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Autore: Yellow Daffodil    12/02/2019    4 recensioni
Nicole e Giulio si conoscono e si odiano sin da quando erano bambini, ma specialmente da quando, durante l'estate, Giulio ha "aiutato" Nicole ad organizzare un'esplosiva (è il termine giusto) festa a casa sua. Lei nemmeno ricorda come sia finita, ma ora è in punizione fino a Capodanno, mentre Giulio continua bellamente ad essere allenato dal suo severo ed ignaro padre. Proprio sul più bello delle loro rigide esistenze, Nicole e Giulio scoprono di essere accomunati da una storia d'amore... no, non la loro, non scherziamo! Quella mai nata tra Andrea e Serena, che porterà molto più scompiglio di quanto non abbia già portato quel maledetto giorno dell'autostop. Chi sono Andrea e Serena? Perché sono invischiati con Nicole e Giulio e perché Nicole e Giulio hanno deciso di invischiarli? Ma soprattutto chi, di loro quattro, rimarrà più invischiato in questa storia?
Seguito delle due OS "Autostop" e "Una notte da dimenticare" presenti sia su Wattpad che su EFP sulla pagina autore di Yellow Daffodil!
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Invischiati per le feste

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7. Andreo e Giulietto

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Nicole si alzò dal terreno, mirò un po' alla cieca quell'asta di fronte a lei e poi tirò un calcio così potente che il pallone finì verso la seconda stella a destra, addosso a una sediolina degli spalti, rimbalzando sulla plastica con un rumore secco che riecheggiò per tutto il campo.

C'erano solo lei e la nebbia, ma si immaginò che la curva si alzasse ed esultasse per il suo colpo facendo partire bombolette di fumo rosse e cori animaleschi. Cosa che non sarebbe mai successa, perché con tutte le volte in cui aveva provato, non era ancora riuscita a portare a casa un punto oltre la maledetta asta.

E sì che Giulio Pizzi la faceva sembrare così facile.

"Lucich!"

Accidenti! Balzò, recuperando il pallone sperduto e voltandosi con quello stretto fra le braccia come se fosse un bambino che avrebbe dovuto accudire.

Si accorse che a parlare era stato suo padre, così si rilassò quanto bastava per riconoscere il grado di parentela, ma riprese rigidamente a riordinare gli oggetti sparsi in giro, per non doversi sorbire un richiamo ufficiale alla santa sede del Vaticano.

"Scusa, stavo solo controllando che fosse gonfio."

L'uomo, dapprima impettito e burrascoso, lasciò andare qualche punto di camicia e si avvicinò alla figlia: "Hai eseguito malissimo, Lucich. Rimettiti in posizione che rifacciamo come si deve."

"Papà..." sbuffò lei, mentre piegava casacche e raccoglieva ginocchiere pur di non dovergli dare retta.

"Lucich." ripeté lui, in tono autoritario.

Così lei capì che avrebbe dovuto dargli retta. Antonio non l'avrebbe lasciata in pace finché lei non avesse rifatto l'esercizio, ogni supplica sarebbe stata inutile, e dato che ormai lo sapeva bene, semplicemente si arrese agli ordini. Mollò la sua roba, si piantonò sul cerchietto bianco e affrontò a muscolatura molle la preparazione al calcio da tallonatore di touch.

"No, non così." osservò suo padre, prendendola delicatamente per le spalle e ruotandola verso sinistra di qualche grado. "Sei mancina, te lo devi ricordare, Nicole."

Sbuffò.

La ragazza pareva oltremodo scoraggiata: non avrebbe mai beccato il canale, così, o avrebbe finito per far orbitare il pallone verso Urano, come poco prima.

Antonio si posizionò dietro di lei, corresse l'impostazione delle spalle, della schiena e delle gambe, poi allungò un braccio a pochissimi millimetri dal suo viso: "Vedi? È lì che devi mirare, non in un punto a casaccio del cielo. Dosa la forza, pensa di far passare la palla un po' sotto e vedrai che invece arriverà giusta giusta a qualche centimetro sopra."

"Tanto non mi è mai venuto. Lo sai."

"Perché non ci credi abbastanza." 

Quella frase tumblr detta da niente meno che il coach Lucich, in un raro quanto improbabile sprizzo di umanità, rimescolò lo stomaco già abbastanza malandato di Nicole e la convinse a riprovare. Così, girò la testa verso la traiettoria che Antonio le aveva mostrato e prese un profondo respiro che le riempì il polmoni di nuova adrenalina.

Caricò, lasciò e il lato del suo piede accompagnò la palla ovale in un perfetto arco che finì la sua corsa appena due centimetri sopra il canale di fondo campo.

"Punto." decretò suo padre, e su entrambi i loro volti si disegnarono due identici sorrisi soddisfatti.

"Sei veramente infallibile come dicono." insinuò Nicole, lusingata dalla sua stessa performance, ma impegnata a non darlo a vedere.

"Certo, ma bisogna dire che è merito della propensione al successo firmata Lucich."

"Io sono un fallimento, papà."

"Ma sei bravissima a rugby."

Nicole scosse la testa, finendo di riempire il carrello di palloni e poi spingendolo verso il magazzino: anche se il custode era tornato dalle Hawaii, ormai lei gli aveva soffiato il posto. Aveva veramente ricevuto una punizione che partiva dall'1 gennaio 2019 e finiva l'1 gennaio 2020.

"Nicole, ti vedo molto pensierosa in questi giorni." si lasciò sfuggire il ferreo coach Lucich, rimanendo a distanza, ma incrociando le braccia al petto con cipiglio... paterno?

Nicole arrestò la sua corsa, tremendamente spaventata da quell'inizio di dialogo praticamente mai avuto con suo padre in anni di ovvia convivenza.

"Sono solo presa tra compiti delle vacanze e il lavoro qui al campo. Sai com'è, gli impegni di una liceale di quinta sono difficilmente conciliabili con le punizioni da lagher polacco gentilmente ideate dall'amorevole papà SS."

Antonio non si lasciò abbindolare e fece un sorrisetto: "Dovevi pensarci prima di mandare casa nostra al rogo, tesoro."

Non era stata colpa sua. Lei l'aveva delimitata molto bene l'area fuochi d'artificio, e poi erano sì e no una decina, tutti di piccola taglia. L'incendio era divampato perché qualche stronzo dei suoi invitati aveva lasciato una sigaretta intatta in mezzo al prato e quella, accesa da una scintilla dei botti, aveva dato il via al grande incendio di Roma del 64 d.C. 

Ovviamente aveva provato a spiegare al padre che si era trattato tutto di un enorme incidente, ma le sue arringhe erano come aria al vento. Lei aveva dato la festa alle loro spalle, lei avrebbe dovuto rispondere dei danni della sua idea.

"E comunque, non è per la punizione che sei così." aggiunse Antonio, saggio. 

"E allora per cos'è?" lo provocò Nicole, allargando le braccia, avvolte dallo spesso pile e dalla sciarpona regalata da Serena che penzolava animatamente.

"Mi spiace, ma non sono tua madre. Non ci arrivo fino a lì, anche se so per certo che c'è qualcosa che non va."

Nicole dissimulò, chiudendosi nelle spalle e spingendo il carrello ancora più in là. Non avrebbe di certo detto a suo papà che soffriva come un cane per aver perso la verginità con Giulio Pizzi, che le piaceva da morire, ma che contemporaneamente odiava con tutto il cuore, senza in realtà ricordare nulla di tutto ciò.

"Scommetto che c'entra Pizzi, non è vero?"

Nicole si bloccò di nuovo, ma non si voltò.

"Anche lui era strano dopo quella festa in cui l'hai invischiato. Cupo, silenzioso. Ha iniziato a fare assenze agli allenamenti, cosa assolutamente non da lui. Ora è dal cinque gennaio che non si vede in giro; il sedici abbiamo la partita più importante della nostra inesistente carriera e il mio miglior uomo è scomparso nel nulla."

"Lo punirai?" s'informò istintivamente Nicole, le mani aggrappate con preoccupazione al freddo metallo del carrello.

"No." rispose sinceramente Antonio. "Se non vuole più giocare, è una sua scelta, e non posso farci niente. Ma la squadra ha bisogno di un capitano... se Pizzi non si presenta alla partita, darò ufficialmente il suo ruolo a Luca Ciambelli. E la prenderemo ampiamente nel culo, dato che è una mezza sega, ma è comunque una decisione di Giulio... in qualità di suo allenatore, la rispetto."

Nicole guardò a terra. 

Che cacchio stava combinando quel deficiente di Giulio? Il rugby era la sua vita! Quella partita era la sua vita! Si era allenato come un mulo, ci aveva perso ore, giorni, anni! E adesso si lasciava scappare tutto così? Tutto, compresa l'adorazione di suo padre che nemmeno lei stessa, ufficiale discendente biologica, era mai riuscita ad ottenere?

Beh, al diavolo! si disse, duramente, la ferita nel petto che ancora bruciava furiosa per la festa di dieci giorni prima.

Se il principino voleva fare il prezioso e mandare all'aria tutti i suoi sforzi, non era di certo un problema suo. Anzi, che si beccasse pure l'espulsione dalla squadra, se la meritava tutta! Luca sarebbe stato un capitano da rodare, certo, ma avrebbe lo stesso fatto la sua porca figura con le scarpe fosforescenti e la fascetta nera fra i capelli.

Che poi, non prendiamoci in giro, Nicole era certa che quella fosse solo una sua tattica da nobilotto per farsi attendere e desiderare ancora di più. Si sarebbe palesato il giorno stesso della partita, degnando tutti della sua immagine da Cristo risorto venuto in salvezza dei mortali, per lasciare Luca a bocca asciutta con le sue illusioni nel taschino, suo padre tronfio e traboccante di rinnovata speranza e lo stadio intero frastornato d'idillio verso la sua compassionevole figura. Sì, era sicura che avrebbe fatto così, non c'era altra prassi per Giulio, il dio rubacuori e verginità, Pizzi.

"Se hai bisogno di parlare, Nicole..." fece Antonio, rivelandole per un secondo, solo un secondo, il papà che si nascondeva dietro all'allenatore. "Io sono qui, ok?"

Nicole fissò gli occhi di suo padre, molto simili ai suoi, e si lasciò sorprendere e intenerire. Poi, solo perché era fatta della stessa pasta, gli diede le spalle, tornando al lavoro: "Grazie per la dritta sul calcio da tallonatore. Ci vediamo a casa."

E sparì all'interno degli spogliatoi.

*

Andrea aveva sviluppato due fisse, da dieci giorni.

La prima era quella per lo schermo del suo cellulare. Da quando si era scambiato il numero con Serena, appunto duecentodiciannove ore virgola tredici minuti prima, non aveva fatto altro che fissarlo in attesa di un segno di vita di lei. Una chiamata, un messaggio, un poke... qualsiasi cosa, che non era ancora arrivata nonostante i controlli maniacali sulla sim, la batteria e persino la linea ADSL di casa, che aveva fatto cambiare con la fibra, giusto per precauzione.

Ma il conto ore aumentava sempre di più e Andrea non riceveva notizie dall'aldilà. Aveva cominciato a pensare che quella di Serena fosse stata una grassa presa in giro o il secondo monumentale tributo alla sua sfiga (magari era in atto un incidente mortale in cui la giovane era stata a sua insaputa coinvolta). Avrebbe anche potuto scriverle lui, dato che si era premurato di salvare il suo numero dopo lo squillo, ma gli era sembrato che Serena fosse stata molto chiara sulla questione fidanzamento. Lei stava ancora con Sandro e Andrea non si sarebbe messo in mezzo.

Sere non lo voleva e lui nemmeno, perché aveva sempre cercato di rispettare i valori insegnati da mamma. Se Serena aveva piacere di sentirlo, sarebbe stata unicamente una sua scelta. E tutto ciò gli aveva fatto sviluppare un tic ossessivo-compulsivo secondo il quale controllava il suo schermo a secondi alterni: uno sì, uno no, uno sì, uno no...

Nei secondi no, Andrea si occupava della sua seconda fissazione: la porta della camera di Giulio. La porta della camera di Giulio si era aperta con frequenza sempre più bassa negli ultimi dieci giorni, fino a rimanere ufficialmente sigillata da quarantotto ore virgola sei minuti a quella parte.

Andrea, dalla sua posizione stravaccata sul letto singolo della sua stanza anni Novanta, poteva comodamente rimanere a fissare il legno inospitale di fronte. Giulio si era convertito a vecchio dell'Alpe subito dopo quella nefasta e a dir poco focosa serata a cui lui stesso l'aveva invitato. Aveva testimoniato con i propri occhi allo schiaffo pubblico di Nicole e successivamente alle ripercussioni che quello morale stava ancora avendo. Ma il fratellino sembrava irraggiungibile: tutte le volte in cui mamma Roberta e lui avevano provato a parlargli, lui si era rintanato nell'antro, chiudendo i battenti a doppia mandata e foderando la fessura della porta, giusto perché non gli si potessero mandare messaggi subliminali da lì sotto.

Non che Andrea ci avesse provato.

Quindi sì, Andrea Pizzi passava i suoi giorni così: stravaccato sul letto, non curante della biancheria da piegare e i curriculum da inviare, controllando un secondo la porta chiusa di Giulio e un secondo lo schermo spento del suo cellulare.

A un certo punto, la porta di Giulio si aprì e contemporaneamente lo schermo si illuminò.

"Puttana!" esclamò il ragazzo, nella mistica consapevolezza di essere davvero irrimediabilmente sfigato.

Per un breve istante meditò se scegliere o lanciarsi direttamente dalla finestra, ma alla fine scelse di non scegliere, non lanciarsi, e cercare di prendere tutte e due le occasioni al volo.

"Ciao!" esclamò, correndo verso Giulio che usciva in corridoio e portandosi il ricevitore all'orecchio.

"Ciao, Andrea!" ricambiò festosamente Serena, dal telefono. "Ti disturbo?"

"Hai qualche problema mentale?" rispose, invece, Giulio, accogliendo negativamente il suo marcamento del tutto incurante delle famose distanze interpersonali.

"No." fece il biondo, sorridendo da psicopatico. "Nessun disturbo."

"Ah, non si direbbe." buttò lì suo fratello, levandosi dal suo campo visivo, per sparire in bagno.

"Ok, perché speravo proprio di trovarti, dato che non mi sono ancora fatta sentire." giustificò Serena.

"Ehm... come stai?" chiese Andrea, affacciandosi alla porta del bagno mentre Giulio faceva pipì e sperando che Serena non si accorgesse che stava parlando contemporaneamente con due persone.

"Dileguati, maniaco." berciò Giulio, coprendosi il pube con una mano e facendogli il medio con l'altra.

"Bene, grazie, e tu?" ricambiò Serena.

"Ehm... secondo me potrebbe andare molto meglio di così, ma sai, continuando a non sfogare i problemi con nessuno, si rischia di rimanere chiusi nel proprio mondo fino a inabissarsi e perdere la cognizione di sé."

"Quali problemi?" chiesero Serena e Giulio contemporaneamente. 

"Che cazzo stai dicendo?" aggiunse poi, quest'ultimo.

Andrea proclamò un postulato polivalente: "Per me c'è bisogno di uscire."

"Infatti. Quella è la porta e questo è uno che vorrebbe solamente pisciare in pace senza che suo fratello mentalmente disturbato gli fissi il pisello." Giulio indicò ripetutamente l'uscita, sempre cercando di non far mostra delle sue grazie ad Andrea.

"Vuoi uscire?" gorgogliò Serena, divertita.

"No." rispose a Giulio. "Cioè, sì." ritrattò con Serena.

"Ma ti sei fatto in vena, per caso?" suo fratello si lavò le mani e poi, finalmente, si avviò di nuovo verso camera sua, luogo in cui non sarebbe stato spiato da nessun famigliare incestuoso.

"Aspetta!" lo fermò Andrea, e anche Serena rimase in attesa, interdetta, dall'altra parte della cornetta.

Giulio si voltò con impazienza e sguardo omicida.

"Perché non vuoi parlare con me e dirmi che ti sta succedendo?" Andrea osservò con fare premuroso i lineamenti stanchi del suo consanguineo. Era sempre stato il vero grande di casa: Andrea odiava quando non gli lasciava fare il fratello maggiore nemmeno in situazioni che lo richiedevano. 

"Ma io sto parlando con te, e chiamavo proprio per spiegarti che cosa mi sta succedendo." si difese, intanto, la confusa Serena.

Già... peccato per Serena, ma Andrea aveva deciso che avrebbe tentato di salvare quel moccioso prima che rischiasse di fare la sua stessa fine: "Perché non vai più agli allenamenti? Perché ti richiudi in camera? Che cosa è successo con Nicole Lucich a quella festa di Capodanno?"

"Niente che ti riguardi." per tutta risposta, Giulio gli diede una spinta all'indietro premendo solo un paio di dita sulla sua fronte, poi rientrò in camera sbattendo la porta.

Il Pizzi maggiore rilasciò un lamento esasperato che parve più che altro l'ululato di un cane.

"Guai in paradiso, Andrea?" dell'altra parte della cornetta giunse un tono comprensivo, quasi materno, che gli ricordò che, quanto meno, il suo doppio esperimento era appena finito male solo per metà.

Sperò di salvare la telefonata con Serena: "Sì." ammise sconfitto. "Mio fratello è diventato un ectoplasma e non so come rianimarlo, ma questo è un discorso a parte. In realtà, io sto bene, sono contento che tu mi abbia chiamato. Molto, molto contento, per la precisione. Te?"

"Io... cosa?" rise Serena, suonando ancora più melodiosa che dal vivo. "In realtà, ho chiamato anche per questo."

"Questo cosa?" si concentrò il ragazzo, fluttuando in camera sua per la felicità, ma allo stesso tempo piombando pesantemente sul letto con insoddisfazione. Serena l'aveva finalmente contattato! Ma Giulio stava male... aveva qualcosa che non andava...

"Per tuo fratello." spiegò lei. "Vedi, ho lasciato correre un po' di giorni perché ho dovuto occuparmi di faccende fondamentali, ma adesso credo sia ora che ci facciamo carico della situazione Pizzi-Lucich."

"Facciamo?" Andrea si era illuminato a quel plurale.

Serena rise: "Senti, hai da fare oggi pomeriggio?"

"Oggi?" ripeté Andrea, voltandosi verso l'Empire State di vestiti e bozze di curriculum. "No, affatto. Vuoi che faccia un salto da te? Ma devi dirmi dove andare; via Monte Grappa o via Palladini?"

"Molto scaltro, Andrea." si complimentò la ragazza, senza aggiungere altro. "Senti, hai presente la strada lunga prima delle due rotonde e il palazzo di cristallo?"

"Intendi quella dove ci siamo incontrati quest'estate grazie al mio pollice sexy?"

"Sì, esattamente quel punto." confermò. "Non so se lo sai, ma in inverno ci piazzano un chiosco di piade romagnole, pensavo di fare merenda insieme e approfittarne per fare due parole."

Piade a merenda? Basta, Andrea aveva trovato la sua anima gemella.

"Ma certo, micio miao! Ci troviamo lì davanti alle cinque?"

Serena espresse disaccordo: "Veramente, pensavo che sarebbe meglio se ti venissi a prendere io."

"Ok. Ti ricordi il mio indirizzo?"

"P. Sherman, 42, Wallabe Way, Sidney?"

Ti amo. avrebbe voluto rispondere Andrea.

"Sì, proprio quello. Ci vediamo alle quattro!"

"Avevi detto cinque."

"Ho già un buco nello stomaco."

Precisamente, quello che gli avevano creato le farfalle con tutti i loro innamorati sfarfallii.


*

BREAK

Siiii, i break sono tornati! Chi mi conosce sa che sono una mia fissa, però no, in realtà non sono tornati, perché alla fine i capitoli di questa storia non sono così lunghi da necessitare dei break. Tuttavia stavolta ho per voi qualcosa che doveva assolutamente far parte della storia. Il disegno infatti è della nostra grafica Angelica e vi rivela finalmente i volti delle due donzelle nelle loro tenute casual <3

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*


Era stato un appuntamento molto meno romantico di quel che avrebbe voluto, pensò Serena parcheggiando in garage e sfilando le chiavi dal cruscotto. Non si erano baciati, non si erano toccati, non si erano nemmeno solamente sfiorati.

Ma era giusto così, dopotutto. Serena aveva fatto in modo che fosse un momento amichevole, tranquillo, un po' perché era appena uscita dalla sua unica, eterna relazione amorosa (come aveva lietamente annunciato ad Andrea) e un po' perché non voleva sbagliare. Aveva cercato di conoscerlo un po' meglio, prima di fare passi falsi, e la diagnosi alla fine di quella giornata era che: sì, Andrea Pizzi era veramente il ragazzo perfetto e sì, valeva la pena di ributtarsi a capofitto in una cosa folle come una storia appena dopo una storia, con annessi tutti i rischi del caso. Solo... non quel giorno.

Ah, lui la faceva proprio impazzire, doveva ammetterlo! Non avevano fatto altro che conversare per tutto il pomeriggio con una piada bollente tra le mani e solo così, già si era sognata matrimonio, cani, figli, mutuo e pensione assieme a lui. Era simpatico, era coinvolgente nella sua spiccata follia ed era pure bello da morire. Serena, che non aveva nessuna di quelle qualità, si chiedeva come potesse essere talmente interessato a lei da guardarla con occhi sognanti per tutto il tempo, e contemporaneamente, però, non fare nessuna mossa furbetta. Andrea la rispettava profondamente, e lei l'aveva percepito in ogni singolo atteggiamento che aveva osservato, con i suoi stessi occhi sognanti, quel pomeriggio.

Le sembrava quasi una fantasia. Non vedeva l'ora di incontrare di nuovo Andrea, lasciarsi andare alle nuove convinzioni e dargli finalmente quel bacio che aveva agognato per tutta l'estate, l'autunno e l'inverno. Ma prima avevano una missione da compiere.

Mi raccomando, Andrea. gli scrisse, digitando il messaggio con dita tremanti dall'euforia. Non lasciarti sfuggire nessun dettaglio del piano.

E lui rispose: Nessuno, oh mia eroina. 🤞 Non rischierei di rovinare l'unica chance di far tornare sul trono il principino di casa. Siamo tutti troppo smorti senza di lui che passa per la sala offendendo i programmi di Real Time che mi guardo con la mamma.

Logorroico e imbarazzante anche nei messaggi, Serena doveva aspettarselo.

Sei stato bene comunque, oggi? inviò, tutta agitata, non scendendo nemmeno dalla Punto in un atto di improvvisata scaramanzia. Insomma, quella era l'auto dell'autostop! Se non portava fortuna lei...

Starò bene solo quando mi lascerai finalmente baciarti, micio miao.😎 replicò lui, facendola trasecolare a ridosso del volante, tanto che le partì per sbaglio il clacson, che fece abbaiare i suoi cani e spaventare i suoi genitori.

Che casino che c'era... in tutta la casa e specialmente nel suo cuore.

...il tuo Walter può attendere ancora fino alla partita del 16? gli domandò, imbarazzata, ma anche molto, molto eccitata.

Andrea mandò la gif di un pollice che sbandierava un autostop: Attenderebbe anche anni lungo una tangenziale, finché a raccattarlo non si fermasse una Punto blu con su sopra la tua targa. 👍

Ti amo! digitò istintivamente Serena, sentendo il battito cardiaco persino nelle orecchie, ma poi si ravvide e cancellò la frase in blocco, rimediando con un più contenuto e sfiduciato: Pensa bene alle tue scelte, forse meriti di più...

Andrea ci mise un po' a rispondere, ma mentre lei era salita in cucina e si era messa ad asciugare ansiosamente il ripiano, il messaggio arrivò illuminando il suo schermo: Usi sempre questa frase completamente a sproposito, Serena. Ci vediamo alla partita. Brinderemo alla nostra vittoria prendendoci quello che entrambi abbiamo sempre meritato 💋🥂

Aggiunse la gif di lui che alzava il calice nella sua direzione alla festa di Nicole e lei non ebbe alcun nessunissimo dubbio sul fatto che lasciare Sandro fosse stata la scelta più giusta e opportuna di tutta la sua vita.

*

Erano le dodici del sedici gennaio e Giulio non si spiego perché qualcuno aveva appena lanciato un sasso contro la sua finestra, creando un bel buco al centro del vetro, sotto la piena luce del sole.

"Andrea, ma che cazzo fai?" urlò al fratello, fuori sulla strada, a pochi metri sotto di lui.

Andre nascose la mano dietro la schiena: "Cazzo."

"Mi hai rotto la finestra!" abbaiò, sconvolto. "Hai bucato il vetro!"

"Scusa, non pensavo di avere così tanta forza. Ad hockey non ci insegnano a dosare il lanci di mano." si giustificò Andrea, mimando un tiro della palla ovale alla Giulio Pizzi e poi la sua mossetta vincente a mazza bassa dell'hockey, per illustrare ulteriormente al fratello la differenza tra le due discipline. Come se fosse una giustificazione anche solo pertinente.

"Ora te la vedi tu con papà!" si irritò Giulio, allergico alle seccature. "Sentiamo cosa ne pensa lui dei tuoi metodi da serenata in pieno giorno, contrapposta al classico, razionale bussare alla porta, come persone normali."

"Mi avresti risposto, se avessi bussato?"

Giulio si mise sulla difensiva: "Che cosa vuoi?"

"Mamma ci ha lasciato la Cinquecento. Vestiti che usciamo a pranzo."

"Non ho fame."

"Giulio non farmi lapidare la finestra, ok?" minacciò Andrea con un altro paio di sassi nella mano. "Mi hai fatto promettere di ricominciare ad avere contatti con il mondo esterno, quindi adesso muovi il culo e mi accompagni a pranzo, perché non ho la minima intenzione di sembrare lo sfigato single che mangia da solo in un angolino!"

"Single?" si corrucciò per un attimo Giulio, attirato dal discorso. "Non sono giorni che ti senti con Serena? Non le hai ancora chiesto di sposarti?"

Andrea fece un sorriso beffardo: "Anche se fosse, non ti parlerei di questi argomenti sensibili urlando romanticamente al tuo balcone, Giulietto."

Giulio roteò gli occhi alla - doveva ammetterlo - simpatia del fratello.

"Allora, scendi o no, Capuleti?"

Il biondino guardò l'orario: la partita del secolo sarebbe iniziata tra nemmeno un'ora, i compagni di squadra si stavano sicuramente già riscaldando, per cui... no, era definitivamente troppo in ritardo per i ripensamenti e i sensi di colpa dell'ultimo secondo. Ovviamente stava morendo dentro per quella partita, ma non ci sarebbe andato, punto. Non sarebbe mai più andato a nemmeno un allenamento di rugby con la sua squadra.

Molto meglio un pranzo con quell'esaltato lanciasassi di Andrea.

"Arrivo, Andreo Montecchi." gli rispose dunque, felice che almeno, grazie a quella distrazione, non avrebbe passato le successive tre ore a rovinarsi il fegato e lambiccarsi il cervello nell'ansia della partita.

Scese al piano di sotto e poi in strada, con un abbigliamento molto casual e la zazzera spettinata che lo faceva sembrare super figo nonostante fosse recluso in casa da metà mese: "Dove andiamo?" domandò sentendo lo stomaco brontolare.

"Oh, Serena mi ha fatto scoprire un fantastico chiosco di piade sulla strada lunga delle due rotatorie." informò circumnavigando la macchina.

"Guido io?" si offrì Giulio, sapendo che suo fratello era un tipo molto più da bici, per questioni ecologiche e anche di effettiva incapacità a vivere. Già su due ruote era un macello, figuriamoci su quattro.

"No, no!" lo stupì Andrea, saltando allegramente sul posto del conducente, come se non stesse per mettersi alla guida di una falce a motore per pedoni. "Ti ci porto io, oggi sono in vena."

Certo, era in gran vena di inganni, ma questo ovviamente non lo fece presente.

*

Erano le dodici e mezzo e Nicole era in super ritardo. Non trovava le chiavi di casa, della macchina, del magazzino, di nulla, come al solito sempre nei momenti migliori!

Con quegli stupidi lavori per ristrutturare la villa, tutte le sue cose venivano quotidianamente spostate senza una logica e se lei non fosse arrivata allo stadio in tempo, con tutte le divise previamente recuperate al magazzino, suo padre le avrebbe dato un'altra più che logica punizione.

"Sandro, hai visto le mie chiavi?" gridò alla tromba delle scale.

"No!" rispose il fratello. "Ma ieri avevano appeso le mie al collo del cigno di ceramica in entrata!"

Nicole sbuffò: i suoi erano proprio fissati con le ceramiche.

Grazie proprio alla sua amorevole famiglia ceramofita, si trovava impegnata pure quel giorno a scontare le sue pene, e anche più gravemente del solito. La gran partita sarebbe cominciata in meno di un'ora e a lei spettava il compito di portare il corredo da campioni ai ragazzi e rimanere accanto a suo padre, con la scusa di doverlo aiutare coi cambi, ma in realtà per reggerlo quando sarebbe ceduto in preda allo sconforto della sconfitta.

Era sicuro che avrebbero perso. Gli ultimi allenamenti erano andati uno schifo; Angelico si era fatto male a una caviglia, Luca non riusciva né a tenere i ragazzi, né a calciare dignitosamente, la squadra aveva pure litigato un paio di volte. Era incredibile come in una decina di giorni senza Giulio, il lavoro di un anno si fosse letteralmente sfaldato.

Nicole era davvero preoccupata per suo padre e ancora di più, segretamente, per la fine che aveva fatto Pizzi. Non era più così sicura che si sarebbe palesato in medias res a mo' di Cristo redentore.

Comunque, aveva trovato le chiavi appese al maledetto cigno. Quindi montò sull'Audi A4 che il padre le aveva miracolosamente prestato, uscì dal vialetto stendendo lo gnometto ormai mutilato e diede gas verso il magazzino del campo da rugby, per prelevare la merce.

Sandro, a quel punto, prese il telefono e scrisse a Serena come concordato: Partita. 

La collaborazione di Sandro era stata un'idea di Andrea. Serviva qualcuno che garantisse la salvaguardia della parte B del piano e così si era pensato di coinvolgere il birillone con i capelli da Swiffer. Costui, proprio negli ultimi giorni, si era fatto qualche esametto di coscienza e aveva preferito tornare a stare dai genitori cattivi che rimanere in quell'appartamento allo stesso tempo vuoto e pieno di malinconia.

Con Serena stavano davvero cercando di mantenere buoni rapporti e lui sembrava aver imparato qualcosa dalla lezione. Anche se, ormai si sapeva, se lo sarebbe dimenticato alla prima bella mora di passaggio... perché Sandro era sempre Sandro, purtroppo.

Il telefono di Nicole ruggì svariate volte mentre finiva di caricare le tonnellate di divise, ginocchiere, dentiere e che più ne ha più ne metta sull'Audi.

"Pronto?" rispose, affannata, rimontando in macchina e accorgendosi con sottofondo musicale funebre che la partita sarebbe iniziata in soli venti minuti.

Temeva di sentirsi trapanare il cervello dal grido di battaglia di Antonio, invece ciò che arrivò flebilmente fu la vocina tenue di Serena: "Nicole? Ti disturbo?"

"Serena! Ma no, stavo giusto andando allo stadio per la partita di papà. Tutto bene?"

"No..." soffiò questa, subdola. "Purtroppo no, Nicole. Odio disturbarti, davvero, ma sono appena rimasta a piedi con la macchina lungo la strada e avrei un disperato bisogno di qualcuno che mi desse un passaggio."

Oh, quella voce le stringeva ogni volta il cuore!

"Ma certo, Sere, passo io. Ti raccatto e ti porto alla partita con me, ci stai?" propose, guardando di nuovo l'orologio e dicendosi che se avesse sempre mantenuto la velocità di costante di centotrenta chilometri orari, ce l'avrebbe fatta. "Dimmi dove ti trovi."

In fondo, non le importava del ritardo. Non poteva certo lasciare Serena lungo la carreggiata, sola e infreddolita... persino suo padre l'avrebbe capita e sostenuta in quella scelta. E poi, al massimo avrebbero ritardato di un po' il fischio iniziale; era sicura che nessuno ci tenesse a veder scendere in campo i giocatori nudi.

Per un attimo, pensò a Luca Ciambelli e ritrattò.

"Sono sulla strada lunga delle due rotatorie."

"Ok."

"Mi sono fermata davanti al chioschetto delle piade, hai presente?"

"Sì sì, arrivo subito!"

"Grazie, Nicole, sei davvero un tesoro!" Serena chiuse la telefonata con un sorriso diabolico e poi, mentre si alzava dagli spalti per avvisare Antonio Lucich che le divise sarebbero arrivate leggermente in ritardo, scrisse ad Andrea il messaggio concordato: Partita.

E lui seppe benissimo cosa fare.

*

Quando la Cinquecento inchiodò sul ciglio della strada, Giulio si tastò il corpo e si chiese se fosse maleducato gettarsi fuori baciando l'asfalto con riconoscenza.

"Arrivati!" chiocciò Andrea, leccandosi i baffi alla vista del chioschetto. "Ops, scusa un secondo, mi chiamano."

Non era vero, ma Andrea si portò comunque il telefono all'orecchio e fece finta di parlare con un qualche direttore d'azienda che aveva letto il suo curriculum - magari! dato che ne aveva spediti in lungo e in largo negli ultimi giorni con scarsi risultati. Giulio rimase per un po' ad ascoltare spazientito, poi i pensieri fluttuarono su altro e passò qualche minuto, prima che Andrea lo riscuotesse con un pugno sul braccio.

"Penso ci vorrà un po', questo vuole farmi un colloquio telefonico e non posso proprio rimandare." sussurrò al fratello, coprendo il ricevitore. "Ti spiace scendere a comprare le piadine?"

"No, certo che no, basta che questa non sia la solita scusa per non pagare la tua parte, brutto tirchio squattrinato." lo apostrofò gentilmente Giulio. 

Il biondino afferrò il portafogli e uscì all'aria aperta, prendendone un sospiro intriso di fritto e rimpianti.

"Porchetta e cipolla per me." lo istruì Andrea, abbassando il finestrino e continuando a fingere di star interrompendo il suo colloquio telefonico per amor del cibo. "Con qualche peperone, se ce l'hanno, e ketchup e maionese. E i cetrioli."

"Ci vuoi anche diabete, colesterolo alto e ipertensione, se ce li hanno?"

"No, ma va bene la senape." annuì Andrea, prima di tornare a discutere animatamente per telefono.

Giulio scosse la testa e si diresse al bancone. Di fila ce n'era praticamente zero, ma ci mise un po' per elencare tutti gli ingredienti della piada di Andrea e nel frattempo, aveva udito uno strano cigolio di frizione pressata a caso alle sue spalle. Tipica delle partenze suicide di Andrea e della loro rottamata Cinquecento.

Si girò, proprio mentre il piadinaio gli sbatteva sotto il naso quell'agglomerato di calorie che aveva ordinato, e vide la Cinquecento partire in quarta, strisciando le gomme sull'asfalto e fiondandosi a velocità sostenuta verso l'infinito e oltre.

"Ehi!" esclamò lasciando la piadina sospesa nell'aria e correndo verso il ciglio della strada. "Ehi, Andrea!" gridò al gelo dell'inverno. "Dove cazzo stai andando?"

Ma la targa della Cinquecento già non si distingueva più, mentre la zazzera bionda di Andrea era appena sparita al primo incrocio. 

"Coglione!" gridò Giulio, contento anche solo di far sapere al pulviscolo atmosferico quel che pensava di suo fratello. "Si può sapere che cazzo ha quel coglione nel cervello!?"

"Oh, le tue piade." ringhiò il piadinaio, uscito dalla baracca solo per dare a Cesare quel che era di Cesare (in questo caso Giulio Cesare) e prendersi i guadagnati dieci euro. Giulio gli strappò dalle mani quelle ormai raffreddate prelibatezze e ricambiò con la grana, poi restò impalato a fissare la strada, chiedendosi cosa fosse andato storto quel giorno del parto di Andrea e perché sua madre non l'avesse semplicemente venduto a un'asta di rottamazione per bambini usciti male prendendosi in cambio un fratello normale.

E mentre il miscuglio di ketchup, maionese e senape iniziava a colargli sulla mano, i fanali di un Audi A4 si piantarono su di lui, per poi frenargli bruscamente a due centimetri di distanza, nell'indecisione se farlo secco o fermarsi per lo stupore.


***


ANGOLO AUTRICE

Sembra impossibile, eppure siamo praticamente alla fine. Il prossimo sarà l'ultimo capitolo e io sono davvero soddisfatta. Ho scritto questa storia in modo molto spontaneo e, vorrei dire, anche veloce per i miei standard XD

Certo, non è la stessa cosa di scrivere e pubblicare un capitolo alla volta, con tanto di attese apocalittiche, quello... quello è un modo doloroso, ma più coinvolgente di vivere la pubblicazione di una storia, ve lo garantisco, però sono contenta lo stesso.

In poco tempo, mi sono affezionata molto a questi personaggi, specialmente a Giulio e Andrea. Dallo scorso capitolo, come vi avevo predetto all'inizio, le vostre opinioni potrebbero essere cambiate. Sicuramente il personaggio di Giulio ha perso qualche punto, però c'è ancora un capitolo bello lungo in cui potrebbe riscattarsi.

Il giorno di San Valentino, infatti, pubblicherò il finale e anche un mini sondaggio sui vari social dove potrete votare per la sfida definitiva tra i Pizzi. Sarà una battaglia difficile.

Per ora vi ringrazio di tutto e spero di leggere nei commenti e nelle recensioni tutti i vostri pareri riguardo questo capitolo. Vi è piaciuto? Che ne pensate del piano; funzionerà? Che cosa si diranno Nicole e Giulio? Serena e Andrea riusciranno a... ehm... concludere?

Alla prossima,

Daffy

   
 
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