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Autore: mattmary15    12/02/2019    1 recensioni
Aeris chiuse gli occhi celesti e allargò le braccia prendendo un respiro. Lo sentiva. Non era più sola. Tra lei e l’ombra, preannunciato da un poderoso battito d’ali, comparve Bashenian.
Lei aprì gli occhi e sorrise, sinceramente estasiata dalla bellezza della creatura. Bashenian era la bestia sacra di Strifen, il suo regno. Il mito narrava che fosse nato dalla preghiera di Serian, il canto che diede vita al creato. Il grifone atterrò nel suo nido e chinò il capo verso di lei affinché potesse ricevere una carezza. Aeris non si capacitava mai della maestosità di quell’enorme animale magico. Le sue piume erano morbide e dotate del potere di alleviare il dolore. I suoi occhi avevano lo stesso colore del cielo, più chiari nelle giornate assolate e ingrigiti in quelli di pioggia. Il corpo possente metà aquila e metà leone, era interamente piumato. Con due colpi di coda plaudì alle carezze di Aeris e si accoccolò nel nido.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Piccole note dell’autrice: Questa storia non è morta. In forma di bozza è completa da due anni ma sono successe un po’ di cose per cui l’ho abbandonata e poi ripresa.

Odiate me per la mia incostanza, non lei.

Baci.

Capitolo XII

-L’inizio di una nuova avventura-

 

Grifis si sentiva stremato.

Aveva raccontato tutto l’accaduto ad Albered. Dalla ricerca di Aeris al suo ritrovamento tra le braccia del mercenario, al fatto che lui era certo che, prima di svenire, l’uomo si fosse riferito all’imperatore come ad una donna.

Sperava in uno dei consigli risolutori del primo ministro e invece quello lo aveva lasciato a guardia di Aeris semplicemente rinviando la questione a quando il principe imperiale sarebbe stato fuori pericolo.

La cosa che però davvero lo tormentava non era sapere che un estraneo poteva aver scoperto il segreto di Aeris. Questo, per la sua attuale disposizione d’animo, si sarebbe potuto facilmente risolvere togliendo di mezzo quell’uomo.

La verità era un’altra. Quando Aeris era precipitata nel burrone, perché quell’uomo si era lanciato nel vuoto mentre lui era rimasto come un imbecille a guardarla cadere?

Possibile che uno sconosciuto tenesse alla salvezza di Aeris più di quanto non l’avesse a cuore lui stesso?

Non aveva dimostrato di amarla oltre ogni cosa in più di una circostanza?

Allora perché quell’uomo aveva osato fare una cosa così rischiosa? Come aveva fatto a salvarla?

Continuava a guardare Aeris dormire e si tormentava. Chi, dannazione, era veramente quel ragazzo? Possibile che un semplice mercenario mettesse a repentaglio la propria vita in quel modo? Lo aveva fatto forse su incarico di qualcuno? In quel caso si poteva anche spiegare l’accaduto. Ogni cosa ha un prezzo, in fondo. Ecco che, con nuovi scenari, altre domande si affacciavano alla sua mente.

Al soldo di chi stava? Di qualcuno che voleva Aeris morta oppure che voleva l’imperatore al sicuro?

A questo punto, forse, i suoi pensieri si fecero talmente rumorosi da svegliare Aeris che si lamentò nel letto al minimo movimento.

“Non muoverti!” esclamò lui e la ragazza alzò gli occhi.

“Grifis, perdonami.” L’uomo in due passi le fu accanto e le prese una mano.

“Cosa dici? Sei tu che devi perdonarmi per non averti tenuta al sicuro. E’ successo tutto così in fretta che non sono riuscito davvero a capire come tutto questo possa essere successo. E’ stato un incubo.”

“Mi dispiace. Ho agito in modo sconsiderato e devo averti causato indicibili pene. Marine sa che sono in salvo?”

“Sì, gliel’ho riferito appena Albered mi ha detto che eri fuori pericolo.”

“Perdonami, Grifis.”

“Ho vissuto l’ultimo giorno con la seria convinzione che fossi morta. Non dire altro.” Aeris si sforzò di sorridere. “Piuttosto, dimmi, senti molto dolore?”

“Per la verità, no. Ieri sera, appena ho ripreso i sensi dopo la caduta, sentivo un male tremendo ma sembra magicamente passato.”

“Deve essere il tuo potere rigenerativo. Sia ringraziata Serian per questo.” Aeris annuì ma non sembrava convinta della spiegazione del suo comandante. Normalmente, quando si faceva male, il dolore svaniva velocemente insieme alle ferite ma gradualmente. Stavolta le ferite erano ancora ben evidenti e aperte ma il dolore sembrava letteralmente scomparso. La voce di Grifis la riportò alla realtà.

“Raccontami, Aeris, cosa è successo in fondo a quel precipizio?” chiese per indagare sull’impressione che aveva avuto circa le parole del mercenario. In fondo non poteva sapere con assoluta certezza se lui avesse scoperto il segreto della ragazza e non intendeva preoccupare Aeris nelle sue condizioni rivelandole quei suoi dubbi.

“Posso dirti solo che mi sono risvegliata in fondo al burrone con le ossa rotte. Akram era vicino a me e mi ha protetta dai lupi che abitano i cunicoli. Per un po’ siamo stati vicino ad un fuoco che ha acceso per me ma ha capito subito che avevo bisogno di assistenza così si è fatto forza nonostante le sue ferite e mi ha portata per un po’. Non so altro perché devo essere svenuta prima che ci trovaste. Cielo, Grifis, come sta Akram? Dimmi, è vivo?”

La sincera preoccupazione per quell’uomo dipinta sul viso della sua principessa, infastidì Grifis più di quanto non volesse ammettere.

“E’ vivo. Lo hanno condotto nelle tende dei Nagrod.”

“Sia ringraziata Serian! Vorrei che Albered andasse a visitarlo. Magari ha bisogno di cure.”

“Credo che se ne sia occupata la sacerdotessa in persona.”

“Non m’importa. Voglio che Albered lo visiti, che gli faccia avere le stesse cure che ho avuto io.”

“Aeris, te ne prego, sta tranquilla. Farò come vuoi ma non agitarti. Piuttosto, quell’uomo ha detto o fatto qualcosa che ti ha impensierita?”

“Impensierita?” Chiese Aeris con uno sguardo carico di curiosità “Che intendi dire?”

“Nulla. Lascia stare. Devi riposare ora.” Grifis si alzò dal capezzale della principessa un po’ per interrompere quella conversazione, un po’ per non sentirsi costretto a mentirle. “Farò venire Marine.”

“Grifis.” La voce di Aeris risuonò nell’aria carica di tristezza spingendo il comandante a voltarsi di nuovo verso di lei. “Forse ora penserai che non sono all’altezza di quello che mi aspetta. Sappi però che non ho pensato neppure per un istante di arrendermi.”

“Io non sono qui per giudicarti. Non l’ho mai fatto e non comincerò oggi. Sappi però che sono deluso. La capacità di un grande re sta anche nel chiedere aiuto nel momento del bisogno.” Grifis lasciò la stanza senza permettere ad Aeris di aggiungere altro.

 

Anche se contrariato, Grifis aveva riferito le intenzioni di Aeris ad Albered e questi si era recato alle tende dei Nagrod come l’erede dell’impero aveva desiderato. Nonostante gli uomini bestia non sapessero comunicare con lui, intuirono comunque cosa volesse e lo accompagnarono nella tenda dove riposava il mercenario.

La forte febbre che l’aveva colpito dopo l’incidente era passata ma la ferita all’addome era ancora profonda e aperta.

“Consentite che lo curi con la mia magia?” Era stata la semplice e unica domanda del primo ministro della Balvaria. Nago aveva scosso il capo e aveva consentito solo l’uso di un medicamento che Albered aveva detto di aver portato su ordine dell’imperatore.

Forse il balsamo era davvero miracoloso oppure era semplicemente arrivato per lui il momento di riaprire gli occhi, sta di fatto che Akram si scosse e aprì le palpebre.

“Bentornato fra noi, giovane signore” disse rispettosamente Albered accompagnando le parole con un gesto del capo. Akram riconobbe subito l’uomo e si chiese se fosse lì per aiutarlo o finirlo. In fondo, la prima cosa che gli era tornata in mente aprendo gli occhi era stato il volto della principessa alferian. Quell’uomo era venuto ad assicurarsi il suo silenzio?

“Sua altezza come sta?” Chiese anticipando le mosse del suo interlocutore.

“Si è svegliato. Ha mangiato e dice di non sentir dolore. Io sono qui su sua esplicita richiesta.” Akram notò che si era riferito ad Aeris al maschile segno che non intendeva affrontare alcun discorso in proposito o che forse si aspettava che fosse lui a fare un passo falso sulla questione. Akram decise che preferiva non dare alcun vantaggio al suo avversario.

“Sono lieto che sua altezza stia bene.”

“E’ salvo grazie a te.”

“Non ho fatto niente più di quello che era necessario per salvare la mia vita.” Albered sorrise.

“Ti ho detto che l’imperatore mi ha mandato ma sono qui soprattutto per me stesso.”

“Che posso fare per voi?”

“Dirmi perché lo hai fatto. Il comandante Alteron sostiene che ti sei gettato dietro all’imperatore quando lo hai visto cadere.”

“Il comandante si sbaglia. Sono caduto.”

“Quando si tratta dell’imperatore, Grifis non sbaglia mai.”

“Allora perché non si è gettato lui nel burrone?” Le parole di Akram vennero fuori taglienti e Albered sogghignò.

“Se lo sta ancora chiedendo. Per questo è importante per me sapere come mai tu l’hai fatto.”

“Sono caduto.”

“Allora Serian sia benedetta. Senza di te, Aeris sarebbe morto. Tutto l’impero ti deve molto. Cosa posso fare per ringraziarti a nome dell’impero?” L’espressione di Akram mutò d’improvviso. Albered si pentì delle parole che aveva adoperato nonostante le avesse scelte con cura.

“Avete già ringraziato. Ogni altra cosa sarebbe di troppo.”

“Non intendevo offenderti, giovane signore.”

“Non sono offeso. Sono un mercenario. Non lavoro per voi comunque.” Albered si alzò battendo le mani sulle ginocchia.

“Allora non abbiamo più nulla da dirci. Applicate quel medicamento sulla ferita, guarirà più in fretta.”

“Ringraziate l’imperatore da parte mia per le sue premure.”

“Lo farò. Voi, in cambio, mi fareste un favore?”

“Parlate.”

“Quando l’imperatore vi chiederà cosa può fare per ringraziarvi di avergli salvato la vita, non rispondetegli come avete fatto con me.” Akram si tirò sui gomiti nonostante il dolore.

“Il giovane imperatore è nobile di cuore. E sa già che io non parlo molto.”

“Rimettetevi presto.”

Albered non attese alcuna risposta. Lasciò la tenda salutando Naro con un cenno del capo e tornò verso le stanze di Aeris con la consapevolezza che Akram sembrava molte persone ma assolutamente non un mercenario.

 

Kyria scostò appena le tende per far entrare un po’ di luce nella camera ma, quella che filtrò appena ad  illuminare il letto, costrinse Loran a fare una smorfia.

“Sei sveglio, amore mio?”

“Madre, sei tu?”

“Chi altro pensi ti abbia vegliato ogni minuto?” chiese Kyria tornando verso il letto e carezzando la guancia del figlio.

“Lo so, lo so. Che ore sono?”

“E’ ora di pranzo. Hai fame?”

“A dire il vero, no.”

“Lo immaginavo ma ho comunque fatto portare qualcosa. Mangerai quando ne avrai voglia.”

“Che ne è stato dell’imperatore?” chiese Loran provando a mettersi seduto. Sua madre lo aiutò a sollevarsi e gli sistemò un paio di cuscini dietro la schiena.

“Sta bene. Il suo primo ministro ha riferito che si è svegliato già stamattina. Pare che stia guarendo miracolosamente.”

“Ne sono lieto. E il mercenario? Ci crederesti mai che ha portato l’imperatore risalendo dal dirupo fino a che non l’abbiamo incontrato? Ed era gravemente ferito.”

“Non si hanno notizie di quell’Akram.” Disse pensierosa Kyria.

“Cosa ti turba?” chiese Loran mettendole una mano su una delle sue e stringendola appena.

“Quando dico che non si hanno notizie di quel mercenario, intendo dire che nessuno sa niente di lui. Pare che abbia sempre vissuto a Varcoghiaccio.”

“E’ solo un mercenario.”

“No, Loran. Qualcosa non mi convince. I Nagrod erano in fermento quando è stato trasportato nelle sue tende e i nostri uomini mi hanno riferito che non hanno permesso neppure a lady Asaline di accedere al suo capezzale.”

“Questo è curioso. Probabilmente Asaline voleva solo sapere come l’imperatore fosse riuscito a sopravvivere.” Kyria strinse la mano del figlio.

“Tu come ti senti?”

“Debole ma, tutto considerato, non male. Che fine ha fatto Mars?”

“Non è a palazzo. So che ha mandato via un gruppo dei suoi. Presumo quelli che ti hanno assalito.”

“Ti ho già detto che non sono stati i raminghi.”

“E io non sono tua madre!” Esclamò lei seccata. “Loran, so quello che ti hanno fatto come so quello che Mars ha rischiato per salvarti la vita. Chi credi che abbia lasciato che si avvicinasse a te?”

“Allora sai che sono in debito con lui e che il minimo che possa fare e non coinvolgere nella faccenda i suoi uomini.”

“Lo so e lo capisco. Inoltre abbiamo un altro problema cui pensare ora e di cui ho bisogno di discutere con te.”

“Parla.” Loran si fece, se possibile, più attento.

“Si tratta di tuo cugino. E’ partito per Grigiolago. Dice che ha affari urgenti da risolvere.”

“Credi che non si sia davvero diretto lì?”

“No, amor mio. So per certo che è a Grigiolago.”

“Allora perché ti preoccupi?”

“Che ci è andato a fare?” Chiese Kyria di getto.

“Forse era stanco di sopportare sua zia oppure non voleva ascoltare i commenti degli adulatori di Aeris Strifen. In fondo è stato battuto.”

“Ammetto che l’esito dello scontro con l’imperatore non sia stato proprio quello che tutti, tantomeno lui, si aspettavano ma non ritengo che sia stato esattamente battuto.”

“Avanti, madre! Lui voleva umiliarlo e non ci è riuscito. Ora l’imperatore avrà il sigillo e le sfere e lui verrà, di fatto, messo da parte.”

“Tuo cugino non è tipo da scappare nella sua tana con la coda fra le gambe. Se è tornato a Grigiolago, ha i suoi motivi.”

“Anche se così fosse, non abbiamo modo di saperlo. A questo punto, ritengo saggio seguire Strifen.”

“E così deve essere. Se le sfere devono essere rimesse nelle mani dell’imperatore, tu dovrai seguirlo nel suo viaggio per recuperarle tutte. E’ più prudente che tu gli rimanga affianco. Devi diventare il suo più fidato consigliere. A Seifer penserò io.”

“Che intendi fare?”

“Partirò oggi stesso per Grigiolago. In fondo è sulla strada di casa, non trovi? Non potrà negarmi ospitalità. Fidati che mentre sarò lì, scoprirò quali sono gli urgenti affari cui si sta dedicando.”

“Devi fare attenzione.” Loran sospirò.

“No, amor mio, tu devi fare attenzione. Ti lascio solo e non mi piace. Anche se Hornet ti è giunto in aiuto, questo non significa che le vostre divergenze si siano appianate.” Loran ghignò.

“Sei brava a minimizzare le cose. Mars ha agito per evitare che i suoi uomini pagassero per l’attentato nei miei confronti. Non c’è altro.”

“A maggior ragione, voglio che tu sia estremamente prudente.”

“Lo sarò.” Kyria si alzò e baciò il figlio sulla fronte dopo avergli carezzato i capelli.

“Ci rivediamo a Lama vermiglia?” Chiese Loran trattenendola per un polso. Kyria guardò l’espressione del volto del figlio e sorrise dolcemente. Quando usava quel tono di voce dolce e carico d’attesa e i suoi occhi lasciavano trasparire la dolcezza del suo vero animo, Kyria rivedeva il bambino che era stato prima che il padre lo gettasse dentro Ventrelava.

“Ci rivediamo a casa nostra. Ti aspetterò là. Promettimi che verrai presto.”

“Te lo prometto. Nel frattempo, custodisci i nostri tesori per entrambi.” Kyria sorrise e lui la lasciò andare.

 

Dailin era rimasto indietro. Ormai il suo gruppo, compreso Agape, si era già allontanato al galoppo lungo la via dei Pellegrini. Lui era rimasto ancora qualche momento a contemplare la porta d’ingresso di Cattedra. Fu quando decise che era tempo anche per lui di andare che lo vide. Il suo capitano era comparso sulla porta a cavallo di Saltafosso e si dirigeva verso di lui. Attese che fosse al suo fianco e parlò.

“Stiamo lasciando Cattedra come hai ordinato. Abbiamo appreso che il viceré è salvo.”

“Ringraziate Serian che sia così o sareste tutti appesi alle corde adesso.”

“Forse saremmo morti volentieri sapendo che il nostro re era stato vendicato.” Dailin parlò senza guardare Mars negli occhi.

“Non ho più nessuno al mondo. Credi che darei le vostre vite in cambio della vendetta per la mia famiglia?”

“E’ una nostra scelta.” Disse il cavaliere alzando lo sguardo. Mars lanciò il suo sull’orizzonte.

“Sai, Dailin, ho sempre pensato alla vendetta. Solo alla vendetta. Ho attraversato queste terre in lungo e in largo, quasi sempre da solo ma, in fondo, sapevo che mi bastava un fischio per radunarvi tutti. I miei uomini. Vivevo solo ma non ero solo. Non lo sono stato mai. Ogni dannato giorno penso ai miei genitori, a mia sorella e al fatto che non li rivedrò mai più. Ma sai cosa mi manca di più di ogni cosa? Quando tornavo a casa, appena passata la valle di pietra e giunto in cima a Roccia Vergata, mi perdevo nella vista di Torreterra. Quel torrione che sovrastava Dumbara mi dava forza e fierezza. Il giorno che è crollato, io sono morto. Sono morto prima ancora di sapere che la mia famiglia era stata sterminata. Aeris Strifen è l’unico che può ricostruire Torreterra, ridargli corpo e valore. Io lo devo a mio padre che ne era così fiero. La mia vita non vale niente al confronto. Io seguirò Aeris Strifen e vi ridarò Torreterra. Voi siete ciò che resta di quella fierezza perduta. Non posso permettere che la vendetta vi porti via l’onore. Tieni.” Concluse porgendo il suo arco a Dailin. “Dallo ad Agape. Digli di tenderlo solo se è davvero necessario.” Dailin sgranò gli occhi.

“Non posso prenderlo, è l’arco di vostro padre.”

“Agape è mio fratello, come tu lo sei, come ogni altro cavaliere degli unicorni lo è.” Il cavaliere non riuscì a trattenere le lacrime di fronte alle parole del conte della Doreria.

“Glielo dirò.”

“E chiedigli di perdonarmi, se può.”

“E’ la stessa cosa che lui mi ha domandato di riferirvi, conte.”

“Va’ ora e prenditi cura dei nostri fratelli.”

“Lo farò.” Dailin, incapace di reggere ulteriormente la tensione, spronò il su cavallo al galoppo lungo la piana di Erbaverde.

 

Aeris guardò fuori dalla finestra. Da un po’ le visioni, che sempre l’accompagnavano, non si manifestavano più. Si chiese se non dipendesse dal suo stato di salute. In fondo era la prima volta che le sue condizioni non erano perfette. Chiuse gli occhi cercando con la mente la nube a nord. Era comunque sempre consapevole della sua presenza. Albered le aveva spiegato che dipendeva dall’incantesimo che aveva legato il suo sangue a quello dei Darine. La magia di Serian. Le era stata insegnata la formula sin da bambina. Non era un gran segreto. Nel regno la conoscevano adulti e bambini, sacerdotesse e prostitute, cavalieri e briganti. La formula, in sé e pre sé, non aveva alcun valore. 

‘Concedi a me la forza e la grazia, donami potere per la saggezza, conferisci fuoco e ghiaccio alla mia spada e per ogni colpo di scudo fulmini e tempeste. Il mio passo scuota la terrà poiché io so di cosa è fatta la magia di Serian.’ 

Aeris riaprí gli occhi e sospirò. Le parole non avevano alcun potere se colui o colei che le pronunciava non conosceva la cosa più importante. La prima volta che Aeris chiese al suo maestro di cosa si trattasse, Albered sorrise e le fece l’occhiolino. Le ci volle un po’ per capire che si trattava di un gioco di parole. Bisognava sapere di cosa è fatta la magia di Serian. Lei non ne aveva idea. Suo padre, per quanto ne sapesse, era stato l’unico a saper lanciare quella magia e non lo aveva mai rivelato a nessuno, neppure a lei. Forse però se n’era andato troppo presto. Probabilmente se fosse vissuto più a lungo, gliene avrebbe parlato. Albered però sembrava non crucciarsi del fatto che per Aeris, non sapere di cosa era fatta la magia di Serian, fosse un problema. Per quanto le diceva, nessuno in tutta Aeria, conosceva quel segreto. Neppure la sacerdotessa Asaline.

Un lieve bussare alla porta l’allontanò da questi pensieri.

“Avanti.” La porta si aprí lasciando entrare Albered e Grifis.

“Non dovresti stare in piedi.” Commentò quest’ultimo.

“Sto bene.” Rispose Aeris mostrando il braccio. “Le mie ferite sono rimarginate. Il potere rigenerativo ha fatto il suo dovere.” Grifis incrociò le braccia e non proferì più parola.

“Sono lieto che stai bene.”Intervenne Albered. “Sono venuto a riferirti le novità. Asaline ha cominciato i preparativi per la missione. Sostiene che appena l’imperatore si sarà ripreso, di certo vorrà partire per la ricerca delle sfere.” Aeris ascoltò in silenzio e si sedette sul letto.

“E quali preparativi sta facendo?” Albered si carezzò la folta barba bianca e si sedette su una poltrona che non sembrava per nulla comoda. Batté i palmi delle mani sulle ginocchia e rispose.

“Sta radunando vettovaglie e cavalli, manda dispacci lungo la via dei Pellegrini e poi a sud lungo quella dei Commercianti per avvisare che giungerà la carovana dell’imperatore e ordina di presidiare le strade e le città più importanti.” Grifis sbuffò.

“Sta disegnando dei bersagli lungo tutto il tragitto da qui alle Isole Maras. Non è così che si prepara una spedizione di questa importanza.” Aeris capiva benissimo il ragionamento del comandante del suo esercito ma gli fece comunque la domanda diretta.

“Perché Grifis, tu come la prepareresti?” 

“Viaggerei leggero. Pochi uomini. Niente cavalli. Mi muoverei lungo il fiume. Una barca è più facile da controllare. Niente sorprese.” Aeris scambiò uno sguardo d’intesa con Albered.

“Magari muovendosi in incognito. Ho visto cosa è successo nelle città che abbiamo attraversato venendo qui.” 

“Vedo che sua maestà ha compreso perfettamente, vero Grifis?” Disse il primo ministro.

“Potresti spiegare tu a lady Asaline i motivi per cui sarebbe meglio che l’imperatore si sposti con un piccolo gruppo di scorta.” Fece Grifis perdendo per un momento l’aria seccata che lo aveva accompagnato dal suo ingresso nella camera del principe. Aeris però si alzò dal letto e scosse il capo. 

“Lady Asaline farà di tutto per fare andare le cose secondo i suoi piani. Tuttavia l’idea di Grifis di viaggiare lungo il fiume con pochi uomini e senza cavalli è ottima. Viaggeremo in incognito. Un gruppo esiguo passerà facilmente inosservato. Inoltre, meno gente mi vede e meno occhi avrò addosso. Così potrò anche evitare che il generalissimo si unisca alla comitiva. A proposito, Albered, che fine ha fatto?”

“E’ partito per Grigiolago.”

“E’ tornato a casa sua?”

“Non mi fiderei di questa versione.” S’intromise Grifis che sentiva montare un pessimo presentimento riguardo al taglio che Aeris intendeva dare alla spedizione.

“Qualunque siano i piani del generalissimo, è della somma sacerdotessa che adesso dobbiamo preoccuparci. Cosa devo riferire, maestà?”

“Parlerò io con lei.” 

“Aeris, lascia fare ad Albered. Lui sa come affrontarla.”

“No, Grifis. La sacerdotessa non accetterà un rifiuto se non da me.” Aeris lo disse guardando il suo primo ministro e l’uomo le sorrise. 

“Ho già capito come finirà questa cosa.” Grifis alzò le mani al cielo.

“Albered, vuoi avvisare la sacerdotessa che devo parlarle?” L’uomo uscì lasciando soli i due ragazzi.

“Grifis so bene quanto tu sia preoccupato. Per questo voglio rivelarti le mie intenzioni prima che a chiunque altro. Io partirò da sola. Verranno con me solo i difensori di Aeria.” Aeris parlò lentamente, guardando il suo primo cavaliere con calma. Mostrò sicurezza e decisione. 

Grifis , dal canto proprio, si limitò a stringere i pugni.

“Non sono stato sempre all’altezza del compito che tuo padre mi assegnò sul letto di morte?”

“Grifis, ti prego. Devi cercare di comprendere.”

“Comprendere cosa?” Esclamò l’uomo fendendo l’aria con un braccio in un gesto di stizza.

“Sei sempre stato la mia ombra. Niente mi ha mai sfiorato con te al mio fianco. Tu sei sempre stato una sorta di scudo invisibile tra me e qualsiasi genere di pericolo. Se ora venissi con me, lo saresti ancora.”

“E cosa c’è di sbagliato in questo? Hai rischiato di morire appena qualche giorno fa! Io non posso neppure immaginare quanti pericoli ci sono là fuori! E poi non consideri cosa c’è in gioco. Non c’è solo la tua vita ma l’esistenza stessa dell’impero!”

“E’ proprio per questo che devi lasciarmi andare da sola! Fino a che ci sarai tu a proteggermi, io non farò mai neppure un passo in avanti! Tutta questa missione, la ricerca delle sfere, la battaglia contro lo stregone Norren, non sono niente se paragonate allo scopo ultimo di tutto. E’inutile nasconderlo. Questo viaggio finirà a Zarandal, ai piedi della grande ombra. Lì sarò sola. Anche se tu volessi accompagnarmi fin laggiù, sarò io a dover evocare la magia di Serian. E allora che succederà?” Gli occhi di Aeris si erano riempiti di lacrime. Grifis capì che era combattuta, che non parlava solo per la voglia di emanciparsi o di partire per la più grande avventura della sua vita. Capì che si stava sforzando di non tremare di fronte ad una serie di eventi più grandi di lei, di non cedere alla paura di perdere tutti i suoi affetti più cari in una volta, di non arrendersi al timore di essere inadeguata per il compito che le era chiesto di svolgere. Grifis fece un passo in avanti, allungò una mano e la tirò a sè. Aeris si lasciò avvolgere da quell’abbraccio che era, allo stesso tempo, familiare e nuovo. Una lacrima le scivolò lungo la guancia che non aderiva al petto dell’uomo.

“Se tu sarai con me, io non apprenderò niente. Io invece devo imparare. Devo imparare tutto. Devo imparare a conoscere il mondo, le persone che ci vivono, la forza per combattere, la paura del fallimento, la gioia della riuscita. Devo imparare l’angoscia del dubbio e la consapevolezza per fare una scelta. Devo imparare il dolore,” e a queste parole Grifis la strinse più forte “la rabbia e la compassione. Senza tutte queste esperienze, davanti alla grande ombra io fallirò. Mio padre mi disse che ero troppo giovane per comprendere la natura della magia di Serian quando gliene chiesi. Ho sempre creduto che si fosse rifiutato di parlarmene per via della mia età. Quello che è accaduto sull’altura, il combattimento con lo yomi, la caduta nella valle, mi hanno fatto comprendere che ci sono esperienze che non ho mai fatto. Forse mio padre non si riferiva alla mia età ma alle mie esperienze. Non chiedermi come faccio a saperlo ma credo che per comprendere di cosa è fatta la magia di Serian, io debba fare questo viaggio da sola. Devo contare sulle mie sole forze.” 

Grifis allentò un po’ la presa e la guardò dritta negli occhi. Con una mano le asciugò le lacrime.

“Posso comprendere. Davvero, posso. Non so però come potrò lasciarti andare. Finora sono stato sempre con te. Non riesco ad immaginare di aprire gli occhi al mattino e sapere che sei dall’altra parte del mondo. Non so come farò.”

“Non sarà  facile neppure per me, Grifis.”

“Dovrai fare attenzione a qualunque cosa. Promettimi che sarai prudente e che, una volta raccolte tutte le altre sfere, verrai a Vetta Azzurra. Non andrai a Zarandal senza di me.” Aeris gli sorrise.

“Te lo prometto.” Il ragazzo la strinse e con la stessa intensità sentì stringere il cuore nel petto. Aveva appena consentito che Aeris si allontanasse da lui. Nonostante le promesse, nonostante le parole della sua principessa, non riuscì ad evitare il pensiero che il legame che Kalendis Strifen aveva creato tra loro si fosse sciolto per sempre.

 

Loran lasciò le sue stanze non appena le sue guardie gli confermarono che la madre aveva lasciato Cattedra. Le aveva promesso di rimanere a letto e non le aveva mai disobbedito. Apertamente almeno. Si affacciò nei maestosi giardini del tempio dove lady Asaline aveva fatto allestire i carri che avrebbero dovuto accompagnare la spedizione dell’imperatore. La voce del ramingo lo raggiunse alle spalle e lo fece sussultare. Guardò indietro cercando le sue guardie del corpo e le vide ai lati della porta. Non si erano accorti che Mars Hornet era seduto su un ramo dell’albero alla sua destra, nascosto dalle fronde.

“Che ne pensi?” Gli chiese senza smettere di affilare la punta di una freccia con un coltellino. A chiunque avrebbe risposto con un’altra domanda. A Mars Hornet tuttavia, Loran Valentine si era sempre concesso il lusso di dire la verità.

“Che se l’imperatore deve viaggiare con tutto questo seguito, tanto vale che mandiamo un messaggio a Norren su dove si trovano le altre sfere e non ci prendiamo la briga di perdere tempo e denaro.” Mars sorrise e, come al solito, la cicatrice sulla sua guancia diede un aspetto sinistro alla sua espressione.

“Scrivi anche da parte mia, allora.”

“L’imperatore lo sa?” Chiese Loran poggiando la schiena contro il tronco dell’albero su cui era nascosto Mars. Il ragazzo scosse la testa.

“Sei tu il viceré, perché non vai a dargli qualche consiglio?”

“Ha già un consigliere che sa il fatto suo. Tu dovresti conoscerlo meglio di me. Appartiene alla tua gente.” Fece Loran riferendosi ad Albered.

“Sai sempre tutto tu, non è così?” Fu il turno di Loran di sorridere.

“Non tutto. Ad esempio non so niente di quell’uomo che accompagna i Nagrod.”

“È un mercenario.” Tagliò secco Mars.

“E io sono il tuo sposo.” Disse Loran indicando la ferita al labbro inferiore. “Questo non significa che tu hai smesso di odiarmi. Allo stesso modo quell’uomo è un mercenario ma non significa che non agisca come fosse lord Naro in persona.”

“Se sei acuto come vuoi far capire,” fece Mars puntando la freccia contro il volto dell’altro “perché hai lasciato partire tua madre per Grigiolago?” Il volto di Loran si rabbuiò.

“Mia madre è la regina della Faleria. Non obbedisce a nessuno. Ha deciso così e io non posso ostacolarla.”

“Fate un gioco pericoloso.”

“Mia madre sa quel che fa. Vorrei poter dire altrettanto.” Quando Loran alzò lo sguardo in cerca di Mars, del ramingo non c’era più traccia.

 

Naro aprì parte del pesante drappo che faceva da porta alla tenda dove Akram riposava e lo trovò seduto mentre consumava un pasto frugale. Indicò con un braccio l’esterno e l’uomo si sforzò di alzarsi per raggiungere l’apertura. Guardò fuori. I preparativi per la missione di recupero della sfera rubata impazzavano.

“Non buono.” Disse il signore dei Nagrod.

“Non c’è bisogno che tu lo dica. È opera di Asaline, vero?” L’uomo bestia annuì. “Ad ogni modo non è affar nostro. L’imperatore come sta?”

“Sveglio.”

“Bene. Naro, te la sentiresti davvero di partire per un viaggio alla ricerca delle sfere? Quelli del tuo popolo non vivono bene lontano dalle montagne e dal freddo.”

“Io fare viaggio fino a mare. Bisogna fare.” Akram sorrise.

“Puoi mandare me al tuo posto.”

“Tu e imperatore viaggia insieme soli? Grande pericolo.”

“Non farò alcun male all’imperatore. Se intende distruggere la grande ombra è il benvenuto.”

“Chi controllare che imperatore non fa male Akram?” Stavolta Akram non rise e guardò dritto negli occhi di Naro.

“Credi che quel ragazzino possa farmi del male? Lo hai visto combattere? Potrei tagliarlo in due con un solo fendente di spada.”

“Magia potente.”

“Non può farmi niente.”

“Lui non fa niente, tu quasi muore.” Come al solito la logica semplice di Naro era disarmante. “Io parte per viaggio verso mare.”

“Come vuoi. Vado a riposare ancora un po’. Se, come credo, partiremo presto, devo recuperare tutte le mie energie.”

“Tu che difende alferian, cosa cattiva. Io difende figlio di Varcoghiaccio, cosa buona.” Akram sorrise mentre si coricava.

“Ognuno ha ciò che si merita. Non è in questo che credi, Naro?” Il Nagrod dagli occhi blu rispose con un verso incomprensibile anche al ragazzo. Questi chiuse gli occhi e cercò di non concentrarsi sul dolore al costato. L’immagine dei capelli biondi della principessa alferian gli attraversò la mente. Si lasciò cadere in un sonno senza sogni.

 

Aeris camminava lentamente, senza chiedere troppo al suo fisico ancora provato dalla caduta nel dirupo. Grifis, al suo fianco, rimaneva silenzioso. Solo quando bussò alla porta della somma sacerdotessa disse ciò che gli passava per la mente.

“Ci siamo. Non devi fare nulla che non desideri veramente.”

“Ti ringrazio ma non è vero.”

“Io sono qui fuori.” Rispose l’uomo abbassando lo sguardo sul pavimento. In quel momento un’ancella dagli occhi verdi e brillanti aprì la porta e le fece cenno di entrare. La ragazza rimase accanto alla porta. Immobile e muta.

“Vostra altezza! È fonte di gioia vedervi ripreso. E con una tale velocità! È potente la magia in voi!” La voce di Asaline lasciava trasparire gioia e sollievo. Se fingeva, pensò Aeris, era brava a farlo.

“Vi ringrazio, mia signora. So che siete stata al mio capezzale. Sono qui per sdebitarmi.”

“Maestà, non ho fatto alcunché. Il vostro primo ministro vi ha assistito da solo.”

“Mi ha riferito la vostra solerzia, mia signora.”

“Sto solo cercando di aiutare come posso. Mi sono permessa di predisporre alcuni preparativi per il vostro viaggio, sire. Vi prego, accomodatevi.”

“È appunto per questo che sono qui.” Disse Aeris prendendo posto su una poltrona al centro della stanza. Era tesa ma sapere che fuori dalla porta c’era Grifis, l’aiutava molto. Lanciò uno sguardo verso la porta ma incrociò quello della novizia sull’uscio. Si ricordò in quel momento che l’aveva già vista la sera del primo ricevimento. Doveva essere la preferita della somma sacerdotessa. Tornò a guardare Asaline. “Sono venuto a dirvi che tutti questi preparativi non sono necessari.” Lo disse senza giri di parole quasi con lo scopo di provocare il disappunto nel volto di lei. Ebbe l’impressione che qualcosa nella maschera di benevolenza che la donna aveva deciso d’indossare, si crepò. Un leggero movimento di una mano nell’altra. 

“Se vostra altezza deve affrontare una missione così importante e pericolosa, non dovrei io preoccuparmi di fare in modo che lo faccia con la minore fatica possibile?”

“Credetemi, lady Asaline, queste attenzioni non sono necessarie.” Aeris fece in modo di calcare bene la parola ‘attenzioni’. “So quanto tenete alla questione e farò quanto in mio potere perché tutto possa risolversi per il meglio. Avete convocato il supremo consiglio. Avete avuto un responso. Ora lasciate che sia io a preoccuparmene.”

Asaline non era stupida e comprese che neanche il principe lo era. A quanto pare aveva deciso di mettere subito in chiaro le cose, né lei si era illusa che sarebbe stato facile imporgli la sua volontà. Optò subito per un approccio più accomodante.

“Lo comprendo. Volevo rendermi utile. In tal caso, lascerò a vostra maestà le decisioni in merito. Cosa volete che faccia?” Lo disse versando del vino in una coppa e porgendola ad Aeris. L’imperatore si alzò.

“Benedite il nostro cammino e pregate. Pregate molto Serian.” La mano della somma sacerdotessa rimase a mezz’aria. Persino l’ancella sulla porta sussultò. “Porterò con me solo i difensori di Aeria. Partiremo domattina. Perdonatemi se il resto delle informazioni lo tengo per me. Mio padre mi ha insegnato che il fardello delle decisioni difficili deve gravare, per quanto possibile, solo sull’imperatore.” Detto questo accennò un inchino e raggiunse la porta. La fanciulla esitò un momento a spostarsi. Probabilmente si stava chiedendo se doveva attendere un cenno della sua signora. Quando sollevò lo sguardo sul viso di Aeris e vide una sorta di luce provenire dal corpo del principe, si fece subito da parte. 

Solo dopo che la porta fu chiusa alle sue spalle, Aeris si concesse di prendere un respiro e sorrise a Grifis.

“Com’è andata?”

“È andata. Credo si sia risentita.” Grifis le fece strada lungo i corridoi e poi verso i giardini. Era una bella giornata e il cielo sembrava altissimo. Non come quello della Balvaria comunque. Intuendo la linea dei suoi pensieri, Aeris toccò il braccio del suo comandante.

“Nessun posto è come casa.” Grifis abbassò i suoi occhi su di lei.

“Senza di te, nessun posto è casa.”

“Vale lo stesso per me. Senza te e Marine sarà durissima. Se non trovo il coraggio ora, non lo troverò mai.”

“Coraggio? Ho l’impressione che tu me l’abbia rubato tutto. Quando sei diventata così determinata?” Aeris sorrise.

“Mi piace pensare che lo sia sempre stata e che sia la fiducia che nutrite in me a darmi tanta forza.” Grifis le si pose di fronte.

“Io ho fiducia in te. Non credere che le mie paura dipendano dal timore che tu non sia all’altezza. Semmai è vero il contrario. Ho la sensazione che non sarò più di alcuna utilità per te da oggi in poi. Questo mi angoscia.” Lo aveva detto. Non poteva lasciarla andare senza dirle le cose come stavano. Aeris gli prese una mano. 

“Non sei caro al mio cuore perché sei utile, Grifis. Io ti voglio bene. Darei la mia vita per te. Se ho deciso di partire per questo viaggio è perché voglio proteggere, prima di tutti gli altri, te, Marine, Albered e i nostri amici più cari. Tutta la fatica che hai fatto per difendermi in questi anni è servito a portarmi fino a qui. Da questo punto in poi devo camminare da sola.” Disse lasciando andare la sua mano.

“Non avrò pace fino a che non sarai di ritorno, lo sai vero?”

“Lo so ma tu avrai molte cose da fare mentre non ci sarò. Innanzi tutto per il resto del regno io sto tornando a Vetta Azzurra. Dovrai amministrare in mia assenza e proteggere Marine. Sto lasciando tutto nelle tue mani.”

“Non sono la persona giusta. Dovresti affidare ogni cosa ad Albered.” Aeris scosse il capo.

“Lui non ragiona come me. Tu sì. Confido in te.”

Grifis, nel vederla così bella e serena sentì la volontà cedere e si inginocchiò.

“Se questa è la volontà di vostra maestà, obbedisco.” Aeris gli carezzò il capo e si sentì meschina. Stava usando tutto l’ascendente che aveva su Grifis per negargli l’unica verità. Anche se non poteva dirgliela, ciò nondimeno perdeva significato. L’inizio di questo viaggio avrebbe cambiato ogni cosa, lo sentiva. Compreso il rapporto che aveva con lui e con Marine. Si sforzò di non cedere allo sconforto che quel pensiero le provocava e alzò gli occhi al cielo. L’immagine di Bashenian che si librava libero nel cielo le impedì di piangere.

 
  
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