ed è anche in pericolo.»
«P-pericolo?» chiese Catherine, sconvolta che ci fosse qualcosa più potente della magia che potesse mettere in pericolo quest'ultima.
Senza aggiungere altro, Silvia prese Catherine per la manica della sua giacca e la trascinò fino all'entrata del negozio, il quale, all'apparenza, poteva essere scambiato per un'innoqua bottega in cui acquistare erbe, infusi e candele profumate dalle forme più bizzarre. Anzi: sembrava che Catherine non riuscisse proprio a vedere il negozio, tanto che la maggiore pensò fosse sotto un'incantesimo di protezione. L'antica insegna recitava C'era una volta e nella vetrina erano esposte varie cianfrusaglie tra cui un acchiappasogni ed un libro senza titolo, rilegato in pelle.
Silvia non lasciò andare il braccio di Catherine nemmeno una volta davanti all'entrata. Per ella era tutto normale, ma per la piccola cacciatrice sembrava di andare a sbattere contro un muro. Quest'ultima cercò di riprendersi il braccio, di ribellarsi, ma Silvia la teneva molto stretta. Catherine cominciò a domandarsi da dove le uscisse tutta quella forza, ma proprio in quel momento ecco che il muro le sfiorava già la punta del naso e sentì immediatamente una sensazione orribile: le sembrò che qualcuno la stesse ricoprendo con uno strato di lattice nero, sottovuoto, le mancò il respiro, per un attimo non vide più nulla, e dove la stava portando, perché, panico, aiuto non respiro cosa sta succedendo?!
Poi Catherine si trovò all'interno del negozio.
Silvia la lasciò andare, ma i suoi occhi non cercavano nulla al di fuori di ciò che voleva trovare; al contrario, Catherine osservava, dopo essersi ripresa, cosa aveva attorno. Il locale era sufficientemente grande, tuttavia l'organizzazione lasciava un po' desiderare. Pile di libri, identici a quello esposto in vetrina, erano sparsi un po' ovunque. Una cinquantina di acchiappasogni erano appesi per tutta la superficie del soffitto ed erano stati appena smossi dalla lieve folata di vento che aveva accompagnato l'entrata delle due cacciatrici. Sotto di essi e a pochi passi da Silvia lo spazio era parzialmente occupato da oggetti senza nome e da un bancone di legno marcio, un pezzo d'antiquariato lasciato lì a morire.
«Regina?» chiese una voce stridula e femminile. Non era molto lontana, proveniva da dietro il bancone; difatti Silvia riuscì ad intravedere una sagoma tremante al di là della tendina che divideva il negozio dal suo retro, così le rispose per rassicurarla:
«No... Mi chiamo Silvia.»
«Oh, grazie al cielo!» disse la voce ora più serena. Una manina tirò indietro la tenda e una donna sui sessantanni oltrepassò la soglia. Ella indossava una lunga tunica di cotone, forse un po' troppo fresca per quel periodo dell'anno, sotto ad un poncho di chiffon bianco, della stessa tonalità della tunica. I capelli raccolti in un'elegantissima crocchia erano argentati mentre la sua pelle era di un magnifico color cioccolato, morbida e ben curata. E gli occhi? Verdi come pochi, sembravano due smeraldi strappati alla Madre Terra ed incastonati in quel viso ipnotizzante. Non aveva alcun filo di trucco, ma era agghindata ben bene con bracciali, anelli e raffinate collane d'oro. A catturare l'attenzione delle due ragazze, poi, fu un piccolo tatuaggio sul polso sinistro della signora.
«Ma quello è...» balbettò Catherine indicando il tatuaggio. «Ce l'abbiamo anche noi, ma come ciondolo!» Ed entrambe le ragazze tirarono fuori dal collo delle magliette il loro ciondolo antipossessione.
La signora sorrise. «Ragazze, fareste meglio a tatuarvelo o così rischiate di farvelo strappare dal collo.»
«E lei rischia di farsi bruciare mezzo braccio» controbatté Silvia.
«Sì, ma almeno son sicura di non perderlo» disse dunque la negoziante.
Catherine e Silvia si scambiarono un'occhiata e i loro occhi sembravano dire l'una all'altra: Non ha tutti i torti! Poi Silvia si ricordò della prima cosa che la signora disse quando loro erano entrate nel suo negozio:
«Mi scusi, ma potrebbe dirci chi è Regina?» chiese, curiosa, la maggiore.
«Regina...» farfugliò la donna. «Regina è una strega molto potente. È buona, per l'amor del cielo, adesso sì, ma...»
«Ma...?» fece eco Catherine vedendo la donna incerta sul da farsi .
«Be'... Regina ha una specie di gemella malvagia, la regina cattiva. È stata proprio lei ha mettere in pericolo la magia, poco fa!» spiegò la signora.
«Allora è vero» esclamò sussurrando la piccola Catherine. Era più spaventata che mai: tutte le paure che aveva provato fino a quel momento non erano nulla, messe a confronto. Ma doveva tenere duro, per il bene di tutti.
«Sì, purtroppo. Vorrei dirvi che non è così, ma la magia è cambiata. Prima questo luogo era conosciuto come La Terra Senza Magia. Solo quelli con particolari abilità potevano farne uso, come ad esempio me o voi due.» La negoziante tormentò un anello d'oro facendolo girare attorno al suo dito sottile e affusolato. «Con il suo ultimo gesto, la regina cattiva ha cambiato le leggi della magia, espandendola a tutti i Regni, in tutte le Terre, mettendola così in pericolo. Così come le nostre vite e l'intero Creato. E tutto questo perché avete dato il via ad un effetto domino inarrestabile.»
Catherine e Silvia rimasero scandalizzate. «Credevo che fosse dei nostri!» esclamò la prima mentre la seconda cercava di capire cos'avessero fatto di tanto sbagliato.
«So chi siete e di certo sono dalla vostra parte» si difese la negoziante. «Ma avete commesso un grave errore, aiutando quell'arcangelo.»
Silvia capì. «Ma Gabriele non meritava di morire!» le disse Silvia, quasi urlando.
«No, certo che no, ma avete fatto varcare i confini della realtà da voi conosciuta all'uomo con la cabina blu e avete disturbato l'ordine cosmico!»
«I-il Dottore?» chiese Silvia.
«Il Dottore non è umano!» precisò Catherine. «E poi lo ha fatto, lo abbiamo fatto per una giusta causa. Non sapevamo che ci sarebbe stata una conseguenza simile.»
«Questo perché voi cacciatori non ragionate mai prima di agire» disse seriamente la donna. «Ma oramai è fatta e non c'è modo di tornate indietro.»
«Potremmo sempre sistemare le cose!» propose Catherine con vigore e speranza e Silvia la seguì come sempre:
«Esatto!» esclamò anch'essa piena di positività. «Ci dica solo cosa sta succedendo esattamente e faremo tutto il possibile per porre rimedio!»
La signora congiunse le mani e sospirò. «Qualcosa di oscuro sta arrivando e vi servirà molta, molta magia, per sconfiggerla. E, per trovarla, dovrete chiedere aiuto a colei che scrive di voi.»
Passò qualche istante di silenzio, pausa durante la quale Silvia continuò a sbattere le palpebre cercando di capirci qualcosa. Immediatamente dopo Catherine tirò una leggera manata sullo stomaco di Silvia. «Marra Superwholocked!» esclamò con gli occhi sbarrati. Notando l'espressione confusa della sua amica, la piccola cacciatrice si spiegò meglio: «Il Dottore ci aveva parlato di questa ragazza, Marra Blablabla, che aveva scritto delle storie su di noi, ricordi?»
Silvia rifletté qualche secondo, tormendandosi i ricci disperati, poi assottigliò gli occhi e le tornarono in mente le parole dell'alieno. «Ma è di un'altra dimensione; non possiamo raggiungerla se non col TARDIS!» esclamò e sentì la negoziante sogghignare. La cacciatrice la squadrò, insospettita, e così anche Catherine. «Lei...» disse la maggiore puntandole un dito contro. «Lei sa come farci arrivare alla scrittrice.»
«Diciamo di sì» rispose la negoziante sempre sorridendo. «Sulla vostra strada incontrerete un ...giovane di nome Theck. Sarà lui a dirvi chi cercare per sapere cosa fare.»
Silvia non aveva mai sentito parlare di questo Theck, ma dal nome le sembrava rassicurante. «Okay, perfetto, e Theck sia!» esclamò sorridendo. Finalmente una gioia! «Ma prima dovremmo occuparci di quel cagnolone che vaga per la città.»
«Oh, sì, certo! Quasi dimenticavo che eravate venute fin qui per il Chupacabra!» esclamò la negoziante. «Sono più che sicura che troverete qualcosa appartenente ad esso nella vostra macchina» aggiunse facendo l'occhiolino mentre le due ragazze la guardavano shockate: come faceva a saper che erano state attaccate?
La signora sorrise e prese da un cassetto del bancone una collana. Il cordoncino era fatto di semplice e rudimentale spago, ma il ciondolo non gli si accoppiava affatto: era un cristallo lungo sì e no quattro centimetri e di un delicato color rosa. «Tenete. Sapete come funziona?.»
Silvia prese fiato, senza staccare gli occhi di dosso alla signora. «G-grazie, sì, è... L'ho già usato» disse un po' pensierosa. «Quanto le dobbiamo?» chiese e ripose, nel frattempo, il cristallo nella tasca dei suoi jeans.
In quel momento il cellulare di Catherine squillò. «È mia madre» disse preoccupata. Silvia si girò verso di lei, perdendo così il contatto visivo con la negoziante. Le disse di rispondere pure e che avrebbe pensato lei ad un fotomontaggio se ce ne fosse stato il bisogno; quando poi Silvia si voltò nuovamente nella direzione del bancone... la signora era sparita. Ed il cellulare di Catherine aveva smesso di squillare.
«Ma cosa...?» si chise Silvia. «Signora?» chiamò incredula; si alzò sulle punte dei piedi e si assicurò che ella non fosse caduta o svenuta dall'altra parte del bancone, ma non c'era traccia di lei. Nel mentre, Catherine si era diretta verso la soglia che portava al retro del negozio; scostò la tenda e si guardò attorno, ma sembrava non essere nemmeno lì.
«Comincio a pensare che forse dovremmo uscire di qui. Tipo subito» propose Silvia incamminandosi verso l'uscio e facendo segno a Catherine di seguirla alla svelta.
«Oh, sì, sì, sì! Ottima idea!» esclamò l'altra ed entrambe si precipitarono fuori, di nuovo in mezzo ai tanti cosplayer. Si fermarono dopo soli pochi passi all'esterno del negozio e si girarono per guardarlo, ma...
«È sparito! È sparito l'intero negozio!» esclamò Silvia incredula e con gli occhi che rischiavano di uscirle dalle orbite. Attorno a loro, le due cacciatrici potevano percepirle: le persone cominciavano a guardarle male. Ma Silvia non se ne preoccupò: immerse fulminea la mano nella tasca dei jeans e si accertò che il cristallo fosse ancora al suo posto. Vi era ancora, per fortuna. «Va bene, il ciondolo è qui.»
«Sarà stata quella regina cattiva di cui parlava la negoziante?» sussurrò Catherine.
Silvia si schiarì la voce. «Penso proprio di sì, poveretta» disse alludendo alla signora che le aveva appena aiutate. «Ci ha rimesso la sua stessa vita e noi non sappiamo nemmeno quale fosse il suo nome.»
Quelle parole fecero gelare il sangue alla piccola Catherine. Una parte di lei ci aveva appena pensato, ma preferiva non dirlo ad alta voce: come spesso accadeva, Silvia le leggeva dentro. Una lacrima solcò una tenera guancia di Catherine, la quale prese Silvia per la manica della sua giacca di pelle nera e la trascinò via di lì, lontano dai guai.

«Ahh» si arrabbiò Silvia sbattendo forte la portiera del pickup. «Io qui non vedo nulla!»
«Calma, sis» sorrise Catherine continuando a cercare. «Sono sicura che troveremo qualcosa. Credimi.»
«Mhm...»
«Credimi» ripeté sbucando fuori dall'auto e guardando l'amica con un'espressione seria. «Tipo... Hai già controllato il tuo finestrino?»
Silvia aggrottò la fronte, poi capì e guardò il vetro in questione. Con faccia inorridita, richiamò l'amica.
«Che ti avevo detto?» esclamò Catherine dandole una leggera spallata.
Silvia rise grattando parte della saliva lasciata lì dalla creatura per raccoglierla in un fazzoletto. Finito il lavoro, mise via il fazzoletto e toccò la fronte di Catherine con un dito, proprio dove dovrebbe esserci il terzo occhio, come per accecarglielo scherzosamente. «Mannaggia a te» rise.
Catherine le fece la linguaccia e rise con lei. «Bene, dunque... Let's boogie!» esclamò felice. Lo era davvero, felice. Cacciare non la entusiasmava, ma era divertente. Per il momento.

«Finito?»
Silvia annuì. Catherine era appena tornata dal centro; era andata a prendere un pranzo veloce, giusto un paio di panini, ma Silvia non vedeva l'ora di porre fine a quella storia. Nel frattempo che l'amica era fuori, infatti, lei si era data da fare col piccolo incantesimo. Aveva bruciato la saliva del Chupacabra, immerso il ciondolo nelle loro poche ceneri e fatto poi oscillare lo stesso pendolo di cristallo sulla cartina della città di Lucca.
«Quindi?» chiese Catherine, su di giri. «Dove si va?»
«Da nessuna parte. L'incantesimo non ha funzionato.»
«Cosa?!»
Silvia inspirò significativamente. Si guardò i piedi, prendendo tempo. «Scherzavo!» esplose poi in una potentissima risata. Catherine le rispose lanciandole addosso la busta con dentro il suo panino. L'afferrò al volo, continuando a ridere come una pazza. La fregava sempre!
«So esattamente dove andare, Cathy. Mangiamo e poi andiamo a prenderlo, okay?»
«E se mangiassimo dopo?» propose la minore.
Silvia fece spallucce e abbandonò il suo panino sul tavolo. Lo stesso fece Catherine ed entrambe uscirono di fretta dal motel e si diressero al pickup nero.
Sfrecciarono veloci verso il punto in cui Silvia era sicura di trovare la creatura; la loro primissima caccia stava per terminare e ne avrebbero cominciate altre ancora. Mentre viaggiavano coi finestrini giù per metà, Silvia guardava l'amica di sottecchi. Le sembrava ancora tutto un sogno: solo pochi mesi prima erano sopravvissute ad un mezzo esorcismo nella loro scuola ed ora eccole lì. Chi l'avrebbe mai detto, che Silvia avrebbe realizzato il suo più grande sogno? Ricordava ancora l'età in cui era ossessionata dall'idea di divenare poliziotta. Non si era mai tolta dalla testa quel suo desisderio, ma poi, ripensandoci, era troppo restia alle regole per poter diventare una brava poliziotta e, diciamolo... Sam e Dean erano sempre stati i suoi idoli.
All'improvviso, Silvia rallentò. Erano arrivate. Condusse il pickup per un vialetto non asfaltato e spense l'auto. Davanti a loro si estendevano circa tre ettari di terreno incoltivato e abbandonato. Abbandonato proprio come lo era anche la piccola cascina che padroneggiava l'area selvaggia di vegetazione incontrollata.
Catherie sperava con tutto il suo cuore che la creatura non fosse nascosta in quella catapecchia che stava in piedi per miracolo, ma che fosse bensì in mezzo a qualche cespuglio, molto più sicuro se si fossero imbattute in una lotta due contro uno. Ma poi Silvia aprì bocca e le sembrò di perdere il terreno sotto i piedi:
«Dai, entriamo.»
«È... È lì dentro?» chiese indicando la cascina fatiscente.
Silvia annuì, seria in volto. Un po' dispiaciuta, anche, ma soprattutto molto euforica. Tuttavia teneva quest'ultima emozione per sé: sapeva che Catherine non era al settimo cielo e mostrare il contrario l'avrebbe infastidita. «Sì, ma meglio se ci limitiamo a parlare a gesti, fin da qui.»
«Certo» rispose Catherine mettendo il suo cellulare in silenzioso. Subito dopo lo fece anche Silvia, così poterono finalmente affrontare il Chupacabra. La maggiore si era però dimenticata di avvertire Catherine del piccolo piano che aveva in mente: disse, il più a bassavoce che potè:
«Tu lo distrai, io lo faccio alla griglia.»
L'altra annuì, pronta ad affrontare le sue paure, quando un ruggito alle loro spalle le spaventò tanto da farle balzare sul posto.
Silvia fu la prima a voltarsi e dalle sue mani partì una palla di fuoco. Ma mancò la mira e la sua magia andò a schiantarsi contro un mucchio di mattoni marci a pochi passi dalla creatura, la quale si infuriò ancora di più.
«Piano B?» chiese Catherine disperata.
«Corri!» urlò Silvia nell'esatto momento in cui il Chupacabra balzò nella loro direzione.
Le due ragazze si divisero e la creatura decise di seguire Silvia, la più lenta nella corsa. Catherine se ne accorse solo dopo qualche istante, giusto in tempo per vedere il salto dell'amica per evitare di inciampare nel tronco di un albero lasciato lì a terra a morire.
«Cathy!» urlò Silvia quando recuperò un po' di terreno mentre l'amica non la perdeva di vista. «Distrailo! Ora!»
«Sì, ma come?» esclamò Catherine dall'altra parte della strada. Rischiavano di attirare troppe attenzioni, in quel modo. Ed ecco che le venne l'idea. Portò due dita alla bocca e fischiò. Fischiò così forte da interrompere la corsa del Chupacabra che si voltò, la guardò e ringhiò. Silvia non aveva più alcuna importanza, ora, poichè Catherine l'aveva provocato. E cominciò dunque ad inseguirla all'interno dell'edificio abbandonato.
«Oh, Cristo!» esclamò correndo più veloce di come era abituata per allenarsi, ma fortuna che si era allenata: questo le permise di mantenere una velocità stabile e di compiere salti e altre piccole acrobazie che mai in vita sua si sarebbe sognata di poter fare.
Silvia, ormai, aveva ripreso fiato. Vedere Catherine correre disperata l'avrebbe divertita, ma non in quell'occasione. Così cercò di concentrarsi al meglio. Era sulla soglia della cascina. La prima cosa che notò fu l'odore: non sapeva esattamente di cosa fosse quel puzzo nauseante – se delle vacche che c'erano lì anni prima o del Chupacabra – e non voleva di certo scoprirlo. Aumentò la concentrazione al novantanove per cento – il cento per cento era impossibile, in mezzo alle urla e alle maledizioni di Catherine – ed entrambe le sua mani crearono un'enorme palla di fuoco. Scagliò la palla verso l'animale, ma lo mancò ancora una volta. Subito creò un'altra palla infuocata, ma aspettò a lanciarla: doveva cogliere l'attimo giusto.
«Silvia, sbrigati!» urlò Catherine col fiato corto, ma l'amica non la sentì.
La maggiore sentiva solo il suo battito cardiaco e contava i secondi, studiava il vento e la velocità dell'animale. Fissò un punto sul muro, prendendolo come obiettivo. Catherine non osava zigzagare, ragion per cui era tutto più facile, per Silvia. E poi... Il Chupacabra rimase impigliato mezzo secondo in una vecchia trave del soffitto rimasta sul pavimento. Eccolo, era l'attimo che attendeva: scagliò la palla infuocata ed essa sembrò rallentare, ma fu solo un'allucinazione di Silvia. Non appena l'animale si liberò dalla trappola di legno marcio, esso venne colpito dall'incantesimo di Silvia. Subito venne avvolto da fiamme incandescenti e violente. Lui urlò, si dimenò, scalciò e cercò di seguire comunque Catherine, ma dopo pochi istanti di follia ceca, il vecchio pastore tedesco si accasciò a terra, esanime.


«Be', dai, è stato facile!»
Catherine la fissò torva. La sua mano sinistra sulla maniglia della portiera. «Facile?! Stava per sbranarmi!»
Silvia rise, nervosa. «Avevo tutto sotto controllo» disse per tranquillizzarla. Non era esattamente tutto sotto controllo e per questo si sentiva un po' bugiarda, ma erano le "regole" del mestiere, dopo tutto.
«Sì, vabbè...» Catherine abbozzò un sorriso e sbuffò dal naso. Aprì poi la portiera e fece per salire in auto, ma sul suo sedile vi era qualcosa di famigliare. Un libro, ma non un libro qualunque: era uno dei libri che aveva visto nel negozio della signora che le aveva aiutate. «Sis!»
«Mhm? Che c'è?»
«Questo è uno dei libri che ho visto in quel negozio! C'è anche lo stesso titolo... Once upon a time.» Catherine accarezzò la copertina. Era morbida e l'odore che emanava quel libro era come una droga: un intenso e piacevole profumo di carta che adoravano entrambe annusare quando compravano un libro nuovo.
«Vuol dire C'era una volta, vero?» chiese Silvia sedendosi e mettendo in moto il pickup.
«Sì, esatto. Sembra un libro delle favole» disse col sorriso di una fantastica bambina curiosa. Quindi aprì il libro e subito dopo se ne pentì. Non lo aveva aperto verso la fine, ma ciò che vide la fece rabbrividire lo stesso. Si sedette in auto e chiuse la portiera senza guardare cosa stava facendo. «Siamo noi due» disse con la convinzione che le si fosse congelato il cervello.
«Sì, certo, come no!» esclamò Silvia. Stava per partire quando Catherine le mise sotto gli occhi un'immagine di loro due che, con l'aiuto del Dottore, esorcizzavano un demone nell'Aula Magna del loro liceo. «Jesus Christ!» esclamò quindi Silvia.


*https://www.youtube.com/watch?v=LkIWmsP3c_s (Tasto destro del mouse; Aprire in un'altra scheda)

   
 
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